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LA POLEMICA/DOSSIER
Forum alternativo di Città del Messico*
DICHIARAZIONE CONGIUNTA
DEI MOVIMENTI
IN DIFESA DELL’ACQUA
(19 marzo 2006)
D
al 14 al 19 marzo, noi, esseri umani con una visione
integrale della vita, attivisti di movimenti sociali, ONG
e reti che lottano in tutto il mondo per la difesa dell’acqua, del territorio e dei beni comuni, abbiamo condiviso idee,
preoccupazioni, lotte e proposte. Allo stesso tempo ci siamo resi
conto di come le esperienze di lotta hanno cambiato la realtà
frenando il processo di privatizzazione dell’acqua. Non siamo
più in fase difensiva, ora siamo capaci di promuovere proposte
concrete che sono già in cammino in ogni parte del mondo.
A partire dallo spirito di Caracas, che ha riunito moltissime
organizzazioni del mondo intorno alla difesa dell’acqua, ora
nella nostra storia e nei nostri cuori portiamo le lotte di La
Parota, La Laguna, Xoxocotla, Acuitlapilco 1 e di molti altri territori del Messico e del pianeta. L’impegno e l’umanità di tutti
*
La Dichiarazione congiunta dei movimenti in difesa dell’acqua conclude il
Forum alternativo convocato a Città del Messico in opposizione al IV Forum
mondiale dell’acqua (16-22 marzo), indetto dal Consiglio mondiale dell’acqua, una organizzazione internazionale, al di fuori dell’ONU, completamente
subalterna alle grandi multinazionali private dell’acqua, della quale la
Dichiarazione contesta la legittimità (NdR).
1
A La Parota (Messico) dal 2003 al 2006 si è svolta una durissima lotta
(con morti, feriti e incarcerati) dei contadini conto la costruzione di una diga
e di un complesso idroelettrico che, per assicurare acqua alle zone urbane del
Messico, e soprattutto al centro turistico di Acapulco, avrebbe sommerso
37.000 ettari di buona terra e impoverito e disperso 47 comunità contadine.
A La Laguna, nell’area semidesertica di Chacahua, dal 2003 è in corso una
vertenza tra le comunità contadine, i grandi proprietari agrari e il governo
federale sulla decisione di costruire due dighe sul fiume Aguanaval, che danneggerebbero la ricarica della falda acquifera principale da cui si preleva l'ac-
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coloro che hanno organizzato questo Forum sono già un successo per la costruzione del nostro movimento.
Per tutto questo e in continuità con i precedenti incontri tenutisi durante i Forum sociali mondiali, noi movimenti che lottano per il diritto all’acqua all’interno di una visione ecosistemica
e integrale e contro la sua mercificazione in tutti i settori
(domestico, agricolo ed industriale) confluiamo in una piattaforma di azione comune, a partire dai problemi di ogni singolo territorio e in funzione di una strategia globale.
Considerando che
l’acqua, in tutte le sue forme, è un bene comune e l’accesso ad
essa è un diritto fondamentale e inalienabile; l’acqua è patrimonio delle comunità, dei popoli e dell'umanità, elemento costitutivo della vita del nostro pianeta; l’acqua non è merce, per questo ci opponiamo a tutte le forme di privatizzazione, compresa
le partnerships pubblico-privato, che hanno dimostrato il loro
totale fallimento in tutto il pianeta.
La gestione e il controllo devono rimanere nell’ambito pubblico, sociale, comunitario, partecipativo, con equità e senza fine
di lucro. È obbligo di tutte le istituzioni pubbliche locali, nazionali e internazionali garantire queste condizioni, dalla pianificazione del processo al controllo finale.
Bisogna garantire la solidarietà tra le generazioni presenti e
future, per questo respingiamo questo modello sviluppista, neoqua per consumo umano nella regione, costringendo a estrarla da strati sempre più profondi ricchi di sali, inclusi quelli dell’arsenico. L’acqua diventa così
una fonte di avvelenamento. Xoxocotla è uno dei centri maggiori della lotta
di comuneros, i contadini, donne, ecologisti, coloni e attivisti sociali nella
difesa di terra, boschi, scuole, usi e costumi e di altri diritti civili contro l’appropriazione dei beni comuni da parte dei caciques, grandi agrari e allevatori,
sostenuti dalla dura repressione del governo centrale. La laguna di
Acuitlapilco è a rischio di estinzione non solo per la deviazione degli affluenti
e il prelievo delle acque di falda per usi agricoli estensivi, ma soprattutto per il
programma di urbanizzazione ad opera della società spagnola Nireo (NdR).
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liberista e consumista che promuove lo sfruttamento intensivo
della Madre Natura.
Sono necessarie una gestione sostenibile degli ecosistemi e la
preservazione del ciclo dell’acqua mediante la pianificazione
territoriale e la conservazione degli ambienti naturali. I bacini
idrici sono unità di base integrali per la gestione pubblica, fattori di identità e unione comunitaria, luogo dove si realizza la partecipazione cittadina e dei popoli. La difesa dell’acqua implica il
recupero degli ecosistemi, dalle fonti di captazione alla depurazione delle acque reflue.
Per tutte queste ragioni ribadiamo la nostra ferma opposizione a
tutti i Global Water Forum in quanto ambiti escludenti e antidemocratici dove agiscono le grandi imprese multinazionali, le
istituzioni finanziarie internazionali (Banca mondiale, Banca
interamericana di sviluppo, Banca europea degli investimenti,
ecc.) e le grandi potenze mondiali. Per questo non legittimiamo
tali organismi che ignorano le richieste e le esigenze reali dei
popoli e che continuano a cercare nuove forme di mercificazione dell’acqua, ignorando gli altissimi costi umani, sociali e
ambientali di questo modello neoliberista.
Ci appelliamo
a tutte le organizzazioni, movimenti sociali, governi e Parlamenti affinché includano questi principi all’interno dei contesti
giuridici locali, nazionali e internazionali;
a tutte le cittadine e ai cittadini del pianeta affinché si promuovano
azioni congiunte per unirci, organizzarci e concretizzare le nostre proposte di cambiamento per un Movimento mondiale dell’acqua.
Esigiamo
l’espulsione dell’OMC (Organizzazione mondiale del commercio), e di ogni accordo internazionale di libero commercio e
investimento, sia bilaterali che multilaterali, dall’acqua;
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l’abolizione del CIADI (Corte internazionale per la risoluzione
delle controversie relative agli investimenti), alla luce dell’esperienza di Cochabamba 2 e di altri popoli che vogliono recuperare
la sovranità sui loro beni comuni e la loro gestione pubblica;
di recuperare e promuovere la gestione pubblica, sociale, comunitaria, partecipativa e integrale dell’acqua;
che ogni essere umano abbia accesso e diritto all’acqua, di
buona qualità e in quantità sufficiente per l’igiene e l’alimentazione, e che nei luoghi dove esiste il servizio idrico di acqua
potabile si fornisca gratuitamente una quantità minima, indipendentemente dalla condizione culturale, religiosa, sociale,
geografica, economica e di genere. Per questo respingiamo qualsiasi tipo di doppio standard. Nessuna impresa, governo o istituzione internazionale può interrompere per morosità il servizio
idrico per consumo domestico;
che le aziende e le industrie responsabili dell’inquinamento
devono riparare ai danni ambientali, economici e umani che
hanno causato.
Rifiutiamo
in quanto illegittime tutte le denunce per i mancati guadagni e le
richieste d’indennizzo da parte di multinazionali e corporations;
qualsiasi finanziamento delle istituzioni finanziarie internazionali (IFIS) subordinato alla liberalizzazione e alla privatizzazione
dei servizi idrici;
Tutte quelle legislazioni nazionali e regionali che aprono la
porta al processo di privatizzazione e mercificazione dell’acqua;
2
Sulle lotte di Cochabamba, cfr in questo fascicolo, nota 1, p. 255 (NdR).
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il modello insostenibile e predatorio dell’acqua come il suo
imbottigliamento, la realizzazione di megaprogetti, dighe,
costruzione di porti o lo sfruttamento minerario.
Proponiamo
di promuovere l’organizzazione di reti tra enti di gestione pubblica e di qualità dell’acqua, che funzionino su basi democratiche, attraverso lo scambio di esperienze e condividendo conoscenze tecniche, formazione e schemi e proposte di finanziamento, per il consolidamento di un modello pubblico, sociale,
comunitario e partecipativo;
di promuovere l’educazione e l’organizzazione comunitaria su
uso e consumo responsabile e sostenibile dell’acqua;
di diffondere le esperienze di costituzione di fondi di solidarietà
per finanziare modelli di gestione pubblica, partecipativa,
comunitaria e sociale dell’acqua;
la creazione di osservatori sia internazionali che regionali che
siano punto di incontro di organizzazioni sociali, movimenti e
reti di cooperazione internazionale per monitorare ed esercitare
il controllo sociale dell’attività delle multinazionali e delle IFIS
che coinvolga anche i Parlamenti, i governi locali e le istituzioni democratiche;
di rafforzare i tribunali internazionali esistenti e promuovere la
loro formazione nelle diverse regioni del mondo.
Ci impegnamo
a sviluppare un piano di azione mondiale che continui questo processo di costruzione di reti e di mobilitazioni intorno all’acqua;
a sostenere, a partire dalle lotte locali, una piattaforma a livello
mondiale che sulla base della solidarietà ci unisca e ci rafforzi;
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a valorizzare i contributi che vengono dalle donne, dai giovani,
dai popoli originari, dagli indigeni e da tutte le persone, inserendo la difesa dei loro diritti nella costruzione di modelli che
dimostrino che un’altra gestione dell’acqua è possibile;
a continuare questo processo arricchendolo con tutti i contributi
possibili nei prossimi incontri che i nostri movimenti sosterranno nel mondo: dall’incontro ‘Allacciando alternative Unione
europea-America Latina’ in maggio a Vienna 3, alla riunione
della Comunità sudamericana delle nazioni in Bolivia a settembre e alla Assemblea dei cittadini per l’acqua, a dicembre.
In questo contesto il movimento mondiale dell’acqua si impegna a realizzare tre azioni congiunte:
- un’attività globale, comune e simultanea tra settembre
e ottobre 2006;
- ad assumere come slogan comune in tutte le attività: «Il
diritto all’acqua è possibile: gestione pubblica e partecipativa»;
- a diffondere, al ritorno nei nostri territori, questa
dichiarazione attraverso conferenze stampa, come obiettivo del
movimento mondiale dell’acqua.
Sulla riunione di Vienna, cfr., in questo fascicolo, l’articolo di N.
Corossacz, pp. 366-381 (NdR).
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