Corte di Cassazione civ Sezione 2 Civile

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Corte di Cassazione civ Sezione 2 Civile
Corte di Cassazione civ Sezione 2 Civile
Sentenza del 26 febbraio 2009, n. 4679
Integrale
Condominio - Innovazioni - Pregiudizio alla statica o all'estetica (decoro architettonico) - Opera modificativa di un
condomino - Incidenza lesiva in danno del decoro architettonico dell'edificio condominiale in presenza di degrado dello
stesso per preesistenti modifiche - Esclusione - Limiti.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente
Dott. COLARUSSO Vincenzo - Consigliere
Dott. TROMBETTA Francesca - Consigliere
Dott. MALPICA Emilio - rel. Consigliere
Dott. MAZZACANE Vincenzo - Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
BA. MA. RO. , elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall'avvocato CESARE EMILIO;
- ricorrente contro
GL. LE. ;
- intimata sul ricorso n. 14595 - 2004 proposto da:
GL. LE. , elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell'avvocato LAURO MASSIMO,
rappresentata e difesa dall'avvocato LAMBIASE PASQUALE;
- ricorrente contro
BA. MA. RO. , elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e
difesa dall'avvocato CESARE EMILIO;
- controricorrente ric. incidentale avverso la sentenza n. 997/2004 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/03/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/12/2008 dal Consigliere Dott. MALPICA EMILIO;
udito l'Avvocato CESARE Emilio, difensore della ricorrente che ha chiesto accoglimento delle proprie difese come dagli
atti depositati; udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Scardaccione Eduardo Vittorio, che ha
concluso per il rigetto del ricorso principale e dell'incidentale.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 5/11/92 Ba. M. Ro. esponeva di essere proprietaria di un appartamento, sito in (OMESSO); che la
condomina Gl. Le. ed il marito Ne. St. , proprietari ognuno di un appartamento nello stesso edificio all'ultimo piano,
unificati nel corso degli anni e divenuti entrambi di proprieta' della Gl. , avevano effettuato lavori edilizi consistenti
nella costruzione di vani in copertura del terrazzo a livello, senza il consenso dell'assemblea e senza corrispondere
l'indennita' di sopraelevazione e i maggiori oneri per l'uso dei servizi comuni; aggiungeva che tali lavori, eseguiti in
violazione dalle norme condominiali e di quelle urbanistiche, avevano alterato l'estetica del fabbricato. Tanto
premesso, conveniva in giudizio la Gl. per sentir dichiarare l'illegittimita' delle dette opere, ordinare alla convenuta
l'abbattimento delle stesse e condannare la predetta al risarcimento dei danni.
Si costituiva la convenuta, che contestava la domanda, chiedendone il rigetto; eccepiva il difetto di legittimazione
attiva, la prescrizione ventennale per le servitu' volontarie e la prescrizione di ogni altro eventuale diritto; invocava,
infine, l'usucapione delle aree condominiali eventualmente occupate.
All'esito dell'istruttoria, il tribunale di Napoli, con sentenza 16.3.2001, dichiarava che per il locale di mq. 46,60,
costruito a livello, era spirato il termine di prescrizione ventennale; dichiarava illegittime le due verande laterali ed il
locale di mq. 2,81 di ampliamento della camera da letto e ne ordinava la demolizione con il conseguente ripristino
dello stato dei luoghi a cura della convenuta; dichiarava accertati i danni a favore del Condominio e "mutamento dei
valori millesimali, da quantificare in altro giudizio"; condannava la convenuta alla rifusione delle spese di lite ed a
quelle di C.T.U..
Avverso tale sentenza proponeva appello la Gl. , cui resisteva la Ba. , che proponeva appello incidentale, censurando,
tra l'altro, il mancato accoglimento della domanda di abbattimento anche del manufatto piu' grande, realizzato sul
terrazzo a livello e di condanna ai relativi danni.
La corte di Napoli, con sentenza n. 997/2004, accogliendo parzialmente sia l'appello principale che l'incidentale, da un
lato rigetto' la domanda di abbattimento delle opere abusivamente realizzate dalla Gl. , e dall'altro condanno'
quest'ultima al risarcimento dei danni in favore di Ba. M. Ro. , da liquidarsi in separata sede.
A fondamento della decisione la corte territoriale, per quanto rileva ancora in questa sede, osservo' che era infondata
la censura riguardante la natura non contrattuale e, pertanto, non cogente lei regolamento del condominio, atteso che
risultava dagli atti che nel giorno stesso dell'acquisto degli appartamenti nn. (OMESSO) da parte dei coniugi Gl. e Ne. ,
i detti acquirenti nominarono procuratore speciale l'ing. B. , affinche' redigesse il regolamento di condominio del
fabbricato "precisando i divieti e le limitazioni relativi alle parti condominiali ed i diritti ed i doveri relativamente alle
parti di esclusiva proprieta', nonche' le tabelle condominiali ed affinche' depositasse tale regolamento, accettandone fin
da allora espressamente il contenuto". La corte ritenne, invece, da accogliere la censura relativa all'interpretazione
delle clausole limitative dei diritti contenute negli articoli 7 e 10 del regolamento, sulle quali l'attrice aveva fondato la
domanda di riduzione in pristino, in quanto, a dire del Giudice d'appello, dalla lettura delle clausole in questione
appariva chiaro che non ogni modifica era vietata dal regolamento ma solo quelle, sia nelle parti individuali che in
quelle comuni, incidenti sulla stabilita' dell'edificio o sul suo aspetto architettonico; cio' premesso, osservo' che ne'
dalle relazioni peritali ne' dagli addebiti mossi dalla controparte risultava che le innovazioni apportate dalla Gl.
potessero incidere sulla stabilita' dell'edificio, e, quanto all'aspetto architettonico, ne escluse ogni lesione perche' le
nuove opere non erano visibili, e le verande sembravano naturalmente riprendere la tipologia degli stenditoi di
alluminio anodizzato e vetri, posti ai lati delle casse scale, previsti in progetto ed esplicitamente contemplati nel
regolamento. Premesso, quindi, che i manufatti non potevano ritenersi in contrasto con l'estetica del fabbricato,
osservo' la corte di merito, ad abundantiam, che l'azione di ripristino per il fabbricato realizzato sul terrazzo a livello proposta nel 1992 - era prescritta, in quanto il volume era stato realizzato - sia pure inizialmente in legno e vetro
successivamente trasformato in cemento e calcestruzzo - anteriormente al 15.5.1970. Quanto alle due verande
posteriori, affermo' la corte che esse dovevano ritenersi realizzate posteriormente all'anno 1986, sicche' era infondata
la censura diretta all'affermazione della prescrizione dell'azione di ripristino. In merito ai volumi per i quali non era
stato disposta la demolizione, doveva comunque ritenersi la violazione delle norme urbanistiche, cui conseguiva il
diritto al risarcimento del danno in favore dell'attrice.
Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso in via principale Ba. Ma. Ro. ; resiste con controricorso Gl. Le. che
ha proposto ricorso incidentale; resiste con controricorso al ricorso incidentale la ricorrente principale. Entrambe le
parti hanno depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la Ba. denuncia violazione del regolamento condominiale in relazione agli articoli 1321, 1117,
1147, 1158 e 2934 c.c.; deduce che l'articolo 7 del regolamento preclude qualsiasi modifica alle parti esterne
dell'edificio o nelle zone comuni che alteri l'attuale aspetto architettonico; si duole che la corte non abbia considerato
la parola "attuale" e la sua portata preclusiva di qualsiasi alterazione, avendo di mira il mantenimento di quel
determinato assetto architettonico originario. La corte territoriale, a dire della ricorrente, non ha considerato la
diversita' di oggetto delle rispettive norme degli articoli 7 e 10 del regolamento, contenendo il primo un divieto
assoluto, e il secondo uno attenuato dalla possibile autorizzazione dell'assemblea totalitaria. Con la ricordata
interpretazione la corte avrebbe anche violato sia l'articolo 1127 c.c., che sancisce la facolta' del proprietario dell'ultimo
piano di elevare nuovi piani o fabbriche ma la condizione alla inesistenza di proibizioni nel titolo (che nella specie
sussistevano alla stregua della richiamata norma regolamentare) - sia gli articoli 2934 e 2935 c.c., perche' in presenza
di un divieto espresso e assoluto non poteva farsi riferimento alle norme sulla prescrizione e sull'usucapione, essendo
sempre consentito al condomino di agire giudizialmente per l'accertamento della inesistenza del diritto a sopraelevare
di altro condomino, trattandosi di diritto imprescrittibile, a differenza dell'ipotesi di un diritto limitato.
Il motivo e' per taluni versi inammissibile e per altri infondato. Quanto alla interpretazione della norma del
regolamento condominiale, osserva il collegio che le censure mosse non possono trovare ingresso in questa sede,
perche' il Giudice d'appello ha fornito a supporto della propria interpretazione una motivazione adeguata e immune da
vizi logici e giuridici. D'altra parte, a prescindere dalla inammissibilita' della diversa lettura delle norme regolamentari
che pretende dare la ricorrente, essa appare comunque immotivata e illogica, perche' il senso proprio delle espressioni
usate chiaramente dimostra come il regolamento abbia voluto proibire non qualsiasi "modifica", anche secondaria, ma
le opere idonee a rendere "deteriore" l'aspetto architettonico originario; l'interpretazione della corte di merito e' infatti
avallata dalla dettagliata specificazione degli elementi architettonici che si intendono salvaguardare, specificazione che
non sarebbe stata necessaria in ipotesi di una proibizione drastica di qualsiasi modifica.
Quanto alla seconda parte del motivo proposto, le censure sono del tutto infondate, perche' hanno alla base
l'affermazione di un principio giuridico palesemente estraneo al nostro sistema civilistico, e cioe' che il diritto a
reprimere le violazioni dei divieti di un regolamento contrattuale non sarebbe esposto alla normale prescrizione,
laddove e' palese che il campo dei diritti imprescrittibili e' esattamente delimitato e non si estende a diritti di
obbligazione.
Con il secondo motivo la ricorrente principale denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 10 e 29 del
regolamento, dell'articolo 1127 c.c., della Legge n. 1684 del 1962, articoli 1 e 4, dell'articolo 2697 c.c., e dell'articolo
112 c.p.c.. Si duole che la corte avrebbe omesso di esaminare le esplicite contestazioni da essa mosse con riferimento
al pregiudizio per la statica dell'edificio, contestazioni finalizzate anche alla proposizione di specifico quesito al c.t.u.;
assume che incombeva al con venuto fornire la prova della non incidenza della costruzione sulla statica dell'edificio.
Il motivo e' inammissibile per la sua genericita'. La ricorrente non specifica quando avrebbe sollevato la questione, in
quali atti di parte e se e quando abbia contestato la mancata proposizione dello specifico quesito al c.t.u. e le
conclusioni del medesimo.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia violazione degli articoli 2934 e 2935 c.c.; assume che - a prescindere dalle
gia' svolte considerazioni sulla imprescrittibilita' dell'azione diretta ad ottenere la rimozione del corpo di fabbrica
realizzato sulla terrazza a livello in prosieguo del salotto - la corte erroneamente avrebbe retrodatato la realizzazione
all'anno 1970, ritenendo equivalente la preesistente costruzione in legno e vetro rispetto a quella definitiva in
calcestruzzo.
Anche detto motivo e' infondato.
A prescindere dalla infondatezza della premessa, di cui si e' detto in merito al primo motivo, va osservato che il
principio di cui ha fatto applicazione il Giudice d'appello e' conforme alla costante giurisprudenza di questa corte (cfr.,
ex plurimis, Cass. 27.10.2008, n. 25837), secondo cui, ai fini delle norme codicistiche sulla proprieta', la nozione di
"costruzione" non e' limitata a realizzazioni di tipo strettamente edile, ma si estende ad un qualsiasi manufatto, avente
caratteristiche di consistenza e stabilita', per le quali non rileva la qualita' del materiale adoperato, quanto, invece, la
sua infissione al suolo in senso fisico e finalistico. Ne consegue che non puo' ritenersi rilevante la sostituzione dei
materiali con cui era realizzata la costruzione, perche' il legno e il vetro, se integranti una struttura stabilmente infissa
al suolo, sono idonei ad integrare una "costruzione", sicche' la successiva trasformazione non incide ai fini di un nuovo
decorso del termine di prescrizione dell'azione di ripristino spettante al vicino, fatti salvi i possibili rilievi per una diversa
incidenza della trasformazione stessa sulla statica dell'edificio.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione degli articoli 10 e 29 del regolamento condominiale, in relazione
all'articolo 1120 c.c.. Ribadisce che le opere realizzate dalla controparte sono vietate dagli articoli 10 e 29 del
regolamento condominiale, e contesta l'assunto secondo cui non sussisterebbe lesione del decoro architettonico,
riportando le conclusioni del c.t.u. secondo il quale sussisteva una lesione, sia pure non rilevante, e contesta
l'ammissibilita' dell'assunto secondo cui la degenerazione preesistente del prospetto - che essa contesta - possa
incidere sulla valutazione delle innovazioni vietate apportate dal Gl. , segnalando il particolare pregio del fabbricato
condominiale.
Il motivo e' anch'esso infondato.
La corte di merito ha fornito una motivazione ampiamente argomentata - e come tale non censurabile in questa sede sulla ritenuta inesistenza di una lesione del decoro architettonico; a tal fine ha preso in esame in modo analitico i vari
elementi delle costruzioni oggetto di causa, rapportandoli alle componenti preesistenti in una attenta valutazione del
relativo impatto visivo, dando fondatamente rilievo anche alla posizione del fabbricato e alla ridotta apprezzabilita' di
talune delle opere in questione. Per altri versi la corte d'appello, nell'escludere l'incidenza sul decoro architettonico
delle verande realizzate in relazione ad una omogeneita' rispetto a preesistenti elementi di modifica del disegno
compositivo della facciata, ha fatto applicazione di un principio costantemente affermato da questa corte, secondo cui
nella valutazione della incidenza sul decoro architettonico di un'opera modificativa di un edificio non puo' essere
ignorata la eventuale situazione di degrado di detto decoro per preesistenti modificazioni per le quali non sia stato
esercitato il diritto a pretendere il ripristino (cfr. Cass. 17.10.2007, n. 21835).
Con il quinto motivo la ricorrente denuncia violazione dell'articolo 872 c.c., violazione dell'articolo 36 del regolamento
condominiale e delle tabelle millesimali; assume che la corte ha confuso, considerandole unitariamente, due voci di
danno: quella concernente la violazione delle norme urbanistiche e paesaggistiche, e quella concernente il mancato
inserimento della nuova volumetria nelle tabelle millesimali dell'appartamento della Gl. ; si duole, quindi, che - essendo
stata separata la domanda risarcitoria, limitata in quella sede all'an - la corte non abbia riconosciuto la sussistenza del
danno da violazione delle norme di tutela del paesaggio.
Il motivo e' fondato.
La corte di merito, dopo aver rammentato che la Ba. aveva chiesto la condanna al risarcimento del danno sia per la
inesatta ripartizione degli oneri condominiali in relazione alla maggior superficie goduta dalla Gl. andata esente dai
relativi oneri, sia per la contrarieta' delle costruzioni "alla normativa urbanistica e paesaggistica", e dopo aver rilevato
che trattavasi "di veri e propri volumi realizzati senza ottenere la necessaria concessione edilizia e il necessario parere
della Sopraintendenza in zona soggetta a vincolo paesaggistico, manufatti peraltro, ancora non condonati", ha
concluso che detti manufatti erano da ritenere "almeno potenzialmente, produttori di danno per l'attrice in relazione
alla non corretta ripartizione degli oneri condominiali". E' palese la contraddittorieta' tra le premesse e le conclusioni
delle argomentazioni spese dalla corte territoriale, laddove questa sembra limitare la declaratoria di potenziale lesivita'
delle opere in discorso alla sola loro incidenza sulla erronea ripartizione degli oneri, e non anche alla violazione di
norme urbanistiche ed edilizie. In relazione a tale vizio la sentenza va cassata con rinvio.
Quanto al ricorso incidentale, con il primo motivo la Gl. denuncia violazione degli articoli 1126, 1127, 1138 e 832 c.c.;
si duole che la corte abbia ritenuto a lei opponibile il regolamento condominiale, in quanto redatto dall'ing. B. quale
rappresentante dei proprietari; assume che il regolamento era stato redatto dopo l'acquisto da parte di lei e del
marito, e che detto professionista aveva il mandato a redigere la tabella millesimale e il regolamento ma non aveva
alcun mandato anche per ratificare a nome loro i divieti e i limiti alla proprieta' che erano stati apposti con il
regolamento una volta redatto, limiti che andavano da loro approvati per iscritto.
Il motivo e' palesemente infondato.
Il mandato a redigere il regolamento condominiale ovviamente implica il conferimento di ogni potere in ordine al suo
contenuto, ivi comprese le limitazioni ai diritti individuali, peraltro di carattere generale perche' concernenti
indistintamente tutti i condomini e non soltanto la ricorrente. Incombeva, quindi, sulla parte l'onere di comprovare le
eventuali limitazioni del mandato conferito; l'assunto della ricorrente incidentale secondo cui detto mandato era
limitato a redigere ma non anche ad "approvare" il regolamento e' del tutto sfornito di prova, oltre che illogico perche',
in tal caso, si sarebbe trattato del mero incarico a redigere una "bozza" per il quale non era neppure necessario un
mandato formale.
Con il secondo motivo la ricorrente incidentale denuncia violazione degli articoli 2946 e 2947 c.c.; deduce di aver
eccepito la prescrizione dell'azione risarcitoria, atteso che anche alla stregua delle epoche erroneamente attribuite
dalla corte alle rispettive costruzioni, sarebbero per tutte decorsi il termine del quinquennio entro il quale sono
prescrivibili le azioni risarcitone.
Il motivo e' infondato, perche' quanto al danno per erronea ripartizione degli oneri condominiali la prescrizione puo'
essere maturata solo per quelli anteriori di oltre cinque anni alla proposizione dell'azione, mentre detti danni hanno
continuato a maturare in relazione alle ulteriori erronee ripartizioni nei successivi bilanci condominiali; quanto al danno
da lesione per violazione delle norme urbanistiche ed edilizie, se in concreto sussistente, esso ha natura permanente,
sicche' il diritto al risarcimento sorge e puo' essere esercitato in ogni istante, con l'effetto che il termine prescrizionale
decorre de die in diem, mano a mano che i danni stessi accadono (Cass., 13 marzo 2007, n. 5831; Cass., 29
settembre 2006, n. n. 21190; Cass., 26 maggio 2006, n. 12647).
In conclusione, quindi, va accolto il quinto motivo del ricorso principale, mentre vanno rigettati gli altri e il ricorso
incidentale, e la sentenza va cassata con rinvio ad altra sezione della corte d'appello di Napoli, che provvedere anche
sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La corte riunisce i ricorsi, accoglie il quinto motivo del ricorso principale, rigetta gli altri e il ricorso incidentale; cassa la
sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della corte d'appello
di Napoli.