Editoriale - La Termotecnica
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Editoriale - La Termotecnica
Editoriale MAGGIO 2015 LA TERMOTECNICA Editoriale di A. Cocchi Benessere ambientale Il linguaggio corrente si arricchisce continuamente di nuovi elementi, di nuove espressioni, la lingua evolve continuamente e più di una volta accade di rimanere convinti sulle prime del significato di una parola o di un detto, ma che da una successiva riflessione possano derivare delle domande sensate che portano a riflettere su quale sia il vero significato di quanto abbiamo udito o letto. È quanto è accaduto, ad esempio, al sottoscritto quando gli è stato affidato il tema in epigrafe. Il sostantivo “benessere” è di per sé abbastanza chiaro nel significato antico di “essere in buone condizioni” sotto tutti i punti di vista, ma l’aggettivo “ambientale” fa sollevare molti problemi, in quanto ambiente è un locale di un appartamento, come tutto ciò che al mondo ci circonda e che va a formare l’intorno in cui l’essere umano vive e vegeta. Ma nei secoli quello che oggi è il nostro “ambiente naturale” si è profondamente modificato e per lungo tempo è stato ambiente per animali più o meno evoluti, di dimensioni più o meno grandi, quindi non è stato disegnato per questo o quell’essere vivente, ma sono gli esseri viventi che a esso si sono adattati e da esso hanno tratto quanto necessario per il loro sostentamento. È pura fantasia, ma d’altro canto di più non si può fare dal momento che restano di allora solo pallide tracce, per lo più di esseri viventi che di vero e proprio “intorno ambientale”: mi riferisco al notissimo lungometraggio animato “Fantasia” e in particolare a quanto è stato immaginato per dare un aspetto visivo alla splendida musica di Igor Stravinskij. Una successione nei tempi passati di momenti di vita per così dire normale, intervallati da cataclismi naturali più o meno radicali, con un ambiente naturale tutt’altro che tale da creare condizioni di benessere: eppure, nella mente di molti ci si deve anzitutto occupare del far sì che la natura “stia bene”, senza sapere esattamente cosa questa allocuzione voglia significare, mentre per molti altri è l’opposto, ossia stare bene noi senza preoccuparsi dello stato di benessere della natura. Verrebbe allora da pensare che, nell’era dell’uomo sulla terra, il benessere ambientale debba significare anzitutto un intorno tale da far star bene l’uomo, ma subito sorge spontanea la domanda: nei secoli passati l’uomo è mai riuscito a stare bene così come lo intendiamo ora noi, o lo stare bene dell’uomo è il risultato di un compromesso tra il come la natura al momento si presenta e un regime di vita che dal quel tipo di natura tragga vitto e alloggio senza eccessivo disturbo per se e per i suoi cari? Il concetto che abbiamo oggi di “benessere del corpo umano” non è certamente quello che si aveva 60 anni fa al termine del secondo conflitto mondiale, eppure se il mio ricordo scivola verso quei tempi mi rendo conto di aver potuto passare dei periodi o dei momenti di spensieratezza che potrei caratterizzare con la parola benessere, in quanto si veniva da condizioni di tremendo malessere e il potersi sedere a tavola a Natale con un tacchino fumante e un casco di banane sotto il camino (lo aveva portato la befana!) era già il top delle speranze. Il benessere di quei tempi consisteva in una stufa a legna prima, in un piccolo impianto a carbone poi, e così via, le orecchie erano una bollente e l’altra gelata, ma nella media… Fanger non lavorava ancora ma si sapeva che l’aria di fessura poteva far molto male e ci si difendeva con calze di lana dai “clò” pazzeschi. Se allora tosavamo le capre (bene fornitoci dalla natura) oggi svuotiamo i pozzi di petrolio, la musica è sempre quella: l’essere umano per vivere ha bisogno di ciò che la natura gli fornisce e fino a ora se lo è preso senza tanti riguardi, e in fin dei conti fino a un decennio fa non è accaduto nulla di così grave, ora però sembra proprio che le cose stiano cambiando e che se non ci si comincia a preoccupare, qualcosa di veramente epocale potrà accadere all’uomo e al suo pianeta. Dove sta il problema? La risposta appare semplice: la vita dell’essere umano necessita primariamente di cibo e di energia, risorse che erano più che abbondanti in natura per Adamo ed Eva, ma che con il boom demografico post bellico e con la sacrosanta tendenza di tutti i popoli verso quella condizione di benessere che un tempo era ingiustamente di pochi, stanno calando più in fretta di quanto la natura stessa possa produrre. Altro che benessere, il globo terrestre non sta affatto bene, e ce lo dimostra con sconvolgimenti climatici sempre più impattivi, l’essere umano fa di tutto per difendere il proprio stato di benessere individuale, e solo là dove la razionalizzazione dell’abbinamento tra tecnologia e adattamento lo consente, si riesce a contenere i fabbisogni senza perdere quanto di benessere risulta oggi acquisito e quindi a limitare l’estrazione di energia dalla natura, ma vi è un settore dove non si riesce a fare molto neppure nelle civiltà più avanzate, ed è quello del cibo, dove la tecnologia sembra aiutare Prof. Ing. Alessandro Cocchi - Professore emerito di Fisica Tecnica della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Bologna 7 Editoriale 8 Editoriale MAGGIO 2015 LA TERMOTECNICA incrementando la produzione per ettaro, ma in effetti produce alimenti che di naturale hanno sempre meno e che presto provvederanno loro, non la scarsità di energia, a far degenerare la specie umana in una spirale di malattie, farmaci, effetti collaterali degli stessi, che finiranno per portaci tutti alla tomba. Ma come? In una cassa stagna di zinco? Non basta più, oggi la bara è corredata di una valvola di sovrappressione che consente alla stessa di espellere eventuali prodotti gassosi della degenerazione dei farmaci senza portare il cofano all’esplosione, ma questa roba poi dove andrà? In questi giorni, a Doha, si discute sul clima, ma sembra poco probabile che il risultato possa essere qualcosa di più incisivo del tanto decantato protocollo di Kyoto, e non può essere altro che così, perché il problema del “non malessere” non è valutabile solo sotto questo o quell’aspetto, ma è un problema globale dove energia-cibo-natura vanno confrontati e commisurati insieme e alla base di tutto ci sta una constatazione: la popolazione mondiale cresce al ritmo di 80 milioni di abitanti all’anno, ma ben 150 milioni di abitanti decidono ogni anno di abbandonare le aree rurali per stabilirsi nella aree urbane, tra l’altro alla ricerca di quella condizione fangheriana di benessere che una casa rurale difficilmente può fornire. La popolazione mondiale aumenta e aumenta anche il fabbisogno pro capite di ambiente costruito, quindi il territorio disponibile per la cultura cala progressivamente a fronte di un fabbisogno di cibo che nel 2050 sarà il doppio di quello odierno. Aggiungiamoci la tendenza a convertire le culture procibo a quelle pro-energia e pensiamo dove si potrà arrivare di questo passo. Qui si aprirebbe un altro fronte di riflessione che ci dovrebbe portare non a inventare nuove fonti di energia cosiddetta rinnovabile (ma che tale non è perché viene sottratta alla possibilità di produrre cibo o energia per il corpo umano senza contropartita se non effimera) che comunque portano via da una parte per dare all’altra, ma a valutare se e come controllare meglio l’affollamento del pianeta e far star meglio coloro che oggi vivono di stenti. Allora, cosa possiamo fare noi, modesti tecnologi, se non cercare di ridurre al minimo i consumi di energia, cercando nel contempo di migliorare sempre più le condizioni del nostro benessere micro ambientale senza con questo rigettare nel resto dell’ambiente tutti i nostri scarti di cibo, di energia, di calore inutilizzabile, di oggetti oramai inservibili e irrecuperabili, senza rispetto alcuno per la dignità degli altri, che pure sono esseri umani come noi e che hanno sulla carta gli stessi diritti di noi: il benessere ambientale fu un dono di Dio, noi lo abbiamo distrutto, a noi spetta ripristinarlo, e solo un ambiente in condizioni di benessere sarà in grado di garantire all’uomo il rispetto delle proprie condizioni di benessere, e il benessere individuale senza quello degli altri è solo illusione e non può dare, se non effimera, serenità. Da una tempera di Massimo Cocchi”