7. RICERCA: Distrofia muscolare, cellule staminali geneticamente

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7. RICERCA: Distrofia muscolare, cellule staminali geneticamente
7. RICERCA: Distrofia muscolare, cellule staminali geneticamente modificate per
rigenerare i tessuti
Un aiuto per i malati di distrofia muscolare potrebbe arrivare da una ricerca sulle staminali
pluripotenti. Una ricerca pubblicata su Science Translational Medicine, condotta da un
team dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, ha infatti dimostrato come un
particolare tipo di queste cellule – se modificate geneticamente – sia in grado di rigenerare
i tessuti e ripristinare le funzionalità dei muscoli nei pazienti affetti da distrofia. Dopo che si
è decantata a lungo l’utilità delle staminali in ricerca medica, da qualche anno si è
cominciato a lavorare anche con loro versioni geneticamente modificate, proprio per
aiutare nel trattamento delle patologie che arrivano da alterazioni del Dna. Le iPSC
(dall'inglese Induced Pluripotent Stem Cells), staminali pluripotenti analoghe a quelle
embrionali ma create in laboratorio da normali cellule somatiche, sono al centro anche di
questo studio italiano: i ricercatori le hanno ricreate a partire da fibroblasti (cellule
dell’epidermide) e mioblasti (cellule muscolari) di pazienti con distrofia dei cingoli da deficit
di a-sarcoglicano (LGM2D), e poi indotte a differenziarsi in mesoangioblasti. Queste ultime
sono particolari staminali, normalmente associate ai vasi sanguigni, in grado di rigenerare
il tessuto muscolare danneggiato e di ripristinare la sua funzionalità e risultano in misura
ridotta nei pazienti affetti da questa patologia. Le cellule sono state dunque modificate
geneticamente con un vettore virale che esprime il gene umano per l’a-sarcoglicano, gene
che se mutato causa la distrofia dei cingoli di tipo LGM2D, e successivamente trapiantate
in topi modello per la patologia. Nell’organismo dei topi i mesoangioblasti sono stati in
grado di colonizzare il tessuto muscolare dando luogo alla formazione di fibre che
esprimevano l’a-sarcoglicano umano. Inoltre, test di valutazione della funzionalità
muscolare hanno evidenziato un miglioramento nei topi trapiantati con simili cellule
derivate dalle iPSC murine rispetto a quelli non trattati. I risultati ottenuti sono molto
incoraggianti e indicano l'efficacia di questa nuova strategia cellulare in un modello
animale. Infine, i ricercatori hanno mostrato come la stessa strategia possa essere
applicata anche alla distrofia muscolare di Duchenne, utilizzando in questo caso un
cromosoma artificiale umano per la correzione genetica delle cellule. La distrofia
muscolare di Duchenne, rara patologia che porta alla degenerazione muscolare in un
bambino maschio su 3.500, è dovuta a una mutazione nel gene della distrofina, proteina
con ruolo strutturale e regolatorio nella cellula muscolare. Nell’età adulta, la
degenerazione muscolare determina una grave compromissione del muscolo cardiaco, del
diaframma e dei muscoli intercostali fino a rendere necessaria l'assistenza respiratoria.
Attualmente non esiste una cura specifica ma, un trattamento clinico multidisciplinare e la
presa in carico garantita attraverso la preparazione delle famiglie, hanno consentito di
migliorare le condizioni generali e raddoppiare le aspettative di vita. In Italia sono oltre
5.000 i pazienti affetti da distrofia muscolare di Duchenne/Becker. “Questo risultato
rappresenta un passo importante per la terapia cellulare basata su trapianto di tipo
autologo, ovvero con cellule del paziente stesso senza bisogno di un donatore, e pone le
basi per un nuovo approccio che potrebbe essere applicato anche nella distrofia di
Duchenne/Becker”, ha dichiarato Filippo Buccella, presidente di Parent Project Onlus,
associazione di genitori impegnata nel finanziamento della ricerca scientifica e
nell’elaborazione di programmi socio-sanitari mirati a sostenere le persone affette dalla
distrofia di Duchenne e Becker e le loro famiglie. “Bisogna ricordare, però, che si tratta di
risultati ancora preliminari e ci vorrà del tempo prima che si possa parlare di una futura
applicazione sull’uomo.”