unione doganale euroasiatica - ICE

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unione doganale euroasiatica - ICE
L’Unione Doganale
Eurasiatica: Russia,
Kazakistan e Bielorussia
Agenzia ICE Mosca
Maggio 2014
INDICE
1. L’UNIONE DOGANALE E LE CONSEGUENZE SUGLI SCAMBI
COMMERCIALI
1.1 La questione della membership
1.2 L’Unione doganale ed il commercio: quali benefici?
1.3 L’Unione doganale e l’OMC
1.4 L’attestazione della conformità dei prodotti nella Federazione Russa
2. PRINCIPALI PROBLEMATICHE PER I PRODUTTORI ITALIANI (MAGGIO
2014)
2.1 Mobili – Formaldeide
2.2 Scarpe per bambini – Tomaia Sintetica
2.3 Export carne suina dall’UE
2.4 Export piante ornamentali, piante da vivaio e da frutto dall’UE
2.5 Principio di residenza (Dogane)
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1. L’UNIONE DOGANALE E LE CONSEGUENZE SUGLI SCAMBI
COMMERCIALI
Dopo aver acceduto all’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) nel 2011,
l’interesse di Mosca sembra oggi essere rivolto principalmente allo sviluppo
dell’Unione Doganale con la Bielorussia ed il Kazakistan, nata nel 2010. Gli ultimi
mesi, che hanno comunque visto l’Ucraina allontanarsi drasticamente dalla sfera
d’influenza russa, sono stati rivolti a favorire l’integrazione politico-economica tra i
Paesi aderenti e ad accrescere la membership dell’Unione doganale coinvolgendo
altri Paesi dell’area, l’Armenia e il Kyrgyzstan su tutti, al fine di ampliarne il peso
geopolitico nel contesto internazionale.
L’idea di promuovere una maggiore integrazione economica tra gli stati aderenti
alla CSI nasce nel 1994, quando per la prima volta si inizia a parlare della
costituzione di una Comunità Economica Eurasiatica. L’accelerazione di tale
processo, però, si ha solo nel novembre 2009, quando Russia, Bielorussia e
Kazakistan firmano un Accordo per l’istituzione di una Unione Doganale, con
l’applicazione di una tariffa comune esterna a partire dal 1° gennaio 2010,
l’elaborazione di un Codice Doganale comune e la ripartizione degli introiti derivanti
dall’applicazione delle tariffe ai singoli Paesi su base proporzionale – Russia 88%,
Kazakistan 7% e Bielorussia 5%.
Il passaggio successivo si è avuto il 1° gennaio 2012 con la creazione dello Spazio
Economico Comune della Comunità Economica Eurasiatica, che prevede
l’istituzione di istituzioni sovranazionali che favoriscano la realizzazione di
un’Unione economica sul modello di quella dell’Unione europea. E’ divenuta così
operativa la Commissione Economica Eurasiatica, cui sono state attribuite alcune
delle competenze delle autorità nazionali, tra cui quelle di stabilire i livelli tariffari
comuni, i regolamenti tecnici e sanitari per le importazioni e la regolamentazione
della concorrenza (precedentemente ad appannaggio della Commissione
dell’Unione Doganale). Le decisioni dello Spazio Economico Comune, vincolanti
per gli Stati Membri, sono prese dal Consiglio dei Rappresentanti degli Stati, mentre
la risoluzione delle controversie è oggi affidata alla Corte Eurasiatica con sede a
Minsk. L’obiettivo dei tre Stati membri sarebbe quello di arrivare nell’ambito della
Comunità Economica Euroasiatica alla piena libertà di movimento per beni,
persone, servizi e capitali, su modello europeo, da raggiungere entro il gennaio
2015.
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1.1 La questione della membership
Dal punto di vista politico, ci si chiede se effettivamente sarà possibile procedere
alla realizzazione di una vera Unione economica in così poco tempo, tenendo conto
di quanto tempo invece è occorso all’Unione europea per arrivare al suo
funzionamento. Un secondo problema è quello legato alla membership dell’Unione
Doganale. Se questa vuole diventare un baluardo di mezzo tra l’Europa e la Cina,
come nelle intenzioni dichiarate del Presidente Putin, l’allargamento del numero
degli Stati partecipanti è una priorità. L’economia russa, infatti, conta quasi per i
nove decimi dell’intero valore economico della Comunità, rendendo di fatto quasi
più che nominali le partecipazioni della Bielorussia (completamente dipendente da
Mosca per la sua sopravvivenza economica) e del Kazakistan, che ha deciso di
aderire per ottenere un mercato di sbocco per le sue esportazioni di materie prime
più che per un reale beneficio legato alla creazione di uno spazio economico
comune.
1.2 L’Unione doganale ed il commercio: quali benefici?
Le sfide per la realizzazione dell’Unione Economica Eurasiatica riguardano anche i
reali benefici economici che essa dovrebbe produrre per i suoi Stati membri. Al
momento dell’istituzione dell’Unione doganale nel 2010, i tre Paesi hanno accettato
di applicare una tariffa doganale comune, di fatto largamente riproduttiva di quella
russa dell’epoca – salvo prevedere un regime di eccezioni di 400 linee tariffarie in
favore del Kazakistan per cinque anni – e di adottare regole comuni in materia
sanitaria e fitosanitaria, e sulla standardizzazione. Per prevenire il trasbordo di beni
dalla Cina e dall’Unione europea attraverso i porosi confini di Bielorussia e
Kazakistan, sono state inoltre introdotti severi controlli in materia di regole d’origine.
A tre anni dalla sua istituzione, non c’è unanimità sui reali benefici economici creati
da tale Unione. Nel 2011, il commercio tra gli Stati membri è cresciuto di oltre il 34%
e del 15% nei primi sei mesi del 2012. Questo risultato, però, sembra essere
principalmente legato alla ripresa successiva alla crisi del 2009, quando il PIL russo
era calato di oltre 8%. Già nella seconda metà del 2012, la crescita
dell’interscambio commerciale si è ridotta al 3%, dato che a detta di alcuni
commentatori farebbe presagire la fine degli effetti benefici della creazione
dell’Unione doganale. Un trend confermato anche nei primi sei mesi del 2013, che
hanno visto gli scambi con la Bielorussia segnare un – 5% e con il Kazakistan, una
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crescita di solo il 2%. Inoltre, se si considera anche il volume degli scambi tra la
Russia ed un membro esterno dell’Unione, come l’Ucraina, si nota che la
membership dell’Unione non produca vantaggi particolarmente rilevanti, dal
momento che il commercio tra questi due Paesi è comunque cresciuto del 36% nel
2011 e calato del 10.8% nel 2012, al pari di quello degli altri Membri dell’Unione.
1.3 L’Unione doganale e l’OMC
La vera sfida che attende oggi l’Unione doganale, però, è quella legata all’ingresso
dei suoi membri nell’OMC, e della necessità ai sensi dell’art. XXIV GATT, che la
normativa regionale sia conforme alle regole multilaterali. L’adesione della Russia
all’OMC ha già provocato un primo cambiamento della tariffa doganale comune
che, almeno formalmente, è stata adeguata agl’obblighi tariffari accettati da Mosca
nel Protocollo di Accesso (la Decisione 87/2011 del Consiglio Eurasec regola le
relazioni con il sistema multilaterale dell’OMC). La possibile adesione del
Kazakistan all’Organizzazione ginevrina potrebbe in questo senso portare ad
ulteriori modifiche della tariffa doganale comune, e quindi produrre dei benefici alle
importazioni dei mercati nei rimanenti due Paesi, nel caso in cui le linee tariffarie
concordate in sede multilaterale dovessero essere più basse di quelle attualmente
in vigore ( si stima che siano oltre 1500 le linee tariffarie che dovrebbero essere
modificate secondo gli accordi di Accesso al mercato già conclusi dal Kazakistan).
L’Unione doganale, poi, è oggi competente anche per l’applicazione delle norme
sanitarie e fitosanitarie nonché delle regole tecniche al commercio. Nel sistema
degli scambi internazionali, più che le quote ed i dazi, sono queste regole non
tariffarie che costituiscono i principali ostacoli alla circolazione delle merci, e
diventano lo strumento per l’attuazione di politiche commerciali protezioniste. Il
sistema OMC prevede degli accordi specifici su queste materie (l’accordo SPS e
TBT su tutti) che impongono una serie di limitazioni e procedure definite per
l’adozione di regolamenti e divieti alle importazioni basate su ragioni tecniche o
sanitarie. La Russia nel suo Protocollo di Adesione ha accettato questi principi,
prevedendo che tutte le misure in materia sanitaria e fitosanitaria siano applicate ai
sensi della normativa OMC, così come la legislazione in materia di
regolamentazione tecnica, standardizzazione e verifica di conformità rispettino le
norme dell’Accordo TBT. A tal fine, la Federazione russa si è impegnata ad
applicare e rispettare gli standard fissati dai competenti organismi internazionali
(Codex Alimentarius Commission, Organizzazione Internazionale per la sanità
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animale), nonché ad applicare eventuali sospensioni dei permessi alle importazioni
in rispetto dei principi, regole e procedure previste nell’Accordo SPS.
A tal fine, salvo che in caso di grave pregiudizio per la salute umana, l’Autorità
federale russa per la sorveglianza veterinaria e fitosanitaria il Rosselkhoznador,
non potrà sospendere le importazioni da un Paese, se non darà la possibilità a tale
Stato di proporre delle misure correttive.
Con l’ingresso della Russia nel sistema multilaterale i principi e le procedure
appena esposte trovano applicazione anche nell’ambito dell’Unione Doganale
Eurasiatica. Ad oggi, però, in questa sede non si è ancora arrivati alla piena
definizione di regole sulla armonizzazione e la convergenza della normativa tecnica
tra i diversi Stati membri, facendo sì che nell’Unione doganale trovano oggi
applicazione oltre 20.000 standard differenti, molti di origine sovietica (i GOST) con
un impatto negativo anche sulle importazioni da Stati terzi. Gli operatori dei Paesi
terzi, infatti, lamentano condizioni di accesso al mercato ostacolate da procedure di
certificazioni che non seguono i modelli internazionali, procedure amministrative
particolarmente complesse e divergenti tra le diverse autorità che sono tenute ad
applicarle, nonché controlli doganali eccessivamente onerosi e poco trasparenti. La
sfida che attende l’Unione doganale è quindi quella di arrivare ad una
trasformazione delle proprie regole interne, favorendo un passaggio
dall’applicazione di regole vincolanti a regole volontarie come nelle altre economie
di mercato.
1.4 L’attestazione della conformità dei prodotti nella
Federazione Russa
La nascita di uno spazio economico comune per la libera circolazione di merci e
persone ha richiesto l’elaborazione di standard tecnici unificati e di un Codice
Doganale comune per i tre paesi facenti parte dell’Unione. Nel periodo 2010-2013,
sono stati redatti e pubblicati in rapida successione ben 34 regolamenti tecnici (gli
ultimi entreranno in vigore nel febbraio 2015, per poi subentrare definitivamente alla
normativa nazionale previgente al termine di un periodo di transizione che
normalmente ha durata biennale) disciplinanti la quasi totalità della produzione
domestica ed estera presente sui mercati dei tre paesi membri mediante
l’introduzione di un nuovo sistema di controllo dei prodotti (es. Macchinari e
impianti, Beni di consumo, Mobili, Prodotti per bambini).
In particolare, tralasciando i prodotti agroalimentari per i quali valgono regole
differenti a seconda dei prodotti (registrazione presso il Rospotrebnadzor o
dichiarazione di conformità e, per molti prodotti di origine animale, controllo
veterinario e liste di stabilimenti gestite dal Rosselkhoznadzor), due sono le forme
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di attestazione di conformità previste dai nuovi regolamenti a seconda della
tipologia di prodotto: la certificazione obbligatoria e la dichiarazione di conformità.
La prima viene rilasciata da un organismo all’uopo preposto (necessariamente
rientrante nel Registro Unico degli Enti di Certificazione e dei Laboratori di Analisi
dell’Unione Doganale) sulla base di un contratto stipulato con il soggetto
richiedente in seguito alla sottoscrizione del quale, successivamente, l’organismo di
certificazione provvede in via autonoma agli adempimenti per la certificazione
rilasciando infine il certificato di conformità. Quanto invece alla dichiarazione di
conformità, essa e’ invece un’autocertificazione resa dal richiedente stesso, sulla
base di attestati di prova ottenuti autonomamente ovvero avvalendosi della
collaborazione di terzi.
Con riferimento a entrambe le forme di attestazione di conformità, il soggetto
legittimato a rilasciare la dichiarazione di ovvero a presentare l’istanza per
l’ottenimento della certificazione obbligatoria deve essere una persona giuridica o
una persona fisica agente in qualità di imprenditore individuale regolarmente
registrata in uno degli stati membri dell’Unione Doganale e deve essere il
produttore stesso oppure un soggetto “espletante le funzioni del produttore
straniero” (solitamente un importatore o distributore) in forza di un contratto,
facendo le veci di quest’ultimo per quanto attiene sia la garanzia di conformità dei
prodotti che la responsabilità civile, amministrativa e penale connessa all’eventuale
difformità dei prodotti rispetto ai requisiti previsti.
Questa diversa impostazione (nel precedente sistema GOST R anche i soggetti
stranieri potevano chiedere l’attestazione di conformità) impedisce in sostanza ai
produttori esteri non dotati di una struttura sul territorio dell’Unione Doganale di
ottenere autonomamente il documento di conformità, e pone una serie di problemi
relativi alla tutela del segreto commerciale, alla ripartizione di eventuali
responsabilità ed alla gestione dei rapporti con tutti i soggetti coinvolti nel processo
di produzione e commercializzazione dei prodotti.
2. PRINCIPALI PROBLEMATICHE PER I PRODUTTORI
ITALIANI (MAGGIO 2014)
2.1 Mobili – Formaldeide
Il nuovo regolamento dell’Unione Doganale in materia di arredamento (TR CU
025/2012), che dovrebbe entrare in vigore a giugno 2014, contiene numerose
criticità, prima tra tutte quella legata al limite alle emissioni di formaldeide, fissato a
0.01 mg/m3, un limite 10 volte inferiore a quello utilizzato in Europa, ponendo quindi
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un ostacolo immotivato all'attività dell’intero settore. In questi mesi
FederlegnoArredo ha lavorato intensamente con l'associazione russa di
categoria Amedoro (ugualmente colpita dalla misura), il Commissario Europeo
Antonio Tajani e le associazioni europee rappresentative delle industrie del mobile
e del legno, in particolare con EFIC (European Furniture Industries Confederation),
per ottenere la proroga di tale provvedimento, che oltre a non avere base scientifica
che giustifichi i nuovi valori limite di formaldeide, avrebbe arrecato un grave danno
alle tante imprese italiane del settore legno-arredo che hanno nel mercato russo
uno dei principali sbocchi commerciali alla loro attività. Al momento attuale la
situazione è questa: la validità dei certificati GOST R rilasciati prima dell’entrata in
vigore dei nuovi requisiti è prorogata al 1 gennaio 2016.
2.2 Scarpe per bambini – Tomaia Sintetica
Il 1 luglio 2013 è entrato in vigore nei paesi dell’Unione Doganale il regolamento
tecnico 007/2011 per la sicurezza dei prodotti per bambini. L’ottenimento dei nuovi
certificati di conformità e per i rinnovi a partire dal 15 febbraio 2014 dipende
dall’adeguamento alla nuova disciplina. Da un esame del documento tecnico TR TS
007/2011 emergono, grandi perplessità di natura generale e concettuale. Per
quanto riguarda il settore calzaturiero, l'articolo 6 par. 2 riporta la natura di tutti i
materiali che non possono essere utilizzati per la realizzazione delle fodere. Nella
realizzazione di una calzatura di elevato contenuto tecnico qualitativo, la fodera
svolge un ruolo importantissimo nel definire le caratteristiche della calzatura finita.
Elevata traspirabilità, assorbimento del vapore d'acqua, isolamento tecnico,
resistenza all'usura, sollecitazioni imposte dalla deambulazione e/o dall'attività
ricreativa/sportiva non possono trovare soluzione con i materiali tradizionali e
impongono l'utilizzo di fibre e materiali sintetici. Questi materiali, oggetto di ampi
studi applicativi, offrono elevate garanzie di innocuità e sono comunemente
utilizzati nelle calzature indossate dalla maggior parte dei ragazzi e adolescenti di
tutto il mondo. L'esclusione di questi materiali costituirà una severa barriera alla
possibilità di esportazione di tale tipologia di calzature. Il regolamento evidenzia
inoltre un elevatissimo numero di prove necessarie ad assicurare il rispetto del
prodotto ai requisiti del regolamento tecnico stesso con una sicura rilevante
incidenza dei costi. Inoltre non è citata alcuna metodologia di prova. Il Regolamento
tecnico, totalmente estraneo alla disciplina WTO (OMC), obbligherà le imprese
calzaturiere europee ad affrontare costi inutili, senza fornire elementi concreti per
garantire il consumatore russo circa la sicurezza del prodotto acquistato. L’auspicio
è che venga completamente revisionato e riallineato, in termini di misurazione e
definizione degli standard, ai criteri della normativa ISO.
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2.3 Export carne suina dall’UE
Permane il divieto, adottato l’ultima settimana di gennaio, dell’esportazione
nell’Unione Doganale di suini vivi e carni suine da tutti i Paesi membri della UE, a
causa del riscontro di alcuni focolai di Peste suina africana in Lituania e Polonia. La
serrata trattativa condotta dalla Commissione europea ha portato alla decisione
russa, il 6 febbraio, di riaprire il mercato ai prodotti a base di carne suina sottoposti
ai trattamenti riconosciuti efficaci per inattivare il virus della Peste suina africana ai
sensi della Direttiva 2002/99/CE del Consiglio. Purtroppo, più complessa è la
negoziazione sulle condizioni per la ripresa delle esportazioni di carni suine fresche
e sulla definizione delle misure di regionalizzazione ritenute sufficienti ad evitare la
diffusione della malattia, nonostante il perdurare di tale divieto stia mettendo a
rischio l’attività di molte imprese.
2.4 Export piante ornamentali, piante da vivaio e da frutto
dall’UE
A seguito di una serie di infruttuose richieste all’UE in merito alla trasmissione di
informazioni fitosanitarie (pest status) relative al divieto europeo di importare
conifere e patate russe, la Russia ha vietato, a partire dal 1 luglio 2013,
l’importazione di piante ornamentali, piante da vivaio e piante da frutto. Il bando
russo ha natura “preventiva”, dal momento che non scaturisce da ispezioni con
esito negativo o problemi sanitari riscontrati nella pratica, bensi’ dalla presunzione
che il materiale vivaistico europeo non sia conforme ai nuovi piu’ stringenti standard
russi in ambito fitosanitario (ordine 456/2010 del Ministero dell’Agricoltura russo
come modificato a fine 2012). Saranno pertanto necessarie nuove ispezioni al fine
di accertare il rispetto della nuova normativa da parte dei produttori europei, e al
fine di sbloccare tale situazione e’ stato avviato un dialogo a livello politico, nel
contesto del quale si e’ tenuto, a novembre 2013, un incontro tra il Ministro
dell’agricoltura russo Fyodorov e l’ex Ministro italiano Di Girolamo, a seguito del
quale la parte russa ha annunciato il prossimo invio in Italia di una missione per
conoscere il sistema di certificazione volontaria applicato dai vivai italiani.
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2.5 Principio di residenza (Dogane)
Per via di questa regola, rintracciabile all’art. 368 del Codice Doganale dell’Unione
Doganale, quest’ultima non funziona ancora a pieno regime. In pratica, dal
momento che a fronte di un’armonizzazione della normativa doganale dei Paesi
membri permangono diverse discipline tributarie, bancarie, amministrative e
civilistiche, non e’ possibile lo sdoganamento dei beni in entrata in un Paese
dell’Unione Doganale diverso da quello di destinazione, e la dichiarazione doganale
va necessariamente presentata alle autorita’ doganali dello Stato in cui
l’importatore risiede o e’ registrato. Da cio’ deriva il fatto che ogni soggetto russo
dovra’ sdoganare le merci (ad es. provenienti dall’UE passando per la Polonia)
direttamente in Russia e non al confine tra UE e Bielorussia, in cui saranno
espletate solo le procedure relative al transito delle merci, che si cumuleranno a
quelle relative allo sdoganamento finale. Sostanzialmente, con riguardo al
commercio con paesi extra UD, l’unico vantaggio rispetto alla situazione
precedente oggi derivante dalla costituzione dell’Unione Doganale tra Russia,
Bielorussia e Kazakhstan e’ questo: le merci straniere importate in uno qualunque
dei Paesi membri possono poi circolare liberamente all’interno dell’intera Unione
Doganale, in cui peraltro vige dal 2011 il principio dell’esaurimento regionale dei
diritti di privativa sui beni.
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