Su una classe di equazioni ellittiche perturbate singolarmente in
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Su una classe di equazioni ellittiche perturbate singolarmente in
Su una classe di equazioni ellittiche perturbate singolarmente in forma di divergenza Alessio Pomponio SISSA Trieste [email protected] in collaborazione con Simone Secchi Università di Pisa [email protected] – Typeset by FoilTEX – In questo lavoro studiamo l’esistenza di soluzioni che si concentrano in un punto, del seguente problema: 2 p in RN −ε div J(x)∇u + V (x)u = u (1) u>0 in RN lim|x|→∞ u(x) = 0 dove N ≥ 3, p ∈ N +2 N 1, N → R, −2 , V : R J : RN → RN ×N sono funzioni di classe C 1. Qui il simbolo RN ×N sta per l’insieme delle matrici (N × N ). Su V e J faremo le seguenti ipotesi: (V) V ∈ C 1(RN , R) e inf RN V = α > 0; (J) J ∈ C 1(RN , RN ×N ), J è limitato; inoltre, per ogni x ∈ RN , J(x) è una matrice simmetrica e (∃ν > 0)(∀x ∈ RN )(∀ξ ∈ RN ) : hJ(x)ξ, ξi ≥ ν|ξ|2. 1 J ≡I Quando J ≡ I, la matrice identità di RN ×N , l’equazione (1) diventa −ε2∆u + V (x)u = up in RN . (2) È ben noto che se (2) ha una soluzione che si concentra in qualche z0, allora ∇V (z0) = 0. Viceversa, se z0 è un punto critico di V con una certa stabilità, allora (2) ha una soluzione che si concentra in z0. 2 Breve bibliografia L’equazione (2) è stata studiata in diversi lavori. Per esempio: • A. Floer & A. Weinstein, (J. Funct. Anal., 1986); • Y. G. Oh, (Comm. PDE, 1988); • P. H. Rabinowitz, (Z. Angew. 1992); Math. Phys., • X. F. Wang, (Comm. Math. Phys., 1993); • M. del Pino & P. Felmer, (Cal. Var. PDE, 1996); • A. Ambrosetti, M. Badiale & S. Cingolani, (Arch. Rational Mech. Anal., 1997). 3 Cosa succede quando J 6≡ I? Quando J 6≡ I, l’equazione (1) è stata studiata da M. Squassina (Nonlinear Anal., 2003) nel caso quasilineare, cioè quando J dipende anche da u. Squassina prova che se z0 è contemporaneamente un punto di minimo “stabile” per J e V , allora (1) possiede una successione {uε} di soluzioni che si concentrano in z0. Nostro scopo è trovare una funzione ausiliaria che consideri globalmente e non separatamente V e J e dia una condizione necessaria e sufficiente per l’esistenza di soluzioni che si concentrano in un punto. Questa funzione è il “Ground-state function” Γ : RN → R cosı̀ definito: Γ(z) ≡ V (z) p+1 N p−1 − 2 1 2 (det J(z)) . Osserviamo che per la (J), Γ è ben definito. 4 Condizione sufficiente Adattando la tecnica di penalizzazione introdotta da M. del Pino & P. Felmer (Cal. Var. PDE, 1996), si può provare il seguente teorema: Teorema 1. Supponiamo che valgano (V) e (J). Supponiamo che esista un dominio compatto Λ ⊂ RN tale che min Γ < min Γ. Λ ∂Λ Allora, per tutti gli ε > 0 sufficientemente piccoli, 1 N N esiste una soluzione u ∈ H (R ) ∩ C(R ) di (1) ε R con RN V (x)u2dx < +∞. Questa soluzione ha solo un punto di massimo globale xε ∈ RN e si ha che Γ(xε) → minΛ Γ per ε → 0 e lim uε(x) = 0 ε→0 per ogni x 6= xε. 5 Nel caso semilineare, il risultato di M. Squassina è un caso particolare del Teorema 1. Infatti, se z0 è un punto di minimo comune per J e V , allora è facile vedere che z0 è anche un punto di minimo per Γ. 6 Conizione necessaria Utilizzando una recente versione dell’identità variazionale di Pucci-Serrin dovuta a M. Degiovanni, A. Musesti & M. Squassina (Calc. Var. PDE, 2003), possiamo dare anche una condizione necessaria per l’esistenza di soluzioni che si concentrano in un punto. Teorema 2. Assumiamo, oltre alle ipotesi (V) e (J), che V sia limitato superiormente. Sia {uεj } una successione di soluzioni di (1) con la proprietà che, per ogni ε > 0, esistano ρ > 0 e j0 > 0 tali che per ogni j ≥ j0 e per ogni x con |x − z0| ≥ εj ρ, si abbia uεj (x) ≤ ε. Allora z0 è un punto critico di Γ. 7 Identità di Pucci-Serrin Teorema 3. Sia L : RN × R × RN → R una funzione di classe C 1 tale che ξ 7→ L(x, s, ξ) è strettamente N convessa per ogni (x, s) ∈ RN ×R. Sia ϕ ∈ L∞ (R ). loc Sia u : RN → R una soluzione debole localmente lipschitziana di −div (∂ξ L(x, u, ∇u)) + ∂sL(x, u, ∇u) = ϕ Allora, per ogni h ∈ N Z X i, k=1 RN Cc1 N R ,R N in RN . , ∂ihk ∂ξi L(x, u, ∇u)∂k u Z − (divh)L(x, u, ∇u) + h · ∂xL(x, u, ∇u) = RN Z (h · ∇u)ϕ. RN 8 Idea della dimostrazione Definiamo wj (x) = uεj (z0 + εj x). Sostituendo si ha: −div (J(z0 + εj x)∇wj ) + V (z0 + εj x)wj − f (wj ) = 0. (3) Applichiamo il Teorema 3 a (3), con 1 1 L(x, s, ξ) = hJ(z0 +εj x)ξ | ξi+ V (z0 +εj x)s2 −F (s), 2 2 h(x) = (T (εx), 0, . . . , 0), ϕ(x) = 0, dove T ∈ Cc1(RN ) tale che T (x) = 1 se |x| ≤ 1 e T (x) = 0 se |x| ≥ 2. Passando al limite, per ε che tende a zero, si ottiene la tesi. 9 Un caso più generale Possiamo trattare (1) in un dominio più generale, invece di RN , e con una nonlinearità più generale: 2 −ε div J(x)∇u + V (x)u = f (u) in Ω (4) u>0 in Ω u=0 su ∂Ω dove Ω è un dominio aperto di RN , possibilmente illimitato, e f : R+ → R è una funzione di classe C 1 tale che: (f1) f (u) = o(u) per u → 0+; (f2) limu→+∞ fu(u) p N +2 = 0, per qualche p ∈ 1, N −2 ; Ru (f3) se F (u) = 0 f (t)dt, per qualche θ ∈ (2, p + 1) si ha 0 < θF (u) ≤ f (u)u, per ogni u > 0; (f4) la funzione u ∈ (0, +∞) 7→ f (u) u è crescente. 10 La funzione Σ In questo caso Γ non può essere trovato esplicitamente e viene sostituito da Σ definito come il “ground-energy” associato a −div J(z)∇u + V (z)u = f (u) in RN , (5) dove z ∈ RN è visto come un parametro (fisso). Più precisamente, all’equazione (5) è associato il funzionale Iz , definito su H 1(RN ): Z Z 1 Iz (u) = hJ(z)∇u | ∇ui+V (z)|u|2 dx− F (u). 2 RN RN (6) Se Nz è la varietà di Nehari di (6), cioè 1 N Nz ≡ u ∈ H (R ) | u 6= 0 e DIz (u)[u] = 0 , abbiamo per definizione Σ(z) ≡ inf Iz (u). u∈Nz 11 Osserviamo che se Ω = RN e f (u) = up, allora Σ = CΓ, con C costante positiva. A meno di sostituire Γ con Σ, il Teorema 1 vale ancora. Anche il Teorema 2 continua a valere ma solo quando Ω = RN , perché altrimenti se Ω ha una frontiera, non ci aspettiamo che le soluzioni si debbano concentrare nei punti critici di Σ, ma piuttosto in quelli di qualche funzione connessa con la geometria di ∂Ω. Per esempio, nel caso J ≡ I e V ≡ 1, sappiamo da W. M. Ni & J. Wei (Commun. Pure Appl. Math., 1995) che esistono soluzioni che si concentrano nei punti di massimo della funzione distanza d(·, ∂Ω). 12 Usando il metodo di riduzione finito-dimensionale sviluppato da A. Ambrosetti, M. Badiale & S. Cingolani (Arch. Rational Mech. Anal., 1997) e da A. Ambrosetti, A. Malchiodi & S. Secchi (Arch. Rational Mech. Anal., 2001), se Ω = RN e f (u) = up e con ulteriori ipotesi di regolarità e limitatezza su V e J, il caso z0 punto di minimo di Γ non è l’unico che possiamo trattare. Saremo in grado, inoltre, di ottenere risultati di molteplicità. Faremo le seguenti ipotesi: (V1) V ∈ C 2(RN , R), V e D2V sono limitati; (J1) J ∈ C 2(RN , RN ×N ), J e D2J sono limitati. 13 Un altro risultato di esistenza Teorema 4. Supponiamo che valgano (V-V1) e (J-J1). Allora per ε > 0 piccoli, (1) ha una soluzione che si concentra in z0, se una delle seguenti condizioni vale: (a) z0 è punto isolato di massimo o minimo stretto di Γ; (b) z0 è un punto critico di Γ nondegenere. 14 Un primo risultato di molteplicità Teorema 5. Siano (V-V1) e (J-J1). Supponiamo inoltre che Γ abbia un insieme compatto X di punti di minimi (risp. massimi) locali stretti, nel senso che esiste δ > 0 e un δ-intorno Xδ di X tale che inf{Γ(x) | x ∈ ∂Xδ } > Γ|X , risp. sup{Γ(x) | x ∈ ∂Xδ } < Γ|X . Allora esiste εδ > 0 tale che, se ε ∈ (0, εδ ), il numero di soluzioni di (1), che si concentrano vicino ai punti di Xδ , è pari almeno a cat(X, Xδ ). Qui cat(X, Xδ ) denota la categoria di LusternikSchnirelman di X rispetto a Xδ . 15 Un secondo risultato di molteplicità Teorema 6. Siano (V-V1) e (J-J1). Supponiamo che Γ abbia una varietà regolare nondegenere di punti critici M . Allora per ε > 0 piccoli, il numero di soluzioni di (1), che si concentrano vicino ai punti di M , è pari almeno a l(M ), dove l(M ) denota la “cup long” di M . 16 Alcune definizioni Introduciamo un invariante topologico relativo alla teoria di Conley. Definizione 7. Sia M un sottoinsieme di RN , M 6= ∅. La “cup long” l(M ) di M è definita da l(M ) = 1 + sup{k ∈ N : ∃α1, . . . , αk ∈ Ȟ ∗(M ) \ 1, α1 ∪ . . . ∪ αk 6= 0}. Se nessuna di queste classi esiste, poniamo l(M ) = 1. Qui Ȟ ∗(M ) è la coomologia di Alexander di M con coefficienti reali e ∪ denota il “cup product”. In generale si ha che l(M ) ≤ cat(M ). Definizione 8. Supponiamo che Γ abbia una varietà regolare di punti critici M . Diciamo che M è nondegenere (per Γ) se ogni x ∈ M è un punto critico nondegenere di Γ| ⊥ . M 17 Un terzo risultato di molteplicità Possiamo dare un risultato di molteplicità anche nel caso più generale, cioè per l’equazione (4). In questo caso però non siamo più in grado di fare delle ipotesi su Σ, ma solo separatamente su V e J. Sia c0 = minRN Σ(z). Sia M ⊂ Σ−1(c0) ∩ Ω. Supporremo che esista z0 ∈ M tale che: (V2) V (z0) = minΛ V ; (J2) la matrice J(z) − J(z0) è definita positiva per ogni z ∈ RN . Teorema 9. Siano (V), (V2), (J), (J2) e (f1-4). Supponiamo che M sia compatto e sia Λ ⊂ Ω la chiusura di un intorno limitato di M tale che c0 < inf ∂Λ Σ. Allora esiste ε(Λ) > 0 tale che, per ogni ε < ε(Λ), il numero di soluzioni di (4), che si concentrano in qualche punto di M , è pari almeno a cat(M, Λ). 18