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L’età dei conflitti religiosi
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DOSSIER PER LA STESURA DI UN “SAGGIO BREVE”
O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE” DI AMBITO STORICO-POLITICO
Volume 1 - Sezione IV
STORIA © 2009 De Agostini Scuola SpA – Novara – Pagina fotocopiabile e scaricabile dal sito www.scuola.com
Consegne
Sviluppa l’argomento in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i documenti e i dati che lo corredano. Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base: svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con
opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Da’ al saggio un titolo coerente
con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni opportuno, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specifico titolo.
Se scegli la forma dell’“articolo di giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più
elementi che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo “pezzo”. Da’ all’articolo un titolo
appropriato e indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione (quotidiano, rivista
divulgativa, giornale scolastico, altro). Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze
immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni o eventi di rilievo). Per entrambe le forme di
scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio protocollo.
Argomento
Religione, pace e tolleranza dal XVI secolo a oggi
Documenti
1. Elogio della pace
Il grande umanista Erasmo da Rotterdam (1466-1536), sempre cultore di un metodo espositivo
umoristico e paradossale, presenta il suo “elogio” della pace sotto forma di un “lamento” in cui
essa, personificata, descrive la sua triste condizione nell’Europa dei conflitti perpetui, non solo
religiosi...
Quando sento pronunciare il nome di un uomo, subito accorro in cerca dell’essere animato che è
stato creato specificamente per me, con la fiducia di poter trovare presso di lui la mia quiete:
quando sento la qualifica di cristiano, a maggior ragione mi precipito, nella speranza che fra gente siffatta potrò sicuramente regnare. Ma anche qui, devo dirlo con pena e rossore, mercati e tribunali, palazzi e chiese son tutti un clamore di litigi, cosa non vista mai neppure fra i pagani, al
punto che la turba degli avvocati, che pur costituisce una bella fetta delle disgrazie umane, rispetto alle caterve dei litiganti sembra rada e quasi scompare. [...] Dove mi volgerò dopo aver
toccato tante volte con mano che fui pasciuta di mere parole? [...] vedo le croci simbolo di pace;
ascolto quel dolcissimo appellativo di «fratello», indizio di affetto singolare; sento nei saluti colmi
di letizia augurare la pace [...]. Chi non confiderebbe di trovare qui un posto per la Pace? Invece,
che vergogna! [...] Dove esiste un prete che non sia in lite con un altro prete?
(Erasmo da Rotterdam, Lamento della Pace, scacciata e respinta da tutte le nazioni, trad. it. L. Firpo, UTET, Torino 1968, pp. 36-40)
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Dossier per la prima provai
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2. La strage di San Bartolomeo
Francia, XVI secolo, La notte di San Bartolomeo, cioè la strage di Ugonotti (i calvinisti francesi) compiuta
nella notte del 24 agosto 1572 (San Bartolomeo) a Parigi, e poi in altre città francesi, per ordine di Carlo IX.
Incisione dell’epoca. Un tragico frutto della violenza in nome di Dio, figlia dell’intolleranza religiosa.
3. Pace e secolarizzazione
Il filosofo Roberto Racinaro (1948-) in un libro che tratta di politica contemporanea (italiana e internazionale), a pochi anni di distanza dall’11 settembre 2001 e a pochi mesi dal successivo attentato di Madrid (2004), affronta le basi della separazione fra Stato e Chiesa nel pensiero moderno, svelandone quello che ne costituisce – a suo modo di vedere – il sottotesto pacifista.
Il pensiero politico moderno non casualmente cerca, già con Machiavelli, di disancorare la politica dall’etica. Perché ben presto, già con il liberale Hobbes, ha di fronte a sé un problema drammatico: le guerre di religione, cui la politica teologizzata inevitabilmente conduce. Quell’universo
di lotte e conflitti continui, il mostro sacro, Behemoth, che perennemente insidia l’ordine che può
essere garantito solo dallo Stato macchina, dallo Stato-di-legge, che è appunto l’altro mostro biblico, il Leviatano. Che ha una funzione: garantire la pace contro la guerra di religione e contro la
guerra civile. La pragmatica hobbesiana è, in ultima analisi, la pragmatica di una ragione di pace,
in cui trionfa la volontà politica di pace sulla volontà di trionfo politico della verità (H. Lübbe). Situazione di pace cui si perviene solo se, prima ancora di fondare la politica come sfera autonoma, si pensa la legge e il diritto come ambito autonomo rispetto all’etica e alla teologia.
(R. Racinaro (a cura di), Da un secolo all’altro, Rubbettino, Soneria 2004, p. 244.
4. L’editto di Nantes
Con l’Editto di Nantes (13 aprile 1598) il re Enrico IV di Borbone concesse la libertà di culto ai
suoi sudditi. L’editto non si limitava a questo, ma riconosceva ai protestanti la piena parità civile
e politica con i cattolici, un elemento fondamentale per la pacificazione di una Nazione che era
stata negli anni precedenti attraversata da una vera e propria “guerra civile” di religione.
Tra le grazie infinite che a Dio è piaciuto concederci, una delle più insigne e notevoli è quella di
averci dato la virtù e la forza di non soccombere ai terribili sommovimenti, alla confusione e ai
disordini in atto al nostro avvento in questo Regno, il quale era diviso in tanti partiti e fazioni, che
la più legittima quasi ne rappresentava la minoranza, e di averci sostenuto contro questa tormenta sicché infine l’abbiamo superata e tocchiamo ora il porto di salvezza e quiete di questo Stato:
del che a lui solo sia gloria tutta intera [...].
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Ed al fine di eliminare ogni causa di disordine o contese tra i nostri sudditi, noi abbiamo concesso e concediamo a quelli della cosiddetta religione Riformata di vivere e risiedere in tutte le città
e distretti del nostro regno e dei nostri domini, senza che siano importunati, disturbati, molestati
o costretti a compiere alcunché contro la loro coscienza riguardo alla religione o di essere per tal
causa perseguiti nelle loro case e distretti, dove desiderano vivere, a patto che essi si conducano
per il resto secondo le clausole del nostro presente editto.
(Enrico IV di Borbone, re di Francia, Editto di Nantes (1598),
in S.Z. Ehler - J.B. Morral, Chiesa e Stato attraverso i secoli, Vita e Pensiero, Milano 1958)
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5. Le ragioni della tolleranza
L’umanista savoiardo Martinus Bellius (pseudonimo di Sébastien Castellion, 1515-63) in questo
testo che non a caso si colloca un anno prima (1554) dell’imminente pace religiosa di Augusta
(1555) è emblematico del clima di tolleranza dell’epoca in cui, riprendendo la lezione di Erasmo
da Rotterdam, si era ormai fatta strada la convinzione che per vivere in pace occorreva distinguere il nucleo irrinunciabile delle verità di fede, necessarie alla salvezza dell’anima, da tutte le
opinioni dottrinali soggettive.
E poi, della trinità, della predestinazione, del libero arbitrio, di Dio, degli angeli, dello stato delle
anime dopo questa vita, e di altre cose di questo genere [...] non è tanto necessario conoscere
per conquistare, attraverso la fede, la salvezza. [...] E poiché oggi non sono, si può dire, più numerosi gli uomini che le opinioni e tuttavia non c’è quasi una setta che non condanni tutte le altre
e non rivendichi a sé solo il regno, ne nascono gli esili, i ceppi, i roghi e le croci, per le opinioni
malviste dai più potenti, intorno a cose ancora ignote, ormai da tanti secoli disputate tra gli uomini e tuttavia non ancora concluse in maniera certa. [...] Non dico ciò perché io sia favorevole agli
eretici. Io odio gli eretici, ma vedo nella persecuzione due grandissimi pericoli. Primo, che sia
considerato eretico qualcuno che non è eretico. [...] L’altro pericolo sta nel fatto che qualcuno,
anche se sia veramente eretico, venga punito troppo severamente o in modo disforme da ciò che
richiede la disciplina cristiana.
(M. Bellius [S. Castellion], De Hereticis an sint persequendi, (1554),
in S. Castellione, Fede, dubbio e tolleranza, La Nuova Italia, Firenze 1960, pp. 40-45)
6. Una doppia intolleranza
Lo storico Giuliano Procacci esamina nel brano che segue gli anni successivi al Concilio di Trento, mettendo in luce la presenza dell’intolleranza religiosa sia da parte dei cattolici sia da quella
delle chiese riformate, in particolare modo quella calvinista.
Sin dalle prime battute del concilio che iniziò i suoi lavori a Trento nel 1545 apparve chiaro che la
pattuglia di coloro che vi si erano recati nella speranza che esso potesse costituire ancora l’occasione per una riconciliazione col mondo della Riforma sarebbe stata facilmente battuta dalla compatta falange dei vescovi italiani e spagnoli con la loro ortodossia e con il loro zelo antiereticale. [...]
Di fronte alla tempesta che si abbatté su di esso, il campo già debole e provato dell’evangelismo
italiano non resse [...]. Alcuni di questi emigrati divennero – come il Caracciolo – membri autorevoli
e rispettati delle Chiese di Ginevra e di Zurigo, ma altri, probabilmente la maggioranza, proseguirono le loro peregrinazioni verso terre più lontane e verso idee più radicali. Un peso determinante in
questo senso ebbe l’intransigenza dottrinale di Calvino [...]. Come si poteva – argomentava uno
degli esuli italiani, il Castellione, [...] – deplorare i papisti se poi se ne adottavano gli stessi metodi?
(G. Procacci, Storia degli Italiani, Vol. 1, Laterza, Roma-Bari 1968, pp. 169-71)
7. Una svolta storica
La prima effettiva storica apertura della Chiesa cattolica ufficiale alle altre religioni si ebbe con il
Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII e tenutosi dal 1963 al 1965. Le due citazioni sono
stralciate da documenti ufficiali del Concilio.
Il dialogo fra tutti gli uomini
[...] Per quanto ci riguarda, il desiderio di stabilire un dialogo che sia ispirato dal solo amore della
Verità e condotto con la opportuna prudenza, non esclude nessuno: né coloro che hanno il culto
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di alti valori umani, benché non ne riconoscano ancora la Sorgente, né coloro che si oppongono
alla Chiesa e la perseguitano in diverse maniere. Essendo Dio Padre principio e fine di tutti, siamo tutti chiamati ad essere fratelli. E perciò, chiamati a questa stessa vocazione umana e divina,
senza violenza e senza inganno, possiamo e dobbiamo lavorare insieme alla costruzione del
mondo nella vera pace.
(Concilio Vaticano II, 1962-1965, Costituzione pastorale Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, n. 92)
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Le relazioni della Chiesa con le religioni non-cristiane
[...] Gli uomini attendono dalle varie religioni la risposta ai reconditi enigmi della condizione umana che ieri come oggi turbano profondamente il cuore dell’uomo: la natura dell’uomo, il senso e il
fine della nostra vita, il bene e il peccato, l’origine e il fine del dolore, la via per raggiungere la vera felicità, la morte, il giudizio e la sanzione dopo la morte, infine l’ultimo e ineffabile mistero che
circonda la nostra esistenza, donde noi traiamo la nostra origine e verso cui tendiamo [...]. La
Chiesa Cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni [...]. Essa perciò esorta i
suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e la collaborazione coi seguaci
delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, essi riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in
essi. [...] In conseguenza la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini o persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione
sociale o di religione. E quindi il Sacro Concilio [...] ardentemente scongiura i cristiani che [...] se
è possibile, per quanto da loro dipende, stiano in pace con tutti gli uomini.
(Concilio Vaticano II, 1962-1965, Dichiarazione Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, n. 1, 2 e 5)
8. La regola d’oro
Già Erasmo da Rotterdam sosteneva che “regno” naturale della pace dovrebbe essere la religione:
si tratta di capir perché così finora non è stato, dal momento che al di là degli aspetti dottrinali,
una “regola d’oro” ispira e accomuna tutte le principali religioni della Terra.
Hans Kung, [teologo svizzero contemporaneo] [...] ha indagato a lungo sulla “regola d’oro”, che
tralascia momentaneamente gli aspetti più tipicamente dottrinali delle religioni per sottolineare
l’amore, la giustizia, la reciprocità del comportamento etico. Può essere così formulata: “Fare agli
altri quello che vorremmo fosse fatto a noi, se ci trovassimo nella stessa situazione”, “Non fare
agli altri ciò che non vorremmo fosse fatto a noi...”. [...] Lo testimoniano alcuni testi tratti dalle
principali religioni. “Nella felicità e nella sofferenza dovremo astenerci dall’infliggere agli altri quello che non ci piacerebbe infliggessero a noi” (Mahavira, Yogashastra, 2, 20, Giainismo). “Non ferire gli altri con ciò che fa soffrire te” (Buddha, Sutta Pitaka, Udanavagga 5, 18, Buddismo).
“Quello che non vuoi ti venga fatto, tu non farlo agli altri” (Confucio, Analecta 15, 23, Confucianesimo). “Non fare agli altri ciò che, se fosse fatto a te, ti causerebbe pena” (Mahabharata 5, 15,17,
Induismo). “La buona natura è quella che si reprime per non fare all’altro ciò che non sarebbe
buono per se stessa” (Dadistani-Denik 49, 5, Zoroastrismo). “Quello che per te è detestabile, non
farlo al tuo prossimo. Questa è la tua legge. Il resto sono commenti” (Hillel, Talmud Bab, Shabbat
31°, Giudaismo). “Non fare a nessuno ciò che non piace a te” (Tobia 4,15, Giudaismo). “Ciò che
volete gli uomini facciano a voi, così anche voi fatelo a loro” (Gesù, Vangelo di Luca 6,31, Cristianesimo). “Non desiderate per gli altri, quello che non desiderate per voi stessi” (Baha’u’llah, Kitab-i-Aqdas 148, Baha’i). “Quello che vi irrita della condotta degli altri rispetto a voi, non fatelo a
loro” (Isocrate, Nicocles 61, filosofo greco). “Veramente, Dio ordina la giustizia e di fare il bene”
(Corano 16,92). “Nessuno di voi è un credente sino a che non desidera per suo fratello ciò che
desidera per se stesso” (Sunnah, Islam). [...] Se le religioni di tutto il mondo, che hanno alle spalle un bagaglio così ricco d’amore e d’uguaglianza, si unissero per condurre una lotta comune
contro l’oppressione, il sopruso, la povertà, la negazione dei diritti di uomini e di donne, i conflitti
del mondo sarebbero più facilmente risolvibili attraverso il dialogo ed il lavoro comune ed il mondo vivrebbe rappacificato.
(M. Arnoldi, Se le religioni di tutto il mondo si unissero per promuovere la pace..., “Tempi di Fraternità”, gen. 2009)
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