Risposte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli

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Risposte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli
C ONS IG L IO N AZ ION ALE D E I D OT TOR I CO MMERC IAL IS T I E D EG L I ES PERT I CONT A B ILI
Risposte del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili
al
LIBRO VERDE DELLA COMMISSIONE EUROPEA
“La politica in materia di revisione contabile: gli insegnamenti della crisi”
1. INTRODUZIONE
(1)
Avete osservazioni di ordine generale sull'approccio adottato nel presente Libro verde e
sulle sue finalità?
Lo sviluppo e la permanenza delle imprese sul mercato richiede una costante valutazione dei rischi
che le stesse si trovano ad affrontare. La capacità di cogliere i segnali deboli e la capacità di
individuare le aree di rischio permette di valutare ed individuare tempestivamente le soluzioni più
opportune.
Tale approccio richiede, da un lato, che le imprese si dotino di adeguati sistemi di rilevazione,
misurazione e controllo dei rischi, coerentemente con la complessità e le dimensioni delle attività
svolte, dall’altro, di strutture organizzative che si fondano sulla chiara definizione dei compiti e
delle responsabilità, sulle competenze professionali e sull’indipendenza di tutti gli attori che
operano all’interno dell’impresa.
La consultazione, dunque, è certamente un’utile e benvenuta occasione di riflessione sulla capacità
dei sistemi di controllo di rispondere adeguatamente alle sollecitazioni dei mercati e di tutelare gli
interessi di tutti i soggetti che si pongono in relazione con l’impresa.
Occorre però chiedersi se gli interrogativi che il libro verde pone siano correttamente
inquadrati. In particolare occorre valutare se gli obiettivi ai quali la consultazione mira
esplicitamente siano coerenti con la natura stessa della revisione contabile.
La professione contabile italiana, che contiene al proprio interno la quasi totalità dei revisori
contabili attivi, discute da tempo sui controlli societari ed apprezza particolarmente questa
proposta di discussione comunitaria che si inserisce non solo pienamente in questo dibattito
interno ma prospetta intendimenti assolutamente coerenti con quelli italiani che -da tempohanno già trovato espressione in un organo di controllo supplementare e diverso dal revisore:
il collegio sindacale. In tale organo che controlla la gestione nel divenire e non a posteriori,
infatti, può essere trovata la risposta alla più rilevante e strategica delle domande della
consultazione, ovvero quella che si chiede se la revisione contabile sia ancora uno strumento
adeguato per rispondere alla domanda di sicurezza che pongono tutti gli stakeholder.
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La valutazione dell’evoluzione dello scenario della revisione contabile non può prescindere dalla
valutazione del suo rapporto con il governo dell’impresa.
In particolare, per consentire di cogliere in pieno le opportunità che fornisce un documento aperto,
qual è il libro verde, occorre formulare una premessa dalla quale iniziare per lo sviluppo del
ragionamento: la revisione, per sua natura, controlla la rappresentazione dei fatti dopo che essi sono
Pia zza della Repubblica , 59 – 00185 Roma – Tel. +39 064786 31 – Fax +39 0647863349
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avvenuti. Ne accerta, infatti, la corretta rappresentazione nei documenti che costituiscono
l’informativa societaria, principalmente rappresentati dal bilancio di esercizio.
Pertanto non riteniamo che sia coerente, in questo scenario, modificare, sovvertendola, la
caratteristica di base del controllo del revisore ovvero il suo intervento orientato, esclusivamente, a
valutare a posteriori la corretta rappresentazione delle scelte aziendali. Appare viceversa necessario,
anche e soprattutto nei confronti degli utilizzatori dell’informativa finanziaria, esplorare nuovi
orizzonti. Il modello dal quale si è attinto, pur astraendo dalle sue connotazioni più prettamente
nazionali, e quello italiano del “Collegio sindacale”.
Riteniamo opportuno precisare che questa premessa è stata condivisa con altre due istituzioni
europee che rappresentano la professione contabile: il Consejo General de Colegios de Economistas
in Spagna e le Conseil Supérieur des Experts Comptables in Francia, mentre le risposte puntuali ai
quesiti posti dal libro verde, pur muovendosi evidentemente in un quadro compatibile con essa sono
strettamente ritagliate sulla realtà italiana.
PROPOSTA DI UN NUOVO SISTEMA DI CONTROLLO SUL GOVERNO
DELL’IMPRESA
L’evoluzione delle regolamentazioni che riguardano l’economia mondiale rende necessaria una
riflessione sugli attuali sistemi di controllo, basati esclusivamente su meccanismi d’intervento
esterni rispetto al governo societario.
Per migliorare la performance delle imprese, si propone di rinforzare la loro governance tramite
l’introduzione di un modello di controllo basato su un approccio dinamico e non soltanto storico.
L’oggetto di questo tipo di controllo riguarda i processi di formazione delle decisioni manageriali e
la supervisione della loro applicazione, completando il controllo a posteriori dei revisori.
Questo nuovo modello di controllo serve a rinforzare i dispositivi esistenti, ove necessario, senza
sostituirsi a loro. È curato da un professionista denominato Independent Professional Supervisor (di
seguito: IPS), e da un nuovo organo di controllo, l’Independent Professional Supervisory Board (di
seguito: IPSB).
Questa funzione dovrebbe essere affidata a professionisti competenti ed indipendenti, soggetti a
formazione professionale continua e codice deontologico, come quelli già esistenti in tanti Paesi.
Infatti sono molti i Paesi in cui esistono professioni regolamentate atte a svolgere questa funzione
(gli Economisti in Spagna, gli Experts-Comptables in Francia, i Commercialisti in Italia, ad
esempio); ma per evitare delle connotazioni nazionali abbiamo preferito usare qui la denominazione
IPS (o IPSB per l’organo di controllo).
È opportuno ricordare che, a differenza della funzione di controllo legale dei conti (che ha carattere
di revisione ed opera sulla base della valutazione di rischio, a carattere ciclico, e solo su determinati
aspetti gestionali evidenziabili nel bilancio), il controllo dell’IPSB è costante ed esercitato in ogni
momento in cui le decisioni sono assunte. Esso è, inoltre, dotato di significativi poteri di intervento
e di strumenti informativi necessari per intervenire tempestivamente.
Di seguito forniamo una sintesi delle principali caratteristiche di tale nuovo schema professionale
illustrandone le diverse funzioni e competenze, i doveri e le facoltà, le responsabilità ed il mondo in
cui intendiamo farlo lavorare.
1. Funzioni e competenze
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L’IPSB è l’organo interno della società al quale è affidato primariamente il compito di vigilare sulla
gestione dell’impresa. L’azione di vigilanza svolta dall’IPSB è continuativa e concomitante alla
gestione aziendale.
Al fine di garantire l’indipendenza e l’efficacia dei controlli, l’IPSB è composto da uno a tre
membri, a seconda delle dimensioni dell’entità, tutti dotati di una qualifica professionale specifica
nell’area economica e contabile.
Per quanto riguarda la loro nomina, si devono considerare i differenti contesti ed interessi che
caratterizzano l’ambito delle società quotate rispetto al più ampio universo delle società non
quotate, in larga parte composto da PMI.
Nel primo caso, si potrebbe pensare ad una sorta di “Comitato nazionale per la nomina degli IPS
nelle società quotate”, composto dai rappresentanti di tutti gli Enti portatori di legittimi interessi
(Ministero competente, Autorità di controllo sulla Borsa, Associazione nazionale degli
imprenditori, Ordine rappresentativo della professione economica e contabile…) con il compito di
proporre una rosa di nominativi di professionisti in possesso delle caratteristiche tecniche richieste,
all’interno dei quali l’assemblea dei soci procederà in seguito alla designazione finale.
Nel secondo caso, si può viceversa ritenere che la scelta possa essere liberamente affidata
all’assemblea dei soci con l’unico vincolo del rispetto delle qualifiche professionali.
Ciascun componente dell'IPSB deve essere indipendente dalla società. Ne consegue che non può
essere designato alcun IPS che sia legato alla società e ad altre società del medesimo gruppo da
relazioni finanziarie, di affari, di lavoro o di altro genere, dirette o indirette, che ne possano
compromettere l’indipendenza.
Per rafforzare l’indipendenza della sua azione di controllo, l’IPSB rimane in carica per cinque
esercizi e i suoi componenti possono essere revocati solo per giusta causa.
L’IPSB ha il compito di vigilare:
• sul rispetto dei principi di corretta gestione da parte degli organi di amministrazione;
• sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile adottato dalla
impresa, nonché sul suo concreto funzionamento;
• sulla nomina del revisore legale dei conti, nel rispetto delle condizioni d’indipendenza
richieste;
• sull’osservanza della legge in generale e dello statuto della società.
Si deve precisare che l’IPSB non interferisce con le scelte operate dagli amministratori – che
rimangono di esclusiva competenza degli stessi - ma verifica la legalità e la regolarità delle
procedure decisionali adottate dal management. Può, conseguentemente, esprimere parere
sfavorevole a tali decisioni. A titolo esemplificativo, l’IPSB verifica che gli amministratori abbiano
applicato le misure di sicurezza e di controllo richiesti per ogni tipo di decisione.
Più in generale, l’IPSB vigila affinché gli amministratori non compiano operazioni: (a) contrarie
alla legge e allo statuto, (b) contrarie all’interesse sociale, (c) manifestamente imprudenti o
azzardate, (d) che possano alterare l’integrità del patrimonio sociale, (e) o sopprimere o modificare i
diritti attribuiti ai singoli soci dalla legge o dallo statuto, (f) contrarie alle deliberazioni assunte dai
soci.
L’IPSB è chiamato a verificare che la società sia dotata di organizzazione, procedure e prassi
operative adeguati agli obiettivi perseguiti dal management. Laddove l’analisi degli assetti adottati
dalla società dovesse evidenziare punti di debolezza, l’IPSB richiede all’organo amministrativo di
effettuare azioni correttive, la cui realizzazione ed efficacia sarà monitorata nel corso dell’incarico.
L’incarico di controllo dell’IPSB si può adattare alla tipologia e alle dimensioni dell’impresa.
L’incarico si svolge in forma collegiale tra i componenti dell’IPSB, per garantire stabilità e
autorevolezza dell’organo di controllo, e ponderazione delle sue decisioni.
Nelle piccole imprese che hanno un’organizzazione semplificata, il ruolo dell’IPSB può essere
affidato a un solo IPS.
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2. Doveri e poteri
L’IPSB ha piena autonomia nell’organizzazione delle proprie attività e si riunisce con cadenza
regolare.
Per esercitare l’incarico, conta su dei poteri di controllo ed è tenuto a rispettare i seguenti obblighi:
• partecipare alle riunioni degli organi di gestione e degli altri organi sociali (assemblea dei soci,
ecc.), esprimendo se necessario propri pareri ed osservazioni;
• effettuare ogni genere di controlli e verifiche;
• acquisire e scambiare ogni genere d’informazioni con l’organo amministrativo e, nel caso, con
il revisore legale dei conti;
• acquisire e scambiare ogni genere d’informazioni con gli altri organi della società
(management, internal audit, ecc.), nonché con gli organi delle società del gruppo;
• prima dell’approvazione del bilancio di esercizio, predisporre una relazione, nella quale
riferisce all’assemblea sull’attività svolta, avanzando le proprie proposte in ordine
all’approvazione del bilancio
Al fine di tutelare efficacemente i soci ed i terzi, all’IPSB sono attribuiti importanti poteri. Può, in
particolare, se non è previsto da un altro organo:
• convocare l’assemblea dei soci in caso di inerzia degli amministratori ovvero in caso ravvisi
fatti gravi;
• impugnare le delibere irregolari degli organi di gestione e dell’assemblea;
• denunciare all’Autorità Giudiziaria le eventuali irregolarità riscontrate nella gestione;
• esercitare l’azione di responsabilità nei confronti degli organi di gestione.
L’IPSB deve inoltre esprimere il proprio parere sulle delibere e/od operazioni sociali importanti (ad esempio,
proposte di aumento di capitale, distribuzione di acconti sui dividendi, compenso degli amministratori
investiti di particolari incarichi, nomina o revoca del revisore legale dei conti, ecc.).
L’IPSB si pone così al centro del processo informativo dell’impresa, e ne controlla attentamente la direzione
e la gestione.
3. Responsabilità
I componenti dell’IPSB sono tenuti a svolgere il loro incarico con la massima professionalità e nel
rispetto delle diligenze professionali. Queste diligenze devono essere commisurate sia alla
complessità dell’incarico che alle dimensioni e alla natura dell’attività dell’impresa. Deve svolgere
la propria attività con la maggior cura possibile, prendendo ogni misura opportuna per rispondere
agli obiettivi dell’incarico.
L’IPS incorre in responsabilità sia civili sia penali.
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(2)
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Ritenete che sia necessario definire meglio la funzione sociale della revisione contabile
rispetto alla veridicità dei bilanci?
Riteniamo possa essere utile specificare meglio la funzione sociale della revisione rimarcando che
la stessa attiene (esclusivamente) l’espressione del giudizio professionale sul bilancio, ovverossia
che lo stesso sia correttamente presentato in tutti gli aspetti significativi e fornisca una
rappresentazione veritiera e corretta in conformità al quadro di regole contabili che ne disciplinano
la redazione.
Ogni altra forma di assurance diversa da quella sopra descritta riteniamo vada attribuita, come già
proposto, ad un nuovo sistema basato sull’intervento di un soggetto professionale ed indipendente
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che possa controllare i processi di formazione delle decisioni del Consiglio di amministrazione e la
loro applicazione, completando il controllo del revisore effettuato a posteriori.
(3)
Ritenete che sia possibile migliorare ulteriormente il livello generale della "qualità della
revisione contabile"?
La reale e costante verifica della formazione dei revisori da parte dei sistemi di public oversight, già
prevista da un lato, e l’utilizzo degli ISA Clarified, potrebbero rappresentare un miglioramento
tangibile della qualità della revisione contabile soprattutto nell’ambito degli enti non di interesse
pubblico.
2. IL RUOLO DEL REVISORE CONTABILE
(4)
Ritenete che le revisioni contabili dovrebbero fornire assicurazioni sulla solidità
finanziaria delle società? Le revisioni contabili sono adatte a tale scopo?
Riteniamo di no. La finalità della revisione legale dei conti è quella di accrescere il livello di fiducia
degli utilizzatori del bilancio attraverso l’espressione di un giudizio professionale in merito al fatto
che lo stesso è redatto in conformità alle regole che ne disciplinano la redazione. Tale giudizio non
assicura il futuro funzionamento dell’impresa, né che la stessa sia stata amministrata correttamente.
Il revisore infatti acquisisce una comprensione dell’impresa e del contesto in cui opera, incluso il
suo controllo interno, funzionale esclusivamente al raggiungimento dell’obiettivo di esprimere un
giudizio professionale su bilancio.
Tale comprensione include, tra gli altri aspetti, i rischi connessi all’attività svolta dall’impresa,
nonché il sistema dei controlli interni posti a presidio del raggiungimento degli obiettivi aziendali,
ma con riferimento ad entrambi gli aspetti, il revisore non acquisisce una comprensione assoluta
bensì il livello di approfondimento che egli ritiene sufficiente ad identificare i rischi di errori
significativi nel bilancio.
Ciò significa, quindi, che il revisore non ha la responsabilità di identificare tutti i rischi connessi
all’attività dell’impresa dato che non tutti danno origine ad errori nel bilancio. In altre parole, non
tutti gli obiettivi e quindi i relativi controlli interni rilevano ai fini della revisione, potendo
riguardare aspetti della gestione che non impattano sull’informativa finanziaria e come tali possono
non essere presi in considerazione dal revisore.
Il ruolo del revisore è esclusivamente quello di formarsi un giudizio sul bilancio, documento redatto
dalla direzione e dai responsabili delle attività di governance.
Il revisore non ha un ruolo, né dovrebbe averlo, nel fornire agli investitori o ad altri stakeholder
informazioni finanziarie aggiuntive riguardanti la società. La revisione contabile infatti non è per
propria natura adatta a tale scopo, anche perché il revisore nella sua attività deve valutare la
continuità aziendale in un arco temporale ristretto (12 mesi); tempo notevolmente inferiore rispetto
ai driver normalmente utilizzati per valutare la solidità finanziaria.
La revisione, quindi, essendo basata su dati storici non appare adatta ad esprimersi su dati
prospettici. Tale ruolo va attribuito, come già proposto, ad un soggetto qualificato ed indipendente
che, svolgendo un controllo continuativo e concomitante alla gestione aziendale, è dotato degli
strumenti informativi e dei poteri di indagine, necessari per adempiere a tale funzione.
(5)
Per ridurre il divario di aspettative e chiarire il ruolo delle revisioni contabili, il metodo
di revisione contabile utilizzato dovrebbe essere spiegato meglio agli utilizzatori?
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Sì. Non dovrebbe poter accadere che gli utilizzatori possano intendere la revisione come un giudizio
sulla qualità dell’impresa e non esclusivamente della sua informazione finanziaria. Pertanto
un’azione rilevante per chiarire i limiti dell’attività di revisione dovrebbe essere intrapresa.
(6)
Lo "scetticismo professionale" dovrebbe essere rafforzato? In caso affermativo, in che
modo?
No. Lo scetticismo professionale deriva principalmente dalla conoscenza che il revisore ha del
cliente e del contesto in cui lo stesso opera. Valutazioni soggettive, proprio perché tali, non possono
essere rafforzate “dall’esterno” tanto meno regolate dalla legge.
(7)
Bisognerebbe riconsiderare la percezione negativa legata alle riserve espresse nelle
relazioni di revisione contabile? In caso affermativo, in che modo?
Molte questioni che potrebbero portare il revisore ad esprimere un giudizio con riserve vengono
spesso comunicate al management e da questi risolte prima dell’emissione del giudizio finale.
Riteniamo, però, che esista realmente un problema di percezione negativa legata alle riserve
espresse dal revisore nel suo giudizio e che la stessa potrebbe essere mitigata chiarendo agli
utilizzatori che lo schema di relazione di revisione predisposta secondo i principi di revisione
internazionali può contenere una serie ulteriore di informazioni su vari aspetti che non costituiscono
delle eccezioni, ma elementi che il revisore ritiene utile portare alla loro attenzione.
(8)
Quali ulteriori informazioni dovrebbero essere fornite alle parti in causa esterne e
come?
E’ assai difficile rispondere puntualmente a questo interrogativo in quanto l’informativa aggiuntiva
rispetto a quella economico-finanziaria è già rilevante. In ambito di informativa finanziaria è
l’azienda che deve farsi carico di informare investitori e stakeholder sul ruolo del revisore, il suo
ambito di responsabilità etc.. Il revisore non può sostituirsi in tale ruolo.
In ogni caso potrebbe essere opportuno ripensare alla formulazione delle relazioni di revisione per
renderle maggiormente comprensibili alle parti in causa esterne.
(9)
Il dialogo tra revisori esterni, revisori interni e comitato per il controllo interno e per la
revisione contabile è adeguato e regolare? In caso negativo, come si può migliorare la
comunicazione?
Per quanto riguarda le società dotate di comitato di controllo interno potrebbe essere interessante
introdurre a livello comunitario il modello della “relazione lunga” alla tedesca che però potrebbe
essere utilmente inviata, in caso di mancanza del comitato per il controllo interno, al Consiglio di
amministrazione.
(10) Ritenete che i revisori dovrebbero contribuire a garantire l'affidabilità delle
informazioni fornite dalle imprese nel settore della responsabilità sociale e ambientale?
Riteniamo che i revisori, come altri professionisti, possano fornire servizi di assurance anche sul
reporting ambientale e sociale.
Tuttavia, è necessario che sia ben chiara al pubblico la differenziazione tra l’istituto della revisione
legale dei conti in senso stretto (statutory audit) e gli altri servizi professionali (anche sul reporting
ambientale e sociale) di verifica richiesti al professionista/revisore esterno, al fine di fugare ogni
rischio di possibile confusione. Nell’ambito della revisione legale deve essere chiaro che il livello di
assurance che il revisore può garantire rispetto alle informazioni di natura non finanziaria deve
limitarsi (come per la relazione sulla gestione) all’analisi della coerenza di tali informazioni con i
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dati di bilancio. L’assurance sulla parte sostanziale delle informative di carattere non finanziario
non può essere oggetto dell’attività di revisione legale e dovrà essere oggetto di incarichi e
responsabilità distinte, da svolgersi secondo principi di assurance specificamente elaborati (quali, ad
esempio, quelli in corso di elaborazione da parte di IAASB).
Ciò implica, al tempo stesso, la necessità di definire un set di principi professionali di riferimento
opportunamente diversificato da quello utilizzato per lo svolgimento della revisione legale e
adattato alle diverse finalità.
(11) Dovrebbe esserci una comunicazione più regolare tra il revisore e le parti in causa? Il
lasso di tempo tra la chiusura dell'esercizio e la data del parere di revisione dovrebbe
essere ridotto?
Potrebbe essere introdotta a livello comunitario il modello della “relazione lunga” alla tedesca. In
tal caso andrebbe però chiarito il rapporto tra questa informativa riservata e la responsabilità dei
revisori negli eventuali accadimenti successivi che possano condurre al dissesto della società.
Per quanto attiene il lasso di tempo tra la chiusura dell’esercizio e la data della relazione di
revisione non riteniamo che possa essere ridotto poiché ciò avrebbe effetti negativi in termini di
qualità del lavoro di revisione.
(12) Quali altre misure potrebbero essere previste per aumentare il valore delle revisioni
contabili?
Campagna informativa agli utilizzatori sul ruolo della revisione contabile e sugli eventuali altri
sistemi di controllo adottati.
(13) Qual è il vostro punto di vista sull'introduzione degli ISA nell'UE?
Devono essere adottati per tutte le revisioni obbligatorie.
(14) L'utilizzo degli ISA dovrebbe essere reso obbligatorio in tutta l'UE? In caso affermativo,
occorre adottare una procedura di omologazione dei principi analoga a quella utilizzata
per gli International Financial Reporting Standard (IFRS)? In alternativa, e dato
l'utilizzo diffuso degli ISA nell'UE, il loro utilizzo dovrebbe essere ulteriormente favorito
mediante strumenti giuridici non vincolanti (raccomandazione, codice di condotta)?
Si ritiene che l’utilizzo degli ISA dovrebbe essere reso obbligatorio in tutta la UE per le revisioni
obbligatorie. Tuttavia si ritiene che non debba essere adottata la procedura di omologazione
utilizzata per gli IFRS che ha creato rilevanti problemi in ragione del rapporto tra rigidità dello
strumento e la naturale evoluzione degli standard. La periodica manutenzione e miglioramento degli
standard non sono conciliabili con la procedura necessaria per una omologazione quale quella già
utilizzata per gli IFRS.
A tale riguardo si ritiene comunque necessaria l’istituzione di un meccanismo di confronto tra l’UE
e l’IAASB - sul modello dell’EFRAG per quanto riguarda l’IFRS - che possa far pesare in modo
adeguato già all’origine, e quindi prima dell’emissione degli standard, le diverse esigenze o
sensibilità comunitarie soprattutto per quanto riguarda il tema delle PMI che pesano in modo
significativo sia per numerosità che per PIL prodotto nell’economia della UE.
(15) Gli ISA dovrebbero essere ulteriormente adattati alle esigenze delle PMI e dei PMP?
Certamente sì. Riteniamo che siano necessari ulteriori adattamenti e soprattutto che si renda
necessaria una revisione e rivisitazione degli standard, nel corso del loro naturale percorso di
evoluzione e manutenzione, per assicurare la loro piena scalabilità. Tale lavoro dovrebbe essere
improntato al principio “think small first”.
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L’ “applicazione proporzionale” risulta oggi non agevole in generale ed anche sul versante del
controllo della qualità della revisione che è eccessivamente pesante per i piccoli e medi studi;
l’impostazione seguita rischia di essere difficilmente percorribile.
3. GOVERNO SOCIETARIO E INDIPENDENZA DELLE IMPRESE DI REVISIONE
CONTABILE
(16) Vi è un conflitto quando il revisore è designato e remunerato dalla società sottoposta a
revisione? Quali soluzioni alternative consigliereste in materia?
La soluzione attualmente è imperfetta, ma è probabilmente la meno imperfetta. Meccanismi di
nomina pubblica riteniamo possano solo aggravare il problema, certamente non risolverlo.
Il rischio di aumento della burocrazia e di opacità di gestione di tali processi è estremamente
preoccupante. Per quanto riguarda gli enti di interesse pubblico tale meccanismo dovrebbe poi
combinarsi con gli eventuali obblighi di rotazione e con la limitata numerosità dei revisori presenti
nel mercato.
Come noto, allo stato attuale della legislazione la presenza di una situazione di conflitto si configura
non già alla mera luce delle modalità di nomina e remunerazione, bensì in connessione al ricorrere
di circostanze specifiche idonee ad incidere sull’indipendenza del revisore (es. interessi finanziari,
relazioni d’affari, funzioni di direzione o di supervisione presso la società sottoposta a revisione,
relazioni familiari o altre relazioni personali).
Una soluzione equilibrata e che potrebbe meritare attenzione, pur partendo dal punto di vista
dell’esistenza di un altro soggetto che controlla la gestione, diverso dal revisore, è quella italiana
che ha esteso a tutte le società di capitali, e non solo agli enti di interesse pubblico, come previsto
dalla direttiva comunitaria sulla revisione legale, la previsione che l’incarico di revisione legale sia
attribuito dall’assemblea, su proposta motivata dell’organo di controllo diverso dal revisore.
Tale meccanismo di nomina, ma anche il fatto che il revisore riporta i risultati del proprio lavoro
all’assemblea, sottrae il revisore da possibili interazioni con il management che potrebbero
comprometterne l’indipendenza. Inoltre tale soluzione si caratterizza per il fatto che il soggetto
designante è in possesso di una conoscenza molto approfondita della società sottoposta a revisione,
della sua organizzazione e struttura. Elementi essenziali per una selezione appropriata del revisore.
(17) La designazione da parte di un terzo sarebbe giustificata in alcuni casi?
La soluzione prospettata nel libro verde di attribuire la designazione del revisore e la sua
remunerazione ad un soggetto esterno, forse l’autorità di regolamentazione, espone il sistema ad
aggravi, in termini di eccessiva burocratizzazione, tutto sommato superiori ai benefici che se ne
trarrebbero.
Non può essere ignorato il fatto che la soluzione prospettata presuppone che il soggetto terzo
designante debba arrivare ad acquisire una conoscenza molto approfondita sia della società
sottoposta a revisione, della sua organizzazione e struttura sia della struttura e organizzazione del
revisore, comprese le sue capacità e risorse. Elementi, questi, essenziali per una selezione
appropriata del revisore.
(18) L’incarico continuativo delle imprese di revisione contabile dovrebbe essere limitato nel
tempo? In caso affermativo, quale dovrebbe essere la durata massima dell’incarico di
un’impresa di revisione contabile?
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Nell’esperienza italiana la rotazione obbligatoria conseguente al limite del periodo di revisione
contabile, limitata alle società quotate, non ha portato alcun beneficio in termini di maggiore
indipendenza né di apertura del mercato.
Inoltre la rotazione, quantomeno come è stata implementata in Italia, non appare un rimedio
efficace. Nel nostro paese, a causa dell’estrema concentrazione del mercato, la rotazione degli
incarichi nelle 300 società quotate e nelle relative controllate è una questione di facciata.
Tale meccanismo potrebbe recuperare efficacia solo se accompagnato da interventi che possano
favorire l’apertura del mercato come, ad esempio, le revisioni congiunte.
Nelle società non quotate il problema della rotazione non appare, invece, rilevante in quanto sia il
peso unitario dei soggetti revisionati che la rilevanza di interessi coinvolti non sembrano sufficienti
a causare una deroga al sistema di garanzia dell’indipendenza che sia le norme che le regole etiche
dei revisori già tutelano.
(19) La prestazione di servizi diversi dalla revisione da parte delle imprese di revisione
contabile dovrebbe essere vietata? Tale divieto dovrebbe essere applicato a tutte le
imprese di revisione e ai loro clienti o soltanto ad alcuni tipi di istituti, come gli istituti
finanziari di importanza sistemica?
Non riteniamo che l’incompatibilità assoluta tra i servizi di revisione e gli altri servizi sia un
rimedio al problema.
Potrebbe esserlo il supporto ad un limite basato su un sistema di “rischi e salvaguardie”. Tale
modello, infatti:
•
consente di superare le difficoltà connesse all’individuazione di tutte le possibili casistiche
che possono compromettere l’indipendenza, definendo un principio generale che si adatta alle
molteplici circostanze riscontrabili. L’indipendenza è infatti un atteggiamento mentale e
comportamentale difficilmente codificabile;
•
evita che il revisore ritenga che una circostanza sia consentita solo perché non
espressamente vietata;
•
introduce un importante elemento rappresentato dalla valutazione del rischio, la quale
implica che il revisore eserciti il proprio giudizio professionale piuttosto che riscontrare la mera
conformità alle norme.
Il processo di analisi di tali rischi, con limiti oggettivamente determinati ed adeguatamente
trasparente nelle modalità di calcolo e di valutazione nei riguardi dell’organo di vigilanza o degli
stakeholder, potrebbe consentire di valutare in modo chiaro la reale imparzialità della revisione
fornita.
A tale riguardo potrebbe essere opportuno suggerire un limite al rapporto tra ricavi di revisione e
altri servizi sempre superiore al 50% e crescente al crescere dell’importo assoluto percepito dal
cliente per i servizi di revisione.
(20) L’importo massimo di corrispettivi per la revisione che un’impresa di revisione
contabile può ricevere dal medesimo cliente dovrebbe essere regolamentato?
Riteniamo di sì
Il limite ideale del 15% proposto a livello internazionale, calcolato sulla base delle dimensioni
dell’intero gruppo a cui appartiene il soggetto sottoposto a revisione, potrebbe essere adeguato.
Poiché però nell’applicazione pratica esso potrebbe essere penalizzante soprattutto per i piccoli e
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medi revisori, potrebbe essere graduato in relazione alla dimensione assoluta del revisore. Più
grande è il revisore più basso dovrebbe essere il limite.
Un tale scenario favorirebbe anche il frazionamento del rischio per il revisore e, quindi
aumenterebbe la possibilità di una sua permanenza sul mercato.
Naturalmente anche in questo caso si pone il problema degli enti di interesse pubblico in quanto la
concentrazione del mercato potrebbe non consentire un concreto rispetto del limite.
(21) Si dovrebbero introdurre nuove norme riguardanti la trasparenza dei bilanci delle
imprese di revisione contabile?
Non in questo momento. La direttiva sulla revisione prevede quale obbligo per i revisori legali e le
società di revisione legale incaricate di svolgere la revisione legale dei conti degli enti di interesse
pubblico la pubblicazione sul proprio sito internet di una relazione di trasparenza annuale
contenente una serie di informazioni, tra cui:
-
la descrizione dell'eventuale rete cui appartiene e delle disposizioni giuridiche e strutturali
che la regolano;
-
le informazioni finanziarie relative alle sue dimensioni operative, che indichino almeno il
fatturato totale suddiviso tra corrispettivi per la revisione legale, per altri servizi di verifica,
per servizi di consulenza fiscale e per altri servizi diversi dalla revisione contabile;
-
l’elenco degli enti di interesse pubblico i cui bilanci sono stati oggetto di revisione legale
nell'esercizio sociale precedente;
-
le informazioni sulla base di calcolo della remunerazione dei soci.
Si ritiene che debba trascorre un tempo minimo tra l’adozione di tali misure e la loro modifica. E’
necessario misurare, infatti, il livello di trasparenza che esse saranno riuscite ad introdurre nel
sistema.
(22) Quali ulteriori misure potrebbero essere previste in materia di governo societario delle
imprese di revisione contabile per accrescere l’indipendenza dei revisori?
Un elemento utilizzabile, già presente nella legislazione italiana, è quello di far scegliere (o
formulare la proposta di scelta da sottoporre all’assemblea) il revisore al soggetto che controlla il
rispetto della legge e dei principi di corretta amministrazione dell’organo di governo societario (in
Italia, il collegio sindacale; si veda in proposito la risposta al quesito 1).
(23) Si dovrebbero studiare strutture alternative per permettere alle imprese di revisione
contabile di raccogliere capitali da fonti esterne?
Si ritiene che la presenza di investitori esterni, quale soluzione prospettata dalla Commissione
Europea al fine di rendere le società di revisione più solide patrimonialmente a fronte di eventuali
rischi di responsabilità, non possa ottenere i risultati auspicati. Questo perché il business della
revisione è in grado di garantire la remunerazione degli investimenti dei soli operatori ma non è in
grado di garantire anche la remunerazione di eventuali investitori istituzionali.
Una strada che si ritiene preferibile è, invece, quella dell’introduzione di una limitazione del rischio
mediante la previsione di un liability cap, misura che potrebbe produrre anche l’ulteriore beneficio
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dell’aumento di competitività nel mercato in quanto più appetibile per le società di revisione di
medie dimensioni1 .
(24) Siete d’accordo con le proposte riguardanti i revisori di gruppo? Avete altre idee in
materia?
Il rafforzamento dei poteri del revisore di gruppo è una proposta da accogliere con favore: si ritiene,
infatti, che sia una misura in grado di aumentare la trasparenza e l’efficacia dei controlli con
beneficio non solo delle società sottoposte a revisione facenti parte del gruppo, ma anche dei
revisori stessi.
Vanno a tal fine disciplinati in modo più vincolante i poteri ed i doveri di condivisione delle
informazioni tra i vari revisori ed il revisore del gruppo.
4. VIGILANZA
(25) Quali misure dovrebbero essere previste per aumentare l'integrazione e la cooperazione
in materia di vigilanza delle imprese di revisione contabile a livello UE?
Riteniamo che l’ipotesi più efficiente sia quella di trasformare l’attuale EGAOB in un c.d.
“comitato Lamfalussy di livello 3”.
Tale trasformazione consentirebbe efficacemente di:
-
-
promuovere comuni principi di organizzazione a livello nazionale;
supportare la convergenza di comportamenti;
suggerire agli organismi preposti a livello nazionale procedure e miglioramenti;
provvedere un meccanismo formale di tempestivo scambio di informazioni e
coordinamento per i casi “transnazionali” per evitare che i revisori prendano
decisioni diverse in situazioni simili;
eviterebbe doppi controlli di qualità e doppie ispezioni a livello europeo.
Naturalmente occorrerebbe prevenire il rischio delle interpretazioni difformi date le diverse
configurazioni giuridiche dei 27 stati comunitari.
(26) Come si può aumentare la consultazione e la comunicazione tra il revisore di grandi
società quotate e le autorità di regolamentazione?
Prevedendo delle consultazioni obbligatorie in caso di necessità di modifiche normative.
5. CONCENTRAZIONE E STRUTTURA DEL MERCATO
(27) L’attuale configurazione del mercato della revisione potrebbe presentare un rischio
sistemico?
Condividiamo con la Commissione Europea la preoccupazione che una riduzione dell’attuale
numero di grandi network di società di revisione rischia di avere un impatto di tipo sistemico.
1
L’introduzione di un liability cap è stata oggetto di discussione anche in UK, dove uno studio dell’Office of Fair
Trading ha osservato che “such a result was not a likely impact of the reform” (si veda Gowan & Davies, Principles of
modern company law, 2009, 797).
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Bisognerebbe tenere conto del fatto che il rischio sistemico nel mercato della revisione contabile è
piuttosto diverso dal rischio sistemico nel settore finanziario. Come mostrato dalla recente crisi
finanziaria, il fallimento di un grosso istituto finanziario potrebbe potenzialmente portare ad altri
fallimenti ed infine perturbare l’intero mercato. Lo stesso non vale necessariamente per il fallimento
di una società di revisione.
Nell’ultimo decennio, i fallimenti delle società di revisione non hanno impedito al mercato di
continuare a funzionare correttamente. Esempi ne sono il fallimento della Andersen negli Stati
Uniti, della PWC in Giappone, della GT in Italia. Tuttavia, dal momento che le società di revisione
sono diminuite di numero e sono diventate più grandi in questi ultimi anni, l’esistenza di un rischio
sistemico derivante dal fallimento di una o più di loro non può essere escluso, specialmente in quei
paesi in cui la concentrazione del mercato della revisione è più alta della media (l’Italia è uno di
questi paesi, per quanto riguarda il mercato delle società quotate).
Una limitazione di responsabilità potrebbe aiutare a mantenere almeno il livello di scelta attuale;
inoltre l’ulteriore sviluppo dei network di società di revisione e delle piccole e medie imprese di
revisione potrebbe essere incoraggiato dall’implementazione della raccomandazione della
Commissione Europea sulla responsabilità del revisore.
(28) Ritenete che la costituzione obbligatoria di un consorzio di imprese di revisione
contabile, comprendente almeno un'impresa di revisione contabile più piccola, non
avente importanza sistemica, potrebbe fungere da catalizzatore per dinamizzare il
mercato della revisione e permettere alle imprese di piccole e medie dimensioni di
partecipare in maggior misura al segmento delle revisioni delle grandi società?
Come già parzialmente indicato nella risposta 18, sosteniamo con convinzione l’introduzione di
joint audits per le società quotate sulla linea di quelle introdotte in Francia mentre, per le società
non quotate l’utilizzo di tale sistema, che comporta un maggior costo complessivo di revisione a
fronte del beneficio di un maggiore dinamismo di quel mercato, non appare giustificato.
L’esperienza francese indica che le joint audits obbligatorie (insieme ad una durata minima
obbligatoria dell’incarico di revisione contabile) hanno portato ad un mercato della revisione meno
concentrato rispetto a quello di altri paesi.
Oltre all’esempio francese, l’esperienza italiana con gli incarichi di revisione nelle società non
quotate svolti dal Collegio Sindacale (composto da tre revisori abilitati che suddividono i ricavi e
quindi non costituiscono un maggior onere per il controllato) mostra che gli incarichi congiunti
possono funzionare bene. I dati delle società non quotate italiane soggette alla revisione contabile
da parte del Collegio Sindacale mostrano che il loro grado di fallimento è di gran lunga più basso
rispetto a quello delle società non soggette a revisione contabile 2. Anche in Italia il modello di joint
audit con il Collegio Sindacale ha portato ad un mercato di revisione meno concentrato che altrove,
al contrario del mercato italiano delle società quotate, in cui al Collegio Sindacale non è consentito
di svolgere revisione contabile e la concentrazione è notevolmente maggiore che in altri mercati.
La formazione di un consorzio di revisione richiede, viceversa, investimenti significativi da parte
dei partecipanti (per coordinare i loro sforzi prima e dopo la fase dell’offerta). Pertanto l’obbligo di
costituzione di consorzi di società di revisione funzionerà soltanto se accompagnato dall’obbligo
legale che le revisioni contabili durino un determinato periodo di tempo che sia sufficiente perché i
partecipanti siano in grado di recuperare tali oneri aggiuntivi.
2
Si veda: CONSIGLIO NAZIONALE DEI DOTTORI COMMERCIALISTI/FONDAZIONE ARISTEIA, Fallimenti e collegio
sindacale, ottobre 2007, disponibile su http:// www.aristeia.it/cgi-bin/aristeia.storefront.
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In caso di rinnovo annuale dell’incarico di revisione, i partecipanti potrebbero andare incontro a
perdite finanziarie ovvero potrebbero cercare di coprire i costi aggiuntivi sostenuti rifacendosi
sull’impresa sottoposta a revisione contabile (compromettendo così il corretto funzionamento del
mercato di revisione).
Perché i consorzi obbligatori di revisione siano in grado di funzionare, è essenziale l’introduzione di
una durata minima obbligatoria dell’incarico di revisione. La durata minima obbligatoria
dell’incarico di revisione sarebbe un requisito ragionevole anche in un sistema obbligatorio di joint
audit al quale siamo favorevoli.
(29) Siete d'accordo con l'idea di una rotazione obbligatoria e dell'indizione di una gara
d'appalto dopo un periodo predeterminato allo scopo di migliorare la struttura dei
mercati della revisione contabile? Quale dovrebbe essere la durata di detto periodo?
La rotazione obbligatoria per le società di revisione è spesso criticata per le seguenti ragioni:
o può far aumentare i costi della revisione per via dell’impegno extra, in termini di tempo,
necessario per comprendere le attività dell’impresa sottoposta a revisione contabile all’inizio
dell’incarico di revisione (a prescindere dal fatto che in ultima analisi tali costi siano sostenuti
dall’impresa sottoposta a revisione);
o può ridurre la qualità della revisione poiché cancella la conoscenza cumulativa sul cliente
sottoposto a revisione acquisita dalla società di revisione nel corso degli anni (in Italia alcune
ricerche in ambito accademico sembrano confermarlo);3
o può aumentare la concentrazione nel mercato di revisione (è improbabile che una società
quotata nomini una società di revisione di dimensioni medie sapendo che l’incarico di revisione
durerà un numero significativo di anni).
Riteniamo che tale critiche possano essere superate, aumentando la trasparenza del mercato e
riducendone la concentrazione, se la rotazione obbligatoria delle società di revisione fosse abbinata
a joint audits obbligatorie, e se fosse attivo un meccanismo che assicuri che le società di revisione
non ruotino nello stesso momento. Per esempio, in un sistema di joint audit obbligatorie, gli
incarichi potrebbero durare 10 anni per ciascun revisore, con ciascuno dei joint auditors che ruoti
con un ciclo differente di 10 anni, con uno scarto di 5 anni (se l’incarico di revisione dura 10 anni,
ad una società di revisione potrebbe essere chiesto di ruotare al quinto anno, e all’altra al decimo
anno). In fase di adozione iniziale di tale sistema, ad uno dei due joint auditors sarà assegnato un
termine più breve di 5 anni, così da poter introdurre lo scarto del sistema di rotazione. Se fosse
operante un tale meccanismo, diminuirebbero i costi iniziali, non si cancellerebbe del tutto la
conoscenza cumulativa e scomparirebbe l’incentivo a non nominare società di revisione di medie
dimensioni. Sarebbe possibile sviluppare anche alcuni sistemi per incentivare le imprese a nominare
delle piccole società di revisione come propri joint auditor.
(30) Come andrebbe affrontato il pregiudizio a favore delle "Big Four"?
Siamo d’accordo sul fatto che esiste un pregiudizio e che questo costituisce un problema dal
momento che i clienti giudicano ad occhi chiusi.
Per farvi fronte potrebbero essere adottate diverse soluzioni:
3
Si veda: SDA Università Bocconi, Mandatory audit rotation, audit quality and financial markets equilibrium: the case
of Italy, 2004.
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-
è essenziale informare il mercato (ed il pubblico in generale) che una revisione contabile lo
è a prescindere da chi l’ha svolta (istituti nazionali ed autorità di vigilanza potrebbero voler
collaborare in questo senso);
-
l’adozione di prassi restrittive, come il fatto che le banche debbano richiedere la revisione
contabile da parte di una delle Big Four, dovrebbero essere scoraggiate e/o vietate (ad
esempio mediante una disposizione di legge generale che proibisca qualunque limitazione
alla libertà dell’assemblea generale di scegliere i revisori4);
-
l’introduzione delle joint audits obbligatorie e della rotazione obbligatoria delle società di
revisione ridurrebbe (col tempo) il pregiudizio a favore delle Big Four.
(31) Siete d'accordo con l'idea che i piani di emergenza, tra cui l'idea di una sorta di
"testamento biologico", potrebbero avere un ruolo chiave nella gestione dei rischi
sistemici e dei rischi di fallimento delle società?
Quando fallisce una società di revisione, il rischio più grande è rappresentato da come evitare
l’interruzione nella prestazione dei servizi di revisione (chi completerà tutte le revisioni contabili
che la società di revisione fallita stava svolgendo?).
Tale rischio è molto maggiore per le società quotate. Sosteniamo quindi l’opportunità di una
riflessione più ampia (a livello internazionale) sui piani di emergenza finalizzati a fronteggiare
l’improvvisa scomparsa di una società di revisione.
L’introduzione di un sistema obbligatorio di joint audit ridurrebbe di molto tali rischi, dal momento
che, in casi estremi, al revisore subentrante potrebbe essere consentito di portare avanti l’incarico da
solo.
Riteniamo che anche i testamenti biologici potrebbero rappresentare una soluzione. Le società di
revisione più grandi dovrebbero essere incentivate ad instaurare rapporti di “tutorship” con diverse
società più piccole, che potrebbero essere nominate quali successori in un testamento biologico; tale
sistema potrebbe prevenire efficacemente i rischi derivanti dal fallimento delle società di revisione
più grandi e sistemiche.
Si veda anche la risposta alla Domanda 27.
(32) Sono sempre valide le motivazioni alla base della concentrazione delle grandi imprese di
revisione contabile nel corso degli ultimi vent'anni (ossia internazionalizzazione
dell'offerta, sinergie)? In quali circostanze bisognerebbe fare marcia indietro?
Al crescere della dimensione dei clienti, del loro ambito geografico e della loro complessità non
bisogna sorprendersi se pochi revisori hanno le competenze e le capacità per svolgere una revisione
contabile di qualità. La concentrazione nel mercato della revisione si rispecchia in molti settori,
quale conseguenza della globalizzazione e delle argomentazioni convincenti sulla dimensione
minima atta a garantire l’efficienza. Le motivazioni alla base della concentrazione delle grandi
imprese di revisione contabile sono quindi ancora valide.
E’ anche possibile che tale concentrazione sia stata recentemente esacerbata (almeno in alcuni
settori, ad esempio nel settore finanziario) dall’adozione degli IFRS (per via della loro complessità
e del numero minimo di revisioni da fare per ammortizzare il costo di formazione dell’intera
struttura). Si sono potute recuperare le competenze supplementari necessarie per sottoporre a
revisione contabile i bilanci IFRS unicamente mediante le economie di scala.
4
Come avviene attualmente in Italia.
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Si dovrebbero valutare le modalità per ridurre la concentrazione nel mercato della revisione
contabile. L’introduzione di joint audit obbligatorie e della rotazione obbligatoria delle società di
revisione consentirebbe alle società di revisione di medie dimensioni di crescere, riducendo quindi
la concentrazione e prevedendo un liability cap.
6. CREAZIONE DI UN MERCATO EUROPEO
(33) A vostro parere, quale è il modo migliore per migliorare la mobilità transfrontaliera dei
professionisti della revisione contabile?
(34) Siete d’accordo con la proposta di “un’armonizzazione massima” combinata ad un
passaporto europeo unico per i revisori e le imprese di revisione contabile? Ritenete che
questa proposta dovrebbe applicarsi anche alle imprese di revisioni di minori
dimensioni?
Non riteniamo la mobilità transfrontaliera possa essere un’opportunità data la delicatezza della
funzione di revisione. E, comunque, che non possa esserlo senza aver preventivamente:
-
garantito un’armonizzazione sostanziale in materia di revisione legale dei conti;
impedito che le riserve di attività introdotte nelle varie legislazioni siano ampliate a servizi
diversi dalla revisione.
Definire una comune regolamentazione a livello europeo e creare un passaporto europeo, come
evidenziato nel libro verde, vuol dire creare un sistema di registrazione europeo basato su requisiti
comuni in materia di qualificazione professionale e norme comuni in materia di governo societario,
assetto proprietario e indipendenza applicabili in tutta l’Unione europea, nonché assoggettamento
ad un’unica autorità di regolamentazione e di controllo.
Oggi infatti, e non a caso, il legislatore europeo ha sottratto la revisione al regime della libera
prestazione, previsto per altre professioni regolamentate, ed imposto il regime dello stabilimento 5.
Le ragioni di ciò vanno ricercate nella natura stessa dei servizi di revisione che difficilmente
possono presentare il carattere temporaneo e occasionale richiesto dall’art. 5 della direttiva
qualifiche. Tali caratteristiche infatti devono essere valutate, “caso per caso, in particolare in
funzione della durata della prestazione stessa, della sua frequenza, della sua periodicità e della sua
continuità.”
A questa ragione può esserne affiancata un’altra. L’esercizio della revisione implica non solo
conoscenze in materia di formazione di bilanci, che presentano caratteristiche analoghe in tutti i
paesi europei, ma anche l’acquisizione delle conoscenze legali che incidono sulle scelte di
formazione di bilancio e di tenuta della contabilità. Come evidenziato dall’art.14 della direttiva la
prova attitudinale a cui sono sottoposti i revisori legali abilitati in altri Stati membri, “effettuata in
una delle lingue autorizzate dalle disposizioni sull'impiego delle lingue vigenti nello Stato membro
in questione, verte esclusivamente sulla conoscenza delle leggi e delle regolamentazioni dello Stato
membro in oggetto, nella misura in cui tale conoscenza sia rilevante per le revisioni legali dei
conti.”
Alla luce di tali considerazioni sembra assai difficile ipotizzare di estendere il regime della libera
prestazione dei servizi anche alle revisioni legali.
Invero una armonizzazione dei sistemi (struttura base università/tirocinio/esame e relative autorità
competenti) appare al momento particolarmente complessa. Potrebbero però essere armonizzabili
5
Si ricorda che ai sensi dell’art. 1 della direttiva servizi si ha stabilimento in presenza dell’esercizio effettivo di
un’attività economica di cui all’articolo 43 del trattato a tempo indeterminato da parte del prestatore, con
un’infrastruttura stabile a partire dalla quale viene effettivamente svolta l’attività di prestazione di servizi.
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gli elementi comparabili, quindi i contenuti formativi in considerazione delle caratteristiche comuni
della revisione (tecnica/competenze base/contenuti relativi agli aspetti internazionali). A tale
riguardo il CNDCEC partecipa al progetto “Common Content” che ha come obiettivo di fondo
quello di condividere i contenuti formativi di base per l’accesso alla professione e quindi favorire la
comparabilità delle qualifiche e la circolazione dei professionisti.
7. SEMPLIFICAZIONE: IMPRESE E PROFESSIONISTI DI PICCOLE E MEDIE
DIMENSIONI
(35) Sareste favorevoli ad un livello di servizio inferiore alla revisione, ossia una "revisione
limitata" o un "riesame legale", per i bilanci delle PMI in sostituzione della revisione
legale? Questo servizio dovrebbe essere subordinato al fatto che la redazione dei conti
venga affidata ad un contabile (interno o esterno) avente le idonee qualificazioni?
Giudichiamo ragionevoli ed adeguate le attuali soglie per la revisione legale dei conti,
raccomandate dalla UE ed in vigore in Italia.
Riteniamo altresì che tutte le revisioni legali dei conti dovrebbero essere svolte con lo stesso livello
elevato di qualità statuito dai principi di revisione internazionali, sia che siano svolte da un revisore
esterno ovvero da un organo interno di supervisione composto da professionisti indipendenti della
revisione come il Collegio Sindacale o altre forme di IPSB, come avviene in Italia per gli enti non
di interesse pubblico.
Per le imprese soggette alla revisione legale dei conti, riteniamo tuttavia che dovrebbero essere
ammessi soltanto gli incarichi di revisione contabile completa, conformi ai principi di revisione
internazionali.
Crediamo che si dovrebbe considerare attentamente l’introduzione (e standardizzazione a livello UE
o a livello internazionale) di altri servizi di assurance per quelle imprese che non sono soggette alla
revisione legale dei conti (ossia, quelle al di sotto delle soglie stabilite dalla UE); tali servizi
potrebbero includere:
• i servizi di assurance, basati sulla revisione limitata, come lo standard ISRE 2400 emesso
dallo IAASB ed attualmente in corso di riesame; gli incarichi di revisione limitata potrebbero
essere svolti su base volontaria nel caso delle imprese che non sono soggette alla revisione legale
dei conti ;
• altri servizi diversi da quelli di assurance basati sul modello della compilazione, come lo
standard ISRS 4410 (servizi correlati) emesso dallo IAASB ed attualmente in corso di riesame.
Tali servizi potrebbero essere svolti da revisori esterni o assegnati al Collegio Sindacale o ad altro
IPSB, nei casi in cui il Collegio Sindacale o altro IPSB sia nominato su base volontaria e la legge
non imponga lo svolgimento della revisione contabile (ossia per quelle imprese al di sotto delle
soglie stabilite dalla UE).
Riteniamo che una revisione legale dei conti limitata per le imprese che sono al di sotto delle soglie
minime stabilite dalla UE fornirebbe un livello di sicurezza agli stakeholder sull’attendibilità delle
informazioni finanziarie delle imprese private, agevolando l’accesso al credito delle PMI. Saremmo
quindi favorevoli all’introduzione dell’obbligo della revisione legale limitata per le imprese al di
sotto delle soglie stabilite dalla UE, in tutti i casi in cui queste imprese siano ammesse dalla legge
alla responsabilità limitata.
(36) Dovrebbe essere prevista un'esenzione, applicabile alle PMI, in caso di eventuale divieto
futuro di fornire servizi diversi dalla revisione contabile?
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Riteniamo che la previsione di un’esenzione dovrebbe essere adottata per quegli studi che
forniscono servizi di revisione limitata o di compilazione (ossia, servizi diversi dalla revisione
contabile) insieme ad altri servizi; un’eventuale regolamentazione di questo tipo dovrebbe
prevedere un’indipendenza sufficiente, mediante l’utilizzo di limitazioni e/o di salvaguardie.
Concordiamo sul fatto che la prestazione di servizi diversi dalla revisione contabile da parte dei
revisori ai clienti soggetti alla revisione contabile potrebbe rappresentare una minaccia
all’indipendenza che va fronteggiata; occorre applicare le misure di salvaguardia necessarie, oppure
non fornire affatto il servizio.
La prestazione di altri servizi ai clienti soggetti alla revisione contabile dovrebbe essere soggetta a
forti limitazioni in quanto alla rilevanza; un esempio di tali limitazioni è contenuto nella bozza di
documento del CNDCEC sulle linee guida per l’indipendenza del Collegio Sindacale o di altro
IPSB:
Per esempio:
Rapporto compensi totali sulla
società o gruppo (S+C) /
compensi totali professionista
(CT)
> 15%
Rapporto compensi attività
sindaco(S)/ Compensi totali sulla
medesima società o gruppo (S+C)
Indipendenza
> 2/3
SI
>5% ≤ 15%
> 1/2
SI
≤ 5%
IRRILEVANTE
SI
Tuttavia, riteniamo che ai revisori delle società quotate e degli enti di interesse pubblico dovrebbe
essere vietato prestare servizi diversi dalla revisione contabile ai propri clienti sottoposti a revisione.
(37) Una "revisione limitata" o un "riesame legale" dovrebbero essere accompagnati da
norme meno vincolanti per quanto riguarda il controllo di qualità interna e la vigilanza
delle autorità di vigilanza? Potreste dare esempi di come ciò potrebbe funzionare in
pratica?
Crediamo che sarebbe sensato applicare gli stessi principi a tutte le revisioni legali e a tutti i servizi
correlati (quali le revisioni limitate e le compilazioni), i principi sul controllo della qualità. La
principale problematica a questo riguardo è la “adattabilità” di tali principi, cioè il fatto che siano
applicabili in modo ragionevole alle PMI e ai piccoli e medi studi (PMS).
Riteniamo che si dovrebbe fare un ampio utilizzo di tutte le guide disponibili sull’adattabilità di tali
principi (quali la “ISA Guide for SME audits” – Guida ai Principi di revisione internazionali per la
revisione delle PMI - e la “Quality Control Guide”-Guida al controllo di qualità- pubblicate dal
Small Medium Practices Committee dell’IFAC), e che dovrebbero essere elaborate altre guide
sull’adattabilità dei principi alle PMI e ai PMS a livello europeo e a livello nazionale.
Inoltre, i principi di revisione internazionali e i principi sul controllo di qualità dovrebbero essere
riformulati, per quanto possibile, basandosi strettamente sui principi generali; essi dovrebbero
essere ricostruiti secondo un approccio di “adattabilità”, per potersi adattare più facilmente alle
esigenze di PMI e PMS (principio del “think small first”).
Se i principi non saranno resi più adattabili e se le nuove linee guida o quelle già esistenti non
saranno adottate per agevolarne l’applicazione nelle PMI e nei PMS, c’è il rischio che gli studi più
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piccoli smetteranno di svolgere revisioni contabili e/o di prestare altri servizi di assurance, cosa che
a nostro giudizio va contro l’interesse pubblico.
Riteniamo anche che la vigilanza sui revisori contabili che svolgono servizi di revisione limitata
(e/o altro servizi di assurance diversi dalla revisione contabile) dovrebbe essere svolta da organismi
professionali nazionali. Questo dovrebbe valere anche per la supervisione dei revisori che svolgono
la revisione contabile di enti non di interesse pubblico.
8. COOPERAZIONE INTERNAZIONALE
(38) A vostro parere, quali misure di cooperazione internazionale potrebbero accrescere la
qualità della vigilanza degli operatori internazionali del settore della revisione
contabile?
L’adozione di standard internazionali in materia di revisione, deontologia, indipendenza e controllo
della qualità, così come la loro coerente applicazione, potrebbero contribuire a migliorare la qualità
della vigilanza degli operatori internazionali del settore della revisione contabile.
Sarebbe anche utile al raggiungimento di tale obiettivo il rafforzamento delle procedure esistenti per
il mutuo riconoscimento dei sistemi di vigilanza pubblica della revisione, nonché quelle per lo
scambio delle carte di lavoro con i paesi terzi.