L`Organizzazione Mondiale della Sanità e tutte le associazioni di

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L`Organizzazione Mondiale della Sanità e tutte le associazioni di
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II”
FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA
Scuola di Specializzazione
in
“Ispezione degli Alimenti di Origine Animale”
Dipartimento di Scienze Zootecniche
e Ispezione degli Alimenti
TESI DI GRUPPO
LA SORVEGLIANZA VETERINARIA
PRESSO I LACTARIUM DELLA CITTA’
DI NAPOLI
RELATORE:
CANDIDATI:
CH.MO PROF.
DOTT.SSA DILETTA MANDATO 614100281
GIUSEPPE PEZONE
DOTT. GIUSEPPE MENNELLA
614100293
DOTT. AGOSTINO RINALDI
614100288
Anno Accademico 2009 - 2010
MATR.
INDICE
Pag.
Capitolo I – INTRODUZIONE
3
Capitolo II – ASPETTI LEGISLATIVI
12
Capitolo III – SCOPO DEL LAVORO
50
Capitolo IV – MATERIALI E METODI
51
Capitolo V – RISULTATI
52
Capitolo VI - CONCLUSIONI
53
BIBLIOSITOGRAFIA
54
2
Capitolo I
INTRODUZIONE
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e tutte le associazioni di
pediatria e di ginecologia raccomandano l'allattamento dei neonati al seno
almeno per i primi sei mesi di vita, perché il latte prodotto dalla ghiandola
mammaria è l'unico alimento che soddisfa pienamente tutte le esigenze
nutritive del neonato.
Su indicazione di OMS e UNICEF, nel 1981, l’Assemblea Mondiale della
Sanità adotta il Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti
del latte materno; tale codice proibisce qualunque reclamizzazione di sostituti
del latte materno e dei prodotti necessari alla sua somministrazione,
"regolamentando le vendite e le promozioni inappropriate degli alimenti per
l'infanzia che possono essere usati per sostituire il latte materno", ed anzi,
incoraggia l’allattamento naturale al seno.
L’OMS suggerisce di limitare la somministrazione dei latti artificiali solo
su prescrizione medica, in particolare in casi prettamente necessari:
1.
nelle TIN1;
2.
in donne affette da agalassia;
3.
in soggetti nati pre-termine;
4.
in soggetti nati sottopeso;
1
TIN: Terapia Intensiva Neonatale.
3
5.
in soggetti immunocompromessi;
6.
in soggetti HIV positivi;
7.
in soggetti in rialimentazione dopo interventi chirurgici di resezione
intestinale;
8.
in soggetti con insufficienza renale cronica;
9.
in soggetti con cardiopatie con difetto di crescita per intolleranza
alimentare.
La preparazione del latte avviene nel cosiddetto Lactarium.
Il Lactarium è da considerarsi come una “cucina” per piccoli, che fornisce pasti
ai lattanti, al nido, ai prematuri, con utilizzo sia di latte artificiale che di latte
umano; dovrà quindi essere organizzato per ospitare la “banca del latte”.
L’area dedicata al Lactarium deve essere considerata come una area
autonoma rispetto al servizio della Nursey, alle Degenze di Ostetricia e al
Blocco Parto.
Il personale dedicato al Lactarium provvede alla preparazione dei pasti per
prematuri, neonati e lattanti attraverso delicate procedure operative che
riguardano il lavaggio, la sterilizzazione dei biberon, la preparazione degli
alimenti in essi contenuti (latte materno, umano, formule lattee, diete
semisintetiche e formule per alimentazione entrale) e l'eventuale successiva
pastorizzazione.
Il regolamento (CE) n. 882/2004 prevede che i controlli ufficiali debbano
svolgersi secondo procedure documentate al fine di garantire un approccio
uniforme sull’intero territorio nazionale, nonché con un alto livello di prestazione
onde garantire il rispetto, da parte degli operatori del settore alimentare, dei
requisiti generali e specifici in materia di igiene di cui ai regolamenti (CE) n. 852
4
e n. 853 del 2004 ed assicurare che siano adottate misure correttive come
previsto dall’articolo 8 del regolamento (CE) n. 882/2004.
Le relazioni redatte, a seguito dei controlli ufficiali, costituiscono uno strumento
imprescindibile, anche al fine della programmazione dei controlli successivi e
della medesima valutazione della azioni da adottare, nel caso in cui l’operatore
non ponga rimedio alla situazione di non conformità.
I controlli mirano a verificare l’idoneità dei locali, delle attrezzature, delle
procedure adottate nella preparazione di diete lattee, nonché a valutare
l’esistenza di un piano di autocontrollo, e della sua applicazione, con
particolare
attenzione
al
percorso
del
latte,
dalla
preparazione
alla
somministrazione. Nel piano di autocontrollo debbono essere previste anche le
procedure di somministrazione, trasporto e stoccaggio.
I locali devono essere progettati ed ubicati seguendo il criterio della
marcia in avanti, al fine di scongiurare un incrocio sporco-pulito, dovendo
essere costantemente assicurati i livelli adeguati di pulizia.
In particolare, nei locali devono susseguirsi nell’ordine:

Ricezione-deposito

Zona spogliatoio

Zona filtro

Zona preparazione

Zona lavaggio
L’area ricezione-deposito conterrà dispense e celle frigorifere. Queste
ultime devono avere un rivelatore esterno di temperatura. Le confezioni di
materiale monouso (biberon e tettarelle) e le confezioni di latte di vario tipo (latti
5
liquidi o in polvere) devono essere stoccate nel magazzino, che quindi deve
essere dotato di scaffalature, per garantire una idonea separazione dei
materiali. Tali scaffalature devono essere concepite in modo tale che le
confezioni siano tenute sollevate almeno 20 cm dal pavimento; inoltre, devono
essere costituite di materiale lavabile e sanificabile (acciaio inox, laminato
plastico, ecc.).
I pavimenti e le pareti devono essere
costruiti in materiale lavabile e
disinfettabile ed il locale deve essere dotato di sistemi antintrusione.
La zona spogliatoio deve essere dotata di armadietti personali a doppio
scomparto, per la separazione di abiti da lavoro da quelli personali.
La zona filtro è la zona di passaggio per il personale che, ha indossato
gli abiti da lavoro nello spogliatoio e, deve accedere alla zona preparazione, e
deve essere provvista di lavabo e armadietti contenenti camici, copricapi,
mascherine e copriscarpe sterili.
La zona preparazione deve essere dotata di pavimenti e di pareti
rivestiti di materiale facilmente lavabile e disinfettabile, di finestre con reti
antintrusione, di almeno un armadio, di un mobile pensile, di un lavandino
inglobato in un piano di lavoro, di una mensola di appoggio.
La zona lavaggio è la zona dedicata al lavaggio dei carrelli da trasporto,
degli utensili e di biberon e tettarelle (anche se in genere si usano presidi
monouso).
Il Lactarium è dotato delle seguenti attrezzature:

Frigorifero biologico

Deionizzatore-sterilizzatore

Scaldabiberon

Forno a microonde
6

Vaschetta

Sterilizzatore

Bilancia

Carrello scaldabiberon e trasporta-biberon

Piastra elettrica

Container biberon e succhiotti
Il frigorifero biologico, utilizzato esclusivamente per i poppatoi già pronti
sia di latte materno, che di latte TIPO 0 (latti destinati al rapido recupero di
peso per i neonati pretermine) e TIPO 1 (per i neonati a termine), deve essere
munito di “dischetto” grafico esterno per la registrazione del corretto
funzionamento.
Il
deionizzatore-sterilizzatore
è
lo
strumento
essenziale
per
il
rifornimento di acqua sterile e deionizzata impiegata per la preparazione di latti
ricostituiti (Legge per la potabilità dell’acqua: D.P.R. n. 236 del 24 maggio
1988).
Lo scaldabiberon è fondamentale per il riscaldamento dei poppatoi.
Il forno a microonde è necessario per la preparazione dei latti “speciali”
in polvere secondo le raccomandazioni dell’OMS.
La vaschetta serve per la disinfezione dei biberon di vetro.
Lo sterilizzatore è necessario per sterilizzare biberon, tettarelle e
succhietti.
I due principali metodi di sterilizzazione sono:
A caldo che prevede l'utilizzo di sterilizzatori elettrici o di forni a microonde (in
cui riporre i vari oggetti adoperando un apposito recipiente), oppure di una
7
normalissima pentola d'acqua dove far bollire tutti i componenti del biberon per
20 minuti. La sterilizzazione a caldo, quindi, è una tecnica che sfrutta l'azione
disinfettante e battericida dell'acqua calda. Si può impiegare direttamente
l'acqua o, per maggiore velocità, il vapore che emana durante l'ebollizione.
A freddo: in questo caso bottiglia, ghiera e tettarella vanno immersi per circa
30 minuti in una bacinella piena d'acqua fredda in cui è stato diluito un apposito
liquido disinfettante. Non è poi necessario il risciacquo prima dell'uso.
In particolare, la sterilizzazione si può realizzare:
Con la bollitura
In un apposito contenitore, o in una pentola con coperchio, si fanno bollire, per
almeno 20 minuti, gli oggetti da disinfettare, controllando sempre che
rimangano coperti dall'acqua. Occorre inserire le parti in vetro all'inizio e quelle
in plastica appena comincia l'ebollizione. Una volta conclusa la sterilizzazione,
gli oggetti vanno lasciati sgocciolare, evitando di toccarli ma utilizzando
l'apposita pinza. Infine, con le mani ben lavate, il biberon va richiuso con la
tettarella rivolta verso l'interno.
A vapore fluente
Gli apparecchi elettrici sfruttano l'energia del vapore per eliminare i germi e i
funghi. Gli sterilizzatori elettrici sono composti da un bollitore a corrente
elettrica, un cestello per biberon e accessori, un termostato per mantenere la
temperatura costante ed una valvola di sicurezza. In questo caso è necessario
inserire
una
piccola
quantità
d'acqua
che,
portata
dall'apparecchio, si trasforma in vapore e sterilizza i biberon.
8
ad
ebollizione
A freddo
In questo caso, la sterilizzazione si basa sull'uso di disinfettanti chimici, liquidi o
in pastiglie effervescenti, da sciogliere in acqua fredda e diluite secondo le
proporzioni indicate sulla confezione. Si utilizzano vaschette con coperchio.
L'operazione dura una trentina di minuti, ma è possibile lasciare biberon e
succhietti immersi nella soluzione anche per 24 ore. La sterilizzazione a freddo
è indicata per le tettarelle in caucciù, che per effetto del calore, tendono a
deformarsi. Non è necessario risciacquare gli oggetti prima di usarl.
A secco
Questa tecnica, un po' meno diffusa, si effettua ricorrendo ad una lampada
germicida, utilizzato ad esempio negli studi dentistici, efficace per sterilizzare
anche oggetti di uso comune come, appunto, biberon e tettarelle. Si basa
sull'azione dei raggi ultravioletti capaci di inattivare gli agenti nocivi. È, però,
fondamentale che gli oggetti, puliti e asciugati, siano esposti ai raggi nel modo
corretto, cioè con l'apertura orientata verso la lampada.
La bilancia serve per pesare il latte in polvere nel caso siano necessarie
soluzioni a concentrazioni determinate, e periodicamente necessita di verifica
della taratura.
Il carrello scaldabiberon e trasporta-biberon permette il posizionamento
di cesti e container dedicati per il lavaggio e l’igienizzazione completa di
succhietti e biberon. In un solo ciclo si ha quindi la sicurezza del trattamento di
grandi carichi in tempi ristretti.
9
La piastra elettrica deve essere dotata di termostati di sicurezza.
I container per biberon e per succhietti serviranno per contenere
rispettivamente biberon e succhietti.
Tutte le attrezzature devono essere conformi alle norme di sicurezza e di
protezione del personale (D.Lvo 81/2008 recante il nuovo Testo unico sulla
sicurezza sul lavoro) e devono ricevere verifiche e riqualificazione periodiche.
La qualificazione delle attrezzature/apparecchiature deve dimostrare che esse
funzionino correttamente e diano realmente i risultati attesi (ISO 9001); ciò è
obbligatorio nel caso di nuove attrezzature e dopo eventuali riparazioni.
Deve essere stabilito un elenco per ognuna delle apparecchiature certificate,
contenente elementi relativi alla loro identificazione, manutenzione e
riparazione.
Naturalmente, il Lactarium sarà provvisto di materiali, da impiegare nella
preparazione e nella somministrazione, idonei a venire a contatto con gli
alimenti (D.M. 21 marzo 1993 e successive modifiche, D.Lvo 108/92):
o
biberon e tettarelle monouso sterili
o
biberon in vetro
I biberon sono in materiale adatto al contatto con gli alimenti, idoneo a tutte le
temperature di sterilizzazione e di congelamento. Generalmente sono in
polipropilene e vengono sterilizzati con raggi gamma. I biberon avranno una
scala graduata serigrafata ben visibile. Inoltre devono essere forniti di tettarella
monouso e bicchierino copritettarella di protezione, già montato, per evitare
contaminazioni all’apertura della confezione e vanificare la sterilizzazione a cui
10
i prodotti sono sottoposti. In genere la tettarella è in evoprene, materiale
termoplastico. La ghiera della tettarella deve essere esente da lattice per i
pazienti intolleranti a questa sostanza.
Inoltre, il Lactarium dev’essere dotato di un deposito per accogliere i seguenti
alimenti:
o
latte liquido tipo 0
o
latte liquido tipo 1
o
latti “speciali” in polvere (latti ai quali vengono aggiunti od eliminati uno o
più ingredienti per risolvere disturbi particolari)
o
acqua oligominerale (in alternativa al rifornimento continuo di acqua
trattata con deionizzatore-sterilizzatore)
o
integratori del latte
11
Capitolo II
ASPETTI LEGISLATIVI
L’evoluzione normativa ha tratto spunto dal codice precitato in premessa.
La XXVII
Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), nel 1974, notava la
decadenza generale dell'allattamento al seno in molte parti del mondo, in
relazione a fattori socioculturali e ad altri fattori, compresa la promozione
commerciale di sostituti industriali del latte materno, e, pertanto, chiedeva "agli
Stati Membri di rivedere le attività di promozione alla vendita degli alimenti per
l'infanzia e di introdurre appropriate misure di controllo, compresi codici e leggi
sulla pubblicità ove necessario".
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ed il Fondo delle Nazioni
Unite per l'Infanzia (UNICEF) hanno posto rilievo, per molti anni, sul valore di
conservare la pratica dell'allattamento al seno e di farla rifiorire ove sia in
declino, come un sistema per migliorare la salute e la nutrizione dei lattanti e
dei bambini.
Nel gennaio del 1981, il Comitato Esecutivo dell'OMS, nella sua LXVII
sessione, prese in considerazione la quarta bozza del codice, la approvò, e
raccomandò all’unanimità alla XXXIV AMS il testo di una risoluzione che
adottasse il codice sotto forma di raccomandazione. Nel maggio dello stesso,
l'AMS adottò il codice, come proposto, con 118 voti a favore, uno contrario, e
tre astensioni.
12
Fino al 1997, circa 130 paesi avevano promulgato una legge nazionale
ispirata a tale Codice. L'Italia fa parte di questo gruppo, avendo promulgato, il 6
aprile 1994, il Decreto Ministeriale n. 500.
È opportuno rimarcare che nel sottoscrivere il Codice, le compagnie si
sono impegnate a rispettare l'articolo 11, comma 3 che cita testualmente:
"Indipendentemente da qualsiasi altra misura adottata al fine di adempiere al presente
Codice (cioè indipendentemente dall'esistenza o meno di leggi nazionali), produttori e
distributori di prodotti cui si applica il presente Codice devono considerarsi
responsabili della sorveglianza sulle pratiche di marketing secondo i principi e le
finalità del presente Codice e devono adottare le misure necessarie a garantire che la
loro condotta sia,ad ogni livello, conforme ad essi".
I punti essenziali del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei
Sostituti del Latte Materno:

I governi devono assumere la responsabilità di una irreprensibile informazione
sull'alimentazione del neonato e del lattante alle famiglie ed agli operatori
sanitari.

Il materiale informativo per le famiglie deve indicare in maniera netta la
superiorità dell'allattamento al seno e la difficoltà di invertire la decisione di
non allattare.

Lo stesso materiale informativo deve spiegare con chiarezza le implicazioni
anche sociali ed economiche della scelta di non allattare al seno, oltre ai
pericoli per la salute.

Le donazioni di attrezzature e di materiali informativi da parte delle compagnie
deve avvenire unicamente su richiesta e dietro consenso scritto di una
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competente autorità governativa; tali attrezzature e materiali possono avere il
nome o il logotipo della compagnia, ma nessun riferimento ai prodotti della
stessa.

Non vi dev’essere alcuna pubblicità o altra forma di promozione al pubblico di
prodotti che rientrino nel campo di applicazione del Codice.

Non vi devono essere forniture, dirette o indirette, di tali prodotti, anche sotto
forma di campioni, alle gestanti, alle madri ed alle loro famiglie.

Non vi dev'essere alcuna pubblicità né distribuzione di campioni omaggio né
altro tipo di promozione degli stessi prodotti nei punti vendita.

Non dev'essere distribuito alle gestanti e alle madri alcun articolo o materiale
omaggio che possa incoraggiare l'impiego di sostituti del latte materno o di
biberon.

Non vi dev'essere alcun tipo di contatto diretto tra rappresentanti o impiegati
delle compagnie e gestanti, madri o famiglie.

Non si deve fare alcuna promozione dei sostituti del latte materno nelle unità
sanitarie, compresa l'esposizione di manifesti o altri materiali forniti dalle
compagnie.

Non dev'essere permessa l'utilizzazione delle unità sanitarie da parte di
rappresentanti o impiegati delle compagnie per fare promozione dei loro
prodotti.

Non vi devono essere donazioni o vendite a basso prezzo dei prodotti
contemplati dal Codice alle unità sanitarie o a singoli operatori.

Non devono essere offerti dalle compagnie agli operatori sanitari incentivi
economici o materiali allo scopo di promuovere prodotti contemplati dal
Codice; i contributi individuali per viaggi di studio, borse di studio, ricerche o
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consulenze devono essere dichiarati sia dalla compagnia che dal beneficiario
all'istituzione alla quale quest'ultimo è affiliato.

Il volume delle vendite dei prodotti contemplati dal Codice non dev'essere usato
dalle compagnie nel calcolo della percentuale di compenso degli addetti al
marketing come sistema di incentivazione.

Le etichette dei prodotti non devono sconsigliare, con scritte o figure,
l'allattamento al seno e devono spiegare in modo comprensibile alle madri l'uso
adeguato degli stessi; in particolare devono dire in modo chiaro che il prodotto
va usato solo dietro prescrizione e supervisione medica.
La legislazione comunitaria in materia di alimenti per l’infanzia ha emanato
numerose direttive, tra le quali:
Direttiva 89/398/CEE (recepita in Italia con D.Lvo n. 111/1992): concernente i
prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare;
Direttiva 91/321/CEE (recepita in Italia con D.M. Sanità n. 500/1994):
concernente gli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento, stabilisce e,
per la prima volta, fissa i criteri di composizione e di etichettature dei sostituti
del materno e successive modifiche ed integrazioni (1996/4/CEE; 1999/50/CEE
rispettivamente riguardo alle formule relative alle allergie alle proteine del latte,
l’introduzione di acidi grassi polinsaturi a catena lunga ed i limiti fissati per gli
antiparassitari).
Vi è una sostanziale intesa della normativa comunitaria con i principi ratificati
dal Codice Internazionale: le direttive menzionate, pongono in rilievo l’impegno
del Legislatore di difendere l’allattamento al seno ed assicurare l’uso corretto
dei sostituti del latte materno, solo in caso di reale bisogno.
15
L’ordinamento italiano accoglie con alcuni atti i principi del Codice OMS e le
susseguenti raccomandazioni, come pure le direttive comunitarie indicate.
Inoltre, esplicita, con provvedimenti specifici, l’impegno alla promozione ed al
sostegno dell’allattamento materno, anche tramite provvedimenti integrati.
Il D.Lvo n. 111/1992, sui prodotti alimentari destinati ad una
alimentazione particolare, definisce il campo di applicazione del prodotto
dietetico.
Richiede che il prodotto risponda alle esigenze nutrizionali particolari delle
persone con difficoltà di assimilazione o con un metabolismo perturbato, delle
persone in condizioni fisiologiche particolari, dei lattanti e bambini nella prima
infanzia. Esige, inoltre, che il prodotto si debba distinguere chiaramente dagli
alimenti di consumo corrente, debba essere adatto ad uno specifico obiettivo
nutrizionale e debba essere commercializzato con l'indicazione dell'obiettivo
nutrizionale. Il D.Lvo n. 111/1992 pone il latte artificiale tra i prodotti destinati a
un'alimentazione particolare. Questi alimenti, come il latte di partenza e il latte
di proseguimento, sono distinti dagli alimenti comuni perché sono creati e
impiegati per un obiettivo nutrizionale particolare. In questa categoria rientrano
quindi il latte per neonati, fino a un anno di vita, il latte di proseguimento, da un
anno di vita in poi, ed i prodotti dietetici.
Il latte artificiale per neonati, in particolare il latte di partenza e il latte di
proseguimento, può essere liberamente venduto, invece il latte speciale, per i
neonati che hanno specifiche esigenze nutritive, deve essere messo in vendita
esclusivamente dopo l’autorizzazione da parte del Ministero della Salute. In
ogni caso, tutti gli stabilimenti di produzione e di confezionamento di latte
artificiale per neonati, devono essere autorizzati dal Ministero della Salute.
16
Il D.Lvo n. 111/1992 dispone che tali prodotti alimentari rechino in lingua
italiana sulle confezioni le seguenti indicazioni:
1.
la denominazione di vendita, accompagnata dalla indicazione delle
caratteristiche nutrizionali particolari; per i prodotti destinati a lattanti o a bambini
nella prima infanzia in buona salute, la denominazione di vendita è invece
accompagnata dall’indicazione della loro destinazione;
2.
l'elenco degli ingredienti;
3.
gli elementi particolari della composizione qualitativa e quantitativa o il
processo speciale di fabbricazione che conferiscano al prodotto le sue caratteristiche
nutrizionali particolari;
4.
il quantitativo netto;
5.
il termine minimo di conservazione;
6.
le modalità di conservazione e di utilizzazione qualora sia necessaria
l'adozione di particolari accorgimenti in funzione della natura del prodotto;
7.
le istruzioni per l'uso, quando la loro omissione non consente all'acquirente di
fare un uso appropriato del prodotto alimentare;
8.
il tenore di glucidi (carboidrati), protidi (proteine) e lipidi (grassi) per 100 gr o
100 ml di prodotto commercializzato e per quantità proposta da consumare se il
prodotto è così presentato;
9.
l'indicazione in kilocalorie (kcal) o in kilojoules (kJ) del valore energetico per
100 gr o 100 ml di prodotto e, se il prodotto è così presentato, per quantità proposta da
consumare. Tale indicazione può essere sostituita dalle dizioni valore energetico
inferiore a 50 kj (12 kcal) per 100 gr ovvero valore energetico inferiore a 50 kj (12
kcal) per 100 ml quando il prodotto contenga dei valori energetici inferiori a 50 kj (12
kcal);
17
10.
il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o
del confezionatore o di un venditore stabilito nella comunità europea;
11.
la sede dello stabilimento di fabbricazione o di confezionamento per i prodotti
fabbricati o confezionati in Italia per la vendita sul territorio nazionale;
12.
il luogo di origine o di provenienza qualora l'omissione di tale indicazione
possa indurre in errore il consumatore finale circa l'origine e la provenienza effettiva
del prodotto alimentare.
Il Ministero della Sanità ha emanato il Decreto n. 500, il 6 aprile 1994,
concernente l’attuazione delle direttive 91/321/CEE della Commissione del 14
maggio 1991 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento e
92/52/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 sugli alimenti per lattanti e alimenti
di proseguimento destinati all’esportazione verso Paesi terzi.
Il Decreto n. 500 è stato abrogato e sostituito col Decreto 9 aprile 2009
n. 82, regolamento concernente l'attuazione della direttiva 2006/141/CE per la
parte riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento
destinati alla Comunità europea ed all'esportazione presso Paesi terzi. Al
momento della stesura del presente lavoro, questo decreto manca della
disciplina sanzionatoria che è allo studio al Dipartimento per gli Affari Giuridici e
Legislativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
In sostanza, viene deciso che a partire dal 22 luglio 2009 gli alimenti per
bambini fino a un anno di età (lattanti) e gli alimenti di proseguimento destinati
alla prima infanzia, posso essere messi in commercio solo se conformi alle
disposizioni stabilite dal suddetto decreto emesso dal ministero del Lavoro,
Salute e Politiche sociali, di concerto con il ministero dello Sviluppo economico,
in attuazione della direttiva 2006/141/CE.
18
Al fine di consumare le scorte, è stato previsto che gli alimenti non in
regola con il decreto potranno essere posti in vendita fino al 31 dicembre 2009.
La legge prevede, poi, un'attività di monitoraggio da parte dei Ministeri sui
prezzi di vendita degli alimenti per lattanti, che dovranno essere resi pubblici a
tutela dei consumatori e una campagna sulla corretta alimentazione dei più
piccoli, volta anche a proteggere e migliorare l'allattamento al seno.
Degno di nota è l'art. 9 del Decreto, con il quale il legislatore ha stabilito le
denominazioni
di
vendita
dei
vari
prodotti
che
dovranno
essere
necessariamente utilizzate dai produttori. D'ora in avanti sulle confezioni il
consumatore rinverrà locuzioni come "alimento per lattanti" e "alimento di
proseguimento" e i "consigli" e le "raccomandazioni" che per forza dovranno
essere aggiunte alle indicazioni già previste dal D.Lvo 109/1992, con il palese
fine di favorire l'allattamento al seno e l'uso assennato di tali alimenti.
Il Decreto n. 82/2009 stabilisce alcune definizioni:

«lattanti»: i soggetti di età inferiore a dodici mesi;

«bambini»: i soggetti di età compresa fra uno e tre anni;

«alimenti per lattanti», ovvero «formule per lattanti» ovvero «preparati
per lattanti»: i prodotti alimentari destinati alla particolare alimentazione dei
lattanti nei primi sei mesi di vita, in grado di soddisfare da soli il fabbisogno
nutritivo di questa fascia di età fino all'introduzione di un'adeguata
alimentazione complementare;

«alimenti di proseguimento», ovvero «formule di proseguimento»: i
prodotti alimentari destinati alla particolare alimentazione dei lattanti dopo il
sesto mese di vita, successivamente all'introduzione di una adeguata
alimentazione complementare, costituenti il principale elemento liquido
19
nell'ambito dell'alimentazione progressivamente diversificata per questa fascia
di età.

Nessun prodotto, ad eccezione degli alimenti per lattanti, può essere
commercializzato o presentato come prodotto idoneo a soddisfare, da solo, il
fabbisogno nutritivo dei lattanti in buona salute nei primi sei mesi di vita, fino
all'introduzione di una adeguata alimentazione complementare.
Per quanto concerne la fabbricazione dei prodotti:

Gli alimenti per lattanti devono essere fabbricati con le fonti proteiche
definite nell'allegato I, punto 2 e con altri ingredienti alimentari la cui idoneità
alla particolare alimentazione dei lattanti sin dalla nascita deve essere
confermata da dati scientifici universalmente riconosciuti.

Gli alimenti di proseguimento devono essere fabbricati con le fonti
proteiche indicate nell'allegato II, punto 2 e con altri ingredienti alimentari la
cui idoneità alla particolare alimentazione dei lattanti dopo il compimento del
sesto mese sia confermata da dati scientifici universalmente riconosciuti.

Per la fabbricazione degli alimenti per lattanti e gli alimenti di
proseguimento possono essere utilizzate unicamente le sostanze elencate
nell'allegato III, al fine di soddisfare i requisiti relativi alle sostanze minerali,
alle vitamine, agli aminoacidi ed altri composti azotati e alle altre sostanze con
un particolare scopo nutritivo.

Nella produzione di alimenti per lattanti e di alimenti di proseguimento
possono essere impiegati gli additivi previsti, rispettivamente, nella parte 1 e
nella parte 2 dell'allegato XIII del decreto del Ministero della Sanità 27
febbraio 1996, n. 209.
20
Il Decreto n. 82/2009 fornisce altre indicazioni riguardo l’etichettatura di tali
prodotti alimentari:
a) per gli alimenti per lattanti la dicitura che il prodotto è idoneo alla particolare
alimentazione dei lattanti sin dalla nascita, nel caso in cui essi non sono allattati al
seno;
b) per gli alimenti di proseguimento la dicitura:
1.
che il prodotto è idoneo soltanto alla particolare alimentazione dei lattanti di
età superiore ai sei mesi, che deve essere incluso in un'alimentazione diversificata e
che non deve essere utilizzato in alcun modo come sostituto del latte materno nei primi
sei mesi di vita;
2.
che evidenzi che la decisione di avviare l'alimentazione complementare sia
presa unicamente su parere di professionisti indipendenti del settore della medicina,
dell'alimentazione, della farmacia, della maternità o dell'infanzia, in base agli specifici
bisogni di crescita e sviluppo del lattante.
Nel caso degli alimenti per lattanti e degli alimenti di proseguimento in
polvere vanno riportate, in etichetta, le norme e le precauzioni da seguire ai fini
di una corretta pratica igienica per la ricostituzione nella forma pronta per l'uso,
in linea con le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il
Ministro del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con proprio decreto,
può fornire ulteriori specifiche indicazioni sulle norme e le precauzioni da
seguire e da indicare in etichetta per detti prodotti.
È vietato l'utilizzo di termini come «umanizzato», «maternizzato» o «adattato»
o espressioni analoghe.
21
Le etichette degli alimenti per lattanti e degli alimenti di proseguimento devono essere
tali da fornire informazioni necessarie all'uso appropriato dei prodotti e non
scoraggiare l'allattamento al seno.
L'etichettatura degli alimenti per lattanti deve riportare, sotto il titolo «avvertenza
importante» o espressioni equivalenti, le seguenti indicazioni obbligatorie:
a) una dicitura relativa alla superiorità dell'allattamento al seno;
b) la raccomandazione di utilizzare il prodotto esclusivamente previo parere di
professionisti indipendenti del settore della medicina, dell'alimentazione, della
farmacia, della maternità o dell'infanzia.
L'etichettatura degli alimenti per lattanti non deve riportare immagini di lattanti nè
altre illustrazioni o diciture che inducano ad idealizzare l'uso del prodotto. Può però
recare illustrazioni grafiche che facilitino l'identificazione del prodotto e ne spieghino i
metodi di preparazione.
Gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento devono essere etichettati in
modo da consentire al consumatore di distinguere chiaramente un prodotto dall'altro,
così da evitare qualsiasi rischio di confusione tra gli alimenti per lattanti e gli alimenti
di proseguimento.
Con l’articolo 10 viene stabilito, obbligatoriamente, che la pubblicità degli
alimenti per lattanti è vietata in qualunque modo, in qualsiasi forma e per
mezzo di qualsiasi canale, inclusi gli ospedali, i consultori familiari, gli asili nido,
gli studi medici, e anche meeting, conferenze, esposizioni e mostre ad
eccezione delle pubblicazioni scientifiche specializzate in puericultura destinate
a professionisti dell'ambito pediatrico e nutrizionale.
Vengono inserite nuove regole, altresì, per gli alimenti di proseguimento al fine
di scansare qualunque eventuale ingerenza negativa con l'allattamento al
seno.
22
Viene appunto previsto che la pubblicità di tali alimenti dovrà sottolineare che
l'uso del prodotto è suggerito su consiglio del medico per lattanti di almeno sei
mesi, quando non disponibile il latte materno, e non dovrà persuadere a far
ritenere il prodotto uguale al latte materno.
Per combattere il business "post-parto" la norma prevede che non possano più
essere dati in omaggio, al momento della dimissione dai reparti maternità,
prodotti e materiali in grado di interferire con l'allattamento al seno.
Per garantire la salute dei nuovi nati, la norma vieta, inoltre, ogni forma di
pubblicità, anche occulta, e tutti i comportamenti che dissuadono dal ricorso al
latte materno.
A tale scopo l'articolo 15 del decreto annuncia che il materiale divulgativo e
didattico, da chiunque approntato e in qualunque modo emesso, destinato alle
gestanti, alle madri di lattanti e bambini, alle famiglie ed a tutti gli interessati nel
settore dell'alimentazione dei lattanti e della prima infanzia, non deve includere
dati, asserzioni o illustrazioni dalle quali sia possibile concludere che
l'allattamento artificiale sia pari o simile a quello naturale.
Viene difatti rimarcato, nei commi ulteriori, che l'allattamento al seno, per la
superiorità ed i benefici che offre rispetto all'allattamento artificiale, va
promosso come pratica di alimentazione esclusiva nei primi sei mesi di vita e
che l’inserimento, prima del sesto mese di vita, di sostituti del latte materno o di
altri alimenti può avere effetti sfavorevoli sull'allattamento al seno.
La
Circolare del Ministero della Sanità n. 16 del 24 Ottobre 2000
(Promozione e tutela dell’allattamento al seno) invita gli Assessorati a
sorvegliare affinché:
23
• i reparti di maternità incoraggino l’adozione e il proseguimento dell’allattamento al
seno;
• vengano acquisite la quantità di sostituti del latte materno rigorosamente
indispensabili da commisurare sulla media dei neonati che non possono essere allattati
al seno;
• al momento della dimissione non vengano forniti in dono prodotti o materiale in
grado di interferire in qualunque modo con l’allattamento al seno;
• le lettere di dimissioni per i neonati non devono presumere uno spazio predefinito per
la prescrizione del sostituto del latte materno (accostandolo ad una prescrizione
obbligatoria);
• eventuali donazioni di materiale e attrezzature, da parte di aziende produttrici a
strutture sanitarie avvengano nel rispetto dell’art. 8 del D.M. n. 500/1994 e non siano
in alcun modo collegate alle prescrizioni di sostituti.
Nel rispetto del “Pacchetto Igiene”, i luoghi di preparazione devono
rispettare quanto stabilito dal regolamento (CE) 852/04 circa l’applicazione del
sistema HACCP. Fin dal 26 maggio 1997, tutte le industrie alimentari hanno
avuto l'obbligo di rispettare le norme generali di igiene, indicate nel D.Lvo n.
155, riguardanti i prodotti alimentari.
Il regolamento (CE) 852/04 si applica a tutte le fasi della produzione, della
trasformazione e della distribuzione degli alimenti e quindi anche ai Lactarium.
Si è, in effetti, passati da una politica di controllo di autorità ad un sistema di
autocontrollo con una forte ed efficace responsabilizzazione dell'Operatore.
L’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) è un metodo sistematico per
produrre alimenti salubri, basato sull’autocontrollo mediante l’identificazione e
la gestione dei “Critical Control Points” (CCPs).
24
L’operatore deve individuare nella propria attività ogni fase che potrebbe
rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano
individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di
sicurezza servendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e
di controllo dei punti critici.
Il regolamento prevede la stesura di un Piano di autocontrollo che fotografi la
realtà lavorativa aziendale in un diagramma di flusso e che contenga
l'individuazione delle fasi critiche e delle procedure di controllo che l'azienda
intende adottare al riguardo, come pure le informazioni concernenti
l'applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti critici e i
relativi risultati.
I requisiti del sistema HACCP dovrebbero tener conto dei principi contenuti nel
Codex Alimentarius.
I manuali di corretta prassi igienica sono testi che possono essere utilizzati
come guida per l’elaborazione del sistema H.A.C.C.P. e del Piano di
autocontrollo personalizzato (in particolar modo per le sezioni riguardanti i
diagrammi di flusso, l’individuazione dei CCP, dei limiti critici e delle procedure
di verifica).
Ciò vale a dire che ogni manuale, predisposto per un ambito generale del
settore alimentare, riguardante ad esempio una tipologia di alimenti dovrà
essere calato da ciascun operatore del settore nella propria realtà e nelle
proprie dimensioni, al fine di allestire un piano di autocontrollo adeguato alle
proprie esigenze.
La compilazione dei manuali può essere effettuata da Associazioni del settore,
da privati, da Organizzazioni di normazione; i manuali redatti a livello
nazionale, dopo opportuna valutazione e validazione da parte del Ministero
25
della Salute, devono essere trasmessi alla Commissione U.E., in vista di una
uniformazione delle procedure di buona prassi a livello comunitario.
È opportuno segnalare che i Manuali di Corretta Prassi Igienica non vanno mai
considerati come eventuali sostituti dei documenti di analisi dei rischi e di
gestione dell’autocontrollo, e che ogni laboratorio artigiano deve redigere il
proprio Piano di Autocontrollo Aziendale.
Nel 1998 e nel 1999 il Ministero della Sanità ha emanato un elenco dei Manuali
di corretta prassi igienica validati per le diverse tipologie di Aziende alimentari.
I punti basilari del sistema HACCP sono identificabili in dodici passaggi chiave
secondo uno schema ben illustrato:
1) Formazione dell’HACCP-team: formazione di un gruppo costituito da esperti
con conoscenza di microbiologia, di chimica, di tecnologia alimentare, di igiene
alimentare, ma anche dal personale direttamente coinvolto nella produzione.
Per il Lactarium il gruppo HACCP è costituito ad esempio dal Direttore
Sanitario, o da suoi delegati, dal responsabile in materia di igiene dei prodotti
alimentari, dal personale.
2) Descrizione del prodotto: esame di composizione, struttura, lavorazione,
modalità di condizionamento ed imballaggio, condizioni di distribuzione, durata
della conservazione e utilizzo del prodotto.
Descrizione delle caratteristiche dei latti utilizzati.
Latti pastorizzati: latti sottoposti ad un trattamento termico per almeno 15" ad
una temperatura superiore a 72°C, al fine di garantire la distruzione dei
microrganismi patogeni e di parte rilevante della flora microbica saprofita, con
limitate alterazioni delle caratteristiche chimiche, fisiche ed organolettiche.
26
Latti UHT a lunga conservazione: latti che hanno subito il processo di
sterilizzazione
ad una temperatura di 140-150°C per 2-5", seguito da un
confezionamento asettico. Possono essere consumati entro 90 giorni dalla data
di confezionamento.
Latti speciali: latti che hanno subito trattamenti fisici consentiti dalla legge e le
cui caratteristiche chimico fisiche, nutrizionali ed organolettiche siano state in
qualche modo modificate (latti in polvere, scremati, dietetici e concentrati).
3) Costruzione del diagramma di flusso: analisi in sequenza di tutte le fasi di
lavorazione, compresi i tempi di attesa tra una fase e la successiva, a partire
dalla ricezione delle materie prime fino alla commercializzazione del prodotto
finito. Ciò richiede la preparazione di un diagramma di flusso molto chiaro e
dettagliato
indicando
ogni
operazione
in
cui
avvengono
importanti
trasformazioni.
Per il Lactarium: Approvvigionamento → Stoccaggio → Preparazione →
Trasporto con carrelli → Somministrazione oppure Stoccaggio in reparto →
Riscaldamento → Somministrazione.
4) Conferma in campo del diagramma di flusso: verifica della completezza e
della scrupolosità dell’elaborazione del diagramma di flusso.
5) Individuazione ed elenco dei pericoli: individuazione dei pericoli, dei rischi e
della loro gravità a livello di ogni singola fase di lavorazione. Per pericolo
s’intende ogni eventuale causa in grado di compromettere la salute del
consumatore oppure la salubrità del prodotto. ll rischio, invece, è la probabilità
27
che un pericolo si verifichi. La gravità indica l’importanza dell’effetto di un
mancato controllo di un punto critico di controllo.
Per il Lactarium: contaminazione microbica, proliferazione microbica e
contaminazione
preparazione
crociata
durante
la
fase
di
ricezione,
stoccaggio
e
di latte in polvere e di latte liquido; fase di conservazione,
trasporto e di riscaldamento di latte pronto; fase di stoccaggio di prodotti non
alimentari.
6) Individuazione dei CCP (punti critici di controllo): identificazione tramite
l’ausilio del cosiddetto "Albero delle decisioni", delle fasi (una pratica, una
procedura, un processo ecc.) che possono essere controllate, o ancor meglio
"gestite", al fine di eliminare i rischi o ridurre la probabilità del loro verificarsi.
7) Definizione delle procedure di controllo per ogni CCP: definizione, dopo aver
stabilito i punti critici di controllo (CCP), di una procedura che assicuri l’effettivo
controllo degli stessi. Ciò deve essere fatto in modo da permettere una celere
rilevazione di una qualsiasi anomalia e quindi un tempestivo intervento per
ripristinare le condizioni standard mediante idonee azioni correttive.
Per il Lactarium le fasi che devono essere controllate sono: ricezione merci
(ricorso a fornitori qualificati, controllo integrità delle confezioni, controllo date di
scadenza, controllo igiene mezzi di trasporto, controllo temperatura idonea di
trasporto, assenza di promiscuità) / stoccaggio e conservazione dei prodotti in
magazzino o in frigoriferi (controllo integrità delle confezioni, controllo date di
scadenza, contollo igiene generale, avvio al consumo i prodotti con scadenza
piu’ prossima in modo da favorire la rotazione delle derrate, controllo confezioni
latte in polvere e liquido parzialmente utilizzate, controllo del latte già
28
ricostituito) / preparazione (assenza di evidenti segni di alterazione,
applicazione delle corrette procedure di pulizia e sanificazione delle superfici,
delle attrezzature e utensili utilizzati, controllo visivo delle materie prime e
rispetto dei limiti di legge per le acque di ricostituzione, ottimizzazione tempi di
lavorazione) / trasporto ai reparti (igiene dei carrelli, chiusura dei biberon,
controllo dei percorsi e dei tempi per il trasporto dei latti) / riscaldamento (igiene
generale di attrezzature, ambienti e superfici, igiene personale).
8) Definizione dei Limiti Critici: indicazione preliminare dei limiti critici che
devono essere osservati per assicurare che ogni CCP sia sotto controllo. In
pratica, limite critico è quel valore che separa l’accettabilità dall’inaccettabilità. I
limiti critici sono desunti da quelli di legge, ove presenti, oppure da GMP (good
manufacturing practices), nel senso che possono derivare dall’adozione di una
buona pratica di lavorazione.
Per il Lactarium:
latte in polvere
- nella fase di ricezione: rispetto delle idonee condizioni igieniche, rispetto del
DECRETO 1 giugno 1998, n. 518, del D.Lvo 111/1992 e assenza di evidenti
segni di deterioramento delle confezioni;
- nella fase di stoccaggio: conservazione in luogo fresco e asciutto e chiusura
delle confezioni aperte;
- nella fase di preparazione e porzionamento: integrità delle confezioni, date di
scadenza, igiene della lavorazione, igiene del personale, assenza di residui
chimici su superfici ed attrezzature e limiti di legge per l’acqua;
- nella fase di conservazione di latte pronto: limite di consumo di 24 ore dalla
ricostituzione ad una temperatura di + 4°C;
29
- nella fase di trasporto di latte pronto: tempo massimo al di fuori del frigorifero
di 20’ massimo;
- nella fase di riscaldamento di latte pronto: adeguate condizioni igieniche;
latte liquido
- nella fase di ricezione: idonee condizioni igieniche, temperatura di ricevimento
0-6°C, assenza di evidenti segni di deterioramento delle confezioni e/o dove
visibili del prodotto;
- nella fase di stoccaggio: rispetto delle condizioni igieniche e temperatura di
stoccaggio + 4°C;
- nella fase di preparazione e porzionamento: condizioni igieniche di ambienti,
attrezzature
e
personale,
rapporto
ottimale
tempo/temperatura
di
porzionamento e assenza di residui chimici su superfici e attrezzature;
- nella fase di conservazione di latte pronto: limiti di consumo latte liquido,
umanizzato o speciale di 24 ore dall’apertura a + 4°C;
- nella fase di trasporto di latte pronto: tempo massimo al di fuori del frigorifero
di 20’ massimo;
- nella fase di riscaldamento di latte pronto: adeguate condizioni igieniche;
prodotti non alimentari
- nella fase di stoccaggio: igiene generale e integrità delle confezioni.
9) Definizione delle azioni correttive: indicazione preliminare delle azioni da
attuare allorché il monitoraggio indichi che un particolare CCP non è sotto
controllo. Le azioni correttive, meglio dette "trattamenti", richiedono sia le azioni
di trattamento delle “non conformità”, che la revisione del sistema per eliminare
30
la possibilità che la deviazione dei parametri prefissati possa verificarsi di
nuovo. Dopo l’intervento è necessario verificare che l’azione correttiva abbia
avuto risultato positivo.
Per il Lactarium:
latte in polvere
- nella fase di ricezione: rifiuto di prodotti non conformi, richiesta al fornitore di
verifica della/e non conformità rilevate, eventuale cambio di fornitore;
- nella fase di stoccaggio: eliminazione dei prodotti alterati, ripristino di idonee
condizioni di stoccaggio;
- nella fase di preparazione e porzionamento: eliminazione dei prodotti alterati,
corretta applicazione delle procedure di pulizia e sanificazione, formazione del
personale;
- nella fase di conservazione di latte pronto: eliminazione dei prodotti alterati,
ripristino delle temperature, ripristino delle idonee condizioni igieniche,
manutenzione straordinaria delle attrezzature;
- nella fase di trasporto di latte pronto: pulizia straordinaria, formazione
straordinaria, controllo dei percorsi e dei tempi per il trasporto dei latti e delle
modalità;
- nella fase di riscaldamento di latte pronto: ripristino delle condizioni igieniche;
latte liquido
- nella fase di ricezione: rifiuto di prodotti non conformi, eventuale cambio di
fornitore, richiesta al fornitore di verifica della/e non conformità rilevate;
- nella fase di stoccaggio: eliminazione dei prodotti alterati, ripristino delle
temperature, ripristino delle idonee condizioni igieniche, manutenzione
straordinaria delle attrezzature;
31
- nella fase di preparazione e porzionamento: ripristino delle condizioni di
pulizia, formazione del personale, valida applicazione delle procedure di pulizia
e sanificazione;
- nella fase di conservazione di latte pronto: eliminazione dei prodotti alterati,
ripristino delle temperature, ripristino delle idonee condizioni igieniche,
manutenzione straordinaria della attrezzature;
- nella fase di trasporto di latte pronto: pulizia straordinaria, formazione
straordinaria, controllo dei percorsi e dei tempi per il trasporto dei latti e delle
modalità;
- nella fase di riscaldamento di latte pronto: ripristino delle condizioni igieniche;
prodotti non alimentari
- nella fase di stoccaggio: applicazione del piano di pulizia e sanificazione,
eliminazione delle confezioni non integre.
10) Definizione delle attività di verifica: indicazione preventiva delle procedure
per la verifica che includano prove supplementari e procedure per confermare
che il sistema HACCP stia funzionando efficacemente.
Per il Lactarium:
- nella fase di ricezione: esame microbiologico e chimico per una verifica dei
parametri di legge, ogni cambio fornitura oppure ogni tre mesi;
- nella fase di stoccaggio: verifica del funzionamento delle attrezzature di
stoccaggio;
- nella fase di preparazione e porzionamento: tamponi per la verifica della
corretta applicazione del piano di pulizia;
32
- nella fase di conservazione di latte pronto: verifica del funzionamento delle
attrezzature di conservazione;
- nella fase di trasporto e di riscaldamento di latte pronto: tamponi ambientali
periodici per verificare la corretta applicazione delle procedure di pulizia e
sanificazione.
11)
Gestione
della
documentazione:
indicazione
preliminare
della
documentazione riguardante tutte le procedure relative a questi principi e alle
loro applicazioni, da esibire in caso di controllo da parte degli organi ufficiali al
fine di dimostrare il continuo e regolare funzionamento del proprio sistema
preventivo.
Per il Lactarium: la Direzione deve provvedere alla raccolta, catalogazione e
archiviazione dei dati relativi alle condizioni operative descritte nel piano di
autocontrollo; quest’aspetto risulta essenziale in fase di controllo da parte degli
organi ispettivi (ASL di competenza).
12) Revisione del sistema in caso di variazione della produzione: revisione
dell’intero sistema di prevenzione e di controllo qualora venisse modificata una
qualsiasi fase della produzione, poiché la variazione apportata potrebbe
richiedere l’introduzione di altri CCP e nel caso l’eliminazione o la revisione di
altri.
Il latte è un prodotto con una vita conservativa di breve durata risultando
un eccellente terreno colturale per la flora microbica contaminante, sempre
presente più o meno abbondantemente a seconda delle condizioni igieniche
presenti nel corso della produzione. Possono rinvenirsi pure agenti patogeni
33
responsabili di gravi malattie specifiche nell’uomo come anche agenti delle
tossinfezioni. Il latte è quindi, come tutti gli alimenti di origine animale freschi,
un alimento a rischio. È importante quindi effettuare un trattamento di
risanamento prima della sua distribuzione con lo scopo di assicurarne la sanità
ed una maggiore conservabilità.
Il
latte
pasteurizzato
rappresenta
il
modo
più
impiegato
di
commercializzazione del latte per il consumo e sempre più spesso si procede
alla pasteurizzazione anche del latte da sottoporre a successive lavorazioni in
modo da ridurre al massimo tutti i difetti dei derivati del latte derivanti dallo
sviluppo di certi microrganismi. Generalmente tutto il latte pasteurizzato
destinato
al
consumo
diretto
viene
sottoposto
alla
cosiddetta
omogeneizzazione, ossia alla rottura dei globuli di grasso in modo da
impedirne l’affioramento naturale. L’omogeneizzazione si raggiunge facendo
circolare il latte, sotto pressione, attraverso orifizi o valvole molto strette. Le
dimensioni dei globuli di grasso vengono ridotte a circa 1/5 del loro volume
iniziale; anche le micelle di caseina sono in parte distrutte e le subunità
formatesi si attaccano ai globuli di grasso. L’omogeneizzazione rende migliore
la consistenza del latte, ne incrementa la bianchezza, rende i lipidi più digeribili
dato che le lipasi digestive si introducono meglio in una emulsione più fine. Si
ritiene che migliori anche la digestione della caseina giacché rende la cagliata
stomacale meno compatta. Nello stesso tempo, tuttavia, il latte omogeneizzato
è molto sensibile alle lipasi endogene.
Il metodo di pasteurizzazione varia tanto per quanto riguarda la temperatura
che il tempo di trattamento oscillando tra i 63°C per 30’’ e i 78°C per 15’’.
Attualmente in genere tutti utilizzano la pasteurizzazione su strato sottile o
sistema HTST (high temperature short time). Questo sistema consta nel
34
trattare il latte in strato sottile (con uno spessore di 1-2 mm), a temperatura
oscillante tra i 72-75°C per 15’’. Operando in questa maniera l’azione del calore
sui microrganismi è considerevolmente più lunga (effetto Stassano). Il latte così
pasteurizzato è confezionato in contenitori opachi in modo da evitare l’azione
catalizzante della luce.
Il latte UHT (a lunga conservazione) è un tipo di latte trattato termicamente
che sta spandendosi sempre più nella pratica principalmente per le sue
rilevanti proprietà conservative. Si distingue dal latte pasteurizzato soprattutto
per il suo minor grado di contaminazione microbica e per la sua maggiore
conservabilità. Il trattamento Ultra High Temperature si serve di uno
scambiatore di calore a piastre anche se in alcuni impianti si adopera uno
scambiatore di tipo tubulare. Il processo UHT può essere distinto in:
1. diretto: il latte viene prima portato, nello scambiatore di calore, alla
temperatura di 80°C e in seguito sottoposto alla temperatura di 140°C
per pochi secondi tramite iniezione diretta di vapore. Il vapore viene
quindi eliminato facendo passare il latte in una camera di condensazione
e successivamente viene omogeneizzato e raffreddato;
2. indiretto: il latte dopo il trattamento a 80°C, viene omogeneizzato e
quindi immesso in uno scambiatore di calore a 137-140°C.
La questione più delicata del latte UHT è rappresentata dal confezionamento
del prodotto in condizioni sterili in seguito al trattamento termico, problema oggi
risolto grazie all’impiego dei contenitori cosiddetti tetrapak. Il periodo di
conservazione, da indicarsi con la dizione da consumarsi preferibilmente…
(seguita dalla data espressa in giorno, mese ed anno), è di 90 giorni dal
momento del confezionamento.
35
Se il processo è correttamente eseguito, il prodotto risulta sterile o quasi e
comunque con qualità tenenti rilevanti. Possono, nondimeno, verificarsi degli
contrattempi tecnici come:

comparsa di odori e sapori inconsueti (gusto ossidato, di cavoli, di
cotto) per lo sviluppo di prodotti solforati;

diminuzione di valore nutritivo per il deposito di proteine e sali di calcio
sulle piastre dello scambiatore termico. Per evitare, o ridurre al minimo,
questi depositi è fondamentale utilizzare latte di eccellente qualità.
Questi difetti non si verificano adottando il metodo dell’iniezione diretta
di vapore, ma in tal caso è indispensabile adottare vapore esente da
qualsiasi impurità onde evitare che queste siano cedute al latte. In
alcuni Paesi l’utilizzazione del vapore non è acconsentita.
Il latte, terminato il trattamento termico, viene fatto raffreddare e quindi viene
confezionato in cartoni in condizioni di asepsi. Il foglio di cartone con cui si
forma la scatola viene fatto passare in una vaschetta contenente H2O2 al 2030% mantenuta alla temperatura di 200°C. L’O2 che si libera in seguito alla
demolizione termica dell’ H2O2 sviluppa un’energica azione battericida.
Il latte concentrato è un prodotto ottenuto da latte intero o scremato, in
precedenza pasteurizzato ed omogeneizzato, nel caso del latte intero, la cui
conservazione viene resa possibile tramite evaporazione a 50-60°C a
pressione ridotta. La sterilizzazione, a 114-118°C per 14-18’ di questo latte
determina un forte aumento della viscosità, in seguito all’aggregazione delle
micelle di caseina, che può portare alla comparsa di veri e propri difetti quali la
formazione di grumi e la gelificazione. Per rimediare alla comparsa di tali difetti
è indispensabile, prima della concentrazione, far sostare il latte a 90°C per 25’
36
o l’aggiunta di agenti stabilizzanti quali citrato di sodio, fosfato di sodio, e
cloruro di calcio. La sterilizzazione viene eseguita, previa confezione in
recipienti a chiusura ermetica, in autoclave. Tale prodotto ha un deciso sapore
di cotto che però riceve i favori del consumatore.
I latti concentrati si presentano sotto forma di liquidi densi, di colore giallo
spento oppure bianco, a seconda della concentrazione del grasso, con
piacevole sapore di cotto.
Il latte scremato e parzialmente scremato sono latti in cui è stata tolta in
tutto o in parte la componente lipidica. Secondo la normativa vigente:

il latte scremato deve contenere meno dello 0,3% di grassi

il latte parzialmente scremato tra l'1,5 e l'1,8% di grassi
La scrematura del latte si esegue per centrifugazione a 6500/7000 giri/minuto.
Il latte scremato o parzialmente scremato viene venduto pastorizzato, UHT,
concentrato
o
in
polvere.
Dal punto di vista nutrizionale, i latti scremati apportano meno calorie ed inoltre
sono dieteticamente validi perché riducono l'introduzione di grassi saturi. Il latte
scremato viene considerato anche un latte dietetico, indicato per esempio per
chi ha problemi di ipercolesterolemia (poiché il colesterolo, di per sé, è un lipide
e viene quindi in gran parte allontanato durante il processo di scrematura).
Il latte in polvere si ottiene con la procedura dei tamburi rotanti o il
metodo spray o la liofilizzazione. Il prodotto ottenuto con il secondo e terzo
metodo è quello che mostra i caratteri organolettici migliori. Il latte
precedentemente all’essiccamento è sempre sottoposto ad una concentrazione
fino a 2/3, per il procedimento che utilizza i tamburi rotanti, ed 1/2, per il
37
metodo spray. La concentrazione è preceduta da un riscaldamento del latte
che ha per conseguenza da una parte la stabilizzazione delle proteine e
dall’altra l’inattivazione delle lipasi. La disidratazione, sino ad un tenore in
acqua del 3-4%, viene effettuata o grazie a essiccatori a tamburi rotanti o, con
migliori esiti, mediante essiccamento per polverizzazione o atomizzazione. Per
incrementare la solubilità del latte in polvere, dopo l’essiccamento, si pratica un
intervento
detto
di
“istantaneizzazione”
che
consiste
in
una
lieve
riumidificazione della polvere con vapore e poi nuovo essiccamento. Con tale
trattamento si trasforma il lattosio da amorfo in cristalli che sono più solubili e
meno igroscopici. Per assicurare una buona conservabilità del prodotto, oltre al
rispetto del tenore in acqua del 4-5%, è necessario confezionarlo in contenitori
impermeabili al vapore acqueo, preferibilmente in atmosfera di azoto o
sottovuoto, ed alla luce e ad una temperatura inferiore ai 10°C. Il carattere più
rilevante che interessa questo tipo di prodotto è l’indice di riidratazione che è
massimo per il tipo liofilizzato e spray. Altro fattore notevole, da cui dipende la
conservabilità del prodotto, è rappresentato dall’umidità residua che in alcuni
Paesi è vincolata per legge e che in ogni caso non deve, perché la
conservazione abbia luogo senza incidenti, superare il 5%.
Al fine di procedere correttamente nella preparazione del latte da
somministrare, il personale deve essere adeguatamente formato.
La preparazione del latte artificiale è caratterizzata da due differenti procedure
in relazione all’utilizzo della formula liquida o in polvere.
La formula liquida viene preparata al mattino, per le esigenze delle
successive 24 ore.
38
La preparazione per l’intera giornata consente di poter disporre di poppatoi
personalizzati e già pronti, riducendo in tal modo i tempi per la preparazione e
eventuali contaminazioni.
Per l’esecuzione di tale procedura è auspicabile la presenza di due unità
infermieristiche (A e B):
-
Le due unità A e B si lavano accuratamente le mani con Neoxidina mani
(clorexidina gluconato 4%);
-
Indossano cappellino e mascherina;
-
Procedono alla detersione del piano di lavoro e alla disinfezione (es. con
Farmecol 70: alcool etilico al 70%);
-
L’unità infermieristica A procede al lavaggio delle mani con Neoxidina
mani;
-
Indossa il camice sterile (offerti dall’unità B);
-
Posiziona i telini sterili sul piano di lavoro (offerti dall’unità B);
-
L’unità infermieristica B apre le confezioni di biberon e le presenta
singolarmente alla prima unità;
-
L’unità A preleva dalla confezione aperta i biberon;
-
Ordina i biberon sul piano di lavoro in file parallele (una fila per singolo
neonato);
-
Consegna i tappi all’unità B che provvede alla personalizzazione con
pennarello indelebile (li posiziona in una zona del piano di lavoro prospicente
ma non prossima alla fila relativa al singolo neonato);
-
L’unità B apre le confezioni di latte in forma liquida, procede al lavaggio
accurato delle mani con Neoxidina mani e successivamente versa la quantità di
latte prescitta, con un incremento di 10 cc, in ogni singolo biberon, avendo cura
di non far toccare i bordi della confezione con i bordi del biberon;
39
-
L’unità A posiziona i biberon sul piano di lavoro e inserisce a fine
procedura la quantita prevista di integratore, prelevata con siringa sterile
dall’apposita confezione;
- I biberon vengono chiusi e posizionati in frigo secondo gli orari già
predisposti.
Tale procedura, solo se indisponibili due unità, viene attuata con una unità:
-
L’unita infermieristica procede alla detersione del piano di lavoro e alla
sua disinfezione con Farmacol 70;
-
Procede al primo lavaggio delle mani con Neoxidina mani;
-
Indossa il camice sterile;
-
Posiziona i telini sterili sul piano di lavoro;
-
Procede all’apertura delle confezioni di biberon che vanno fatti cadere
sul piano sterile;
-
Apre le confezioni di latte;
-
L’unità infermieristica procede al secondo lavaggio delle mani con
Neoxidina mani;
-
Sistema i biberon sul piano di lavoro in file parallele (una fila per
singolo neonato, massimo 3 neonati);
-
Versa in ogni singolo biberon la quantità di latte prescritta,
approssimandola a 25 - 50 - 75 - 100 cc. (con esclusione delle piccole
quantità);
-
Aggiunge, se prescritta, la quantità prevista di integratore (es. PFD, 1
misurino per 100 cc. di latte);
-
Provvede alla personalizzazione dei tappi con pennarello indelebile,
posizionandoli in una zona del piano di lavoro prospiciente ma non
prossima alla fila relativa al singolo neonato;
40
L’unità infermieristica procede al terzo lavaggio delle mani con Neoxidina mani;
-
I biberon vengono chiusi e posizionati in frigo secondo gli orari già
predisposti.
La formula in polvere (ipoallergenica, antirigurgito ecc.) viene preparata
subito prima della poppata dal personale infermieristico, per evitare possibili
inquinamenti batterici, nel rispetto delle raccomandazioni dell’OMS.
In questo caso la preparazione del biberon è effettuata dall’infermiera a cui è
affidato il neonato.
Per ricostituire la formula in polvere viene utilizzata acqua purificata (oppure
acqua oligominerale), rispettando le indicazioni prescritte dalla casa produttrice
del latte.
Per tale preparazione è indispensabile una temperatura dell’acqua pari a 75°C,
pertanto si utilizzano biberon di vetro da inserire nel forno a microonde:
-
L’unità infermieristica procede alla detersione del piano di lavoro e alla
disinfezione con Farmecol 70;
-
Indossa la mascherina;
-
Procede al lavaggio accurato delle mani con Neoxidina mani (per 1
minuto);
-
Preleva il biberon di vetro dall’apposita vaschetta (in soluzione con, ad
esempio, Septavon all’1,2%) sciaquandolo sotto il getto d’acqua corrente;
-
Versa l’acqua purificata prevista (150 ml) nel biberon, avendo cura (nel
caso venga usata acqua oligominerale) di non far toccare i bordi della bottiglia
con il bordo del biberon;
-
Inserisce il biberon nel forno a microonde per il tempo stabilito: pigiare
Microwave ed accertarsi che si visualizzi P100 (indica la potenza); nel caso in
cui non sia 100, utilizzare la manopola e riportare a 100;
41
con la manopola determinare il tempo: 1 minuto e 20 secondi per un biberon
contenente 150 ml di acqua a temperatura ambiente. In questo modo si avrà
una temperatura dell’acqua pari a 75°C necessaria per la preparazione del
latte in polvere; pigiare Start ed attendere il tempo previsto;
-
Estrae il biberon ed elimina rapidamente la quantità di acqua in eccesso,
aggiunge il numero di misurini rasi previsti (generalmente 1 misurino ogni 30 ml
di acqua) e richiude la confezione;
-
Agita bene il contenuto;
-
Raffredda rapidamente il latte, mettendo il fondo del biberon sotto il
getto corrente d’acqua fredda del rubinetto;
-
Controlla la temperatura, facendo cadere qualche goccia di latte sul
dorso della mano;
-
Versa nei biberon monouso le quantità prescritte per i singoli neonati;
(nel caso in cui è necessario utilizzare due biberon - per la preparazione di due
diverse tipologie di latte o per quantitativi superiori ai 150 ml – il tempo è di 2
minuti e 20 secondi).
L’uso del latte in polvere richiede adeguate conoscenze sulle corrette modalità di
preparazione e sui rischi igienici che possono derivare da manipolazione e
conservazione errate, sia a livello domestico che ospedaliero. Diversamente dal
latte formulato liquido, che è “sterile” per effetto dei trattamenti tecnologici subiti
prima della commercializzazione, le formulazioni in polvere hanno una flora
microbica residua. Non essendo un prodotto sterile, il latte in polvere, una volta
reidratato, rappresenta un buon terreno di crescita per microrganismi. I
preparati in polvere sostituti del latte materno umano non sono, quindi, prodotti
42
sterili: durante la lavorazione vengono trattati termicamente, ma senza
raggiungere temperature tali da garantire la sterilità commerciale. Sono,
invece, sterili i prodotti concepiti per i neonati prematuri o nati sotto peso
commercializzati sotto forma liquida; tuttavia i prodotti cosiddetti “di
transizione”, che vengono comunemente usati per i neonati prematuri o sotto
peso dopo la dimissione dall’ospedale, sono disponibili in commercio sia come
polvere non sterile che come forma liquida sterile. Altri tipi di latte per neonati,
infine, sono disponibili solo in polvere (Center for Food Safety and Applied
Nutrition, 2002).
Non bisogna infine trascurare il fatto che l’ambiente gastrico dei neonati, in
particolare dei soggetti prematuri, è meno acido di quello degli adulti ed anche
livelli bassi di contaminazione del latte in polvere (inferiori a 3 UFC/100 gr)
possono parimenti dare luogo all’infezione. È chiaro che carenze igieniche e
prolungato stoccaggio del prodotto, ricostituito a temperature maggiori di quelle
di refrigerazione, portano ad un aumento della carica a livello di fase di utilizzo
finale del prodotto, tuttavia anche in assenza di carenze igieniche ed
osservando le buone pratiche di lavorazione possono residuare basse cariche
in relazione alla presenza del germe negli ambienti di lavorazione,
probabilmente sufficienti in determinate condizioni a causare malattia (WHO,
2004).
Poiché i latti in polvere non sono sterili, devono essere preparati a una
temperatura di 70°C. Questa temperatura uccide i batteri presenti nella
polvere.
Questo è il passo più rilevante nella preparazione del latte in polvere.
Il latte ricostituito deve essere raffreddato rapidamente perché i batteri si
moltiplicano velocemente tra 7 e 65°C. Più a lungo il latte si trova a questa
43
temperatura, maggiore è il rischio di aumentarne il contenuto di batteri e quindi
il rischio che il bambino possa contrarre un’infezione.
Anche quando il latte è preparato a una temperatura superiore a 70°C, può
egualmente contenere alcuni batteri che continuano a moltiplicarsi durante la
conservazione, perciò il tempo di conservazione deve essere breve. Il latte
artificiale può essere conservato in frigorifero per un massimo di 24 ore, ma
questa procedura non è molto sicura, particolarmente nei primi mesi di vita,
perché il numero di batteri può continuare ad aumentare durante la
conservazione.
Una volta che il latte è pronto, se non è consumato, va eliminato entro 2 ore
dalla preparazione.
La ricostituzione del latte artificiale, in sede ospedaliera, può essere effettuata
con apposite macchine automatiche, che conservano, in compartimenti
separati, la polvere da diluire e l’acqua sterile, mescolandole, nelle qualità
volute, al momento dell’impiego.
In base all’associazione causale tra la presenza nel latte in polvere e la
malattia del neonato, i microrganismi patogeni possono essere suddivisi in 3
distinte categorie (FAO/WHO, 2004).

Categoria A (causalità evidente): appartengono a questa categoria
Salmonella enterica e Chronobacter spp., microrganismi che causano patologie
gravi (infezioni sistemiche, enterocoliti necrotizzanti, diarree severe) nei
soggetti alimentati con latte in polvere contaminato, per i quali è stata
dimostrata
microbiologicamente
ed
epidemiologicamente
una
chiara
associazione tra presenza nel prodotto (veicolo e fonte di infezione) e
comparsa della malattia.
44

Categoria B (causalità plausibile ma non ancora dimostrata):
appartengono a questa categoria altre specie di Enterobacteriaceae che sono
capaci
di
causare
patologie
gravi
(infezioni
sistemiche,
enterocoliti
necrotizzanti, diarree severe) nei neonati e che sono state isolate nel latte in
polvere per l’infanzia, ma per le quali non esistono chiare evidenze
epidemiologiche e microbiologiche che dimostrino la correlazione tra il prodotto
contaminato e l’infezione nei neonati. Questa categoria comprende, per
esempio: Pantoea agglomerans ed Escherichia vulneris (entrambi formalmente
conosciuti
come
Enterobacter
agglomerans),
Hafnia
alvei,
Klebsiella
pneumoniae, Citrobacter koseri, Citrobacter freundii, Klebsiella oxytoca ed
Enterobacter cloacae.

Categoria C (causalità poco plausibile o non ancora dimostrata):
appartengono a questa categoria microrganismi quali Bacillus cereus,
Clostridium
difficile,
Clostridium
perfringens,
Clostridium
botulinum,
Staphylococcus aureus e Listeria monocytogenes, che quantunque capaci di
provocare gravi malattie nei neonati, non sono stati isolati dal latte in polvere
per l’infanzia o, quando ciò è avvenuto, non sono stati riconosciuti come gli
agenti responsabili di malattia nei neonati. Negli ultimi anni sono stati segnalati
numerosi casi di malattia, a carattere invasivo, associati ad Enterobacteriaceae
quali Enterobacter agglomerans,
Hafnia alvei, Klebsiella
pneumoniae,
Citrobacter koseri (diversus), Citrobacter freundii, in neonati e lattanti, le cui
cause potevano essere ricondotte all’assunzione di alimenti in polvere per
l’infanzia. D’emergente importanza il batterio Chronobacter spp. che l’ICMSF
(International Commission on Microbiological Specifications for Foods, 2002)
ha descritto come “una grave minaccia per particolari categorie di persone,
delle quali il batterio mette a rischio la stessa vita o comunque ne può alterare
45
significativamente la qualità a causa dei postumi, anche a lungo termine, dovuti
all’infezione”. Il Chronobacter spp. possiede un gene, organizzato in un operone
(bcsABZC operon), cui si deve la produzione di materiale extracellulare di natura
cellulosica, responsabile delle interazioni cellula-cellula e dell’adesione della cellula
batterica alle superfici idrofiliche e idrofobiche abiotiche.
Questo materiale, peraltro sintetizzato sia a 28°C che a 37°C, conferirebbe al
microrganismo la capacità di resistere all’ambiente acido dello stomaco.
Nel Chronobacter spp., è stata di recente dimostrata una tossina, ovvero
un’enterotossina, responsabile dell’infettività. Chronobacter spp. presenta anche
una capsula composta da eteropolisaccaridi (29-30% acido glucuronico, 23-30%
glucosio, 19-24% galattosio, 13-22% fucosio, 0-8% mannosio) cui probabilmente si
deve la sopravvivenza del microrganismo nel latte in polvere fino a 24 mesi. La
capsula, inoltre, è responsabile dell’adesione alle superfici e della formazione di un
biofilm che lo rende più resistente agli agenti disinfettanti.
Alcuni ceppi di Chronobacter spp. hanno la capacità di aderire a superfici di silicone,
lattice, policarbonati, acciaio, evidenziando la minore produzione di biofilm
sull’acciaio rispetto alle altre superfici, sulle quali quindi il microrganismo aderisce
con maggiore facilità. Non sopravvive al processo di pastorizzazione (il trattamento
termico del latte che può avvenire a 71,6°C per 15”); infatti, alla temperatura di 72°C
resiste soltanto per 1,3 secondi circa. Questo risultato ha fatto ipotizzare, quindi, che
l’eventuale contaminazione del latte in polvere potesse avvenire durante le fasi
successive alla pastorizzazione e, verosimilmente, durante la manipolazione
(disidratazione e confezionemento) per la preparazione del prodotto finito.
È considerato un patogeno opportunista a carattere invasivo responsabile
d’importanti malattie quali la sepsi, la meningite e, più raramente, l’enterocolite
necrotizzante (NEC), soprattutto nei neonati (prematuri, nati con basso peso, affetti
46
da deficit del sistema immunitario) e di infezioni nosocomiali, specialmente nei
reparti di terapia intensiva pediatrica dove causa il 50% delle infezioni. Non ci sono
evidenze epidemiologiche che permettono di stabilire il valore preciso della dose
infettante; tuttavia, si stima che già 1000 cellule di Chronobacter spp. siano capaci
di provocare l’infezione.
È molto improbabile che i bassi livelli di contaminazione (0,36 cellule Chronobacter
spp./100 gr. prodotto) comunemente riscontrati nel latte formulato in polvere,
possano causare infezione, a meno che il prodotto non sia lasciato a temperatura
d’abuso o non sia contaminato durante la preparazione/manipolazione del prodotto.
C’è da notare che quando una grande quantità di latte in polvere viene
reidratato con acqua calda per ottenere grandi quantitativi di latte ricostituito,
come avviene nelle strutture ospedaliere e negli asili nido, la temperatura della
miscela può diminuire e può risultare insufficiente ad inattivare Chronobacter
spp.. Sebbene i produttori raccomandino che il latte in polvere venga ricostituito
immediatamente prima di ogni poppata, nei reparti neonatali a volte i biberon
vengono preparati anticipatamente ed in seguito mantenuti a temperature di
refrigerazione per soddisfare le necessità alimentari dei bambini nell’arco
dell’intera giornata.
La contaminazione del latte in polvere da parte di Chronobacter spp. tra l’altro
può avvenire non soltanto nell’industria di produzione ma, essendo un
microrganismo ubiquitario, soprattutto a livello ospedaliero. Questo fenomeno
potrebbe verificarsi in virtù dell’elevata resistenza del microrganismo
all’essiccamento, riuscendo a sopravvivere anche a bassi valori di aw, quali
sono quelli del latte in polvere, grazie all’effetto protettivo determinato dal
trealosio che funge da stabilizzatore di membrana.
47
Sotto il profilo della prevenzione, la gestione del rischio alimentare può agire su
due ambiti: sul prodotto, attraverso azioni di prevenzione applicate durante il
processo di produzione e nel corso delle operazioni di preparazione precedenti
il consumo; sull’informazione agli utilizzatori del prodotto.
Per quanto riguarda la fase di ricostituzione precedente il consumo, si tratta di
un punto particolarmente importante.
Al momento della ricostituzione del latte in polvere formulato a livello
ospedaliero è importante:

adottare ferree norme igieniche utilizzando contenitori ed utensili puliti e
disinfettati;
 preparare solo la poppata necessaria per il pasto, evitando di preparare
in anticipo quelle dei pasti successivi o, in caso di necessità, limitare a
1-2 quelle preparate in anticipo;

non lasciare a temperatura ambiente il latte ricostituito;

assicurare il raffreddamento rapido del prodotto ricostituito e la
conservazione dello stesso in frigorifero;

limitare il più possibile l’intervallo di tempo tra la ricostituzione del
prodotto ed il consumo;

eliminare il prodotto ricostituito e non consumato;

richiudere convenientemente i contenitori dei latti non utilizzati
completamente, riporli in frigorifero.
La FDA ha proposto raccomandazioni provvisorie per la preparazione delle
formule per neonati nelle unità di terapia intensiva neonatali, qui di seguito
riassunte:
48

adottare buone pratiche di igiene (Good handling practices) nelle aree di
preparazione;

predisporre linee guida riguardo la preparazione, manipolazione,
conservazione e procedure di controllo del prodotto, accessibili al
personale addetto;

destinare una stanza soltanto alla preparazione del latte in polvere,
completamente separata dai reparti di degenza o dagli ambienti
ricreazionali, accessibile solo dal personale addetto e provvista di un
area per lo stoccaggio del prodotto;

se la struttura manca di un’apposita stanza per la preparazione,
predisporre comunque un’area da destinarsi unicamente a tale scopo;

disporre di utensili e attrezzature costruiti in modo tale da poter essere
facilmente sanificati;

sottoporre a trattamento termico (lavaggio in lavastoviglie) o ad
autolavaggio tutti gli utensili adoperati per la preparazione;

utilizzare, quando possibile, utensili monouso; disporre di personale
qualificato e specializzato;

applicare un corretto piano di autocontrollo che preveda la valutazione
dei potenziali pericoli, l’identificazione dei punti critici di controllo, il loro
monitoraggio, un piano per non conformità e le azioni correttive
necessarie nonché la verifica del sistema e la registrazione dei risultati;

la somministrazione o il così detto “hang time” (tempo “sospeso”), per la
somministrazione continua, non devono superare le 4 ore.
49
Capitolo III
SCOPO DEL LAVORO
Le autorità competenti, individuate dall’art. 2 del D.Lvo 193/07 (Servizio Igiene
Alimenti e Nutrizione, Servizio Veterinario – Struttura Semplice Dipartimentale
– Ristorazione collettiva) hanno inteso effettuare delle verifiche al fine di:
1) Se la normativa elaborata a seguito del Codice Internazionale (dal
Decreto n. 500 alla Circolare n. 16) fosse rispettata; se inoltre venisse
praticato il “rooming in”, cioè tenendo la madre ed il bambino insieme
nella stessa stanza, durante la degenza in ospedale od in clinica, per
permettere l’allattamento a richiesta. Che tale pratica deve essere
facilitata anche per le donne che non allattano al seno e che le soluzioni
glucosate ed i latti formulati devono essere dati ai neonati solo se lo
prescrive il pediatra od il neonatologo del punto di nascita.
2) Se le finalità del “Pacchetto Igiene”, per quanto applicabili, fossero
rispettate; requisiti strutturali, detenzione ed applicazione del piano di
autocontrollo;
3) Controllare se la presentazione dei prodotti alimentari destinati ai lattanti
rispettasse i requisiti previsti dal D.Lvo del 27 gennaio 1992 n. 111.
50
Capitolo IV
MATERIALI E METODI
Nel corso dell’anno 2008 sono stati effettuati 19 sopralluoghi presso strutture
pubbliche e private constatando che in nessuna di esse veniva effettuato il
rooming-in 24/24h e pertanto, tutte necessitavano di preparare sostituti del latte
materno, pratica da effettuare nel rispetto delle normative cogenti; tale
normativa veniva di fatto rispettata solo in due strutture che già avevano
predisposto ed applicato il Piano di Autocontrollo ai sensi del Regolamento
(CE) 852/04. Nel corso dell’anno 2009 sono stati verificati 17 centri nascita
pubblici e privati al fine di verificare il rispetto di quanto indicato nell’obiettivo,
includendo l’esame formale dei sostituti del latte materno nel rispetto del
decreto ministeriale del 6 aprile 1994, n.500 e decreto legislativo 27 gennaio
1992, n.111.
Inoltre, sono stati effettuati controlli relativi alle modalità di presentazione
dell’alimento in tutti i centri ispezionati, sia nell’anno 2008 che nell’anno
successivo.
51
Capitolo V
RISULTATI
Dall’indagine è emerso che dal primo sopralluogo del 2008 solo due strutture
non si erano adeguate a quanto disposto dal regolamento (CE) 852/04,
omettendo di redigere ed applicare le procedure HACCP. In tali strutture è
stato elevato processo verbale di illecito amministrativo per violazione
all’articolo 6 del decreto legislativo 193/07, con relative prescrizioni di
adeguamento ai sensi del regolamento (CE) 882/04. Contestualmente sono
state notificate le prescrizioni di adeguamento, senza elevazione di verbali in
altre due strutture. Tali prescrizioni riguardavano le modalità di conservazione
dei latti stabilizzati che non venivano mantenuti in ambienti idonei, in quanto, i
depositi di tali alimenti, dotati di ampie finestre, creavano un effetto serra con il
raggiungimento di elevate temperature all’interno dei locali. Uno dei centri
nascita aveva promosso, nel rispetto della Circolare 21 ottobre 2000, n.16, il
rooming-in 24/24 h. I rimanenti centri effettuavano la pratica del rooming-in
esclusivamente in orario diurno.
I controlli effettuati nell’anno 2009 su 17 dei centri di nascita tra quelli già
controllati, hanno prodotto i seguenti risultati: tutti i centri si erano adeguati ai
principi dell’HACCP così come da Reg. (CE) 852/04. Inoltre di questi, due
effettuavano il rooming-in continuativo, le restanti 15 strutture effettuavano il
rooming-in diurno. Non sono stati elevati processi verbali per violazione al
D.Lvo 193/07 e non sono state prodotte nuove prescrizioni ai sensi del
regolamento (CE) 882/04.
52
Capitolo VI
CONCLUSIONI
Relativamente alla presentazione dei prodotti alimentari, nessuna sanzione è
stata elevata ai sensi del Decreto n.111/92, eccetto le due prescrizioni relative
alle modalità di conservazione dei soli latti stabilizzati.
Solitamente i Servizi afferenti al Dipartimento di Prevenzione, che hanno
competenza sulla Sicurezza Alimentare, sono portati a considerare a “rischio
zero” tali strutture, che pertanto non vengono inserite in un programma di
sorveglianza.
53
BIBLIOSITOGRAFIA

CODICE INTERNAZIONALE SULLA COMMERCIALIZZAZIONE DEI
SOSTITUTI DEL LATTE MATERNO, Organizzazione Mondiale della
Sanità, 1981.

REGOLAMENTO (CE) N. 852 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari.
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 165 del 30 aprile 2004.

REGOLAMENTO (CE) N. 853 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in
materia di igiene per gli alimenti di origine animale.
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 139 del 30 aprile 2004.

REGOLAMENTO (CE) N. 882 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL
CONSIGLIO del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a
verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti
e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali.
Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 165 del 30 aprile 2004.

DECRETO LEGISLATIVO N. 111 del 27 gennaio 1992 attuazione della
direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti alimentari destinati ad una
alimentazione particolare.
Gazzetta Ufficiale Suppl. Ordin. N. 39 del 17 febbraio 1992.

DECRETO n. 500 del 6 aprile 1994, regolamento concernente
l’attuazione delle direttive 91/321/CEE della Commissione del 14
MAGGIO 1991 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento e
92/52/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 sugli alimenti per lattanti e
alimenti di proseguimento destinati all’esportazione verso Paesi terzi.
Gazzetta Ufficiale Serie Generale N. 189 del 13 agosto 1994.

DECRETO n.82 del 9 aprile 2009, regolamento concernente l'attuazione
della direttiva 2006/141/CE per la parte riguardante gli alimenti per
lattanti e gli alimenti di proseguimento destinati alla Comunità europea
ed all'esportazione presso Paesi terzi.
Gazzetta Ufficiale Serie Generale N. 155 del 7 luglio 2009.

Circolare del Ministero della Sanità n. 16 del 24 ottobre 2000,
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Gazzetta Ufficiale Serie Generale N. 263 del 10 novembre 2000.
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