Editor scientifici in Italia: problemi di identità, certificazione e ruoli

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Editor scientifici in Italia: problemi di identità, certificazione e ruoli
Rassegne
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Recenti Prog Med 2016; 107: 567-573
Editor scientifici in Italia:
problemi di identità, certificazione e ruoli
PAOLA DE CASTRO1, FEDERICA NAPOLITANI1, ELISABETTA POLTRONIERI1, ANNA MARIA ROSSI1
Settore Attività Editoriali, Istituto Superiore di Sanità.
1
Pervenuto il 24 maggio 2016. Accettato dopo revisione il 28 luglio 2016.
Riassunto. Questo studio si sviluppa nell’ambito delle
attività del Capitolo italiano della European Association
of Science Editors (EASE) con l’obiettivo di offrire una panoramica dell’editoria scientifica italiana nel settore della
biomedicina e di evidenziare la necessità di formazione e
certificazione di una professione non adeguatamente riconosciuta anche a livello europeo e internazionale. Partendo
dalla definizione del termine editor e del processo editoriale viene analizzata la produzione di editoria scientifica
in ambito biomedico in Italia attraverso un’indagine dei
siti web di enti e associazioni professionali, federazioni e
società scientifiche. Vengono anche forniti i risultati di una
prima indagine conoscitiva sulle opinioni espresse dagli
stessi editori. Si ritiene necessario avviare un dibattito costruttivo con tutti gli stakeholder non solo per migliorare
la qualità dei prodotti editoriali nel settore biomedico in
Italia, ma anche per valorizzare una professionalità forse
ancora poco conosciuta.
Scientific editors in Italy: identity, certification and roles.
Parole chiave. Comunicazione, editoria, formazione professionale, riviste mediche.
Key words. Communication, vocational education, medical journals, publishing.
Introduzione
Gli autori di questo contributo lavorano da diversi
anni presso il Settore Attività Editoriali (SAE) dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), fondato nel 1934
come Istituto di Sanità Pubblica. L’ISS già nel 1938
pubblicava la sua prima rivista con il titolo Rendiconti
dell’Istituto di Sanità Pubblica, dal 1965 Annali dell’Istituto Superiore di Sanità. Oltre alla rivista ufficiale, il
SAE pubblica oggi un notiziario, una serie di rapporti
tecnici, monografie e altri tipi di pubblicazioni. Attraverso un confronto costante con colleghi di istituzioni
similari a livello nazionale e internazionale, si è maturata una esperienza pluridecennale che ha portato gli
stessi autori a far parte di comitati afferenti a diverse
associazioni professionali. Da qui è nato lo stimolo a
riflettere sul ruolo e sul riconoscimento professionale
dell’editor scientifico nel nostro Paese.
L’obiettivo di questo studio, che nasce e si sviluppa nell’ambito delle attività del Capitolo italiano della European Association of Science Editors (EASE), è
quello inoltre di offrire una panoramica dell’editoria
scientifica italiana nel settore della biomedicina, per
Summary. This study is developed as part of the activities of
the Italian Chapter of the European Association of Science
Editors (EASE) with the aim to provide an overview of the
Italian scientific publishing in biomedicine and highlight the
need for professional training and certification. Even at European and international level, in fact, there is a general lack
of training and accreditation programs for the certification
of professional editors. After defining the editor’s role (term
that in the Italian language has a certain degree of ambiguity) and the different professionals involved in the publication
process, the paper analyzes the biomedical production in
Italy, reporting the results of a survey on professional associations, institutions, scientific societies, and others. Also
reported are the results of a first hearing on views expressed
by the publishers themselves. From this study the need of
a constructive discussion with all stakeholders emerges not
only to improve the quality of publications in the biomedical
field, but also to enhance and recognize the editor’s profession, both in Italy and in other countries.
evidenziare la necessità di formazione e certificazione di una professione “non riconosciuta”. L’Associazione europea ha dato vita a diversi capitoli nazionali
per facilitare lo studio e la discussione su problematiche editoriali a livello locale, inclusa la questione
della formazione e della certificazione, con l’intento
di trovare soluzioni condivisibili.
Il termine editore: significato e ambiguità
È fondamentale chiarire cosa si intenda per editore
nel contesto della comunicazione scientifica in cui il
termine mantiene una certa ambivalenza anche tra gli
addetti ai lavori. In tale ambito, infatti, il termine editore può essere utilizzato per indicare la casa editrice (in
inglese publisher), ma non la figura dell’editor scientifico. In lingua inglese esiste una netta distinzione tra
editor e publisher. In italiano si possono ingenerare
una certa ambiguità e possibili fraintendimenti. In
questo lavoro il termine editor sarà utilizzato per indicare la sola professione del direttore scientifico, in conformità all’uso della terminologia inglese in riferimento a riviste scientifiche diffuse a livello internazionale.
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L’editor potrebbe essere definito come “l’anima
della rivista”. È il responsabile del contenuto scientifico, il direttore della rivista, o direttore scientifico,
e si impegna a garantirne la qualità scientifica nel rispetto degli standard, delle raccomandazioni e delle
buone pratiche editoriali, riconosciuti a livello internazionale, quali per esempio quelli emanati dall’International Committee of Medical Journal Editors
(ICMJE, www.icmje.org), dalla European Association of Science Editors (EASE, www.ease.org.uk), dal
Committee on Publication Ethics (COPE, http://publicationethics.org/), dalla World Association of Medical Editors (WAME, www.wame.org), dal Council
of Science Editors (CSE, www.councilscienceeditors.org), per citarne solo alcuni. Tali associazioni
offrono, nei propri siti e attraverso diversi canali di
comunicazione, strumenti utili per approfondire la
conoscenza delle responsabilità associate al lavoro
editoriale.
In un editoriale pubblicato nel 2009 nella rivista
European Science Editing, Arjan Polderman, allora
presidente dell’EASE, forniva un’interessante tassonomia per gli editor sulla base delle funzioni da questi
svolte nel complesso mondo dell’editoria scientifica,
identificando per tutti una funzione comune: garantire la qualità del prodotto editoriale, concetto che si
applica sia al contenuto scientifico, sia alla modalità
di presentazione, sia al processo editoriale1.
Le diverse tipologie di editor possono essere raggruppate in tre grandi categorie, ciascuna delle quali
comprende distinte figure:
■■ editor responsabili del controllo sul contenuto
scientifico: a livello internazionale, con il termine
editor si intende solitamente il direttore scientifico, colui che decide il destino del manoscritto
presentato per la pubblicazione su una rivista (accettazione, richiesta di modifiche, rifiuto); l’aggettivo scientifico viene aggiunto per distinguerlo dal
direttore responsabile che ha altro tipo di responsabilità, anche giuridica).
■■ Il redattore capo (editor in chief, in inglese, definito anche come decision editor) è ai vertici della
gerarchia editoriale. La locuzione [in-chief] serve
per sottolinearne la responsabilità e il ruolo. La
figura del redattore capo coincide il più delle volte con quella del senior editor ovvero di direttore
scientifico. Il redattore capo, spesso coadiuvato
da un assistant editor o deputy editor, è colui che
prende la decisione finale sul manoscritto, supportato dal parere dei revisori (referee), secondo
il ben noto processo di revisione tra pari al quale
è sottoposta la maggior parte degli articoli scientifici pubblicati su una rivista peer reviewed. Alcuni
editor possono avere la responsabilità soltanto per
una sezione della rivista o per un’area geografica
e, se hanno potere decisionale in tale ambito specifico, a volte vengono definiti come section editor
o editor for [region]. In alcuni casi le decisioni sono prese collegialmente da un comitato editoriale
(editorial board o editorial committee); in altri casi
potremmo avere più di un editor (co-editor) che
■■
■■
condividono la responsabilità della rivista o di una
sua sezione. Le persone che esprimono pareri su
un manoscritto, ma non hanno potere decisionale all’interno del comitato editoriale, dovrebbero
essere considerate maggiormente alla stregua di
revisori piuttosto che di editor veri e propri; il termine editor a volte corrisponde in italiano al curatore (solitamente usato per chi ha coordinato il
lavoro per opere monografiche o mostre o esposizioni). In molte occasioni (e sempre più spesso)
il termine editor resta invariato anche in progetti
editoriali italiani.
editor responsabili della presentazione formale:
hanno la responsabilità di verificare la corretta
applicazione dello stile della rivista (house style),
l’uso corretto della lingua, sia come grammatica
sia come sintassi, e le impostazioni grafiche e di
impaginazione. Di solito vengono definiti con il
termine di technical editor o copy editor che non
trova esatta corrispondenza nella lingua italiana;
editor responsabili dell’implementazione e del
controllo del processo editoriale (managing editor): hanno la responsabilità che l’intero processo
funzioni secondo quanto definito nelle politiche
editoriali della rivista, in altri termini che tutto “fili
liscio”.
Una sola figura, a volte, può svolgere diverse tra le
funzioni sopracitate, inclusa quella di segretario di
redazione che ogni rivista di un certo rilievo dovrebbe avere.
Infine, è opportuno ricordare che in Italia, per
poter pubblicare una rivista scientifica, è necessario
essere iscritti al Registro della stampa del Tribunale
del luogo dove questa viene stampata; ciò implica
un’assunzione di responsabilità da parte del direttore responsabile della rivista (che deve essere iscritto
all’Ordine dei giornalisti - Elenco speciale), del proprietario della rivista e del suo legale rappresentante
(art. 5 della Legge 8 febbraio 1948, n. 47). Quindi, di
fatto, si aggiunge un’altra figura professionale che può
o meno coincidere con l’editor stesso della rivista.
Produzione editoriale italiana
nel settore della biomedicina
Interrogazione delle basi di dati:
Medline e Web of Science
Per quanto riguarda la produzione editoriale nel settore della biomedicina, una iniziale esplorazione era
stata avviata nel 2004 in ambito EASE2. Ai fini di un
aggiornamento, è stato consultato il catalogo della
US National Library of Medicine (NLM), che offre accesso ai dati bibliografici di riviste, monografie, audiovisivi e risorse elettroniche posseduti dalla stessa
NLM, e che ha fornito una serie di dati interessanti
relativamente all’Italia. Dall’interrogazione del catalogo, effettuata il 9 maggio 2016, selezionando l’Italia
come paese di pubblicazione sono risultate 98 riviste
P. De Castro et al.: Editor scientifici in Italia: problemi di identità, certificazione e ruoli
su un totale di 5633 (pari all’1,5%). La maggior parte
di tali riviste è prodotta in lingua inglese (91 su 98,
pari al 92,8%). Poco più della metà di queste riviste
(51) è presente contemporaneamente sia in Medline
che in Web of Science. Si tratta di un quadro parziale
della produzione italiana che non riflette la complessità della situazione attuale del settore. Situazione rilevante e per certi aspetti poco conosciuta che è stata
oggetto di un’indagine ad hoc qui di seguito illustrata.
Editoria biomedica in Italia
La produzione di editoria scientifica in ambito biomedico edita in Italia è stata oggetto di un’indagine
mirata ai siti web di enti e associazioni professionali,
federazioni e società scientifiche che operano in sanità. L’obiettivo è stato quello di rilevare le principali
caratteristiche di attività editoriali legate alla realizzazione di pubblicazioni quali, principalmente, riviste
scientifiche e notiziari.
L’ambito dell’indagine era stato inizialmente impostato su confini più estesi, tali da includere sia il
comparto dell’editoria commerciale sia quello dell’editoria non commerciale rappresentato da amministrazioni centrali e locali, centri studi istituzionali,
istituzioni ospedaliere e di ricerca, università, accademie, associazioni senza scopo di lucro e ordini
professionali. La quantità di enti individuati nel corso
dell’indagine si è però rivelata talmente ampia (oltre
500 soggetti tra editori commerciali e non) da decidere di circoscrivere l’analisi a un sottoinsieme (155) di
soli enti professionali di area sanitaria (associazioni,
federazioni e società professionali di area medicoscientifica), rivelatisi comunque numericamente
consistenti e vitali nell’offerta di prodotti editoriali.
Il settore associativo infatti è molto attivo nell’ambito della professione medica e raccoglie una serie di
attività (dalla didattica, all’organizzazione e promozione di eventi e di comunicazione in ambito scientifico) affermate e apprezzate dagli associati e comunque dagli utenti dell’area medico-professionale di
riferimento, nonché da pazienti e comuni cittadini.
Nel panorama delle iniziative promosse dagli enti in
questione, ci si è voluti concentrare sulla produzione
editoriale, considerata uno degli obiettivi primari di
diffusione dell’informazione specialistica nei settori
di competenza.
Del resto, anche se restringendo il campo dello studio si è sacrificata una larga fetta di produzione editoriale, è anche vero che il versante degli editori non
commerciali è sembrato più appetibile da indagare, in
quanto sicuramente meno esplorato rispetto al settore complementare degli editori commerciali. Questi
ultimi infatti godono, in genere, di maggiore visibilità
online grazie a politiche più accurate di investimento
nella promozione dei prodotti editoriali.
La ricerca degli enti in internet è stata avviata a inizio 2014 e si è conclusa nel dicembre 2015 ai fini di
aggiornare e integrare i dati risultanti da una prima
esplorazione e di impostare una griglia soddisfacente
di elementi volti a delineare compiutamente il profilo
dell’offerta editoriale.
Per l’individuazione degli enti professionali sanitari ci si è basati sulle seguenti fonti:
■■ archivio delle case editrici del database bibliografico delle pubblicazioni prodotte dall’ISS;
■■ elenchi di testate scientifiche acquisiti dal Settore
Attività Editoriali dell’ISS (per es., liste di riviste in
scambio e omaggio con enti similari);
■■ elenchi di società scientifiche e associazioni professionali di settore reperibili in rete;
■■ archivio collettivo nazionale dei periodici posseduti dalle biblioteche italiane (ACNP);
■■ altri repertori e cataloghi di riviste, cartacei e online.
Per ciascuno degli enti censiti sono stati registrati:
l’indirizzo web, i recapiti, la tipologia di produzione
editoriale (rivista nazionale o internazionale, notiziario, monografie, linee-guida, rapporti tecnici, atti di
convegno ecc.) e i contatti dei referenti delle strutture
editoriali (responsabili editoriali, coordinatori editoriali ecc.). Si è inoltre rilevata la disponibilità o meno
di contenuti disponibili integralmente e gratuitamente online (full-text) e se a favore di un’utenza diffusa
o riservata. È stato anche controllato l’aggiornamento
delle collezioni e la presenza o meno sul sito, o nei
documenti in formato PDF dei periodici accessibili
dai siti, dei dati relativi ai componenti dei vari organismi editoriali.
L’indagine non ha considerato le tipografie, le
stamperie o le agenzie di grafica, gli enti privi di siti
internet o che distribuiscono attraverso librerie online, le strutture attive solo per eventi occasionali, le
società di servizi per l’organizzazione di eventi scientifici e gli editori con produzione cessata.
Un primo risultato dello studio ha riguardato il
numero di enti che non ha alcuna attività editoriale,
pari a n. 20 su 155 totali. Dei 135 enti con produzione
editoriale la tipologia si è rivelata, nel suo complesso,
di notevole consistenza e molto variegata.
Come riportato in tabella 1, è risultato che più della metà (82 su 135 pari al 61% degli enti) ha al proprio
attivo almeno una rivista, che il più delle volte rappresenta l’organo ufficiale d’informazione dell’ente e
possiede in alcuni casi una valenza internazionale (24
su 135 pari al 18%).
A volte, inoltre, a dimostrazione della vitalità imprenditoriale e scientifica di alcune associazioni, le
Tabella 1. Produzione editoriale in rete delle associazioni
scientifiche italiane (n= 135, 2014-2015).
Tipologia
Numero
Rivista nazionale
58
Rivista internazionale
24
Notiziario
54
Altro (libri, collane, letteratura grigia, ecc.)
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riviste prodotte sono più di una (fino a 4 o 5) in lingua italiana o inglese, edite dall’ente stesso e/o da
un editore commerciale italiano o estero. Un caso
emblematico è quello dell’Associazione Nazionale
Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) che cura la
rivista internazionale Journal of Cardiovascular Medicine insieme alla Società Italiana di Cardiologia, edita
da Lippincott – publisher delle riviste dell’American
Heart Association – e una rivista mensile in italiano,
il Giornale italiano di cardiologia edita da Il Pensiero
Scientifico Editore. Analogamente, la Società Italiana
di Gerontologia e Geriatria (SIGG) ha come organo
ufficiale in italiano il Giornale di gerontologia edito da
Pacini Editore e, in inglese, Aging Clinical and Experimental Research pubblicato da Springer.
Quanto alle modalità di accesso ai contenuti editoriali (per es., singoli articoli di periodici, interi fascicoli
di notiziari), nel 62% dei casi (84 enti) si è riscontrata
una libera disponibilità di testi completi scaricabili
in pdf, a eccezione di casi che limitano l’accesso ai
numeri pregressi di una rivista, a esclusione dell’ultimo fascicolo pubblicato, o di casi di disponibilità
solo parziale di materiali (solo l’indice e/o l’abstract
di articoli pubblicati nell’ultimo numero o nell’ultimo anno, o soltanto le annate pregresse di riviste). In
percentuale più ridotta (38% equivalente a 51 enti),
l’accesso è risultato vincolato a procedure di registrazione o iscrizione degli utenti, sia gratuite sia a pagamento (quota associativa) o condizionato alla sottoscrizione di abbonamenti. Limitatamente alle riviste,
l’accesso aperto è stato registrato per una buona parte
di esse (37 su 58 riviste nazionali e 14 su 24 riviste internazionali).
Particolare attenzione nell’indagine è stata rivolta
alla ricerca di contatti e indicazioni circa la struttura
editoriale (direttore responsabile, coordinatore editoriale, comitato scientifico, comitato di redazione,
segreteria di redazione, ecc.) dei materiali editoriali
offerti nei siti web degli enti. Nell’80% dei casi (108
su 135 enti) i dati risultavano dichiarati, con una lieve prevalenza di informazioni disponibili in formato
PDF all’interno di riviste e notiziari (61 casi su 108),
anziché sulle pagine web descrittive delle varie testate
(47 casi su 108).
Per il restante 20% degli enti censiti privi dei dati di contatto (indirizzo, e-mail, recapito telefonico),
talvolta sotto la voce “Contatti” del sito si accede a un
form di raccolta dati per la formulazione di quesiti da
parte di un richiedente, senza che sia riportato un indirizzo e-mail diretto. In alcuni casi, la voce “Pubblicazioni” inclusa
nell’home page di un ente è risultata ambigua, in
quanto maschera informazioni di riferimento o approfondimento (per es., segnalazione articoli di interesse su periodici vari) e non un’effettiva produzione
editoriale dell’ente.
Per quanto riguarda le Istruzioni per gli autori,
nella quasi totalità delle riviste a valenza internazionale esse sono disponibili, mentre le riviste nazionali
ne sono per lo più prive. Per alcune associazioni professionali, la collocazione
della sede istituzionale presso dipartimenti universitari o strutture ospedaliere attesta una stretta integrazione tra le attività prettamente accademiche di
didattica e le finalità di diffusione dei risultati clinici
e di ricerca attraverso attività redazionali. È il caso
della Società Italiana di Fitoterapia (SIFIT) che ha
sede presso il Dipartimento di scienze fisiche, della
terra e dell’ambiente dell’Università di Siena o della
Società di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SiTi), che ha stabilito la redazione degli Annali
di igiene, medicina preventiva e di comunità presso
l’Istituto di Igiene della Sapienza Università di Roma
o la Società Italiana di Analisi del Movimento in Clinica (SIAMOC) che ha sede presso il Laboratorio di
Analisi del Movimento dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.
A fronte di una cospicua e articolata produzione
editoriale da parte delle associazioni medico-scientifiche analizzate, si è riscontrata una distribuzione
non sempre omogenea di materiali prodotti; se, infatti, in alcuni casi la produzione è limitata a notiziari
di rapida diffusione di contenuti di base, in altri casi
(18%) l’attività editoriale si è sviluppata e consolidata fino a offrire testate scientifiche di alto profilo con
comitati editoriali di spessore internazionale e che
talvolta prevedono modalità di accesso libero ai contenuti scientifici.
Si è inoltre notato che nel caso di enti che hanno al
loro attivo una buona produzione di materiali scientifici (linee-guida, manuali, collane e monografie),
spesso risulta carente l’organizzazione dei contenuti
scientifici disponibili sui rispettivi siti web, a scapito
di un’agevole consultazione.
La formazione dell’editor
La formazione dell’editor non avviene solitamente attraverso canali ben definiti di istruzione a livello universitario o post-universitario. Per lo meno in Italia,
chiunque desideri intraprendere una professione nel
campo dell’editoria scientifica si trova sprovvisto di
adeguati strumenti di formazione riconosciuti e certificati a livello accademico. Ciò implica che gli editor
in Italia, e anche in altri paesi, hanno spesso imparato
il mestiere direttamente sul campo. Gli stessi ricercatori che si accingono per la prima volta a presentare
per la pubblicazione su riviste i risultati delle loro ricerche si trovano nella condizione di dover ricorrere a
colleghi esperti per riuscire a orientarsi tra i vari processi dell’editoria scientifica.
Fin dalla fine degli anni ’90 del secolo scorso, l’ISS
si è attivato per cercare di colmare questo vuoto, avviando corsi di formazione in editoria scientifica anche con rilascio di crediti ECM (Educazione Continua
in Medicina). In particolare, negli anni 2009-2012,
l’ISS ha coordinato un progetto europeo di formazione in materia di scrittura scientifica e modelli di pubblicazione ad accesso aperto (Progetto NECOBELAC,
FP7)3.
P. De Castro et al.: Editor scientifici in Italia: problemi di identità, certificazione e ruoli
Più recentemente, nel 2013, l’AICA (Associazione
Italiana per l’Informatica e il Calcolo Automatico),
in collaborazione con il Settore Attività Editoriali
dell’ISS e dell’Associazione Bibliotecari Documentalisti (BDS) ha avviato HealthDoc (http://www.aicanet.it/health-doc), un programma di formazione
rivolto a medici, infermieri, operatori sanitari e a studenti universitari di facoltà di scienze mediche. Tale
programma ha ottenuto l’approvazione ufficiale della Fondazione europea ECDL (European Computer
Driving Licence) nel 2015 per la certificazione delle
competenze di base in materia di documentazione
scientifica che includono anche le tecniche di scrittura scientifica, componenti essenziali della formazione dei professionisti sanitari. Si avvale di un gruppo
di lavoro formato da professionisti dell’informazione
(bibliotecari, documentalisti, redattori di testi scientifici ed editori) di varie istituzioni di ricerca italiane4.
La certificazione e il riconoscimento
della professione
Il problema della certificazione della professione dell’editor è fortemente discusso anche a livello
europeo e internazionale. All’interno dell’EASE, per
esempio, è stato istituito un gruppo di lavoro dedicato allo studio di possibili modelli di certificazione di
competenze, a partire da un’indagine avviata nel 2015
che ha sottolineato la necessità di definire un quadro
di riferimento condiviso. Nel 2016 è stata pubblicata
una interessante rassegna sulla certificazione delle
competenze dell’editor scientifico che pone luce sulla
complessità del problema5.
In Italia non esiste attualmente una forma di certificazione ufficiale della professione di editor. Esistono
ovviamente professioni riconosciute a livello legislativo attraverso l’istituzione di appositi ordini o collegi
professionali (per es., medici, architetti, giornalisti).
I professionisti che svolgono, invece, professioni cosiddette “non regolamentate” o “non protette” si riuniscono in associazioni professionali, autonome o di
tipo privatistico e aggregativo dove trovano opportunità di valorizzazione, formazione e ricerca. Tra queste professioni, solo per citare quelle di aree più affini
al settore in questione, quella del bibliotecario e del
documentalista biomedico e del tecnico museale.
Nel gennaio 2013 è stata approvata una legge che
ha finalmente provveduto al riconoscimento dell’esistenza di queste professionalità orfane, aprendo
la strada verso future forme di certificazione. Si tratta della legge 14 gennaio 2013, n. 4 “Disposizioni in
materia di professioni non organizzate” (GU Serie
Generale n. 22 del 26/1/2013), entrata in vigore il
10/2/2013 che disciplina le professioni non organizzate, appunto, in ordini e collegi.
L’art. 2 fornisce una chiara definizione di tali professioni: «Ai fini della presente legge, per “professione
non organizzata in ordini o collegi”, di seguito denominata “professione”, si intende l’attività economica,
anche organizzata, volta alla prestazione di servizi
o di opere a favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale,
o comunque con il concorso di questo». Gli art. 4 e
5 ne definiscono l’esercizio: art. 4. «L’esercizio della
professione è libero e fondato sull’autonomia, sulle
competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede,
dell’affidamento del pubblico e della clientela, della
correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta dei servizi, della responsabilità del
professionista»; art. 5. «La professione è esercitata in
forma individuale, in forma associata, societaria, cooperativa o nella forma del lavoro dipendente».
Si riconosce dunque con questa legge la possibilità per il professionista di esercitare liberamente la
propria professione in forma individuale o associata,
e alle associazioni di operare liberamente per valorizzare le attività professionali degli associati.
Vale la pena qui brevemente riportare il percorso
compiuto a partire dal 2010 dall’Associazione Italiana
Biblioteche (AIB) che ha ottenuto nel 2013 il riconoscimento di associazione rappresentativa della professione bibliotecaria a livello nazionale e nel luglio
2014 l’inserimento nell’elenco delle associazioni professionali che rilasciano l’attestato di qualità, riconosciute dal Ministero per lo Sviluppo Economico. In
tal modo l’AIB, grazie anche al lavoro di una apposita
Commissione, ha ottenuto il ruolo di ente certificatore della professione di bibliotecario in Italia. Essa
rilascia un’attestazione ai professionisti in possesso di
specifici requisiti (titoli di studio e competenze professionali), e provvede a tenere aggiornato l’Elenco
degli associati (si veda anche www.aib.it/iscriversi/
diventa-associato/).
Un’indagine esplorativa
sulla professione di editor
In Italia, prima ancora di pensare a una forma di certificazione della professione di editor, esiste un effettivo riconoscimento di tale professione? Ovvero, prima di essere riconosciuta, è almeno conosciuta tale
professione, se non altro all’interno della comunità
scientifica? Gli autori di questo contributo hanno tentato di fornire una risposta ascoltando il parere di chi
questa professione la esercita da anni, sia nel settore
pubblico sia in quello privato.
Sono nate alcune domande che sono state rivolte
a un numero molto ristretto di editor scientifici con
i quali il Settore Attività Editoriali dell’ISS (cui afferiscono gli autori) intrattiene rapporti di lavoro e di
reciproca stima:
1. Appoggerebbe l’idea di una forma di certificazione della professione di editor scientifico* in Italia?
* Come editor scientifico qui si intende colui che svolge la professione comunemente intesa in lingua inglese come editor di riviste
scientifiche nel settore della Biomedicina (editor in chief, associate
editor, ecc.).
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2. Riterrebbe maggiormente opportuno che questa
certificazione avvenisse a livello internazionale
piuttosto che a livello nazionale?
3. Conosce la European Association of Science Editors (EASE, www.ease.org.uk/)?
4. Secondo lei, quali potrebbero essere i requisiti minimi per una eventuale certificazione? Per esempio documentata esperienza di attività pubblicistica a livello internazionale, come aver già prodotto pubblicazioni in lingua inglese o aver svolto
attività di editor per riviste con impact factor o
comunque indicizzate nei principali repertori, o
documentata attività di peer review.
5. È a conoscenza di corsi validi in Italia per facilitare
il mestiere di editor scientifico? Se sì, specificare
da chi sono organizzati.
6. Riterrebbe utile l’istituzione di corsi ad hoc e chi,
nel caso, a suo avviso dovrebbe essere preposto a
organizzarli? Per esempio università, enti di ricerca,
società scientifiche, case editrici scientifiche, altro.
7. In base alla sua esperienza di editor scientifico,
quali sono i maggiori problemi dell’editoria scientifica in Italia?
Le risposte hanno permesso una prima generale valutazione del problema nella sua complessità.
Certificazione della professione
La professione di editor scientifico è infatti una professione del tutto peculiare e il pericolo, sollevato in
particolare da uno degli intervistati, è quello di far
diventare l’editor un “tecnico della scienza” piuttosto
che un “esperto scientifico” di articoli o testi scientifici. Insomma, serve o no questa certificazione? Per
la maggioranza delle persone consultate sì, ma c’è
anche chi ha risposto negativamente: “L’editor scientifico, nel senso inglese del termine, è per lo più una
figura scientifica di spicco rispetto ai contenuti tematici degli articoli accolti nella rivista o nel libro di cui
è il direttore. Questo vuol dire che l’editor, in campo
scientifico, è già una figura professionale derivante e
attinente alla materia trattata. Una forma di certificazione della professione di editor si affiancherebbe a
quella che lo qualifica come esperto in materia scientifica per trasformarlo in direttore di casa editrice.
Ma questa, almeno in Italia, è la figura del direttore
responsabile che non necessariamente deve essere
un esperto della materia scientifica. Il suo requisito
è quello di essere un iscritto a un albo dell’Ordine
dei giornalisti”. Sembrerebbe esserci dunque una sovrapposizione di ruoli tra ricercatore/editor/direttore
responsabile.
Riconoscimento a livello nazionale e
internazionale e ruolo dell’EASE
La certificazione nazionale potrebbe essere propedeutica a quella internazionale, che viene riconosciu-
ta come maggiormente opportuna. L’EASE è stata a
questo scopo indicata come l’associazione che potrebbe farsi carico di una tale certificazione.
Requisiti della certificazione
Fra i requisiti indicati dai diversi rispondenti sono
emersi: documentata esperienza di attività pubblicistica a livello internazionale (aver già prodotto pubblicazioni in lingua inglese o aver svolto attività di
editor per riviste con impact factor o comunque indicizzate nei principali repertori), documentata attività
di peer review, corsi di livello master e stage all’interno di strutture accreditate, specifica competenza
scientifica, possesso di una qualificata produzione
scientifica.
Formazione in Italia
I rispondenti hanno mostrato una scarsa conoscenza
di quali siano attualmente le attività formative disponibili nel settore, ritenute invece importanti ai fini di
un’adeguata formazione professionale. A loro avviso,
la formazione scientifica teorico-pratica dovrebbe
essere erogata principalmente, o esclusivamente,
da università, enti di ricerca e società o associazioni
scientifiche.
Problemi dell’editoria scientifica in Italia
È emerso come tra i maggiori problemi dell’editoria
scientifica in Italia esistano una certa autarchia, cui
consegue una scarsa internazionalità, nonché un limitato utilizzo di strumenti informatici a causa di reti
infrastrutturali ancora piuttosto arretrate.
Considerazioni finali
Si ritiene necessario un dibattito costruttivo con tutti
gli stakeholder non solo per migliorare la qualità dei
prodotti editoriali nel settore biomedico in Italia, ma
anche per valorizzare una professionalità forse ancora poco conosciuta. L’integrità della ricerca e il valore
delle pubblicazioni scientifiche sono infatti garantiti
da una corretta applicazione degli standard editoriali
internazionali da parte di professionisti che esplicano
la propria attività confrontandosi continuamente sui
temi dell’editoria scientifica e sulle innovazioni del
settore.
È incoraggiante che siano in aumento gli studi che
riguardano le problematiche della peer review, elemento chiave per la realizzazione di prodotti editoriali di qualità. A tale proposito, vale la pena considerare
che il termine “peer review, research” è stato introdotto nel thesaurus MeSH (Medical Subject Headings)
nel 1994, e che da allora le pubblicazioni indicizzate
sotto tale termine sono in costante aumento (n=5560,
P. De Castro et al.: Editor scientifici in Italia: problemi di identità, certificazione e ruoli
Take home messages
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In Italia, come in molti altri paesi, la professione di editor scientifico non è adeguatamente conosciuta e non
è prevista alcuna forma di certificazione per esercitare
tale professione.
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Tra gli stessi addetti ai lavori, spesso si riscontra confusione sul ruolo e sulle competenze dell’editor scientifico.
Per fare chiarezza anche dal punto di vista terminologico, lo studio offre una panoramica dei diversi ruoli
dell’editor nel processo editoriale.
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Un’indagine dei siti web di enti e associazioni professionali, federazioni e società scientifiche italiani ha evidenziato una cospicua e articolata produzione editoriale
(notiziari, riviste scientifiche, linee-guida, manuali, collane e monografie) spesso carente nell’organizzazione dei
contenuti scientifici online.
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È necessario avviare un dibattito costruttivo con tutti gli
stakeholder per migliorare la qualità dei prodotti editoriali nel settore biomedico in Italia e valorizzare una
professionalità poco conosciuta.
al 12 maggio 2016). Ciononostante si riscontra ancora
una limitata produzione di letteratura scientifica sul
tema dell’editoria da parte degli esperti del settore
che, per diversi motivi, non pubblicano studi relativi
al proprio ambito professionale6.
Il mondo dell’editoria scientifica, in definitiva, è
in grande fermento. Lo dimostrano le numerose iniziative intraprese dall’EASE a livello di singoli capitoli nazionali, mirati a fare il punto della situazione
Indirizzo per la corrispondenza:
Dott. Paola De Castro
Settore Attività Editoriali
Istituto Superiore di Sanità
Viale Regina Elena 299
00161 Roma
E-mail: [email protected]
nei diversi paesi, con indagini specifiche e un occhio
al futuro. Il presente studio si colloca proprio in tale
prospettiva, costituendo un primo approccio alla tematica della professione editoriale in Italia.
Ringraziamenti: si ringraziano Giancarlo De Leo, consulente AICA,
per aver fornito utili riferimenti per l’individuazione degli editor professionali in ambito scientifico-sanitario; Joan Marsh, già presidente
della European Association of Science Editors, per aver suggerito
l’avvio dell’indagine in Italia; Sandra Salinetti, del Settore Attività
Editoriali dell’Istituto Superiore di Sanità, per aver contribuito alle
riflessioni sulle tematiche oggetto dell’articolo.
Bibliografia
1. Polderman A. A taxonomy of editors. European Science
Editing 2009; 35: 2.
2. De Castro P. Editing in Italy: a preliminary survey of the
medical sector. European Science Editing 2004; 30: 84-7.
3. De Castro P, NECOBELAC Working Group (eds). Training
in scientific writing and open access publishing: the NECOBELAC project experience in Europe and Latin America.
Roma: Istituto Superiore di Sanità; 2012. (Rapporti ISTISAN 12/26).
4. Cognetti G, Poltronieri E. Convegno “La documentazione
scientifica per le professioni della salute. Condividere e
certificare le conoscenze per l’appropriatezza degli interventi”. Roma, Biblioteca Nazionale Centrale, 18 giugno
2015. Notiziario dell’Istituto Superiore di Sanità 2015; 28:
7-10.
5. Galipeau J, Barbour V, Baskin P, et al. A scoping review of
competencies for scientific editors of biomedical journals.
BMC Medicine 2016; 14: 16.
6. Carey LC, Stretton S, Kenreigh CA, Wagner LT, Woolley KL.
High nonpublication rate from publication professionals
hinders evidence-based publication practices. PeerJ 2016;
4: e2011.
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