numero 3 - Piccole Serve del Sacro Cuore per gli Ammalati Poveri

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numero 3 - Piccole Serve del Sacro Cuore per gli Ammalati Poveri
Anno LVIII - n. 3/2011
che arde
Fiamma che arde
Rivista trimestrale della Congregazione delle Piccole Serve
del Sacro Cuore di Gesù per gli ammalati poveri
Anno LVIII
Sommario
N. 3/2011
Sped. in abb. post.
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(La Redazione)
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non ne tenga conto. Chi lo utilizza per inviare offerte
è pregato di SPECIFICARE SEMPRE LA CAUSALE.
Il presente numero è stato consegnato alle
Poste Italiane di Torino il 12 settembre 2011.
pag. 3
Abbiamo una mamma in cielo
(Don Ettore Ghiano)
»
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Le caratteristiche
della gratuità dell’amore di Dio
(Sr. M. Gaetana Galbusera)
»
6
La politica nei confronti
dei religiosi e delle religiose (1848-1870)
(Don Giuseppe Tuninetti)
»
7
La missione medico oculistica
in Madagascar
(Dott. Enrico Gremmo)
» 10
Madagascar: Ladro di paradiso
(Sr. M. Adèle Raharinaina)
2/L’Eucaristia: Grembo vocazionale
(Sr. m. Gaetana Galbusera)
» 13
» 15
Romania: La comunione spirituale
(Mons. Ilie Sociu)
» 20
Attualità: Il ritorno dalle vacanze
(Aura Riva)
» 23
Psicologia: Come si diventa coppia
(Dott.ssa Maria Carla Visconti)
» 25
Medicina: L’ipertensione Arteriosa
(Dott.ssa Giovanna Gavazzeni)
» 27
Fiori di cielo
(Madre Carmelina Lanfredini)
» 29
Solidarietà
» 31
Sostegno bambini a distanza
» 32
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Cari
Amici
Cari amici,
mercoledì, 3 agosto 2011, Benedetto
XVI durante l’udienza a Castel
Gandolfo ha fatto ai presenti la seguente
proposta: Durante le vacanze perché non scoprire
alcuni libri della Bibbia che normalmente non sono conosciuti? In
effetti molti cristiani non leggono mai la Bibbia, e hanno di essa
una conoscenza molto limitata e superficiale. Auguriamoci che
l’appello di Sua Santità sia stato accolto da più cristiani, soprattutto
da cattolici, per i quali ha detto il Pontefice, i momenti di distensione possono diventare
oltre che arricchimento culturale, anche nutrimento dello spirito, capaci di alimentare
la conoscenza di Dio e il dialogo con Lui, la preghiera.
Desideriamo inoltre ricordare due particolari appuntamenti della Chiesa di agosto e
settembre 2011, che in queste pagine non hanno trovato spazio: la Giornata Mondiale
della Gioventù a Madrid dal 16 al 21 agosto e il 25° Congresso Eucaristico Nazionale
ad Ancona dal 3 all’11 settembre.
– Alla GMG del 2011, come le precedenti, molti sono stati i giovani che
hanno partecipato. Ma come leggere la loro adesione così numerosa
a questi appuntamenti con il Papa, con un percorso di preparazione
con la preghiera, la riflessione della Parola di Dio, la partecipazione
alle celebrazioni eucaristiche e anche l’accostamento al sacramento
della penitenza? Certamente ciò è una conferma che essi ancora
credono nei valori della vita anche spirituale. Il 6 agosto 2010, Festa
della Trasfigurazione del Signore, Benedetto XVI annunciava il tema
dell’incontro: “Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr
Col 2,7) e invitava i giovani a partecipare a un evento tanto importante per la
Chiesa in Europa e per la Chiesa universale. Dalle GMG del passato sono fiorite
vocazioni per la vita consacrata: sacerdoti e religiosi/e. La nostra speranza è
che la benedizione del Signore scenda ancora sulla sua Chiesa, chiamando a sé
giovani/e dal cuore generoso, umile e semplice;
– Mentre il nostro periodico è in stampa, ad Ancona la Chiesa celebra il 25°
Congresso Eucaristico Nazionale L’evento è accompagnato dall’icona
biblica: “Signore, da chi andremo?” (Gv 6,68). Essa illumina il nostro
cammino di fede, personale e comunitario”. L’Eucaristia per la vita
quotidiana diventa così anche il luogo di germinazione delle vocazioni.
La storia della Chiesa è la grande prova di questa affermazione: in ogni
stagione, l’Eucaristia è stata il luogo di crescita silenziosa di splendide
vocazioni al dono di sé e all’amore. La ricchezza delle vocazioni a servizio
dell’edificazione comune trova nell’Eucaristia il luogo di espansione nella
dedizione incondizionata al ministero ordinato, alla vita religiosa e monastica,
alla consacrazione secolare, al matrimonio e all’impegno missionario”. (Dal
messaggio del Consiglio Episcopale Permanente, 27 gennaio 2011)
Cari lettori, questo numero di “Fiamma che arde” entra nelle vostre case portando i
profumi e i colori di un autunno che si avvicina e con essi l’atmosfera di un quotidiano
che riprende, dopo le ferie dell’estate, le sue normali attività. Anche il vostro pensiero,
qualche giorno prima della conclusione della villeggiatura, è andato alla casa con
il desiderio di ritornarvi per riabbracciare familiarmente ciò che di più caro avete
temporaneamente lasciato? Se sì, è il segno che la vostra vacanza è stata distensiva e
ritemprante sia per il corpo che per lo spirito.
La Redazione
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Abbiamo una Mamma in Cielo
Mi hanno fatto un regalo, piccolo, ma
tanto bello: è una statuetta in legno della
Madonna. È una di quelle Madonnine che
arrivano dal Madagascar e sono così belle
che si fanno guardare a lungo, con piacere
ed ammirazione.
Quella di cui sto scrivendo è piccola
davvero, ma ce ne sono di più grandi, di
altre ancor più grandi e tutte sono autentici capolavori che dicono quanto siano
intelligenti molti artigiani, veri artisti di
quella grande isola che sentiamo abbastanza nostra perché è la terra di missione delle Piccole Serve del Sacro Cuore, le
suore della nostra Beata Anna Michelotti.
Guardare quella Madonnina vuol dire
gustare la bellezza e da questo è facile ar-
“Mi hanno fatto un regalo, piccolo, ma
tanto bello: è una statuetta in legno della
Madonna. È una di quelle Madonnine che
arrivano dal Madagascar”.
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Don Ettore Ghiano
rivare all’amore. Non intendo l’amore per
la piccola statua, o per altre più grandi ma
altrettanto belle bensì, lo capite subito,
voglio parlare dell’amore vero, sincero,
nella pienezza del cuore per la Madonna.
Premetto che è attraverso la Madonna
che si arriva a Gesù ed è quando si vuol
bene a Gesù che non si può dimenticare
o appena ricordare con qualche Ave Maria la Madonna che è per noi il dono più
grande che ci ha fatto Gesù e proprio nello spasimo dell’agonia, morente in croce.
Difatti disse a Giovanni: Ecco tua Madre, dopo aver detto alla Madre, non più
chiamandola con questo nome, ma donna: Ecco tuo figlio.
E Giovanni è stato il primo che subito
la prese con sé, ma in lui ci sono tutti, ci
siamo anche noi.
È la nostra Mamma, quindi non possiamo non tenercela in cuore e goderci
il fatto straordinario che noi, ognuno da
solo e tutti insieme, siamo veramente nel
suo cuore, amati e capaci di amare, lieti di
sentirci amati e pieni di santa passione di
amore profondo per Colei che quale Mamma è per noi ausiliatrice in tutto, consolatrice nella sofferenza e nella tristezza e
porta del Cielo, quel Cielo al quale siamo
destinati.
Studiamo con tanto interesse, insieme
a tanta devozione, le apparizioni della
Madonna incominciando da quelle magnifiche figure, soprattutto di fanciulle, alla
quali la Madonna, la bellissima Signora,
volle apparire lasciando i suoi messaggi e
chiedendo sempre le stesse cose, preghiera e penitenza.
Anche se tutti lo sanno, ricordo alcune
di queste veggenti: la Bernardetta di Lourdes, Lucia e i suoi cuginetti di Fatima e
poi quelle della Salette e ancora quelle
di Medjugorje, non ancora approvate ma
già straordinaria promessa di verità con
le autentiche conversioni che sono ormai
diventate notizia attraente e commovente
per tanti che si fanno convinti devoti.
Sono prete, lo sono da sessantasei anni
e sempre sento viva attrazione verso la
Madonna e capisco che senza di lei non
avrei potuto e non potrei andare avanti, ed
anche, da sempre, sento il bisogno di nutrire la mia povera anima con la corona del
Rosario ed una spontanea sequela di Ave
e Salve Regina mentre cammino sull’orlo
del pericolo, con rischi di ogni sorta, senza
la presenza, senza la mano, senza il cuore,
con me e per me, della Madonna.
Il Vangelo ci dice che dobbiamo diventare come bambini per entrare nel regno
dei Cieli. Credo che questo sia difficile per
tutti se non c’è lei, la Vergine Madre. Sotto il suo manto invece, vicino al suo cuore
respiriamo già una specie di aria del Cielo, sentiamo quasi il battere del suo cuore,
che tocca, come medicina salutare, il nostro cuore. Ci accorgiamo di essere un po’
nascosti in una alcova privilegiata ed allora
diventa facile per noi trovare e percorrere la
strada benedetta dell’umiltà con il bell’insieme delle altre virtù, per cui diventiamo
facilmente come bambini che per la santa
dimensione che acquistano e conservano,
stanno anche nelle mani della Madonna e
da Lei sono presentati ed offerti a Gesù e
diventano quei genuini tesori di grazia che
a Lui piacciono e quindi vivono nella letizia e si assicurano il regno dei Cieli.
Restiamo dunque con la Madonna,
preghiamola tanto, amiamola veramente
e nulla ci mancherà.
Io ebbi una tanto cara e buona mamma e fu proprio lei che mi insegnò a voler
bene a quella mamma che lei, mia nel disegno di Dio, conosceva ed amava anche
come sua.
Bisogna incominciare e poi restare con
Colei che, capolavoro di Dio, tenendoli
“… non si può dimenticare o appena ricordare con qualche Ave Maria la Madonna
che è per noi il dono più grande che ci ha
fatto Gesù”.
con sé, riesce a far diventare più buoni,
anche santi, tutti i suoi figli, redenti da
Gesù, ma non senza la sua partecipazione, aggrappata nel dolore della Croce e
poi esaltata in gioia nella risurrezione e in
gloria nella assunzione.
“… aggrappata nel dolore della Croce e poi
esaltata in gioia nella risurrezione e in gloria
nella assunzione”.
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Le caratteristiche della gratuità dell’amore di Dio
Sr. M. Gaetana GALBUSERA
Torino – Casa Madre, 1° luglio 2011
Solennità del Sacro Cuore
Avverrà che qualcuno vi domandi chi fu
a fondare questo Istituto: allora ricordatevi che nessun’altra risposta dovrete dare
all’infuori di questa: Il nostro Fondatore è
il Sacro Cuore di Gesù (Beata Anna Michelotti).
In tutte le comunità della Congregazione le Piccole Serve si sono preparate a celebrare la festa patronale del Sacro Cuore
con novena e triduo.
Qui a Casa Madre, ove c’è anche la sede
della Casa Generalizia, il 1° luglio u.s., siamo state onorate dalla presenza del nuovo
Arcivescovo Mons. Cesare Nosiglia. Alle
ore 17, nella nostra cappella, ha avuto luogo una concelebrazione eucaristica, da lui
presieduta con i reverendi sacerdoti amici:
don Giuseppe Tuninetti, Don Giuseppe
Colombero e don Martino Ferraris.
Il commento alla Parola di Dio è stato
il prezioso dono che il nostro Pastore ha
offerto ai partecipanti alla liturgia. In essa
ha sottolineato le caratteristiche della gratuità dell’amore di Dio di cui, in breve, ne
riportiamo alcune.
Non siamo stati noi ad amare Dio, ma
è Dio che per primo ha amato noi, è lui
che quando eravamo suoi nemici, lontani
a causa del peccato, ci ha tanto amato da
mandare appunto suo Figlio come vittima
di espiazione dei nostri peccati.
La festa del Sacro Cuore è innanzitutto
riconoscere quanto questo amore di Dio si
è manifestato, realizzato nella nostra vita.
Quindi la gratuità è il senso pieno di
un cuore che sa amare donando la vita,
come i genitori che donano la vita ai figli;
è un dono gratuito. Si ama gratuitamente per noi consacrati, religiosi, religiose,
sacerdoti, ponendoci a disposizione del
Signore, riconoscendo che la nostra voca6
zione è frutto di una scelta che viene da
lui: non noi lo abbiamo scelto ma lui ha
scelto noi.
Gesù diceva: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente sappiate restituire. Restituire che cosa? Se stessi, perché l’amore
di Gesù, come ci mostra il vangelo, è un
amore che non dona solo le guarigioni, le
cose di cui la gente ha bisogno, ma dona se
stesso; dona pienamente la sua persona.
Dio ci ha amati, nel suo Figlio, con un
cuore umano, in maniera intensa, oltre misura. La croce è il segno di un amore sovrabbondante, che va oltre ogni immaginazione. Nell’ultima cena Gesù lava i piedi ai
suoi discepoli e l’evangelista Giovanni ci
ricorda che Gesù avendo amato i suoi che
erano nel mondo li amò sino alla fine.
A conclusione della sua riflessione l’Arcivescovo ci ha ricordato che il carisma
della Piccola Serva sta al centro di tutta
la fede cristiana perché il cuore è il centro
dell’amore.
Ci ha inoltre esortate a riempirci sempre dell’amore di Cristo, ad accogliere la
sua parola, a coltivare una profonda amicizia con lui, perché più siamo rivestiti
dell’amore di Cristo più diventiamo capaci
di donarlo ai fratelli.
La politica nei confronti dei religiosi e delle religiose
nel periodo dell’unificazione italianaDon(1848-1870)
Giuseppe Tuninetti
Il processo di unificazione politica dell’Italia, che ebbe il suo momento più significativo nel 1861 con la proclamazione
del Regno d’Italia, fu caratterizzato negli
1848-1870 da una serie di leggi antiecclesiastiche, anzi anticattoliche, che colpirono in particolare i religiosi e le religiose:
monaci/monache, frati e chierici regolari,
ma anche numerose nuove forme di vita
consacrata. Tali leggi non erano per nulla richieste dalla unificazione politica, ma
erano frutto dell’odio anticattolico e antireligioso, che risaliva all’illuminismo, di
cui era portatrice e promotrice soprattutto la massoneria, molto potente nell’Ottocento e influente sulla politica.
La cacciata dei Gesuiti nel 1848
I primi a essere colpiti furono i Gesuiti, perché considerati nemici della de-
mocrazia. Il diffuso stato d’animo ostile nei loro confronti scoppiò nei primi
mesi del 1848 in violenti attacchi alle
loro case (e anche alle loro persone) nei
vari stati della penisola, tanto che essi
furono letteralmente cacciati a “furor di
popolo”, anche con atti di violenza fisica
sulle persone. A metà febbraio i gesuiti
vennero cacciati da Sassari e da Cagliari,
all’inizio di marzo da Genova e da Torino (Santi Martiri e Collegio del Carmine) e da Chieri, poi da Napoli e da città
dello stesso Stato pontificio. Alla piazza
seguirono a Torino interventi legislativi,
che confermavano il comportamento
violento della prima: nel Regno di Sardegna la legge del 21 luglio e il decreto
del 25 agosto 1848 sancivano l’espulsione dei gesuiti non cittadini del regno e
permettevano agli altri di restare, purché
abbandonassero la Compagnia.
Furono pure cacciate le cosiddette
Dame del Sacro Cuore, denominate spregiativamente “gesuitesse”, per i loro stretti legami con i Gesuiti. Si trattava delle
suore della Società del Sacro Cuore di
Gesù, fondata nel 1800 in Francia, per
l’educazione della gioventù, da S. Maddalena Sofia Barat sotto la guida del padre
Joseph Varin (poi gesuita): furono cacciate dalle case di Torino, Pinerolo, Saluzzo
e Genova.
Legge Rattazzi-Cavour
del 29 maggio 1855
Il raggio di attacco ai religiosi si estese con l’approvazione della legge del 29
maggio del governo Rattazzi-Cavour, no7
nostante che i vescovi si fossero dichiarati
disponibili a versare all’erario il corrispettivo del ricavato preventivato dalle soppressioni.
Furono soppresse nel Regno di Sardegna 235 case con 3733 religiosi e 1756
religiose, per un totale di 5489 persone;
gli ordini risparmiati furono 22 con 274
case e 4540 religiosi/e.
Tra i soppressi: tutti i contemplativi e
contemplative (dai Certosini alle Clarisse), i mendicanti (dai Domenicani ai Cappuccini). Tra i risparmiati: dai Barnabiti ai
Missionari di San Vincenzo, dai Rosminiani ai Fratelli delle Scuole cristiane; dalle
Suore di Carità (infermiere negli ospedali)
alle Suore di S. Giuseppe. Fatto singolare
e segno lampante di contraddizione della
politica cavouriana: le Figlie della Carità
di San Vincenzo tornarono utili a Cavour,
che le richiese (partirono in sessanta) per
assistere i soldati feriti nella guerra di
Crimea contro la Russia negli anni 18551856, dove erano stati spediti, agli ordini del generale Lamarmora, addirittura
15.000 soldati piemontesi. Le Suore acquistarono in popolarità, espressa anche
da una suggestiva canzone in dialetto: Le
monie ‘d San Salvari son tanti parpaion.
Ai Fratelli delle Scuole cristiane vennero sottratte in un secondo tempo, dal Comune di Torino, le scuole comunali, che
erano gratuite, già loro affidate a partire
dal 1829 dal re Carlo Felice: si riconoscevano la validità del loro insegnamento e la
loro dedizione, ma si riteneva non consono ai nuovi tempi che un “Municipio come
Torino lasciasse la direzione delle proprie
scuole a una congregazione religiosa”. A
mano a mano che le truppe piemontesi
avanzavano nella conquista delle regioni
italiane, venivano emanati decreti di soppressione di case religiose, in primo luogo
dei Gesuiti, che negli anni 1859-1860 si
videro chiudere una cinquantina di collegi
in tutta Italia.
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Camillo Bensi di Cavour e Urbano Rattazzi
Le leggi eversive del governo
italiano del 1866-1867
Il 7 luglio 1866 la Camera del parlamento italiano, trasferitosi a Firenze,
approvava una legge (senza bisogno, in
forza di una speciale legge delega, della
conferma del Senato), che toglieva agli
“ordini… corporazioni… congregazioni
religiose regolari e secolari… conservatori e ritiri” ogni riconoscimento dello
Stato, cui devolveva tutti i beni degli enti
soppressi. Furono ancora una volta colpiti i contemplativi e le contemplative, i
frati, i chierici regolari e le congregazioni
non colpite dalla legge Rattazzi-Cavour,
come i Fratelli delle Scuole cristiane e i
Preti della Missione. Furono risparmiate soltanto le nuove congregazioni (per
es. Salesiani e Rosminiani), perché non
ufficialmente “religiose”, neppure per il
diritto canonico. La legge assegnava, su
richiesta, ai religiosi e alle religiose di voti
solenni, una pensione, di circa 50 euro
odierni, quindi irrisoria e insufficiente a
vivere. Le religiose potevano restare nelle
loro case, o in parte di esse, fino a che
fossero ridotte a meno di sei. Tante furono nuovamente le sofferenze, soprattutto
morali, personali, e gravi le dispersioni di
religiosi/e.
L’esilio dell’Arcivescovo di Torino
I locali incamerati erano destinati a
uso pubblico (caserme, ospedali, scuole,
carceri…, come il Regina Coeli di Roma,
con la legge del 19 giugno 1873, che estese il provvedimento alla nuova capitale).
I beni degli enti non soppressi, come parrocchie, episcopî e seminari, erano convertiti in titoli di Stato, la cui rendita andava al fondo culto; furono spogliati anche santuari e confraternite, cappellanie,
capitoli delle cattedrali e collegiate dei
canonici. Le biblioteche, gli archivi e gli
oggetti artistici erano destinati a musei e
biblioteche pubblici: intatte dovevano restare le chiese; ma non sempre fu così; per
es. la chiesa del convento cappuccino di
Ceva fu trasformata in cantina.
Si trattò, come è evidente, di un enorme furto legalizzato. Ne soffrirono le comunità religiose e i poveri, ne guadagnarono i ricchi, che comprarono moltissimi
beni posti all’asta, a buon prezzo. Questa
politica persecutoria non suscitò evidentemente le simpatie dei cattolici verso il
processo di unificazione italiana. Anzi
determinò il sorgere e l’affermarsi di un
forte movimento di opposizione detto intransigentismo cattolico: la responsabilità
va attribuita soprattutto alla miopia politica dei politici risorgimentali. Le conseguenze negative le paga ancora l’Italia di
oggi.
Negli anni risorgimentali fu arcivescovo di Torino, monsignor Luigi Fransoni,
di nobile famiglia genovese. Era stato lo
stesso re Carlo Alberto a chiedere alla
Santa Sede il suo trasferimento da Fossano a Torino nel 1831, come amministratore apostolico.
Con la sua famiglia aveva dovuto soffrire molto negli anni della rivoluzione francese e dell’occupazione napoleonica. Per
cui portava in sé una profonda avversione
nei confronti delle novità politiche, anche
legittime. Si urtò prima con lo stesso Carlo Alberto e poi, dal 1844, si attirò addosso l’ostilità dei “liberali”, veri o presunti
tali: mancò insomma di discernimento nel
valutare la nuova situazione politica, dando esca agli anticlericali e agli anticattolici. Va pure detto che i governi liberali si
comportarono nei suoi confronti in modo
illiberale, non riconoscendo all’arcivescovo la libertà di parola, che i “liberali”
proclamavano come diritto. Fu dapprima
costretto all’esilio “volontario” a Ginevra
nel 1849, poi fu incarcerato nella Cittadella e quindi nel Forte di Fenestrelle. Infine,
condannato in tribunale,
il 28 settembre
1850 fu condotto al confine
e cacciato in
esilio. Si ritirò a Lione, dove
morì nel
1862. È sepolto nella
cattedrale
di Torino.
L’arcivescovo di Torino, mons. Luigi Fransoni (1832-1862).
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Missione medico oculistica in Madagascar Dott. Enrico Gremmo
Ambatondrazaka, maggio 2011
VIII missione dei nostri amici Medici Volontari, specialisti in oculistica, ad Ambatondrazaka (Madagascar).
Inizio a scrivere della missione in Madagascar solo dopo una settimana. Ho bisogno di
tempo...
Questa è un’esperienza che ti segna, mi
disse Carlo qualche giorno fa: all’inizio sei
travolto, hai bisogno di sedimentare, ne parleremo dopo.
E adesso è ora di parlare, di capire che
cosa ci sto a fare qui, io, lontano dalla mia famiglia, dal mondo che ho conosciuto finora,
Dott. Enrico Gremmo alla sua prima esperienza di medico volontario in Madagascar.
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dal mondo ricco, senza problemi, o meglio
con problemi falsi, creati dall’abbondanza,
dal consumismo, dalla scorpacciata.
In Madagascar tutto è essenziale, lo sbaglio
non si perdona, o forse si perdona tutto con
un sorriso. È proprio il sorriso che ci accoglie
scoppiettante e travolgente: suor Luciana ci
abbraccia come una sorella che non vediamo da tempo, è felice, ci aspettava da mesi.
Il sorriso ci accompagna sempre, il sorriso
stupito di Maria sempre dolce, paziente, disponibile, il sorriso di Lidia, avvolgente, caldo, il sorriso di Carlo, sornione ma maturo,
sempre incoraggiante, il sorriso di Speranza,
attenta, preoccupata, precisa, organizzatrice,
il sorriso di Paola, silenziosa ma ascoltatrice,
il sorriso dei malati che non capiscono ma
sperano sempre, non pretendono mai, non
urlano la loro povertà, il loro dolore ma accettano il male con dignità.
Suor Luciana è una forza della natura,
energia allo stato puro, sempre positiva, infaticabile. Hai impressione che riesca a capire
ogni cosa, pronta ad aiutare tutti ma sempre
con una parola di allegria. Chi ha mai detto
che il cristianesimo sia segnato dalla croce
? Se per croce pensiamo alla fatica, alle difficoltà enormi di ogni giorno, ammesso che
croce sia, per suor Luciana è una croce colorata, gioiosa; ogni attimo della giornata di
suor Luciana (masera in malgascio, scherzosamente ribattezzata Maserati per la velocità
con cui guida nelle sgangherate strade fangose) sembra segnato da una forza che è buona, vitale contagiosa. Il suo sorriso è aperto,
cristallino, un po’ ciondolante, come quello
di un gatta contenta della sua preda, solo che
la preda in questo caso è lei stessa che dona
la sua forza, ma donandosi, come Sansone
che ogni volta che cade, diventa più forte.
Mi racconta che in Madagascar una preda
che viene mangiata viene innalzata di gra-
Oggi suor Luciana ci ha portado. L’uomo che mangia l’animale
to a vedere il carcere. Mi è sembrainnalza la carne della preda per
to di entrare in un incubo imposfarlo parte di sé. Così suor Lusibile. Lei entra dappertutto, tutto
ciana, donandosi tutta riesce ad
sembra lieve, facile con lei. Da
innalzarsi al livello dei più sfordove le viene questa forza di tratunati, che come dice il Vangelo,
sformare tutto in sorriso anche gli
sono più vicini a Dio.
Giacomo è infaticabile. Anche
incubi più abissali, se non da Dio?
lui deve maturare questa nuova
Nel carcere di Ambatondrazaka sono detenuti più di 1300 peresperienza, tornerà come tutti
noi, perché questo è un posto che “Sr. M. Luciana ci sone tra bambini, donne, uomini
ti conquista. Carlo ce l’ha detto, abbraccia come una malati. I guardiani sono solo tre,
la maggior parte della gente che sorella che non vedia- eppure, fa notare Paola, non scopviene qui, prima o poi ritorna. mo da tempo, è felice, pia una rivolta, non veniamo presi
Perché? Forse perché qui ritrovi ci aspettava da mesi”. come ostaggio. Entriamo nell’inl’essenziale, il primordiale, quel bisogno di ferno senza controlli, senza ostacoli, accolti
solidarietà che proprio in questi ultimi anni la dal sorriso dei carcerati, dal vecchio tuberscienza ha dimostrato essere proprio dell’uo- colotico che ci saluta augurandoci ogni bene
mo grazie alla scoperta dei neuroni specchio. in francese. Il senso di pietà di suor Luciana
Molte suore sono belle, hanno il colore è sempre grande. L’uomo è in carcere per
dorato della terra del Madagascar, quella aver molestato una ragazzina, ma è vecchio,
dolcezza gentile che ti accoglie, ti scalda il è malato: Perché non lo lasciano libero? dice
cuore. I loro occhi sono neri, vivaci, grandi, suor Luciana. Le osservazioni di suor Luciamobili ma stupiti, da bambina. Ti salutano na però non sono mai di sorda protesta, sono
da lontano, non sai cosa pensano, ma i loro di amore, comprende, perdona, sopporta, ma
pensieri sono gioiosi, ridono di te, con gra- non si lascia mai travolgere dalla rabbia imzia, o forse ridono per te.
potente. Sembra che una soluzione sia sem-
"Molte suore sono belle, hanno il colore dorato della terra del Madagascar, quella dolcezza
gentile che ti accoglie, ti scalda il cuore".
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“I malati operati son venuti tutti a salutarci, vestiti col loro abito migliore”.
pre possibile, che prima o poi il bene trionfi.
Non si ferma davanti a niente. Ci racconta
quando incominciò a curare i carcerati: Ne
morivano diversi al giorno, la nostra spesa
più grande era comprare i teli per seppellirli;
poi abbiamo cominciato a curarli, aprendo
una piccola infermeria all’interno del carcere, e poco per volta i morti sono cominciati
a diminuire. Restava il problema dei ragazzi
giovani, tenuti insieme agli altri, senza speranza, senza futuro. Si finisce in carcere facilmente. Qualcuno è accusato di omicidio. Un
ragazzo stava giocando a palla nel fiume coi
suoi amici; per scherzo vengono nascosti i vestiti di uno di loro, ne segue qualche insulto,
una spinta, un ragazzo cade, si ferisce, viene trasportato in ospedale dove poi muore.
Segue l’indagine della polizia e un giovane
(probabilmente innocente) finisce in carcere
con l’accusa di omicidio. I primi anni piangeva tutto il giorno, ora si è un po’ abituato,
dice suor Luciana accarezzandogli i capelli.
Un ragazzo va a prendere una chitarra e
cominciano a cantare tutti insieme. Suor Luciana sorride e commenta: mi cantano sempre canzoni di chiesa, chissà perché?
Qualcuno le chiede: Come si può cercare
di far sì che meno ragazzi finiscano in carcere, c’è qualche possibilità di aiutarli in
qualche modo con la scuola, lo sport, l’apertura di centri sociali? Suor Luciana sorride
ancora, scuote la testa: No, non si può fare
nulla per cambiare questo, solo comprendere, amare le persone così come sono; voi pensate di venire qui a cambiare il Madagascar
ma sarà il Madagascar a cambiare voi...
Chiedo a Carlo: Cosa pensano di noi i
pazienti che operiamo? Cosa si aspettano?
12
Mi risponde: Te ne accorgerai, aspetta e vedrai l’ultimo giorno; vedi, i malati una volta
alzati dal lettino operatorio non ti chiedono
come è andato l’intervento, ma “Carnet”? e,
subito dopo: “Posso mangiare?”.
“Carnet” è il prezioso libretto bisunto e
spesso con scritte incomprensibili dove qualche medico misericordioso scrive, qualche
volta, un appunto, una cura, un rimedio, una
promessa. Per i malati sembra essere più prezioso del loro stesso cibo.
L’ultimo giorno arrivano davanti al nostro ambulatorio tutti i malati che abbiamo
operato in questi giorni. È per l’ultimo controllo, ma non solo...
Rivedo la mamma di 28 anni con cataratta bilaterale con tre bimbi piccoli e un
terzo nella pancia in arrivo che mi sorride.
Dice di essere contenta, di vederci bene
dall’occhio operato, ma durante la visita mi accorgo che oltre alla sventura della cataratta bilaterale la giovane mamma è
affetta da retinite pigmentosa. La sua vista
non sarà un gran che, ma lei ringrazia...
Rivedo l’anziana cieca che il giorno stesso dell’intervento, temendo di non venire
operata, nascose una rovinosa caduta, con
la quale aveva fatto (inspiegabilmente per
noi!) sanguinare l’interno dell’occhio da
operare. Ora, nonostante la caduta, ci vede,
l’operazione è riuscita nonostante il trauma!
I malati operati son venuti tutti a salutarci,
accompagnati dai loro parenti, vestiti col loro
miglior vestito, con ognuno un piccolo regalo
per noi, chi una spiga di riso, chi due uova,
chi un cappello di paglia, chi un telo colorato,
chi un borsa di rafia: il sorriso di questa gente
ci accompagnerà in Italia per sempre.
MADAGASCAR: Ladro di paradiso
La piccola Serva, presentandosi all’ammalato come ha insegnato la Fondatrice,
raggiungerà lo scopo principale della sua
caritatevole assistenza, che non è soltanto di portare un po’ di terra alla terra,
ma di portare loro il Cielo, di cui essa
dispone a piene mani perché è l’apostola
del Cuore di Gesù.
Ambatondrazaka (Madagascar)
6 marzo 2011
Nonno Ravelojaona era uno dei nostri
ammalati che assistevamo a domicilio;
necessitava di aiuti umanitari, di cure
sanitarie, supporto psicologico e anche
qualche suggerimento spirituale per la
salute dell’anima.
Viveva solo in un quartiere affollato
della nostra Parrocchia. Gli «Amici di
Anna Michelotti» che collaborano con
il capo del territorio locale erano venuti
a conoscenza dei suoi bisogni e avevano
chiesto a noi suore di andare a visitarlo.
Abitava in un piccolo tugurio di metri
2x1, lo spazio sufficiente per stendere il
suo saccone di paglia su cui dormire.
Non si sapeva quanti anni potesse
avere; secondo il suo racconto diceva che
era già un giovanetto quando il biglietto
del treno da Ambatondrazaka a Moramanga costava 16 ariary, tariffa in vigore
agli inizi del 1900.
Era stato affetto dalla lebbra, si era
curato ed era guarito. Ma sia a causa di
questa malattia prima che della vecchiaia
poi, era stato dai suoi familiari abbandonato a se stesso.
I vicini, che sono sempre i più prossimi ai bisognosi, gli portavano qualco-
Sr. M. Adèle Raharinaina
sa da mangiare. Colpiva la serenità con
cui raccontava il suo passato e come si
procurava di che vivere. Con tanta semplicità ha affermato di essersi anche improvvisato mpisikidi (stregone). La gente
andava da lui per farsi curare con le sue
magie ed egli in cambio riceveva qualche
monetina.
Andavamo a trovarlo ogni settimana
e insieme agli Amici di Anna facevamo
quanto era possibile: gli portavamo i generi alimentari di prima necessità, provvedevamo all’igiene personale e alla pulizia della sua minuta abitazione.
Il nostro nonno aveva cominciato ad
affezionarsi a noi e quando lo visitavamo
ci ripeteva: «Non ho altri che voi suore in
cui poter sperare e avere fiducia piena».
Inizialmente non è stato facile parlargli di un Dio che esiste, che ci ama e a lui
dobbiamo affidarci. Gli aiuti che gli offrivamo con fraterna amicizia sono stati
i mezzi che lo hanno aiutato, passo dopo
passo, ad aprirsi alla fede, ad accogliere e
a credere nella paternità di Dio.
I volontari, “Amici di Anna Michelotti”,
impegnati nella pulizia della casa di nonno
Ravelojaona.
13
Dopo aver acquistato la fiducia è nata
tra noi anche un po’ di amicizia ed era
così giunto il momento favorevole per
parlargli delle cose dello spirito. La grazia del Signore già agiva in lui tanto da
desiderare di essere istruito nella fede.
Un giorno, deciso, ha chiesto di voler imparare il catechismo e ricevere il Battesimo, liberandosi totalmente dall’esercizio
della stregoneria.
Abbiamo fatto insieme il programma
e stabilito i tempi per le lezioni di catechismo in preparazione al sacramento
della iniziazione cristiana.
Ma in quello stesso giorno nonno
Ravelojaona si è ammalato gravemente;
noi ci siamo date da fare per assisterlo
per quanto meglio si è potuto, ma le sue
condizioni purtroppo peggiorarono rapidamente. Abbiamo accompagnato da lui
il sacerdote che gli ha subito somministrato il Battesimo dandogli il nome del
nostro Patrono S. Giuseppe. Nonno Giuseppe era tanto felice e dopo aver ricevuto con fede il sacramento della salvezza
ha chiesto un po’ di caffè.
Così, per volontà di Dio egli è divenuto cristiano mediante un percorso diverso da quello da noi previsto.
Il mattino seguente dopo la S. Messa,
la sottoscritta, ispirata dall’Angelo custo-
Nonno Ravelojaona, come docile bimbo, si
lascia fare una doccia calda.
14
de è andata a trovarlo ed è arrivata giusto
in tempo per ricevere il suo ultimo respiro. Era domenica, 6 marzo 2011, giorno
del Signore.
Ora nonno Giuseppe riposa in pace e
beato lui per aver raggiunto in breve il
Regno di Dio.
Siamo anche certe che dal cielo, questo nostro caro fratello, ora prega per noi.
Mora ho azy ny nahazo ny Lanitra
Sr.M.Adèle Raharinaina
«…Tsy mikendry fotsiny hivimbina tany
kely ho an’ny tany fa mikendry koa ny
fivimbinana ho azy ireo ny lanitra» (BMF).
Ambatondrazaka (Madagascar)
6 marzo 2011
Anisan’ny
marary
mahantra
nila
fanampiana sy fikarakarana manandrify
ny maha olona ara-batana, ara-tsaina fa
indrindra ny ara-panahy sy izay tokony
ho sahaza azy i Dadabe Ravelojaona.
Nipetraka
tao
amin’ny
Quartier
Madiotsifafana Ambatondrazaka izy.
Araka ny fanadihadiana sy ny fiarahamiasa tamin’ny Chef quartier nataon’ireo
lahika Amis de la Mère Anna Michelotti
no antony nahafantarana azy sy ny
mombamomba azy ka nahatonga ny
masera nandeha nitsidika azy tany amin’ny
tranobongokeliny mba hijery ihany koa
izay zava-misy marina.
Tsy fantatra marina izay taona
nahaterahan’i Dadabe Ravelojaona fa
araka ny resaka ataony dia anisan’ny olona
efa niaina an-taonany maro izy satria araka
ny notantarainy dia mbola 16 Ar ny frais
segue a pag. 19
2/L’Eucaristia: Grembo vocazionale
A cura di Sr. M. Gaetana Galbusera
15
“In ascolto della voce di Gesù”
Scheda di preghiera per gruppi o per singole persone.
I canti si eseguono all’inizio con l’invocazione allo Spirito santo, con l’Alleluia alla proclamazione
del Vangelo, alle invocazioni con un tema vocazionale, alla fine con una lode di ringraziamento.
La parola della Chiesa
(dal Messaggio del Santo Padre per la 48°
Giornata Mondiale di Preghiera per le
Vocazioni).
Il Signore, all’inizio della sua vita pubblica,
ha chiamato alcuni pescatori, intenti a lavorare sulle rive del lago di Galilea: “Venite
dietro a me, vi farò pescatori di uomini”
(Mt 4,19). Ha mostrato loro la sua missione
messianica con numerosi “segni” che indicavano il suo amore per gli uomini e il dono
della misericordia del Padre; li ha educati
con la parola e con la vita affinché fossero
pronti ad essere continuatori della sua opera
di salvezza; infine, «sapendo che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al
Padre» (Gv 13,1), ha affidato loro il memoriale della sua morte e risurrezione, e prima
di essere elevato al Cielo li ha inviati in tutto
il mondo con il comando: «Andate dunque e
fate discepoli tutti i popoli» (Mt 28,19).
È una proposta, impegnativa ed esaltante, quella che Gesù fa a coloro a cui dice
«Seguimi!»: li invita ad entrare nella sua
amicizia, ad ascoltare da vicino la sua Parola e a vivere con Lui; insegna loro la dedizione totale a Dio e alla diffusione del suo
Regno secondo la legge del Vangelo: «Se il
chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce
molto frutto» (Gv 12,24); li invita ad uscire
dalla loro volontà chiusa, dalla loro idea di
autorealizzazione, per immergersi in un’altra volontà, quella di Dio e lasciarsi guidare
da essa; fa vivere loro una fraternità, che nasce da questa disponibilità totale a Dio (cfr
Mt 12,49-50), e che diventa il tratto distintivo della comunità di Gesù: «Da questo tutti
sapranno che siete miei discepoli, se avete
amore gli uni per gli altri» (Gv 13,35).
16
Spunti di riflessione
– Gesù chiama i semplici e gli umili di
cuore a seguirlo e li istruisce con la parola e li educa con l’esempio della sua
vita.
– Gesù invita coloro che lo seguono a entrare nella sua amicizia e a vivere in comunione con Lui.
– Alla sua scuola, Gesù insegna a dedicarsi interamente a Dio e a diffondere nel
mondo il suo Regno, anche a costo di
morire a se stessi per dare frutti di vita
eterna.
Dio e la sua opera
Preghiera meditativa del Card. Van Thuan,
scritta nel 1985 durante la sua prigionia in
Vietnam; esprime i molti aspetti del servizio
del sacerdote.
(proclamata da due lettori )
L. 1: A causa del tuo amore infinito,
Signore, mi hai chiamato a seguirti,
a essere tuo figlio e tuo discepolo.
L. 2: Poi mi hai affidato una missione
che non assomiglia a nessun’ altra,
ma con lo stesso obiettivo degli altri:
essere tuo apostolo e testimone.
L. 1: Tuttavia, l’esperienza mi ha insegnato
che io continuo a confondere le due realtà:
Dio e la sua opera.
L. 2: Dio mi ha dato il compito delle sue opere.
Alcune sublimi, altre più modeste;
alcune nobili, altre ordinarie.
L. 1: Impegnato nella pastorale in parrocchia,
tra giovani, nelle scuole,
tra gli artisti e gli operai,
nel mondo della stampa,
della televisione e della radio,
vi ho messo tutto il mio ardore
impegnando tutte le capacità.
Non ho risparmiato niente, neanche la vita.
L. 2: Mentre ero così appassionatamente
immerso nell’azione,
ho incontrato la sconfitta dell’ingratitudine,
del rifiuto di collaborazione,
dell’incomprensione degli amici,
della mancanza di appoggio dei superiori,
della malattia e dell’infermità,
della mancanza di mezzi…
L. 1: Mi è anche capitato, in pieno successo,
mentre ero oggetto di approvazione,
di elogi e di attaccamento per tutti,
di essere all’improvviso spostato
e cambiato di ruolo.
Eccomi, allora, preso dallo stordimento
vado a tentoni, come nella notte oscura.
L. 2: Perché, Signore, mi abbandoni?
Non voglio disertare la tua opera.
Devo portare a termine il tuo compito,
ultimare la costruzione della Chiesa…
L. 1: Perché gli uomini attaccano
la tua opera?
Perché la privano del loro sostegno?
L. 2: Davanti al tuo altare,
accanto all’Eucaristia,
ho sentito la tua risposta, Signore:
Tutti: Sono io colui che segui
e non la mia opera!
Se lo voglio mi consegnerai
il compito affidato.
Poco importa chi prenderà il tuo posto;
è affar mio. Devi scegliere Me!
La parola di Gesù
La chiamata dei primi discepoli (Mt 4,19)
Mentre Gesù camminava lungo il mare di
Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato
Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
E disse loro: «Seguitemi, vi farò pescatori
di uomini». Ed essi subito, lasciate le reti,
lo seguirono. Andando oltre, vide altri due
fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni
suo fratello, che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti; e li
chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il
padre, lo seguirono.
Gesù ama i suoi per sempre (Gv 13,1)
Prima della festa di Pasqua Gesù, sapendo
che era giunta la sua ora di passare da questo
mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che
erano nel mondo, li amò sino alla fine.
L’annuncio del regno di Dio (Mt 28,19)
Dopo la risurrezione di Gesù, i discepoli andarono in Galilea sul monte che egli aveva
loro fissato. Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi. E Gesù avvicinatosi, disse
loro:«Mi è stato dato ogni potere in cielo e
in terra: Andate dunque e ammaestrate tutte
le nazioni, battezzandole nel nome del Padre
e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando
loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino
alla fine del mondo».
Pausa per rileggere i passi del Vangelo di
Matteo e di Giovanni, facendo attenzione ai
personaggi che nella lettura incontri e sottolinea quanto ti ha maggiormente colpito.
Spunti per la riflessione
• Gesù, chiamando i primi quattro
discepoli non dice loro di cambiare
lavoro, ma solo l’oggetto della loro
pesca: «Seguitemi! Vi farò diventare
pescatori di uomini».
• Gesù ha amato i suoi discepoli alla
perfezione e fino all’ultimo istante
della sua vita. L’ultima sua ora, infatti,
sarà un atto di supremo amore.
• Gesù risorto affida agli Undici una
missione non più ristretta al popolo
di Israele, ma estesa a tutti gli uomini
nello spazio e nel tempo.
Invocazioni
Il Signore sempre ci sostiene e non ci fa mancare nulla; ma egli desidera che gli presentiamo le nostre richieste perché teniamo sempre
viva la nostra fiducia in lui.
17
Preghiamo e diciamo: Esaudiscici, Signore.
Gesù, che hai mostrato ai discepoli la tua
missione messianica con numerosi segni, che
mostravano il tuo amore per gli uomini; fa
che ancora oggi sappiamo cogliere nella nostra vita i segni della tua grande bontà.
Esaudiscici, Signore.
Gesù, la tua proposta a seguirti è impegnativa. Tuttavia nella Chiesa non sono mai
mancati uomini che generosamente hanno
risposto alla tua chiamata. Fa’ che ancora
oggi i giovani rispondano al tuo invito a seguirti, a entrare nella tua amicizia e a vivere
con te.
Esaudiscici, Signore.
Gesù, come il chicco di grano caduto in terra, perché non rimanga solo, deve morire,
aiutaci a uscire dalla nostra volontà ripiegata su noi stessi per aprirci alla tua, affinché
la nostra missione produca abbondanti frutti
per il tuo Regno.
Esaudiscici, Signore.
Gesù, fa’ che nelle nostre convivenze non
manchi il distintivo che ci caratterizza come
membri della tua comunità: avere amore gli
uni per gli altri.
(Seguono libere invocazioni e dopo una
pausa di silenzio si canta il Padre Nostro).
Orazione
Signore, non c’è nulla di più grande del
tuo amore che è la più bella aspirazione
dell’uomo. Noi ti preghiamo perché i
nostri cuori si aprano al tuo amore e a tutti
concedi questo tuo dono sublime. Amen.
Gesù, il Maestro dei discepoli
Gesù, durante i tre anni della sua vita pubblica ha costituito una comunità di uomini,
ai quali aveva loro precedentemente rivolto
18
l’invito a seguirlo. Con Gesù i discepoli
iniziano un’altra vita, quella di chi si è convertito per aprirsi al Regno, che si è fatto
vicino in Gesù. Tuttavia questo non avviene
subito, perché prima occorre imparare dal
Maestro come ci si impegna nell’annuncio
del Regno Dio.
Dunque, Gesù istruisce i suoi discepoli
con la parola e con la vita, fanno esperienza
di vita comune, li educa ad avere amore gli
uni per gli altri, come segno di appartenenza
al proprio Maestro; chiede inoltre ad avere
fede in Lui e a essere disponibili a compiere
la volontà del Padre.
Quando sono sufficientemente pronti,
Gesù manda i suoi discepoli a predicare la
Buona Novella e come il loro maestro essi
compiono i miracoli.
Al rientro della loro missione mettono in comune l’esperienza fatta e si apre
il commento relativo a una guarigione non
compiuta: «Perché non siamo riusciti a guarire un indemoniato», chiesero i discepoli
a Gesù. «Perché quella stirpe di demoni si
scaccia con il digiuno e con la preghiera»,
ripose Gesù.
Ciò indica che la scuola del discepolato
non è ancora conclusa e dal Maestro c’è ancora molto, ma molto da imparare.
Tuttavia, Gesù ha molta fiducia in loro
e prima di entrare nella sua passione fonda
la sua Chiesa sul primato di Pietro (cfr Mt
16,18), colui che lo rinnegherà.
Qui emerge la magnanimità del MaestroSignore verso l’apostolo Pietro: il perdono
del tradimento.
Il Vangelo, scritto da oltre duemila anni,
continua a essere la scuola, altamente qualificata, per la formazione iniziale e permanente di coloro che seguono il Signore.
segue da pag. 14
lamasinina Ambato-Moramanga izy efa
zatovon-jaza. Voan’ny aretina habokana
izy taloha fa efa nahavita ny fitsaboana
momba izany.
Noho ny fahanterany sy ny fahantrany
dia nipetra-drery izy na dia nanan-janaka
izay tsy niraharaha azy aza ka ny manodidina
no mba mihantra sy mijerijery azy.
Ny zavatra nanaitra dia ny
fahatsorany nilaza taminay ( Masera )
fa ny fivelomany dia ny “mitaiza olona”
amin’ny alalan’irony fijerena andro,
vintana sns... araka ny filazan’ny sasany
koa hoe “mpisikidy”. Rehefa hita sy
fantatra àry ny toerana sy ny momba azy
dia natomboka ny fikarakarana sahaza
azy. Notsidihana isan-kerinandro izy,
nampiana ara-tsakafo, niaraka tamin’ireo
Amis nodiovina sy namboarina ny
tranony, ary teny antsefatsefany teny
niezaka tsikelikely naka ny fony mba
hitarihana azy ho amin’ny arampinoana ihany koa dia ny mba hitodiany
amin’Andriamanitra izany.
Noresahina taminy ny tokony hinoana
an’ Andriamanitra sy ny hiankinana
Aminy irery ihany ka tamin’ny voalohany
dia somary sarotsarotra ary nila fotoana
sy faharetana ny fampitàna izany taminy
satria ny fiankinana misimisy kokoa
tamin’ny fanampiana azo tsapain-tànana
avy amin’ny masera sy izay mikarakara
azy no nampazoto azy toy ny sakafo,
fitafiana, fanafody. Ary dia matetika no
averimberiny amin-dry masera ny hoe “
dia efa ianareo anie no iankinako ary efa
milavo loha tanteraka aminareo aho”.
Fa tsikelikely taty aoriana dia tsapa
fa resilahatra ihany izy ary vonona ny
hianatra katesizy mihitsy aza ary hiroso
amin’ny Batemy. Natao ny fandaharampotoana sy ny fanomanana toerana ary
ny olona hampianatra sy hitondra an’i
Dadabe hianatra katesizy saingy hafa
ny fandaharan’Andriamanitra ho azy.
Voan’ny aretim-pivalanana tampoka
sady mafy izy izay nandreraka azy tokoa
ka vetivety foana dia nihaosa tanteraka.
Notsaboina arak’izay azo natao izy
ary hita koa fa tsy afaka hiady intsony
amin’ny aretina ka niantsoana Pretra mba
hanome azy ny Sakramentan’ny Batemy
izay efa niriany rahateo. Nomena ny
anarana vaovao hoe “Joseph”izy. Dia izay
koa no nandrasany ho làlana fohy dia fohy
hiampitàna teo am-pofoan’Andriamanitra
Ray satria ny ampitso maraina ny
nandraisany io Sakramenta io dia niala
aina teo am-pelatanan’ny masera (sr. M.
Adèle) izay nikarakara azy izy. Alahady
maraina sady andron’ny Tompo, 06 mars
2011 tamin’izay.
Sambatra izy fa anisan’ny voavonjy ary
nandrombaka ny fanjakan’ny lanitra.
“Mandria
am-piadanana
dadabe
Joseph ary manantena izahay fa mivavaka
ho anay ianao”.
Un bel fiore malgascio per Nonno Ravelojaona. “Dal cielo, questo nostro caro fratello,
ora prega per noi”.
19
romania: La comunione spirituale
Mons. Ilie Sociu
Condividiamo con i nostri lettori l’omelia di mons. Ilie Sociu tenuta, durante la
celebrazione eucaristica del 1° febbraio 2011, in onore alla Beata Anna Michelotti. La
liturgia si è svolta nella cappellina della comunità delle Piccole Serve del S. Cuore in
Ploiesti (Romania). Mons. Ilie è stato Vicario Episcopale per la vita consacrata della
Diocesi di Bucarest ed è un carissimo amico della congregazione fin dal 1994, anno
in cui sono iniziati i preparativi per l’apertura della comunità nella città di Ploiesti.
Anche quest’anno ci troviamo insieme
in questa bella cappellina per rendere
omaggio di riconoscenza al buon Redentore con la celebrazione dell’Eucaristia, in
onore alla Beata Anna Michelotti.
Il Vangelo di oggi presenta due miracoli compiuti da Gesù: la guarigione di
una ragazza e di una donna.
Mentre egli si avvia verso il luogo dove
si trovava la figlia di Giàiro per essere da
lui risanata, una grande folla lo seguiva.
Tra essa c’era anche una donna, desiderosa di guarire dalla sua malattia. Infatti diceva: «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita». E così
La concelebrazione in onore della beata
Anna Michelotti.
20
avvenne. Gesù, avvertita la potenza che
era uscita da lui, si voltò dicendo: «Figlia,
la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii
guarita» (cf Mc 5,24-34).
Anche noi abbiamo bisogno di incontrare Gesù ogni giorno, perché siamo
deboli e sofferenti, per essere sostenuti e
guariti.
Sicuramente, se abbiamo fede, questo
avviene nella celebrazione dell’Eucaristia
ascoltando la Parola di Dio e comunicandoci del corpo e del sangue di Gesù.
Il Concilio Vaticano II ci ricorda che
l’Eucaristia è la sorgente e l’apice dell’intera vita cristiana, perché in essa è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa
e di Cristo stesso, con il suo corpo, rianimato dallo Spirito Santo, che ravviva la
vita dell’essere umano.
Osserviamo come la donna del Vangelo si è avvicinata a Gesù, in silenzio e discretamente, ma con la fede e la certezza
di essere guarita.
Anche noi riceviamo il dono desiderato della presenza di Gesù nella Santa
Eucaristia.
La Beata Anna Michelotti diceva: La
Piccola Serva deve avere due luoghi cari:
la piccola prigione di Gesù Sacramentato
e il capezzale dell’ammalato. Questo è infatti il carisma spirituale e apostolico della congregazione da lei fondata.
Ci congratuliamo con le nostre suore
qui presenti, che da quasi vent’anni hanno
«Gesù credo con tutto il cuore che sei presente nel S. Sacramento. Non sono degno
di stare davanti a te, ma so che la tua bontà è incommensurabile. Ti amo con tutto
il cuore e voglio riceverti. Vieni nella mia
anima- Grazie!».
Împărtăşania spirituală
Mons. Sociu
L’immagine della beata Anna addobbata a
festa.
portato anche nella nostra Diocesi questo
dono di grazia a conforto degli ammalati
poveri.
L’Eucaristia la dobbiamo vivere nella
vita quotidiana. Oltre la partecipazione
alla liturgia, l’incontro e il dialogo con
Gesù può avvenire durante l’adorazione e
la visita al Santissimo Sacramento.
Molto proficua è la Comunione spirituale, di cui oggi si parla poco ed è anche
scarsamente praticata.
Credere a Gesù presente nel tabernacolo e desiderare di riceverlo nel proprio
cuore ravviva il nostro amore e la fede in
Lui.
«Nell’Eucaristia – diceva la beata Anna
– c’è tutto quel che io possa concepire, e
ancora di più di quanto avrebbero potuto
immaginare gli Angeli stessi dell’amore di
Dio verso la povera umanità. Che poteva
fare che non abbia fatto, fino a convertirsi
in cibo per l’anima nostra?
Il giorno più bello della mia vita fu
quello della Prima Comunione, ma altrettanto bello il giorno che Gesù Sacramentato venne a prender dimora nell’Istituto,
e tutti belli quando si ha la gioia di passare un’ora almeno vicino al santo Tabernacolo».
Sant’Alfonso ci ha lasciato una breve,
ma bella traccia di preghiera eucaristica:
Împreună cu cititorii noştri împărtăşim
reflecţiile mons. Ilie Sociu, care vicar
episcopal pentru viaţa consacrată şi
este bun amic al congregaţiei, cu ocazia
celebrării Euharistice din 1 februarie 2011,
în onoarea Fericitei Anna Michelotti.
Liturghia a avut loc în capela din
comunitatea Micilor Slujitoare ale Inimii
lui Isus, din Ploieşti ( România).
Şi anul acesta ne aflăm împreună în
această frumoasă bisericuţă pentru a-i
aduce prinosul de recunoştiinţă bunului
Mântuitor, prin celebrarea Sf. Euharistii
în onoarea Fericitei Anna Michelotti.
Evanghelia de astăzi ne înfăţişează cele
două minuni săvârşite de Isus: vindecarea
unei fete şi a unei femei. În timp ce se
îndrepta spre locul unde se afla fiica lui
Iair, îl urma o mulţime numeroasă. În
Gli amici che si sono uniti alla Piccole Serve
per ringraziare il Signore per il dono della
Fondatrice.
21
La casa delle Piccole Serve in Ploiesti (Romania).
această mulţime se afla o femeie bolnavă
dornică de a fi vindecată de boala ei, care
şi-a spus „ dacă mă voi atinge de haina lui,
voi fi vindecată”. Isus a simţit puterea care
a ieşit din el, s-a întors spre ea şi i-a spus:
„ Fiică, credinţa ta te-a vindecat. Mergi în
pace şi rămâi vindecată”( cf Mc 5.4-34).
Şi noi simţim şi avem nevoia în fiecare
zi de-a ne întâlni cu Isus pentru că
suntem slabi şi bolnavi şi vrem sprijin şi
vindecare.
Fără îndoială, dacă avem credinţă, acest
lucru se întâmplă ascultând Cuvântul
lui Dumnezeu şi primind pe Isus sub
chipul pâinii şi al vinului la celebrarea Sf.
Euharistii.
Conciliul Vatican II ne aminteşte că Sf.
Euharistie este izvorul şi culmea întregii
vieţii creştine, căci în Sf. Euharistie este
cuprins tot binele spiritual al Bisericii,
Cristos însuşi ... care prin Trupul său
însufleţit de Duhul Sfânt este dădător de
viaţă fiinţei umane.
Observăm cum femeia din Evanghelie
s-a apropiat cu discreţie, în tăcere de Isus,
22
dar cu credinţă şi încredinţarea certitudinii
că va fi vindecată şi noi primim darul dorit,
în prezenţa lui Isus din Sf. Euharistie.
Fericita Anna Michelotti spunea: „ Mica
slujitoare trebuie să aibă două locuri dragi:
mica închisoare a lui Isus Euharisticul şi
căpătâiul bolnavilor”. Aceasta este de fapt
carisma şi misiunea apostolică a congregaţiei,
pe care a fondat-o Fericita Anna.
Felicităm surorile aici de faţă care de
aproape 20 de ani au adus şi în dieceza
noastră acest dar de mulţumire şi de
confort bolnavilor săraci. Euharistia
trebuie trăită în viaţa cotidiană.
În afară de participarea la sfânta
liturghie, întâlnirea şi dialogul cu Isus,
poate avea loc şi în timpul adoraţiei sau
vizitei la Sfântul Sacrament. Binevenită şi
foarte benefică este împărtăşania spirituală
despre care se vorbeşte mai puţin şi se
practică şi mai puţin.
Credinţa în Isus, prezent în tabernacol
şi dorinţa arzătoare de-al primi în propria
inimă, însufleţeşte iubirea noastră şi
credinţa în El. „ În sfânta euharistie,
spunea Fericita Anna, se află tot ceea ce
pot să concep şi mai mult decât şi-ar fi
putut imagina înşişi Îngerii despre iubirea
lui Dumnezeu faţă de sărmana omenire.
Ce putea să facă mai mult decât de a
deveni hrană pentru sufletele noastre?
Cea mai frumoasă zi din viaţa mea a fost
aceea a Primei Împărtăşanii, dar tot atât
de frumoasă a fost şi ziua în care Isus, din
Preasfântul Sacrament şi-a stabilit locuinţa
în Institutul nostru şi toate frumoasele
zile când ai bucuria de a petrece o oră cel
puţin aproape de Sf. Tabernacol”.
Sf. Alfons ne-a lăsat un scurt, dar
frumos model de rugăciunea euharistică:
„ Isuse, cred din tot sufletul că te afli în
Preasfântul Sacrament. Nu sunt vrednic
să stau în faţa ta, dar ştiu că bunătatea ta
este nemărginită. Te iubesc din toată inima
şi vreau să te primesc. Vino în inima mea.
Îţi mulţumesc.”
Attualità: Il ritorno a casa dopo le vacanze
Aura Riva
L’estate scivola piano piano verso l’autunno.
Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Così comincia la poesia “I Pastori” di
Gabriele D’Annunzio. Bisogna riprendere
la propria via, la routine quotidiana che ci
accompagnerà per un altro anno. Questi
pensieri già si affiancano agli ultimi giorni ancora spensierati delle vacanze estive.
Tristezza, rimpianto? Oppure voglia di
riprendere in mano i progetti lasciati in
sospeso con una carica nuova?
PRO
Ritornare a casa dopo un periodo passato in vacanza è una tra le cose più “speciali” ed elettrizzanti.
Quando arriva la fine delle ferie, a volte anche qualche giorno prima della loro
conclusione, il pensiero vola da solo alla
nostra casa, che aspetta fedelmente tutti
gli anni che noi torniamo ad abitarla; allora con tenerezza gli occhi della mente
vanno a posarsi sui ricordi che abbiamo
del nostro mondo domestico: la festa di
compleanno che è passata alla storia per
quella gigantesca macchia di cioccolato
proprio sul divano nuovo, (macchia che,
peraltro, continua tenacemente a fare opposizione a ogni tipo di detersivo e difende con le unghie il suo diritto di restare in
quella assai poco invisibile posizione); oppure il tappeto sbiadito della camera dei
bambini che ha visto tutti i loro giochi e li
ha magari sentiti dire la prima parola.
Poi, l’apertura della porta, la chiave
che fa un po’ fatica e la serratura che scatta, un suono quanto mai familiare ma che
ci sembra sorprendentemente nuovo. Eccola: la nostra casa. Rituale, il giro per le
varie stanze; scopriamo cose dimenticate:
il libro lasciato aperto, quella maglietta
preparata e mai messa in valigia, il cuscino della poltrona che ha ancora la nostra
impronta. Il tempo sembra essersi fermato, ma purtroppo non è così. Lentamente
si torna alle “piccole” faccende quotidiane, ne riscopriamo il gusto, è come assaggiare una torta che è tanto tempo che
non si mangia, ma che pensavamo che ci
fosse venuta a noia, e magari assaporare
una sfumatura lieve che non avevamo mai
notato, un profumo nuovo. Subentra allora un altro stato d’animo: la felicità. È
la felicità di ritrovare noi stessi, quel che
siamo, attraverso gli oggetti, i ricordi, racchiusi tra quelle mura che ci hanno visto
felici ma anche in lacrime, che per magia
rivivono, e fanno rivivere noi con loro.
CONTRO
Ritornare a casa dopo un periodo passato in vacanza è una tra le cose più traumatizzanti e demoralizzanti.
Quando si è in vacanza e arriva o si
avvicina l’ora di “riprendere servizio” ci
sembra sempre che sia appena cominciata; il conto alla rovescia degli ultimi giorni, poi, è sempre uno strazio. Arriva in
23
prima perché non ce n’è mai abbastanza
per tutto quello che bisogna fare.
Di corsa arriviamo a ripetere gli usuali
gesti meccanici quotidiani, con un senso
di nausea, come quando ci si è appena abbuffati di cibo e già si riprende a mangiare, e per di più sotto costrizione. Subentra
allora l’apatia, la noia, la depressione più
nera perché la nostra casa è sempre uguale, sempre appesantita da troppe responsabilità che appesantiscono anche noi.
contemporanea, immancabile, puntuale,
il pensiero dello stato pietoso in cui si trova la nostra povera casa: ragnatele, polvere, odore di chiuso: che schifo! A ruota
seguono le mille incombenze cui si deve
porre rimedio: la gigantesca macchia di
cioccolato, in posizione invero assai poco
invisibile, del divano che troneggia nel
salotto; per non parlare di quel disastro
di sottospecie di tappeto, che del tappeto ormai ha ben poco, della camera dei
bambini, che quasi non si vede l’ora che
crescano solo per cambiarlo.
Poi, l’apertura della porta, la chiave
che non ha intenzione di girare nella serratura, come al solito, e che infine scatta con un rumore infernale.
Eccola: la nostra casa. Una
rapida occhiata attraverso i
locali per quantificare la portata della catastrofe, sotto lo
sguardo beffardo del divano;
immancabilmente troviamo le
cose che classicamente si lasciano a casa quando si parte:
il libro mai finito, la maglietta
preferita che avrebbe fatto comodo in più d’un’occasione, il
cuscino invano sprimacciato
con cura prima di uscire. Il
tempo non si è fermato, anzi
sembra che vada più veloce di
24
Evidentemente nessuno di noi può riconoscersi completamente nell’una o nell’altra descrizione, ma ognuno prova dentro
di sé una ridda di emozioni e sensazioni
che è ben difficile districare. Le vacanze,
anche per coloro che restano a casa, sono
uno dei tanti momenti che compongono
la vita. Il problema forse è “panta rei”,
tutto scorre, passa, i momenti belli come
quelli tristi, i ricordi che determinano dei
rimpianti come quelli felici che ci fanno
apprezzare meglio il presente. E allora il
tappeto della cameretta, così logoro per
aver assistito ai tanti giochi dei bambini,
ci fa apprezzare i passi di crescita compiuti dai nostri figli, necessari per diventare
gli adolescenti di oggi che si aprono alla
futura vita di adulti responsabili.
psicologia: Come si diventa coppia? Dott.ssa Maria Carla Visconti
Oggi una simile domanda potrebbe sembrare anacronistica
dal momento che i dati statistici
evidenziano una crisi diffusa del
matrimonio: aumentano le convivenze giovanili che tendono a trasformarsi in “libere
unioni”, i matrimoni diventano sempre più
fragili e a rischio di rottura.
Alla base di questo profondo mutamento nei comportamenti umani, viene da chiedersi se la paura di un impegno definitivo di
fedeltà reciproca non sia il sintomo di personalità deboli e immature in una società
impregnata di individualismo con una scala
di valori alterata.
Diventa allora più che mai necessario capire cos'è l'amore per non scambiarlo con le
sensazioni o le emozioni.
Solo chi ha una identità solida riesce a
percorrere serenamente il cammino difficile e misterioso dell’amare perchè l’incontro
di un uomo con una donna è sempre un po’
conflittuale in quanto entrambi devono superare la tendenza a manipolare l’altro per
farlo corrispondere alle proprie attese.
L’accogliersi come si è, il diventare coppia richiede sempre un distacco da immagini
illusorie di sé e dell’altro/a, cosa non facile
se non è sorretto dalla maturità affettiva.
La capacità di volersi bene non è una realtà già fatta, ma da costruire giorno dopo
giorno, attraverso l’impegno di un amore
profondo e fedele.
Caratteristica dell’amore di coppia è un
amore che sceglie: non si sceglie il figlio,
la madre, i fratelli, si sceglie il marito o la
moglie. Anche se non sembra di scegliere
a caso, in realtà proprio questa scelta amorosa più di ogni altra, è condizionata dal
nostro mondo interiore inconscio fatto di
paure, desideri, da oscure nostalgie che pos-
“Diventa più che mai necessario capire
cos’è l’amore vero per non scambiarlo con
le sensazioni o le emozioni”.
sono avere origine anche dalla primissima
infanzia.
Di solito ci si innamora, si sceglie quella
persona che intuitivamente sentiamo capace di risolvere un nostro conflitto interiore,
una nostra incompiutezza o capace di farci
ritrovare una sicurezza lontana e dimenticata o scoprirla qualora non l’avessimo mai
conosciuta.
La scelta cade su una persona che intuitivamente sentiamo essere a noi misteriosamente affine, complementare, quindi capace di soddisfare i nostri bisogni, di essere un
partner di dialogo e di comunione. Ma ancor
più profondamente la scelta viene fatta sulla
base di quella che appare la più rispondente
all’immagine ideale.
Nel nostro inconscio infatti esiste una
immagine ideale dell’oggetto d’amore. Questa immagine ideale del sesso opposto, risulta come una specie di sedimento di tutte le
esperienze fatte dai nostri progenitori (Archetipo - Jung). È un’immagine comune a
tutti gli uomini e diversa per ognuno perchè
25
arricchita dalle esperienze personali vissute
nell’infanzia, per questo diventa individualizzata. Quando nel presente si incontra una
persona che incarna questa immagine ideale, scatta l’innamoramento e una specie di
cecità impedisce di vedere quei tratti fisici
e di carattere che non corrispondono all’immagine ideale.
L’innamoramento è la fase iniziale del
cammino di coppia, il momento magico
dell’amore, il tempo della spontaneità e
della istintività, è il crollo dei propri confini
dell’ IO (per confini dell’IO si intende la coscienza di sé come entità separata dal resto
del mondo, la consapevolezza delle proprie
capacità e limitazioni).
L’innamoramento consente questa fuga
anche se temporanea, consente di fondere la
propria individualità con quella dell’altro/a.
La persona e l’essere amato sono come una
cosa sola, per questo sotto certi aspetti l’innamoramento può paragonarsi ad una regressione. Infatti la fusione con l’amato/a
riporta a quella fase dell’infanzia in cui si
era una cosa sola con la madre, si riassapora
quel senso di onnipotenza a cui si era dovuto
rinunciare uscendo dall’infanzia. Si provano
le stesse irreali sensazioni di quando all’età
di due anni ci si sentiva padroni del mondo
con poteri illimitati; è una regressione necessaria per il reciproco rafforzamento dell’IO
e per poter poi strutturare il NOI di coppia.
Nell’innamoramento la persona corrisponde all’immagine ideale, si ha quindi
negazione delle sue vere caratteristiche, isolamento dal resto del mondo, idealizzazione: si scusa tutto, si minimizza ogni aspetto
negativo dell’altro/a.
Ma la realtà come annulla le fantasie
di onnipotenza del bambino, cosi annulla
anche la meravigliosa unità della coppia
innamorata. Infatti messo a confronto con
la quotidianità della vita, ognuno riafferma
la propria autonoma individualità: entrambi
cominciano a rendersi conto con tristezza e
in segreto di non essere una cosa sola con
26
l’amato/a e che l’altro/a ha e continuerà ad
avere gusti, desideri, pregiudizi, orari diversi dai suoi. A poco a poco i confini dell’IO
riprendono il proprio posto, a poco a poco i
due si sentiranno sempre meno innamorati
uno dell’altro e torneranno ad essere due individui ben distinti.
A questo punto i due o si separeranno
pensando di non aver incontrato la persona
giusta o che è cambiata rispetto alla prima
fase dell’innamoramento o non si prova più
nulla per lei-lui, quindi l’amore è finito e ci
si metterà nuovamente alla ricerca di una
nuova persona ideale o cominceranno veramente ad amarsi.
«L’amore è la volontà di estendere il
proprio IO allo scopo di favorire la propria
e l’altrui crescita spirituale» (Scott-Peck).
Innamorarsi non è un atto di volontà,
una scelta cosciente; ha poco a che fare con
la nostra crescita spirituale.
Lo scopo principale che ci si propone
quando si è innamorati è spesso quello di
non sentirci più soli, si percepisce l’altro
come indispensabile per la propria vita e
nasce il desiderio di possederlo. Si mettono in atto tutte le arti della seduzione per
attirare l’altro/a nell’area della propria vita.
È la prima fatica dell’amore, ci si impegna
ad esprimere il meglio di sé per presentarsi
all’altro/a come una realtà bella, con la quale è meraviglioso vivere. È un sottile gioco
egoistico perché l’attenzione e la preoccupazione maggiore sono rivolte alla propria
persona.
Nella fase dell’innamoramento non ci
si preoccupa della propria e altrui crescita
spirituale, anzi sembra di aver raggiunto
una vetta oltre la quale non sarà possibile
andare. Si è perfettamente soddisfatti di essere come si è, sembra che non ci sia alcun
bisogno di evolvere.
L’altro/a appare perfetto com’è, i difetti
appaiono amabili caratteristiche che ne aumentano il fascino.
(continua)
medicina: L’ipertensione arteriosa Dott.ssa Giovanna Gavazzeni
La pressione arteriosa è l’energia con la quale il sangue circola nei vasi arteriosi. Essa
dipende dalla spinta impressa
dal cuore al sangue e dalla
elasticità dei vasi arteriosi.
Si distinguono una pressione “massima” che si sviluppa durante la fase di
contrazione del cuore (pressione sistolica) e una pressione “minima” durante la
fase di rilasciamento del cuore (pressione
diastolica).
Per ipertensione si intende un aumento anomalo della pressione arteriosa, sistolica e/o diastolica, anomalia calcolata
sui valori medi di rilevazione nella popolazione.
Valori normali sono rappresentati da
una massima fino a 130 mmHg e una minima fino a 90 mmHg,.
L’ipertensione è considerata lieve
fino a valori di 160 /100, moderata fino
a 180/110, grave se supera questi valori. Non ci sono invece problemi per una
pressione” bassa” (che spesso preoccupa
le persone!): ottimali sono considerati
valori inferiori o uguali a 120/80, fino a
una massima che si mantiene intorno a
100: avere la pressione bassa è una buona
cosa! Allunga la vita.
Importante è la modalità con cui si
misura la pressione. Infatti bisogna ricordare che la pressione varia normalmente
durante la giornata, essendo più alta al
mattino, per abbassarsi nel pomeriggio.
Attività fisiche, stress, condizioni emotive, modificano i valori della pressione.
Inoltre in genere la pressione aumenta
con l’età e l’irrigidimento dei vasi sanguigni. Bisogna quindi misurare la pressione
in condizioni di riposo, meglio se sdraiati,
dopo alcuni minuti di assoluto rilassamento. È opportuno ripetere la rilevazione
per 2‑3 volte a distanza di alcuni minuti,
calcolando poi la media dei valori riscontrati. Tipica è la così detta “ipertensione
da camice bianco” cioè quella falsamente
elevata riscontrata durante una visita medica, sempre un po’ stressante!
La pressione si misura con un apparecchio manuale detto sfigmomanometro
di non difficile uso, ma che richiede una
certa esperienza. Sono ora in commercio
apparecchi elettronici a lettura automatica da applicare al polso o al braccio di
facile uso e utilizzabili comodamente a
casa propria. Ci sono poi misuratori automatici che registrano i valori pressori e
le loro variazione durante 24 ore /Holter
pressori).
Su 100 pazienti con riscontro di ipertensione arteriosa solo 3 o 4 presentano
delle malattie ben identificabili e curabili:
si parla allora di ipertensione secondaria.
In tutti gli altri casi l’ipertensione é consi-
Valori ottimali della pressione.
27
derata “essenziale”, cioè a dire che non si
sa quale sia la causa. Ci sono comunque
alcuni fattori che ci predispongono alla
ipertensione: innanzi tutto fattori genetici, familiari e razziali, fattori legati a una
dieta troppo ricca di sale, a eccessivo consumo di alcolici, a situazioni di stress cronico, a farmaci assunti per altre malattie.
L’ipertensione arteriosa è una malattia
molto diffusa: quasi un adulto su cinque
ne è affetto e spesso è una malattia trascurata. I sintomi infatti sono poco rilevanti,
talvolta mal di testa, vertigini, ronzii, sangue dal naso, ma per lo più del tutto assenti. Si rileva nella maggior parte dei casi
come un riscontro occasionale nel corso
di una visita medica.
I danni invece della ipertensione cronica trascurata sono molto rilevanti: essi
dipendono dai danni arrecati negli anni
alle piccole arterie soprattutto di quattro
organi importanti: cuore, rene, cervello,
occhio. Il danno al cuore può provocare
aritmie, infarti, insufficienza cardiaca;
ai reni insufficienza renale fino al ricorso alla dialisi; al cervello invecchiamento
precoce, ictus, perdita di funzioni importanti, all’occhio danneggiamento della retina con riduzione anche importante del
visus.
La corretta tecnica nel rilievo dei valori pressori.
28
Per questi motivi il paziente con ipertensione deve essere seguito accuratamente da parte del medico per la terapia
e la prevenzione delle complicanze, ma
soprattutto il paziente stesso non deve
trascurare questa patologia anche se apparentemente sta bene, essere sollecito
nei controlli e assumere costantemente
le terapie prescritte. Non è facile per una
terapia che dura tutta la vita, ma è assolutamente essenziale se si vogliono evitare
brutti guai!
Le terapie a disposizione sono numerose e valide: devono comunque essere
personalizzate sotto controllo medico.
Con sufficiente pazienza e determinazione ogni paziente iperteso può trovare la
terapia adatta.
Innanzi tutto non spaventarsi per un
solo riscontro occasionale di pressione
alta: il dato deve essere controllato in ore
diverse della giornata e per diversi giorni.
Se l’ipertensione è lieve si può cominciare con semplici misure che non prevedono l’uso di farmaci. Esse comprendono
una dieta a basso contenuto di sale e di
grassi, la riduzione del peso, la limitazione dell’assunzione di alcolici, la pratica di
un esercizio fisico regolare. Sono per altro
consigli di stile di vita che si sono rivelati
utili in molti campi, come la prevenzione
del diabete e della aterosclerosi.
Se queste misure non sono sufficienti
e se si tratta di ipertensione moderata o
grave, si interviene con i farmaci. Ci sono
diverse famiglie di farmaci che agiscono
a livello diverso e che, in caso di mancata
risposta ad un singolo farmaco, possono
essere associati tra loro: Gli effetti collaterali sono in genere modesti e queste
terapie vanno assunte in maniera continuativa. L’ipertensione non si sa perché
viene e di cui non si “guarisce”, ma che,
se adeguatamente trattata, permette una
vita assolutamente normale.
Fiori di cielo
«Colui che ha risuscitato il Signore
Gesù, risusciterà anche noi con
Gesù e ci porrà accanto a Lui»
(2 Cor.4,14).
Il
18
maggio
2011, Sr. M. Edoarda della Croce,
Pirovano Maria,
all’età di 89, da
questa vita passava a quella eterna.
È deceduta alla
Domus Quies di
Casatenovo (Lc).
Per espressa volontà della consorella i suoi cenni biografici non vengono pubblicati. Nel rispetto
di questo suo desiderio ci limitiamo a
ringraziare la sorella per il dono che è
stata per la Congregazione e invitiamo
tutti coloro che l’hanno conosciuta a farle omaggio di una preghiera in suffragio
della sua anima.
“Beati i miti perché
erediteranno la terra” (Mt 5,5)
A pochi giorni di
distanza eccomi
ad
annunciarvi
nuovamente
la
dipartita di un’altra Sorella: Sr. M.
Valeria dei Santi
Angeli
Custodi,
Cavagna Giovanna. Ella è deceduta
lunedì 23 maggio
Madre Carmelina Lanfredini
alle ore 8,45 alla Domus Quies di Casatenovo. Aveva 86 anni di età e 61 di vita
religiosa.
Ho conosciuto Sr. M. Valeria solo in
questi ultimi anni, quando non poteva
più esprimersi a causa della malattia, ma
accoglieva tutti con un bel sorriso che
esprimeva la sua mitezza e la sua semplicità. Prima di accingermi a scrivere questa lettera, ho chiesto informazioni ad
alcune sorelle che sono vissute con lei.
Tutte hanno asserito che Sr. M. Valeria
era una persona buona, che comunicava
pace, che non accettava che si criticasse
il prossimo, che non voleva mai ledere
la carità.
Ecco quanto ha scritto una Sorella
che ha vissuto alcuni anni con Sr. M. Valeria. «Si notava subito la sua serenità
e la sua gioia interiore, non aveva pretese, era sempre contenta e riconoscente, aveva di mira solo il Signore, di fare
bene ogni cosa, di volere il bene degli altri. Non perdeva occasione per dire una
parola di incoraggiamento o per fare
un richiamo. Era attenta a quello che
avveniva nel mondo ed era per lei un
tormento quando venivano approvate
leggi non conformi alla morale cristiana, avrebbe voluto che tutti vivessero da
veri cristiani».
Ricorderemo con riconoscenza questa cara Sorella che ha vissuto con tanto
amore la vita religiosa e il carisma della
Beata Anna Michelotti e siamo certe che
dal cielo ci proteggerà e intercederà per
tutte noi.
29
“Andremo con gioia alla casa del
Signore” (Salmo 121).
Sr. M. Marta di
Gesù Redentore,
Marcas-soli Teresa: è deceduta domenica 07 agosto,
alle ore 01,00 nella
comunità di Casa
Madre. Aveva 91
anni di età e 67 di
vita religiosa.
Tutte abbiamo
voluto molto bene a Sr. M. Marta, perché la sua vita religiosa, ricca di umanità
e generosità, è stata un grande esempio
per le giovani suore. Pur essendo molto
attiva, non trascurava la vita di preghiera
e l’adorazione a Gesù Sacramentato. In
questi ultimi anni di malattia, soffriva di
non poter partecipare alla vita comunitaria, soprattutto alle funzioni in cappella.
Dopo una lunga vita di sacrifici, Sr. M.
Marta, consapevole di essere al termine
della sua esistenza, si è preparata all’incontro con il Signore.
All’omelia della Messa del funerale,
il sacerdote ha così commentato la vita
di Sr. M. Marta: nella sua vita di Piccola Serva suor Marta ha saputo realizzare e armonizzare i ruoli delle sorelle di
Lazzaro, Marta e Maria. Come Marta,
ha sempre indossato il grembiule del
servizio, spendendosi senza risparmio,
per la Congregazione, le consorelle e i
malati poveri; ma era anche capace di
stare molto con il Signore, in atteggiamento di ascolto e di preghiera, sorgenti inesauribili del servizio. Così è
chiamata a essere ogni Piccola Serva,
cresciuta alla scuola di vita della beata
Anna Michelotti.
Dal cielo, contiamo di avere la sua
efficace protezione per la nostra Congre-
30
gazione e imploriamo anche il dono di
qualche vocazione in Italia e Romania.
Sr. M. Marta riposa nel cimitero di
Nembro (Bg), accanto alla sorella sr. M.
Placida.
Parenti defunti
Enrico, fratello di Sr. M. Laura Villa;
Santina ed Emilia, sorella e cognata di
Sr. M. Rosalia Baldi; Giuseppe, fratello
di Sr. M. Rosario Panzeri; Renzo, cognato di Sr. M. Lina e Sr. M. Bianca Torregiani; Giuseppina, cognata di Sr. M. Alma
Qualdioli; Albert e Joseane, fratello e
nipote di Sr. M. Isabelle Razanadraibe;
Rosa, zia Sr. M. Ada Maretta.
2 NOVEMBRE
Commemorazione
di tutti i fedeli defunti
Nota del calendario liturgico:
I fedeli possono ottenere L’indulgenza plenaria (una sola volta da
mezzogiorno del 1° a tutto il 2 novembre) per i defunti se, confessati
e comunicati, visiteranno una chiesa
dicendo il Padre nostro e il Credo,
pregando secondo le intenzioni del
Papa.
Inoltre, dal 1° all’8 novembre per la
visita al cimitero, con la preghiera
per i defunti, è concessa ogni giorno (una sola volta) l’indulgenza
plenaria.
s o l i dar i e t À
Hanno ricordato i propri defunti con richieste di preghiere e celebrazione di S. Messe: Airoli Luisa – Arrigoni Elide,
per il marito Giorgio e mamma Valeria – Belloni Davidina – Biasioli Maria, per la famiglia Biasioli – Birolini Camilla Marcassoli –
Bonanomi Francesco e Virginia, per i defunti Bonanomi e Galbusera – Cagna Maria Carla – Canevisio Adele – Cardani Federico e
Chiara, per nonne Carla e Lina – Cavassori Ileana, per Rolando, Romeo, Luigi e don Gastone – Chiesa Silvia Sabello, per Dino e suor
Elisa – Cortese Claudia, per Nobelina e Carmine – Costantini Anna, per la famiglia Costantini – Cucchiani Gianfranca – Dassi Piera –
Debelli Davide, per Domenico e Luigia – Egini e Bertolli, per Egini, Serati, Bertolli e Temporelli – Famiglia Pirovano, per Ernesto
e Sr. M. Edoarda – Galbusera Maria, per Alessandro – Garavaglia Albina, per Luigi – Guidi Daniela, per i defunti della famiglia –
Marazzini Myriam Claudia, per nonno Peppino – Mascetti Luigia – Monguzzi Angela – NN. Maresso, per i defunti Galbusera –
Pastori Wanda – Pennati Claudia – Povolo Jole, per Luca – Pozzi Annamaria – Pugliese Eva – Pulici Luisa, per Riva Franco, Maria,
Gianluca – Puliserti Fabio – Redaelli Maria – Rizzoni Coletta – Tartaglino Ines – Vago Resy, per Carla e Carlo – Zampini Sergio, in
memoria di papà Carlo – Zanini Angelina, per il figlio Alberto e familiari – Zumaglino prof. Cesare, in memoria di mamma Ernestina.
Chi desidera fare celebrare S. Messe di suffragio per i propri defunti è pregato di specificare espressamente l’intenzione: Santa
Messa per … Barrare la casellina “preghiere per i defunti” è insufficiente. Le offerte per Sante Messe sono trasmesse ai
missionari e ai sacerdoti poveri di nostra conoscenza, del Madagascar e della Romania.
Per le opere in Madagascar e Romania: Agrati Marco e Paola – Baldi (sorelle), in memoria di Santina – Baretti Paola – Bertolo
Claudia – Biasioli Maria – Bompard Ludovica – Bracchi don Massimo – Brozzoni don Federico – Bugnone Annalina – Calabrese
Carla e Carmelina – Campatelli Paola – Cattaneo Debora – Chiesa Silvia Sabello – Dealessi Carla – Debelli Davide – Dolce Marina –
Drago Maria e Peyron Pierandrea – Fumagalli Fiorenza, per Sr. M. Luciana – Gazzoli Glauco e Zanelli Irene – Gerbaldo Irene –
Girodo Sandra – Grazzi Rosangela – Gruppo Missionario Ronco Brantino, per Sr. M. Laura Villa – Gruppo Salvador (Villa D’Adda) –
Guidi Daniela – Lanfredini Renato – Lazzarini don Luigi – Locatelli Paolo e Vanna – Longhin dott. Pier Paolo – Lubrano Graziella –
Marco,Vittoria, Francesco e Lorenzo, in memoria di Domenica – Martina Teresa Ughetti – Mastrangeli Maria Anna – Motta
Giuseppina – Nodemi Angela – Perrero Renzo e Laura – Pognant Gros Mariangela – Pontevia Domenico – Pulici Luisa – Riva Rita
Rocci – Santilli Mario e Luisa – Terzago dott. Paolo – Tinelli Paolina – Vitali Anna – Zanetti Maria Luisa – Zanone Carla.
Battesimi: Maria Teresa, da Rossi Anna.
Per l’opera “Amici degli ammalati poveri” e offerte libere: Baldo geom. Lino – Banchero (sorelle) – Bani Teresina – Barabani
Lodovica – Belforte Maria Teresa – Belloni Davidina – Bertolo Flavio – Bianchi Benito – Biffi Elena e Zipiti Andreas – Biscella
Abbondanzio – Bolognesi Antonietta – Braja Eugenio e Alessandra – Buaraggi M. Elena – Cafasso Valeria – Cagna Carla Maria –
Calcagno Sonia – Canclini Guglielmo – Carloni dott. Nicola – Cavassori Ileana – Di Federico Ezio e Olga – Dolcini Piva – Fabbri
Patrizia – Filippoli Luigi – Gigante Rosaria – Innocenti Elisabetta – Landoni, parenti Sr. M. Ersilia – Lavagna Bertolo Maria Grazia –
Lillia Enrico – Malpetti Giorgio – Mannara Marilena – Mascetti Luigia - Meneguzzo Francesca – Mimmo Maria De Martino –
Monguzzi Angela – Moscon Armida – Nodemi Angela – Noris Lucia – Oreglia Daria Bonino – Pirovano Iside – Pontevia Domenico –
Pozzi Annamaria – Riva Angelina Colnaghi – Riva Annamaria – Rizzoni Coletta – Suore della Visitazione (Mi) – Tartaglino Ines –
Ticozzi Silvana Roda – Torti Tina – Viti Rita – Zambini Luigi – Zanini Angelina.
Maggio 1961/2011 - I coniugi Carla e Giuliano Suppo, in occasione del 50° anniversario di
matrimonio, hanno invitato parenti e amici a donare un’offerta per i bambini del Madagascar,
anziché acquistare regali per le loro nozze d’oro. Per la cospicua somma che l’iniziativa ha
fruttato, le Piccole Serve che operano sul territorio malgascio ringraziano gli sposi per la
generosa rinuncia di quanto avrebbero ricevuto con tanto affetto da coloro che hanno onorato il
loro giubileo. Alla coppia, da decenni fedelmente uniti con la benedizione del Signore, l’augurio
di godersi, in salute e felicità, la tenerezza del loro amore ancora per molti anni.
Da gennaio 2011 il bollettino di conto corrente postale è stato integrato dal codice IBAN. I benefattori possono
effettuare il versamento delle offerte anche presso gli sportelli delle loro banche.
IBAN: IT 07C0760101000000014441109.
31
Sostegno bambini a distanza
Madagascar e Romania: Baldi (sorelle), in memoria di Santina –
Baltaro Paolo e Leone Isabella – Baretti Paola – Beretta Maria Adele –
Boccardo Roberta e Guido – Bonanni Paola – Bornati Carlo e Pia –
Borri Brunetto Anna Maria – Cagna Carla Maria – Canevisio Adele –
Cardani Emanuela – Castagno Francesca – Chiesa Silvia Sabello –
Cicconi Rosina – Conf. S. Vincenzo De Paoli (Piacenza) – Corona Carla –
D’Addato Francesco – Dealessi Carla – Dominoni Luisa – Egini e
Bertolli – Egini Marialuisa – Fagnola Anna Maria – Formentini M. –
Franzoi Ermanno e Bianca – Frizzi Luigi – Galazzo Giuseppe – Gerbaldo
Irene – Ghidotti Carlo – Ghiroldi Cecilia – Girodo Sandra – Grillo
Paola – Isella Marcella – Laboratorio Sit – Landoni Annamaria –
Maffeis Provvidenza – Mastrangeli Maria Anna – Molinar Albina –
NN. Bergamo – NN. Colleferro – NN. Maresso – NN.(Vercelli), in
memoria di Walter Fagnola – Palandri Erminia – Panzeri Cornelia, in
memoria di Elsa e Giuliana – Pasqualini Silvia – Pontevia Domenico –
Pozzi Maria Teresa – Protti Pasqualon Anna – Ramponi Rina – Settimo
e Pedrini – Soncini Teresa Mariani – Terzago dott. Paolo – Viscardi
Luciana – Zampini Sergio – Zanetti Maria Luisa.
ncepito è
Ogni bimbo co re di Dio all’umanità;
amo
una carezza d’
cietà.
ogni nascita è
ile di Dio alla so :
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e di Dio crea
è la benedizion
e egli ama.
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Rivista trimestrale della Congregazione delle Piccole Serve del Sacro Cuore di Gesù per gli ammalati poveri
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