I testi in PDF - Fondazione Ozanam

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I testi in PDF - Fondazione Ozanam
1° Premio
Massimiliano Maiocchetti
Cieli diversi
Muhamed gira lentamente attorno alla tavola, controlla un posto dopo l'altro la
disposizione dei piatti e delle posate di plastica assicurandosi che non manchi nulla.
Dispone con cura gli ultimi ritocchi, per ogni posto piega un tovagliolo di carta
dandogli la forma di un pavone che lascerà sul piatto di plastica. Passandogli accanto
per prendere una padella, incuriosito dalla sua abilità, non ho potuto non chiedergli da
chi l'avesse imparato e lui mi ha raccontato in quel suo italiano improbabile, fatto di
accenti che vanno sulle montagne russe e doppie tirate a caso, che è stata sua nonna
tanti anni prima in Albania, quando lui era ancora un bambino, ad insegnargli per
abbellire la tavola come piegare un tovagliolo per farlo somigliare ad un uccello. Per
lui continuare a farlo anche adesso che è chiuso tra queste quattro pareti di cemento e
ferro è un po' come tornare a casa, solo che con i tovaglioli di carta non è proprio la
stessa cosa e così mi fa vedere sorridendo il cestino pieno di tentativi non riusciti.
Questa per noi è una serata particolare, l'ultima dell'ennesimo anno vissuto con un
muro a separarci dalle nostre vite, dai nostri affetti e proprio per sentirne vicino
almeno un pezzettino, magari nascosto in un gesto o in un sapore che ci farà sentire
un po' meno forte la tristezza che ci portiamo dentro e che brinderà con noi più tardi,
abbiamo deciso malgrado tutte le nostre differenze di non passarla da soli. In cucina
ci sono io, l'italiano, il padrone di "casa" e Amed il pachistano, negli ultimi giorni
abbiamo messo su il menù della serata e organizzato la spesa per cucinarlo. Non è
stata un'impresa semplice, siamo in cinque e insieme mettiamo su un minestrone fatto
di tre continenti, due religioni, tre colori, quattro nazioni, storie e abitudini
apparentemente inconciliabili tra loro da incastrare per vivere le prossime ore in un
clima diverso. L'abbiamo fatto volentieri mettendo da parte qualsiasi pregiudizio
perché in una sera come questa sedersi attorno allo stesso tavolo aiuta ad avvicinare
mondi che non si conoscono e quello che si conosce fa molto meno paura.
Palata arriva dall'Africa ed è quello che meno di altri si è integrato con il resto
degli abitanti di questo posto, io stesso credo d'averci scambiato non più di una
decina di parole in totale; per Amed convincerlo a non restarsene da solo chiuso in
cella non è stato semplice, ma adesso sembra trovarsi a suo agio, qualche volta gli
riesce persino di sorridere mentre in inglese, visto che con quel poco di italiano non
sa spiegarsi, ci racconta di casa sua, di quanto il cielo sia basso sulle pianure dov'è
cresciuto. Gli abbiamo chiesto se ci fosse qualche cosa che avrebbe voluto mangiare
per ricordare casa sua ma le sue spiegazioni e la mancanza di materie prime adatte
hanno trasformato i miei spaghetti con le vongole congelate anche nel suo piatto
nazionale.
Facciamo avanti e indietro tra la cella adibita a cucina e la mia dove mangeremo;
far stare sedute cinque persone in poco più de sette metri quadrati già affollati da un
letto e dal bagno è dover sistemare gli incastri alla perfezione, ma più o meno ci
stiamo. Muhamed ha fatto proprio un bel lavoro: la tavola che ha preparato non
somiglia nemmeno un po' a quello dove ogni mattina metto sul fuoco il mio caffè.
Non è un cenone convenzionale il nostro, ognuno ha rinunciato a qualche cosa per
andare incontro agli altri, ma in cambio riceve la scoperta di qualche sapore che non
avrebbe mai assaggiato. Gli spaghetti obbligano tutti all'uso delle forchette di plastica
ma quello che arriva in tavola poi cambia le carte in tavola e solamente noi europei
inizialmente restiamo fedeli alle posate, dall'Asia e dall'Africa tornano le abitudini di
un tempo e Amed e Palata mangiano usando solamente una mano; li guardiamo un
po' perplessi ma dopo un po' uno dopo l'altro proviamo anche noi a mangiare usando
solamente le mani e un pezzettino di pane come aiuto per principianti. Il pollo
cucinato da Amed in almeno quattro modi, abbiamo scoperto andare bene a tutti,
anche ai nostri palati poco abituati alle spezie; Indry ridendo mi dice che tra noi
manca solamente un vegetariano e saremmo al completo.
Mangiamo e parliamo, forse sono proprio le parole la cosa di cui più avevamo
bisogno, il tempo adesso scorre veloce e il fatto che il cancello della cella sia stato
chiuso diventa un dettaglio marginale. Ci raccontiamo i nostri mondi, e ascoltiamo
quelli degli altri, spesso nella spiegazione di abitudini lontane ci rendiamo conto
d'aver avuto delle convinzioni sbagliate e che in realtà non siamo poi così diversi, per
andare d'accordo non ci vorrebbe poi nemmeno troppa fatica basterebbe come questa
sera avere solamente la voglia di farlo. I nostri occhi hanno visto cieli diversi, alcuni
lontanissimi da questa tavola, stelle che speriamo ogni notte di poter rivedere un
giorno accanto alle persone che amiamo, parlarne ce le fa tornare nello sguardo,
sentirne parlare gli altri ce le fa vedere nei loro occhi e così i confini del nostro
pezzetto di cielo sembrano allungarsi sino a raggiungere e fondersi con quelli
dell'uomo che ci sta accanto o di fronte e quando alziamo il bicchiere di carta con lo
spumante da un euro, che c'è stato concesso di comprare in via del tutto eccezionale
per questa serata, ci rendiamo conto che i nostri cieli diversi sono in realtà solo le
tessere di un unico cielo. E così quando manca ancora mezz'ora alle dieci iniziamo a
brindare a tutte le cose che ci mancano, a quelle che vorremmo cambiare e anche se
dette in lingue diverse sono identiche per tutti.
Qui impari sulla tua pelle che non sono i soldi i bei vestiti o il possesso di una
macchina di lusso a determinare chi sei e a darti il senso della vita, ma sono le
persone che hai accanto e i legami che sei stato capace di creare con esse, legami che
se sono veri e solidi non ti fanno sentire mai veramente solo. Anche tra persone come
noi venute da mondi lontani e che solo il caso ha messo insieme in questo posto, si
possono creare dei legami fatti d'amicizia, comprensione e rispetto dei bisogni altrui,
legami che ci consentano d'avvicinare le nostre diversità apparenti per arricchire le
nostre vite con le conoscenze di realtà lontane, così da poter capire chi ci vive
accanto e rispettarlo ed essere a nostra volta capiti e rispettati.
La chiave gira rumorosamente nella serratura, la porta della cella si apre la cena è
arrivata alla sua conclusione i miei ospiti devono tornare nelle loro celle, ci
scambiamo l'ultimo saluto e gli auguri per l'anno che verrà. Rimetto lentamente in
ordine il tavolo e il resto delle cose che abbiamo tirato fuori per questa cena, è un
impegno che mi aiuta a tenere impegnata la mente. In televisione tra cantanti e piazze
che ballano il conto alla rovescia va avanti, in lontananza dalla mia finestra già si
cominciano a vedere i primi fuochi d'artificio che illuminano il cielo, una manciata di
minuti e guardando questo cielo brinderò con il pensiero con chi non può essermi
accanto e grazie ai miei amici questa sera la malinconia farà un po' meno male.
2° Premio
Monica R.
Riflessioni: pari dignità
Così diversi così uguali... sembra il testo di una canzone... Ma purtroppo non è
così... è la realtà che ci circonda... persone diverse affollano il mondo, si incontrano,
si sfiorano... mille pensieri, ideologie e culture diverse... vite facili, complesse...
scivolano accanto senza neanche guardarsi... si respirano ma non assimilano... si
domandano ma non rispondono... il nostro mondo è veramente strano.
Che sia così difficile capire che la diversità è un arricchimento... Se non esistesse
il diverso tra noi... con chi ci confronteremmo? Dove si attingerebbe lo stimolo per le
nostre domande esistenziali? Il genere umano sarebbe piatto... fatto in serie... automi
e non persone! La dignità di ogni persona è fondamentale... va sempre rispettata e
quando questo non succede si creano grossi danni per l'individuo. È incredibile come
ognuno di noi non sappia avere una prospettiva che vada oltre le proprie ideologie...
che vada oltre "il proprio naso" come si suol dire! Su questo tema sarebbero
molteplici gli argomenti da affrontare... si potrebbe spaziare dal problema razziale,
religioso... ed i conflitti che ne conseguono e che hanno macchiato per sempre la
storia dei genere umano. Ma io, che mi ritengo una voce autonoma, che fa riferimento
solo a ciò che il proprio cuore e la propria testa suggeriscono davanti ad un
argomento così vasto, voglio parlare di diritti negati! Mi sta particolarmente a cuore
questo aspetto... soprattutto alla luce dell'evoluzione della popolazione in questi
ultimi anni.
Gli ultimi censimenti hanno portato alla luce varie realtà sul nostro territorio
nazionale. Da un lato, un incremento degli extracomunitari ormai trapiantati in Italia
da almeno una generazione... e perciò per me italiani; dall'altro, un aumento delle
coppie di fatto... e coppie omosessuali. La nostra Italia è cambiata decisamente, forse
è cambiata troppo in fretta da non aver lasciato il tempo alle persone di abituarsi a
realtà nuove... o sempre esistite! Quello che non si può accettare è la negazione dei
Diritti Fondamentali per queste categorie di persone "a tutti gli effetti". Per non
riconoscergli i diritti si preferisce cercare di renderli "invisibili"... distorcendo la
realtà che ci circonda. Il censimento 2011 ha portato alla luce tutto ciò.., un Paese
come il nostro che si deve adeguare a cambiamenti che sono avvenuti nel corso dei
millenni. Vi sono pregiudizi fortissimi che impediscono il dialogo tra persone diverse
tra loro... vi è il pregiudizio dello straniero "che ci ruba il lavoro"... vi è il pregiudizio
del musulmano "che è un radicalista islamico"... vi è il pregiudizio dell'omosessuale
"che è un malato, perverso"... vi è addirittura il pregiudizio... ancora... di chi vive
insieme ad un separato/divorziato "sono cose che non si fanno"... Vi sono pregiudizi
sui carcerati, ammalati di HIV, drogati... bianchi, neri, cinesi, albanesi... vi sono
pregiudizi e basta. Non si va oltre, non si cerca di capire... di comprendere... di
facilitare. Vi sono persone che si ritengono migliori di altre e per questo autorizzate a
negare, violare e impedire una vita normale, fatta di diritti, doveri e serenità...
Perché ci deve spaventare tutto questo? La Corte di Cassazione ha sancito che la
diversità di genere non è più pregiudiziale per avere riconosciuti dei Diritti
Fondamentali ad una coppia, qualunque essa sia, diritti civili, di assistenza sanitaria e
quant'altro! È stata polemica! Tutto quello che esce dai nostri parametri conoscitivi...
tradizionalisti... nazionalisti... è polemica! Se pensiamo che ancora si fa fatica a
riconoscere dei diritti alle donne... La donna in alcuni Paesi è ancora considerata
come qualcosa di "minore"... bistrattata, umiliata, picchiata, violentata, addirittura
lapidata. La donna per la quale si sono dovute costituire delle "quote rosa"... Quando
è stato che gli uomini abbiano dovuto fare i conti con "quote azzurre"? Mai! Perché
tutto questo? La procreazione è un valore aggiunto della donna... non può diventare
un intralcio al riconoscimento dei propri diritti nella società... eppure è ancora così!
Se pensiamo che ci sono Paesi dove ancora le donne non votano... La donna in realtà
ha dovuto lottare per sentirsi riconosciuti diritti fondamentali, per avere una dignità
negata... La storia ci mette davanti esempi di tutti i tipi... che dimostrano quanto le
donne, in quanto tali, abbiano dovuto e debbano ancora subire... torture di ogni
genere... Eppure l'umanità esiste perché fanno figli... E se un giorno si rifiutassero?
Che succederebbe? Le leggi non tutelano i diversi, i più deboli, i più poveri, gli
stranieri in cerca di dignità, gli omosessuali, i carcerati... e le Donne!
La dignità... dovremmo aprire un dibattito di settimane sulla visione personale di
questa definizione... Dignità... ha un suono secco... determinato... certo... Perché
allora si fa tanta fatica a riconoscerla a tutti? Troppo spesso si calpesta, ci si passa
sopra... o non le si dà il giusto valore! Un essere umano, senza la propria dignità, non
può essere riconosciuto tale. La dignità è qualcosa che hai dentro... che ti appartiene...
che cresce con te... Restituire la dignità vuol dire riconoscere il diritto di vivere...
niente più, niente meno. Ma troppo spesso ci si dimentica di metterci nei panni degli
altri quando volutamente giudichiamo, regolamentiamo o ci permettiamo di
intervenire nella vita di un'altra persona con la prepotenza di chi è convinto di essere
portatore di verità assolute! Il mondo è pieno di situazioni estreme... nelle quali il più
debole soccombe. Anche il carcere non ti restituisce la dignità, ma cerca di levarti
anche quel poco o tanto che ti è rimasto. Omologati... appiattiti dietro istituti vecchi,
non a norma, dove non hai neanche la libertà di lavarti da solo... La doccia la fai con
gli altri... non esiste privacy... il bagno è controllato... la posta è aperta da mani
irriverenti... che strappano quel briciolo di amore che vi è riposto con tanta cura... I
femminili sono omologati ai maschili... l'Amministrazione Penitenziaria è maschile e
tutto è pensato al maschile... non viene contemplato un regolamento differenziato per
le donne... in quanto "femmine"... "madri"... persone più complesse sotto tutti i punti
di vista... anche a livello ormonale. Le donne... e la menopausa... Le donne
giuridicamente sono identiche agli uomini... ma per il lavoro hanno "quote rosa"...
non è ridicolo tutto questo? O si riconosce una diversità di specie o non la si
riconosce... è troppo comodo così!
L'affettività negata... 3 giorni di colloquio con i familiari, conviventi e figli... in
TRE giorni all'anno! 7 ore e mezza all'anno di telefonate a casa... con i figli,
conviventi e familiari! Si... si dice sei colloquio al mese per detenuti comuni (perché
gli altri ne hanno meno) e una telefonata alla settimana di dieci minuti... ma nel conto
totale la somma è di tre giorni da ripartire con le tue realtà affettive! Un bambino... un
marito o una moglie... una madre o un padre... che si abbracciano 3 giorni su 365...
non sono diritti negati? Sul Regolamento scritto si dà ampio spazio al rapporto del
reo con la famiglia... Ipocrisie... torture psicologiche che vivono tutte le realtà
discriminate... diverse.
La nostra società dovrebbe avere il coraggio di riconoscere che la diversità
appartiene alla società stessa e quindi per questo va accolta, aiutata e sostenuta... non
limitata! Il dialogo è la via maestra che permette a tutti di capirsi e confrontarsi senza
sopraffazioni. Io sono in carcere da molto tempo, sconto un cumulo per danni contro
il patrimonio e mi hanno condannata con una pena certissima... per la maggior parte
dei poveri la pena è certa! Ho un passato di tossicodipendenza... ed ho 45 anni, sono
una Donna e nonostante stia pagando degli errori, non mi sento una cittadina di "serie
B". il carcere purtroppo lo conosco bene e conosco tutte le realtà che gravitano dentro
e attorno ad esso... un microcosmo... parallelo... con tutti i difetti della nostra
società... e qualche pregio... la solidarietà del volontariato e della Chiesa. Le
contraddizioni della nostra società sono molteplici... perché riesce a mettere in pratica
quei valori di base che sono fondamentali per essere punto di riferimento
incontestabile della popolazione! Quindi ciò che si recepisce è molto diverso da ciò
che si vuol far credere! Dovremmo tutti ricominciare di nuovo, accettando le
differenze di ognuno ed aiutandoci a camminare insieme per costruire un mondo fatto
di rispetto!
3° Premio
Stefano Paterni
La diversità vista dalla mia cella
Voglio scrivere sulle diversità di razza e di religione, intraprendo questa
argomentazione, perché sono in un luogo dove le differenze sono molto forti: le
carceri italiane, in particolar modo, in questo momento.
Io sono di nazionalità italiana, mai in passato avevo vissuto così vicino ad
individui così diversi da me, sotto l’aspetto di razza e di religione. Il mio concetto in
passato su codesta problematica era alquanto diverso, forse perché quando non si
conoscono profondamente le cose se ne ha paura. Poi venendo in carcere, mi sono
imposto di superare questa mia fobia, anzi ho fatto molto di più, ho voluto imparare
il loro modo di vedere le cose e il loro credo, molto concreto, molto profondo. Sto
parlando d’individui che vengono dal Nord Africa, precisamente dal Marocco e dalla
Tunisia. Essi sono giunti nel mio Paese dopo viaggi veramente incredibili.
Impensabile che ancora in questo millennio ci siano popolazioni che, a costo della
propria vita, facciano viaggi di questo genere.
Dalle coste della Libia partono su imbarcazioni fatiscenti, le quali molto spesso
non riescono neanche a raggiungere le agognate coste italiche, anzi, molti di loro
perdono anche la vita.
In cella ho sentito racconti veramente incredibili di come un essere umano possa,
a costo della propria vita, cercare di cambiare il proprio destino, poi magari quando
raggiungono l’Eden, la nostra Italia, per necessità o per scelta, compiono dei reati.
Volevo avere la presunzione che il nuovo millennio avesse portato via tutti i
pregiudizi razziali e religiosi, invece ciò non è successo. Anche in carcere i soliti
razzisti, sia da un parte che dall’altra; tale cosa è ancora molto forte, non è stato
sufficiente che il Novecento sotto questo aspetto fosse stato tanto funesto.
Il futuro del nostro Paese sarà un insieme di etnie, quindi, nel bene e nel male,
dobbiamo imparare a convivere con queste nuove realtà. Per poter meglio capire
questi nuovi cambiamenti, che stanno avvenendo nel mio Paese, approfitto di questa
coercizione per capire.
Io sono stato in cella con degli islamici madrilini, essi sono molto religiosi,
alquanto ascetici. Io non sono ateo, anzi, sono un buon cristiano, eppure non c’è stato
alcuno scontro sotto questo aspetto, loro facevano le loro preghiere, io le mie. Parlo
di ascetismo islamico, perché faccio riferimento al Ramadan. Ho vissuto con loro
cercando di capirne i gesti e le parole, ma più che altro, ho voluto comprendere il
significato del loro sacrificio, ma non solo, ho notato molte cose in comune, in
primis, entrambe sono religioni monoteiste, ma la cosa più interessante è che alla fine
nelle parole della loro religione, tradotte, ho trovato un senso di compassione che è
fonte di tenerezza, quindi si avvicina tantissimo al nostro Vangelo. Quando mi si
diceva che Allah fosse lontano e inaccessibile, mi sono dovuto ricredere, il termine
compassione, in arabo rahma, richiama nel cuore del musulmano una serie di
sentimenti, tra i quali c’è la gentilezza. Indubbiamente esistono anche dei fanatici,
intolleranti e violenti, ma, parlando con dieci islamici, nove mi hanno riferito che essi
sono in minoranza; infatti il novanta per cento dei musulmani si riconosce nel “Dio
delle tenerezze” e vede la propria religione come risposta del “Dio clemente e
misericordioso”, come essi ripetono più volte al giorno.
La cosa che mi ha strabiliato è assistere tutti i giorni al convivere con un nigeriano
di religione cattolica – il suo Paese è colpito da un genocidio compiuto dai
fondamentalisti islamici nei confronti dei cristiani – con i numerosi islamici presenti.
Eppure in un campo di calcio giocando insieme alla realizzazione di un goal, esultano
e si abbracciano, senza remore o rancori.
In un luogo di dolore come il carcere, si può assistere anche a questo, si può dire
che l’evento sia un miracolo. Che può renderci più speranzosi per un futuro migliore,
senza razzismo e dolore.