L`Organizzazione Mondiale della Sanità e tutte le associazioni di
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L`Organizzazione Mondiale della Sanità e tutte le associazioni di
UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI NAPOLI “FEDERICO II” FACOLTA’ DI MEDICINA VETERINARIA Scuola di Specializzazione in “Ispezione degli Alimenti di Origine Animale” Dipartimento di Scienze Zootecniche e Ispezione degli Alimenti TESI DI GRUPPO LA SORVEGLIANZA VETERINARIA PRESSO I LACTARIUM DELLA CITTA’ DI NAPOLI RELATORE: CANDIDATI: CH.MO PROF. DOTT.SSA DILETTA MANDATO 614100281 GIUSEPPE PEZONE DOTT. GIUSEPPE MENNELLA 614100293 DOTT. AGOSTINO RINALDI 614100288 Anno Accademico 2009 - 2010 MATR. INDICE Pag. Capitolo I – INTRODUZIONE 3 Capitolo II – ASPETTI LEGISLATIVI 12 Capitolo III – SCOPO DEL LAVORO 50 Capitolo IV – MATERIALI E METODI 51 Capitolo V – RISULTATI 52 Capitolo VI - CONCLUSIONI 53 BIBLIOSITOGRAFIA 54 2 Capitolo I INTRODUZIONE L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e tutte le associazioni di pediatria e di ginecologia raccomandano l'allattamento dei neonati al seno almeno per i primi sei mesi di vita, perché il latte prodotto dalla ghiandola mammaria è l'unico alimento che soddisfa pienamente tutte le esigenze nutritive del neonato. Su indicazione di OMS e UNICEF, nel 1981, l’Assemblea Mondiale della Sanità adotta il Codice internazionale sulla commercializzazione dei sostituti del latte materno; tale codice proibisce qualunque reclamizzazione di sostituti del latte materno e dei prodotti necessari alla sua somministrazione, "regolamentando le vendite e le promozioni inappropriate degli alimenti per l'infanzia che possono essere usati per sostituire il latte materno", ed anzi, incoraggia l’allattamento naturale al seno. L’OMS suggerisce di limitare la somministrazione dei latti artificiali solo su prescrizione medica, in particolare in casi prettamente necessari: 1. nelle TIN1; 2. in donne affette da agalassia; 3. in soggetti nati pre-termine; 4. in soggetti nati sottopeso; 1 TIN: Terapia Intensiva Neonatale. 3 5. in soggetti immunocompromessi; 6. in soggetti HIV positivi; 7. in soggetti in rialimentazione dopo interventi chirurgici di resezione intestinale; 8. in soggetti con insufficienza renale cronica; 9. in soggetti con cardiopatie con difetto di crescita per intolleranza alimentare. La preparazione del latte avviene nel cosiddetto Lactarium. Il Lactarium è da considerarsi come una “cucina” per piccoli, che fornisce pasti ai lattanti, al nido, ai prematuri, con utilizzo sia di latte artificiale che di latte umano; dovrà quindi essere organizzato per ospitare la “banca del latte”. L’area dedicata al Lactarium deve essere considerata come una area autonoma rispetto al servizio della Nursey, alle Degenze di Ostetricia e al Blocco Parto. Il personale dedicato al Lactarium provvede alla preparazione dei pasti per prematuri, neonati e lattanti attraverso delicate procedure operative che riguardano il lavaggio, la sterilizzazione dei biberon, la preparazione degli alimenti in essi contenuti (latte materno, umano, formule lattee, diete semisintetiche e formule per alimentazione entrale) e l'eventuale successiva pastorizzazione. Il regolamento (CE) n. 882/2004 prevede che i controlli ufficiali debbano svolgersi secondo procedure documentate al fine di garantire un approccio uniforme sull’intero territorio nazionale, nonché con un alto livello di prestazione onde garantire il rispetto, da parte degli operatori del settore alimentare, dei requisiti generali e specifici in materia di igiene di cui ai regolamenti (CE) n. 852 4 e n. 853 del 2004 ed assicurare che siano adottate misure correttive come previsto dall’articolo 8 del regolamento (CE) n. 882/2004. Le relazioni redatte, a seguito dei controlli ufficiali, costituiscono uno strumento imprescindibile, anche al fine della programmazione dei controlli successivi e della medesima valutazione della azioni da adottare, nel caso in cui l’operatore non ponga rimedio alla situazione di non conformità. I controlli mirano a verificare l’idoneità dei locali, delle attrezzature, delle procedure adottate nella preparazione di diete lattee, nonché a valutare l’esistenza di un piano di autocontrollo, e della sua applicazione, con particolare attenzione al percorso del latte, dalla preparazione alla somministrazione. Nel piano di autocontrollo debbono essere previste anche le procedure di somministrazione, trasporto e stoccaggio. I locali devono essere progettati ed ubicati seguendo il criterio della marcia in avanti, al fine di scongiurare un incrocio sporco-pulito, dovendo essere costantemente assicurati i livelli adeguati di pulizia. In particolare, nei locali devono susseguirsi nell’ordine: Ricezione-deposito Zona spogliatoio Zona filtro Zona preparazione Zona lavaggio L’area ricezione-deposito conterrà dispense e celle frigorifere. Queste ultime devono avere un rivelatore esterno di temperatura. Le confezioni di materiale monouso (biberon e tettarelle) e le confezioni di latte di vario tipo (latti 5 liquidi o in polvere) devono essere stoccate nel magazzino, che quindi deve essere dotato di scaffalature, per garantire una idonea separazione dei materiali. Tali scaffalature devono essere concepite in modo tale che le confezioni siano tenute sollevate almeno 20 cm dal pavimento; inoltre, devono essere costituite di materiale lavabile e sanificabile (acciaio inox, laminato plastico, ecc.). I pavimenti e le pareti devono essere costruiti in materiale lavabile e disinfettabile ed il locale deve essere dotato di sistemi antintrusione. La zona spogliatoio deve essere dotata di armadietti personali a doppio scomparto, per la separazione di abiti da lavoro da quelli personali. La zona filtro è la zona di passaggio per il personale che, ha indossato gli abiti da lavoro nello spogliatoio e, deve accedere alla zona preparazione, e deve essere provvista di lavabo e armadietti contenenti camici, copricapi, mascherine e copriscarpe sterili. La zona preparazione deve essere dotata di pavimenti e di pareti rivestiti di materiale facilmente lavabile e disinfettabile, di finestre con reti antintrusione, di almeno un armadio, di un mobile pensile, di un lavandino inglobato in un piano di lavoro, di una mensola di appoggio. La zona lavaggio è la zona dedicata al lavaggio dei carrelli da trasporto, degli utensili e di biberon e tettarelle (anche se in genere si usano presidi monouso). Il Lactarium è dotato delle seguenti attrezzature: Frigorifero biologico Deionizzatore-sterilizzatore Scaldabiberon Forno a microonde 6 Vaschetta Sterilizzatore Bilancia Carrello scaldabiberon e trasporta-biberon Piastra elettrica Container biberon e succhiotti Il frigorifero biologico, utilizzato esclusivamente per i poppatoi già pronti sia di latte materno, che di latte TIPO 0 (latti destinati al rapido recupero di peso per i neonati pretermine) e TIPO 1 (per i neonati a termine), deve essere munito di “dischetto” grafico esterno per la registrazione del corretto funzionamento. Il deionizzatore-sterilizzatore è lo strumento essenziale per il rifornimento di acqua sterile e deionizzata impiegata per la preparazione di latti ricostituiti (Legge per la potabilità dell’acqua: D.P.R. n. 236 del 24 maggio 1988). Lo scaldabiberon è fondamentale per il riscaldamento dei poppatoi. Il forno a microonde è necessario per la preparazione dei latti “speciali” in polvere secondo le raccomandazioni dell’OMS. La vaschetta serve per la disinfezione dei biberon di vetro. Lo sterilizzatore è necessario per sterilizzare biberon, tettarelle e succhietti. I due principali metodi di sterilizzazione sono: A caldo che prevede l'utilizzo di sterilizzatori elettrici o di forni a microonde (in cui riporre i vari oggetti adoperando un apposito recipiente), oppure di una 7 normalissima pentola d'acqua dove far bollire tutti i componenti del biberon per 20 minuti. La sterilizzazione a caldo, quindi, è una tecnica che sfrutta l'azione disinfettante e battericida dell'acqua calda. Si può impiegare direttamente l'acqua o, per maggiore velocità, il vapore che emana durante l'ebollizione. A freddo: in questo caso bottiglia, ghiera e tettarella vanno immersi per circa 30 minuti in una bacinella piena d'acqua fredda in cui è stato diluito un apposito liquido disinfettante. Non è poi necessario il risciacquo prima dell'uso. In particolare, la sterilizzazione si può realizzare: Con la bollitura In un apposito contenitore, o in una pentola con coperchio, si fanno bollire, per almeno 20 minuti, gli oggetti da disinfettare, controllando sempre che rimangano coperti dall'acqua. Occorre inserire le parti in vetro all'inizio e quelle in plastica appena comincia l'ebollizione. Una volta conclusa la sterilizzazione, gli oggetti vanno lasciati sgocciolare, evitando di toccarli ma utilizzando l'apposita pinza. Infine, con le mani ben lavate, il biberon va richiuso con la tettarella rivolta verso l'interno. A vapore fluente Gli apparecchi elettrici sfruttano l'energia del vapore per eliminare i germi e i funghi. Gli sterilizzatori elettrici sono composti da un bollitore a corrente elettrica, un cestello per biberon e accessori, un termostato per mantenere la temperatura costante ed una valvola di sicurezza. In questo caso è necessario inserire una piccola quantità d'acqua che, portata dall'apparecchio, si trasforma in vapore e sterilizza i biberon. 8 ad ebollizione A freddo In questo caso, la sterilizzazione si basa sull'uso di disinfettanti chimici, liquidi o in pastiglie effervescenti, da sciogliere in acqua fredda e diluite secondo le proporzioni indicate sulla confezione. Si utilizzano vaschette con coperchio. L'operazione dura una trentina di minuti, ma è possibile lasciare biberon e succhietti immersi nella soluzione anche per 24 ore. La sterilizzazione a freddo è indicata per le tettarelle in caucciù, che per effetto del calore, tendono a deformarsi. Non è necessario risciacquare gli oggetti prima di usarl. A secco Questa tecnica, un po' meno diffusa, si effettua ricorrendo ad una lampada germicida, utilizzato ad esempio negli studi dentistici, efficace per sterilizzare anche oggetti di uso comune come, appunto, biberon e tettarelle. Si basa sull'azione dei raggi ultravioletti capaci di inattivare gli agenti nocivi. È, però, fondamentale che gli oggetti, puliti e asciugati, siano esposti ai raggi nel modo corretto, cioè con l'apertura orientata verso la lampada. La bilancia serve per pesare il latte in polvere nel caso siano necessarie soluzioni a concentrazioni determinate, e periodicamente necessita di verifica della taratura. Il carrello scaldabiberon e trasporta-biberon permette il posizionamento di cesti e container dedicati per il lavaggio e l’igienizzazione completa di succhietti e biberon. In un solo ciclo si ha quindi la sicurezza del trattamento di grandi carichi in tempi ristretti. 9 La piastra elettrica deve essere dotata di termostati di sicurezza. I container per biberon e per succhietti serviranno per contenere rispettivamente biberon e succhietti. Tutte le attrezzature devono essere conformi alle norme di sicurezza e di protezione del personale (D.Lvo 81/2008 recante il nuovo Testo unico sulla sicurezza sul lavoro) e devono ricevere verifiche e riqualificazione periodiche. La qualificazione delle attrezzature/apparecchiature deve dimostrare che esse funzionino correttamente e diano realmente i risultati attesi (ISO 9001); ciò è obbligatorio nel caso di nuove attrezzature e dopo eventuali riparazioni. Deve essere stabilito un elenco per ognuna delle apparecchiature certificate, contenente elementi relativi alla loro identificazione, manutenzione e riparazione. Naturalmente, il Lactarium sarà provvisto di materiali, da impiegare nella preparazione e nella somministrazione, idonei a venire a contatto con gli alimenti (D.M. 21 marzo 1993 e successive modifiche, D.Lvo 108/92): o biberon e tettarelle monouso sterili o biberon in vetro I biberon sono in materiale adatto al contatto con gli alimenti, idoneo a tutte le temperature di sterilizzazione e di congelamento. Generalmente sono in polipropilene e vengono sterilizzati con raggi gamma. I biberon avranno una scala graduata serigrafata ben visibile. Inoltre devono essere forniti di tettarella monouso e bicchierino copritettarella di protezione, già montato, per evitare contaminazioni all’apertura della confezione e vanificare la sterilizzazione a cui 10 i prodotti sono sottoposti. In genere la tettarella è in evoprene, materiale termoplastico. La ghiera della tettarella deve essere esente da lattice per i pazienti intolleranti a questa sostanza. Inoltre, il Lactarium dev’essere dotato di un deposito per accogliere i seguenti alimenti: o latte liquido tipo 0 o latte liquido tipo 1 o latti “speciali” in polvere (latti ai quali vengono aggiunti od eliminati uno o più ingredienti per risolvere disturbi particolari) o acqua oligominerale (in alternativa al rifornimento continuo di acqua trattata con deionizzatore-sterilizzatore) o integratori del latte 11 Capitolo II ASPETTI LEGISLATIVI L’evoluzione normativa ha tratto spunto dal codice precitato in premessa. La XXVII Assemblea Mondiale della Sanità (AMS), nel 1974, notava la decadenza generale dell'allattamento al seno in molte parti del mondo, in relazione a fattori socioculturali e ad altri fattori, compresa la promozione commerciale di sostituti industriali del latte materno, e, pertanto, chiedeva "agli Stati Membri di rivedere le attività di promozione alla vendita degli alimenti per l'infanzia e di introdurre appropriate misure di controllo, compresi codici e leggi sulla pubblicità ove necessario". L'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ed il Fondo delle Nazioni Unite per l'Infanzia (UNICEF) hanno posto rilievo, per molti anni, sul valore di conservare la pratica dell'allattamento al seno e di farla rifiorire ove sia in declino, come un sistema per migliorare la salute e la nutrizione dei lattanti e dei bambini. Nel gennaio del 1981, il Comitato Esecutivo dell'OMS, nella sua LXVII sessione, prese in considerazione la quarta bozza del codice, la approvò, e raccomandò all’unanimità alla XXXIV AMS il testo di una risoluzione che adottasse il codice sotto forma di raccomandazione. Nel maggio dello stesso, l'AMS adottò il codice, come proposto, con 118 voti a favore, uno contrario, e tre astensioni. 12 Fino al 1997, circa 130 paesi avevano promulgato una legge nazionale ispirata a tale Codice. L'Italia fa parte di questo gruppo, avendo promulgato, il 6 aprile 1994, il Decreto Ministeriale n. 500. È opportuno rimarcare che nel sottoscrivere il Codice, le compagnie si sono impegnate a rispettare l'articolo 11, comma 3 che cita testualmente: "Indipendentemente da qualsiasi altra misura adottata al fine di adempiere al presente Codice (cioè indipendentemente dall'esistenza o meno di leggi nazionali), produttori e distributori di prodotti cui si applica il presente Codice devono considerarsi responsabili della sorveglianza sulle pratiche di marketing secondo i principi e le finalità del presente Codice e devono adottare le misure necessarie a garantire che la loro condotta sia,ad ogni livello, conforme ad essi". I punti essenziali del Codice Internazionale sulla Commercializzazione dei Sostituti del Latte Materno: I governi devono assumere la responsabilità di una irreprensibile informazione sull'alimentazione del neonato e del lattante alle famiglie ed agli operatori sanitari. Il materiale informativo per le famiglie deve indicare in maniera netta la superiorità dell'allattamento al seno e la difficoltà di invertire la decisione di non allattare. Lo stesso materiale informativo deve spiegare con chiarezza le implicazioni anche sociali ed economiche della scelta di non allattare al seno, oltre ai pericoli per la salute. Le donazioni di attrezzature e di materiali informativi da parte delle compagnie deve avvenire unicamente su richiesta e dietro consenso scritto di una 13 competente autorità governativa; tali attrezzature e materiali possono avere il nome o il logotipo della compagnia, ma nessun riferimento ai prodotti della stessa. Non vi dev’essere alcuna pubblicità o altra forma di promozione al pubblico di prodotti che rientrino nel campo di applicazione del Codice. Non vi devono essere forniture, dirette o indirette, di tali prodotti, anche sotto forma di campioni, alle gestanti, alle madri ed alle loro famiglie. Non vi dev'essere alcuna pubblicità né distribuzione di campioni omaggio né altro tipo di promozione degli stessi prodotti nei punti vendita. Non dev'essere distribuito alle gestanti e alle madri alcun articolo o materiale omaggio che possa incoraggiare l'impiego di sostituti del latte materno o di biberon. Non vi dev'essere alcun tipo di contatto diretto tra rappresentanti o impiegati delle compagnie e gestanti, madri o famiglie. Non si deve fare alcuna promozione dei sostituti del latte materno nelle unità sanitarie, compresa l'esposizione di manifesti o altri materiali forniti dalle compagnie. Non dev'essere permessa l'utilizzazione delle unità sanitarie da parte di rappresentanti o impiegati delle compagnie per fare promozione dei loro prodotti. Non vi devono essere donazioni o vendite a basso prezzo dei prodotti contemplati dal Codice alle unità sanitarie o a singoli operatori. Non devono essere offerti dalle compagnie agli operatori sanitari incentivi economici o materiali allo scopo di promuovere prodotti contemplati dal Codice; i contributi individuali per viaggi di studio, borse di studio, ricerche o 14 consulenze devono essere dichiarati sia dalla compagnia che dal beneficiario all'istituzione alla quale quest'ultimo è affiliato. Il volume delle vendite dei prodotti contemplati dal Codice non dev'essere usato dalle compagnie nel calcolo della percentuale di compenso degli addetti al marketing come sistema di incentivazione. Le etichette dei prodotti non devono sconsigliare, con scritte o figure, l'allattamento al seno e devono spiegare in modo comprensibile alle madri l'uso adeguato degli stessi; in particolare devono dire in modo chiaro che il prodotto va usato solo dietro prescrizione e supervisione medica. La legislazione comunitaria in materia di alimenti per l’infanzia ha emanato numerose direttive, tra le quali: Direttiva 89/398/CEE (recepita in Italia con D.Lvo n. 111/1992): concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare; Direttiva 91/321/CEE (recepita in Italia con D.M. Sanità n. 500/1994): concernente gli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento, stabilisce e, per la prima volta, fissa i criteri di composizione e di etichettature dei sostituti del materno e successive modifiche ed integrazioni (1996/4/CEE; 1999/50/CEE rispettivamente riguardo alle formule relative alle allergie alle proteine del latte, l’introduzione di acidi grassi polinsaturi a catena lunga ed i limiti fissati per gli antiparassitari). Vi è una sostanziale intesa della normativa comunitaria con i principi ratificati dal Codice Internazionale: le direttive menzionate, pongono in rilievo l’impegno del Legislatore di difendere l’allattamento al seno ed assicurare l’uso corretto dei sostituti del latte materno, solo in caso di reale bisogno. 15 L’ordinamento italiano accoglie con alcuni atti i principi del Codice OMS e le susseguenti raccomandazioni, come pure le direttive comunitarie indicate. Inoltre, esplicita, con provvedimenti specifici, l’impegno alla promozione ed al sostegno dell’allattamento materno, anche tramite provvedimenti integrati. Il D.Lvo n. 111/1992, sui prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare, definisce il campo di applicazione del prodotto dietetico. Richiede che il prodotto risponda alle esigenze nutrizionali particolari delle persone con difficoltà di assimilazione o con un metabolismo perturbato, delle persone in condizioni fisiologiche particolari, dei lattanti e bambini nella prima infanzia. Esige, inoltre, che il prodotto si debba distinguere chiaramente dagli alimenti di consumo corrente, debba essere adatto ad uno specifico obiettivo nutrizionale e debba essere commercializzato con l'indicazione dell'obiettivo nutrizionale. Il D.Lvo n. 111/1992 pone il latte artificiale tra i prodotti destinati a un'alimentazione particolare. Questi alimenti, come il latte di partenza e il latte di proseguimento, sono distinti dagli alimenti comuni perché sono creati e impiegati per un obiettivo nutrizionale particolare. In questa categoria rientrano quindi il latte per neonati, fino a un anno di vita, il latte di proseguimento, da un anno di vita in poi, ed i prodotti dietetici. Il latte artificiale per neonati, in particolare il latte di partenza e il latte di proseguimento, può essere liberamente venduto, invece il latte speciale, per i neonati che hanno specifiche esigenze nutritive, deve essere messo in vendita esclusivamente dopo l’autorizzazione da parte del Ministero della Salute. In ogni caso, tutti gli stabilimenti di produzione e di confezionamento di latte artificiale per neonati, devono essere autorizzati dal Ministero della Salute. 16 Il D.Lvo n. 111/1992 dispone che tali prodotti alimentari rechino in lingua italiana sulle confezioni le seguenti indicazioni: 1. la denominazione di vendita, accompagnata dalla indicazione delle caratteristiche nutrizionali particolari; per i prodotti destinati a lattanti o a bambini nella prima infanzia in buona salute, la denominazione di vendita è invece accompagnata dall’indicazione della loro destinazione; 2. l'elenco degli ingredienti; 3. gli elementi particolari della composizione qualitativa e quantitativa o il processo speciale di fabbricazione che conferiscano al prodotto le sue caratteristiche nutrizionali particolari; 4. il quantitativo netto; 5. il termine minimo di conservazione; 6. le modalità di conservazione e di utilizzazione qualora sia necessaria l'adozione di particolari accorgimenti in funzione della natura del prodotto; 7. le istruzioni per l'uso, quando la loro omissione non consente all'acquirente di fare un uso appropriato del prodotto alimentare; 8. il tenore di glucidi (carboidrati), protidi (proteine) e lipidi (grassi) per 100 gr o 100 ml di prodotto commercializzato e per quantità proposta da consumare se il prodotto è così presentato; 9. l'indicazione in kilocalorie (kcal) o in kilojoules (kJ) del valore energetico per 100 gr o 100 ml di prodotto e, se il prodotto è così presentato, per quantità proposta da consumare. Tale indicazione può essere sostituita dalle dizioni valore energetico inferiore a 50 kj (12 kcal) per 100 gr ovvero valore energetico inferiore a 50 kj (12 kcal) per 100 ml quando il prodotto contenga dei valori energetici inferiori a 50 kj (12 kcal); 17 10. il nome o la ragione sociale o il marchio depositato e la sede del fabbricante o del confezionatore o di un venditore stabilito nella comunità europea; 11. la sede dello stabilimento di fabbricazione o di confezionamento per i prodotti fabbricati o confezionati in Italia per la vendita sul territorio nazionale; 12. il luogo di origine o di provenienza qualora l'omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore finale circa l'origine e la provenienza effettiva del prodotto alimentare. Il Ministero della Sanità ha emanato il Decreto n. 500, il 6 aprile 1994, concernente l’attuazione delle direttive 91/321/CEE della Commissione del 14 maggio 1991 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento e 92/52/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento destinati all’esportazione verso Paesi terzi. Il Decreto n. 500 è stato abrogato e sostituito col Decreto 9 aprile 2009 n. 82, regolamento concernente l'attuazione della direttiva 2006/141/CE per la parte riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento destinati alla Comunità europea ed all'esportazione presso Paesi terzi. Al momento della stesura del presente lavoro, questo decreto manca della disciplina sanzionatoria che è allo studio al Dipartimento per gli Affari Giuridici e Legislativi presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. In sostanza, viene deciso che a partire dal 22 luglio 2009 gli alimenti per bambini fino a un anno di età (lattanti) e gli alimenti di proseguimento destinati alla prima infanzia, posso essere messi in commercio solo se conformi alle disposizioni stabilite dal suddetto decreto emesso dal ministero del Lavoro, Salute e Politiche sociali, di concerto con il ministero dello Sviluppo economico, in attuazione della direttiva 2006/141/CE. 18 Al fine di consumare le scorte, è stato previsto che gli alimenti non in regola con il decreto potranno essere posti in vendita fino al 31 dicembre 2009. La legge prevede, poi, un'attività di monitoraggio da parte dei Ministeri sui prezzi di vendita degli alimenti per lattanti, che dovranno essere resi pubblici a tutela dei consumatori e una campagna sulla corretta alimentazione dei più piccoli, volta anche a proteggere e migliorare l'allattamento al seno. Degno di nota è l'art. 9 del Decreto, con il quale il legislatore ha stabilito le denominazioni di vendita dei vari prodotti che dovranno essere necessariamente utilizzate dai produttori. D'ora in avanti sulle confezioni il consumatore rinverrà locuzioni come "alimento per lattanti" e "alimento di proseguimento" e i "consigli" e le "raccomandazioni" che per forza dovranno essere aggiunte alle indicazioni già previste dal D.Lvo 109/1992, con il palese fine di favorire l'allattamento al seno e l'uso assennato di tali alimenti. Il Decreto n. 82/2009 stabilisce alcune definizioni: «lattanti»: i soggetti di età inferiore a dodici mesi; «bambini»: i soggetti di età compresa fra uno e tre anni; «alimenti per lattanti», ovvero «formule per lattanti» ovvero «preparati per lattanti»: i prodotti alimentari destinati alla particolare alimentazione dei lattanti nei primi sei mesi di vita, in grado di soddisfare da soli il fabbisogno nutritivo di questa fascia di età fino all'introduzione di un'adeguata alimentazione complementare; «alimenti di proseguimento», ovvero «formule di proseguimento»: i prodotti alimentari destinati alla particolare alimentazione dei lattanti dopo il sesto mese di vita, successivamente all'introduzione di una adeguata alimentazione complementare, costituenti il principale elemento liquido 19 nell'ambito dell'alimentazione progressivamente diversificata per questa fascia di età. Nessun prodotto, ad eccezione degli alimenti per lattanti, può essere commercializzato o presentato come prodotto idoneo a soddisfare, da solo, il fabbisogno nutritivo dei lattanti in buona salute nei primi sei mesi di vita, fino all'introduzione di una adeguata alimentazione complementare. Per quanto concerne la fabbricazione dei prodotti: Gli alimenti per lattanti devono essere fabbricati con le fonti proteiche definite nell'allegato I, punto 2 e con altri ingredienti alimentari la cui idoneità alla particolare alimentazione dei lattanti sin dalla nascita deve essere confermata da dati scientifici universalmente riconosciuti. Gli alimenti di proseguimento devono essere fabbricati con le fonti proteiche indicate nell'allegato II, punto 2 e con altri ingredienti alimentari la cui idoneità alla particolare alimentazione dei lattanti dopo il compimento del sesto mese sia confermata da dati scientifici universalmente riconosciuti. Per la fabbricazione degli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento possono essere utilizzate unicamente le sostanze elencate nell'allegato III, al fine di soddisfare i requisiti relativi alle sostanze minerali, alle vitamine, agli aminoacidi ed altri composti azotati e alle altre sostanze con un particolare scopo nutritivo. Nella produzione di alimenti per lattanti e di alimenti di proseguimento possono essere impiegati gli additivi previsti, rispettivamente, nella parte 1 e nella parte 2 dell'allegato XIII del decreto del Ministero della Sanità 27 febbraio 1996, n. 209. 20 Il Decreto n. 82/2009 fornisce altre indicazioni riguardo l’etichettatura di tali prodotti alimentari: a) per gli alimenti per lattanti la dicitura che il prodotto è idoneo alla particolare alimentazione dei lattanti sin dalla nascita, nel caso in cui essi non sono allattati al seno; b) per gli alimenti di proseguimento la dicitura: 1. che il prodotto è idoneo soltanto alla particolare alimentazione dei lattanti di età superiore ai sei mesi, che deve essere incluso in un'alimentazione diversificata e che non deve essere utilizzato in alcun modo come sostituto del latte materno nei primi sei mesi di vita; 2. che evidenzi che la decisione di avviare l'alimentazione complementare sia presa unicamente su parere di professionisti indipendenti del settore della medicina, dell'alimentazione, della farmacia, della maternità o dell'infanzia, in base agli specifici bisogni di crescita e sviluppo del lattante. Nel caso degli alimenti per lattanti e degli alimenti di proseguimento in polvere vanno riportate, in etichetta, le norme e le precauzioni da seguire ai fini di una corretta pratica igienica per la ricostituzione nella forma pronta per l'uso, in linea con le raccomandazioni dell'Organizzazione Mondiale della Sanità. Il Ministro del lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali, con proprio decreto, può fornire ulteriori specifiche indicazioni sulle norme e le precauzioni da seguire e da indicare in etichetta per detti prodotti. È vietato l'utilizzo di termini come «umanizzato», «maternizzato» o «adattato» o espressioni analoghe. 21 Le etichette degli alimenti per lattanti e degli alimenti di proseguimento devono essere tali da fornire informazioni necessarie all'uso appropriato dei prodotti e non scoraggiare l'allattamento al seno. L'etichettatura degli alimenti per lattanti deve riportare, sotto il titolo «avvertenza importante» o espressioni equivalenti, le seguenti indicazioni obbligatorie: a) una dicitura relativa alla superiorità dell'allattamento al seno; b) la raccomandazione di utilizzare il prodotto esclusivamente previo parere di professionisti indipendenti del settore della medicina, dell'alimentazione, della farmacia, della maternità o dell'infanzia. L'etichettatura degli alimenti per lattanti non deve riportare immagini di lattanti nè altre illustrazioni o diciture che inducano ad idealizzare l'uso del prodotto. Può però recare illustrazioni grafiche che facilitino l'identificazione del prodotto e ne spieghino i metodi di preparazione. Gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento devono essere etichettati in modo da consentire al consumatore di distinguere chiaramente un prodotto dall'altro, così da evitare qualsiasi rischio di confusione tra gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento. Con l’articolo 10 viene stabilito, obbligatoriamente, che la pubblicità degli alimenti per lattanti è vietata in qualunque modo, in qualsiasi forma e per mezzo di qualsiasi canale, inclusi gli ospedali, i consultori familiari, gli asili nido, gli studi medici, e anche meeting, conferenze, esposizioni e mostre ad eccezione delle pubblicazioni scientifiche specializzate in puericultura destinate a professionisti dell'ambito pediatrico e nutrizionale. Vengono inserite nuove regole, altresì, per gli alimenti di proseguimento al fine di scansare qualunque eventuale ingerenza negativa con l'allattamento al seno. 22 Viene appunto previsto che la pubblicità di tali alimenti dovrà sottolineare che l'uso del prodotto è suggerito su consiglio del medico per lattanti di almeno sei mesi, quando non disponibile il latte materno, e non dovrà persuadere a far ritenere il prodotto uguale al latte materno. Per combattere il business "post-parto" la norma prevede che non possano più essere dati in omaggio, al momento della dimissione dai reparti maternità, prodotti e materiali in grado di interferire con l'allattamento al seno. Per garantire la salute dei nuovi nati, la norma vieta, inoltre, ogni forma di pubblicità, anche occulta, e tutti i comportamenti che dissuadono dal ricorso al latte materno. A tale scopo l'articolo 15 del decreto annuncia che il materiale divulgativo e didattico, da chiunque approntato e in qualunque modo emesso, destinato alle gestanti, alle madri di lattanti e bambini, alle famiglie ed a tutti gli interessati nel settore dell'alimentazione dei lattanti e della prima infanzia, non deve includere dati, asserzioni o illustrazioni dalle quali sia possibile concludere che l'allattamento artificiale sia pari o simile a quello naturale. Viene difatti rimarcato, nei commi ulteriori, che l'allattamento al seno, per la superiorità ed i benefici che offre rispetto all'allattamento artificiale, va promosso come pratica di alimentazione esclusiva nei primi sei mesi di vita e che l’inserimento, prima del sesto mese di vita, di sostituti del latte materno o di altri alimenti può avere effetti sfavorevoli sull'allattamento al seno. La Circolare del Ministero della Sanità n. 16 del 24 Ottobre 2000 (Promozione e tutela dell’allattamento al seno) invita gli Assessorati a sorvegliare affinché: 23 • i reparti di maternità incoraggino l’adozione e il proseguimento dell’allattamento al seno; • vengano acquisite la quantità di sostituti del latte materno rigorosamente indispensabili da commisurare sulla media dei neonati che non possono essere allattati al seno; • al momento della dimissione non vengano forniti in dono prodotti o materiale in grado di interferire in qualunque modo con l’allattamento al seno; • le lettere di dimissioni per i neonati non devono presumere uno spazio predefinito per la prescrizione del sostituto del latte materno (accostandolo ad una prescrizione obbligatoria); • eventuali donazioni di materiale e attrezzature, da parte di aziende produttrici a strutture sanitarie avvengano nel rispetto dell’art. 8 del D.M. n. 500/1994 e non siano in alcun modo collegate alle prescrizioni di sostituti. Nel rispetto del “Pacchetto Igiene”, i luoghi di preparazione devono rispettare quanto stabilito dal regolamento (CE) 852/04 circa l’applicazione del sistema HACCP. Fin dal 26 maggio 1997, tutte le industrie alimentari hanno avuto l'obbligo di rispettare le norme generali di igiene, indicate nel D.Lvo n. 155, riguardanti i prodotti alimentari. Il regolamento (CE) 852/04 si applica a tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione degli alimenti e quindi anche ai Lactarium. Si è, in effetti, passati da una politica di controllo di autorità ad un sistema di autocontrollo con una forte ed efficace responsabilizzazione dell'Operatore. L’HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point) è un metodo sistematico per produrre alimenti salubri, basato sull’autocontrollo mediante l’identificazione e la gestione dei “Critical Control Points” (CCPs). 24 L’operatore deve individuare nella propria attività ogni fase che potrebbe rivelarsi critica per la sicurezza degli alimenti e deve garantire che siano individuate, applicate, mantenute ed aggiornate le adeguate procedure di sicurezza servendosi dei principi su cui è basato il sistema di analisi dei rischi e di controllo dei punti critici. Il regolamento prevede la stesura di un Piano di autocontrollo che fotografi la realtà lavorativa aziendale in un diagramma di flusso e che contenga l'individuazione delle fasi critiche e delle procedure di controllo che l'azienda intende adottare al riguardo, come pure le informazioni concernenti l'applicazione delle procedure di controllo e di sorveglianza dei punti critici e i relativi risultati. I requisiti del sistema HACCP dovrebbero tener conto dei principi contenuti nel Codex Alimentarius. I manuali di corretta prassi igienica sono testi che possono essere utilizzati come guida per l’elaborazione del sistema H.A.C.C.P. e del Piano di autocontrollo personalizzato (in particolar modo per le sezioni riguardanti i diagrammi di flusso, l’individuazione dei CCP, dei limiti critici e delle procedure di verifica). Ciò vale a dire che ogni manuale, predisposto per un ambito generale del settore alimentare, riguardante ad esempio una tipologia di alimenti dovrà essere calato da ciascun operatore del settore nella propria realtà e nelle proprie dimensioni, al fine di allestire un piano di autocontrollo adeguato alle proprie esigenze. La compilazione dei manuali può essere effettuata da Associazioni del settore, da privati, da Organizzazioni di normazione; i manuali redatti a livello nazionale, dopo opportuna valutazione e validazione da parte del Ministero 25 della Salute, devono essere trasmessi alla Commissione U.E., in vista di una uniformazione delle procedure di buona prassi a livello comunitario. È opportuno segnalare che i Manuali di Corretta Prassi Igienica non vanno mai considerati come eventuali sostituti dei documenti di analisi dei rischi e di gestione dell’autocontrollo, e che ogni laboratorio artigiano deve redigere il proprio Piano di Autocontrollo Aziendale. Nel 1998 e nel 1999 il Ministero della Sanità ha emanato un elenco dei Manuali di corretta prassi igienica validati per le diverse tipologie di Aziende alimentari. I punti basilari del sistema HACCP sono identificabili in dodici passaggi chiave secondo uno schema ben illustrato: 1) Formazione dell’HACCP-team: formazione di un gruppo costituito da esperti con conoscenza di microbiologia, di chimica, di tecnologia alimentare, di igiene alimentare, ma anche dal personale direttamente coinvolto nella produzione. Per il Lactarium il gruppo HACCP è costituito ad esempio dal Direttore Sanitario, o da suoi delegati, dal responsabile in materia di igiene dei prodotti alimentari, dal personale. 2) Descrizione del prodotto: esame di composizione, struttura, lavorazione, modalità di condizionamento ed imballaggio, condizioni di distribuzione, durata della conservazione e utilizzo del prodotto. Descrizione delle caratteristiche dei latti utilizzati. Latti pastorizzati: latti sottoposti ad un trattamento termico per almeno 15" ad una temperatura superiore a 72°C, al fine di garantire la distruzione dei microrganismi patogeni e di parte rilevante della flora microbica saprofita, con limitate alterazioni delle caratteristiche chimiche, fisiche ed organolettiche. 26 Latti UHT a lunga conservazione: latti che hanno subito il processo di sterilizzazione ad una temperatura di 140-150°C per 2-5", seguito da un confezionamento asettico. Possono essere consumati entro 90 giorni dalla data di confezionamento. Latti speciali: latti che hanno subito trattamenti fisici consentiti dalla legge e le cui caratteristiche chimico fisiche, nutrizionali ed organolettiche siano state in qualche modo modificate (latti in polvere, scremati, dietetici e concentrati). 3) Costruzione del diagramma di flusso: analisi in sequenza di tutte le fasi di lavorazione, compresi i tempi di attesa tra una fase e la successiva, a partire dalla ricezione delle materie prime fino alla commercializzazione del prodotto finito. Ciò richiede la preparazione di un diagramma di flusso molto chiaro e dettagliato indicando ogni operazione in cui avvengono importanti trasformazioni. Per il Lactarium: Approvvigionamento → Stoccaggio → Preparazione → Trasporto con carrelli → Somministrazione oppure Stoccaggio in reparto → Riscaldamento → Somministrazione. 4) Conferma in campo del diagramma di flusso: verifica della completezza e della scrupolosità dell’elaborazione del diagramma di flusso. 5) Individuazione ed elenco dei pericoli: individuazione dei pericoli, dei rischi e della loro gravità a livello di ogni singola fase di lavorazione. Per pericolo s’intende ogni eventuale causa in grado di compromettere la salute del consumatore oppure la salubrità del prodotto. ll rischio, invece, è la probabilità 27 che un pericolo si verifichi. La gravità indica l’importanza dell’effetto di un mancato controllo di un punto critico di controllo. Per il Lactarium: contaminazione microbica, proliferazione microbica e contaminazione preparazione crociata durante la fase di ricezione, stoccaggio e di latte in polvere e di latte liquido; fase di conservazione, trasporto e di riscaldamento di latte pronto; fase di stoccaggio di prodotti non alimentari. 6) Individuazione dei CCP (punti critici di controllo): identificazione tramite l’ausilio del cosiddetto "Albero delle decisioni", delle fasi (una pratica, una procedura, un processo ecc.) che possono essere controllate, o ancor meglio "gestite", al fine di eliminare i rischi o ridurre la probabilità del loro verificarsi. 7) Definizione delle procedure di controllo per ogni CCP: definizione, dopo aver stabilito i punti critici di controllo (CCP), di una procedura che assicuri l’effettivo controllo degli stessi. Ciò deve essere fatto in modo da permettere una celere rilevazione di una qualsiasi anomalia e quindi un tempestivo intervento per ripristinare le condizioni standard mediante idonee azioni correttive. Per il Lactarium le fasi che devono essere controllate sono: ricezione merci (ricorso a fornitori qualificati, controllo integrità delle confezioni, controllo date di scadenza, controllo igiene mezzi di trasporto, controllo temperatura idonea di trasporto, assenza di promiscuità) / stoccaggio e conservazione dei prodotti in magazzino o in frigoriferi (controllo integrità delle confezioni, controllo date di scadenza, contollo igiene generale, avvio al consumo i prodotti con scadenza piu’ prossima in modo da favorire la rotazione delle derrate, controllo confezioni latte in polvere e liquido parzialmente utilizzate, controllo del latte già 28 ricostituito) / preparazione (assenza di evidenti segni di alterazione, applicazione delle corrette procedure di pulizia e sanificazione delle superfici, delle attrezzature e utensili utilizzati, controllo visivo delle materie prime e rispetto dei limiti di legge per le acque di ricostituzione, ottimizzazione tempi di lavorazione) / trasporto ai reparti (igiene dei carrelli, chiusura dei biberon, controllo dei percorsi e dei tempi per il trasporto dei latti) / riscaldamento (igiene generale di attrezzature, ambienti e superfici, igiene personale). 8) Definizione dei Limiti Critici: indicazione preliminare dei limiti critici che devono essere osservati per assicurare che ogni CCP sia sotto controllo. In pratica, limite critico è quel valore che separa l’accettabilità dall’inaccettabilità. I limiti critici sono desunti da quelli di legge, ove presenti, oppure da GMP (good manufacturing practices), nel senso che possono derivare dall’adozione di una buona pratica di lavorazione. Per il Lactarium: latte in polvere - nella fase di ricezione: rispetto delle idonee condizioni igieniche, rispetto del DECRETO 1 giugno 1998, n. 518, del D.Lvo 111/1992 e assenza di evidenti segni di deterioramento delle confezioni; - nella fase di stoccaggio: conservazione in luogo fresco e asciutto e chiusura delle confezioni aperte; - nella fase di preparazione e porzionamento: integrità delle confezioni, date di scadenza, igiene della lavorazione, igiene del personale, assenza di residui chimici su superfici ed attrezzature e limiti di legge per l’acqua; - nella fase di conservazione di latte pronto: limite di consumo di 24 ore dalla ricostituzione ad una temperatura di + 4°C; 29 - nella fase di trasporto di latte pronto: tempo massimo al di fuori del frigorifero di 20’ massimo; - nella fase di riscaldamento di latte pronto: adeguate condizioni igieniche; latte liquido - nella fase di ricezione: idonee condizioni igieniche, temperatura di ricevimento 0-6°C, assenza di evidenti segni di deterioramento delle confezioni e/o dove visibili del prodotto; - nella fase di stoccaggio: rispetto delle condizioni igieniche e temperatura di stoccaggio + 4°C; - nella fase di preparazione e porzionamento: condizioni igieniche di ambienti, attrezzature e personale, rapporto ottimale tempo/temperatura di porzionamento e assenza di residui chimici su superfici e attrezzature; - nella fase di conservazione di latte pronto: limiti di consumo latte liquido, umanizzato o speciale di 24 ore dall’apertura a + 4°C; - nella fase di trasporto di latte pronto: tempo massimo al di fuori del frigorifero di 20’ massimo; - nella fase di riscaldamento di latte pronto: adeguate condizioni igieniche; prodotti non alimentari - nella fase di stoccaggio: igiene generale e integrità delle confezioni. 9) Definizione delle azioni correttive: indicazione preliminare delle azioni da attuare allorché il monitoraggio indichi che un particolare CCP non è sotto controllo. Le azioni correttive, meglio dette "trattamenti", richiedono sia le azioni di trattamento delle “non conformità”, che la revisione del sistema per eliminare 30 la possibilità che la deviazione dei parametri prefissati possa verificarsi di nuovo. Dopo l’intervento è necessario verificare che l’azione correttiva abbia avuto risultato positivo. Per il Lactarium: latte in polvere - nella fase di ricezione: rifiuto di prodotti non conformi, richiesta al fornitore di verifica della/e non conformità rilevate, eventuale cambio di fornitore; - nella fase di stoccaggio: eliminazione dei prodotti alterati, ripristino di idonee condizioni di stoccaggio; - nella fase di preparazione e porzionamento: eliminazione dei prodotti alterati, corretta applicazione delle procedure di pulizia e sanificazione, formazione del personale; - nella fase di conservazione di latte pronto: eliminazione dei prodotti alterati, ripristino delle temperature, ripristino delle idonee condizioni igieniche, manutenzione straordinaria delle attrezzature; - nella fase di trasporto di latte pronto: pulizia straordinaria, formazione straordinaria, controllo dei percorsi e dei tempi per il trasporto dei latti e delle modalità; - nella fase di riscaldamento di latte pronto: ripristino delle condizioni igieniche; latte liquido - nella fase di ricezione: rifiuto di prodotti non conformi, eventuale cambio di fornitore, richiesta al fornitore di verifica della/e non conformità rilevate; - nella fase di stoccaggio: eliminazione dei prodotti alterati, ripristino delle temperature, ripristino delle idonee condizioni igieniche, manutenzione straordinaria delle attrezzature; 31 - nella fase di preparazione e porzionamento: ripristino delle condizioni di pulizia, formazione del personale, valida applicazione delle procedure di pulizia e sanificazione; - nella fase di conservazione di latte pronto: eliminazione dei prodotti alterati, ripristino delle temperature, ripristino delle idonee condizioni igieniche, manutenzione straordinaria della attrezzature; - nella fase di trasporto di latte pronto: pulizia straordinaria, formazione straordinaria, controllo dei percorsi e dei tempi per il trasporto dei latti e delle modalità; - nella fase di riscaldamento di latte pronto: ripristino delle condizioni igieniche; prodotti non alimentari - nella fase di stoccaggio: applicazione del piano di pulizia e sanificazione, eliminazione delle confezioni non integre. 10) Definizione delle attività di verifica: indicazione preventiva delle procedure per la verifica che includano prove supplementari e procedure per confermare che il sistema HACCP stia funzionando efficacemente. Per il Lactarium: - nella fase di ricezione: esame microbiologico e chimico per una verifica dei parametri di legge, ogni cambio fornitura oppure ogni tre mesi; - nella fase di stoccaggio: verifica del funzionamento delle attrezzature di stoccaggio; - nella fase di preparazione e porzionamento: tamponi per la verifica della corretta applicazione del piano di pulizia; 32 - nella fase di conservazione di latte pronto: verifica del funzionamento delle attrezzature di conservazione; - nella fase di trasporto e di riscaldamento di latte pronto: tamponi ambientali periodici per verificare la corretta applicazione delle procedure di pulizia e sanificazione. 11) Gestione della documentazione: indicazione preliminare della documentazione riguardante tutte le procedure relative a questi principi e alle loro applicazioni, da esibire in caso di controllo da parte degli organi ufficiali al fine di dimostrare il continuo e regolare funzionamento del proprio sistema preventivo. Per il Lactarium: la Direzione deve provvedere alla raccolta, catalogazione e archiviazione dei dati relativi alle condizioni operative descritte nel piano di autocontrollo; quest’aspetto risulta essenziale in fase di controllo da parte degli organi ispettivi (ASL di competenza). 12) Revisione del sistema in caso di variazione della produzione: revisione dell’intero sistema di prevenzione e di controllo qualora venisse modificata una qualsiasi fase della produzione, poiché la variazione apportata potrebbe richiedere l’introduzione di altri CCP e nel caso l’eliminazione o la revisione di altri. Il latte è un prodotto con una vita conservativa di breve durata risultando un eccellente terreno colturale per la flora microbica contaminante, sempre presente più o meno abbondantemente a seconda delle condizioni igieniche presenti nel corso della produzione. Possono rinvenirsi pure agenti patogeni 33 responsabili di gravi malattie specifiche nell’uomo come anche agenti delle tossinfezioni. Il latte è quindi, come tutti gli alimenti di origine animale freschi, un alimento a rischio. È importante quindi effettuare un trattamento di risanamento prima della sua distribuzione con lo scopo di assicurarne la sanità ed una maggiore conservabilità. Il latte pasteurizzato rappresenta il modo più impiegato di commercializzazione del latte per il consumo e sempre più spesso si procede alla pasteurizzazione anche del latte da sottoporre a successive lavorazioni in modo da ridurre al massimo tutti i difetti dei derivati del latte derivanti dallo sviluppo di certi microrganismi. Generalmente tutto il latte pasteurizzato destinato al consumo diretto viene sottoposto alla cosiddetta omogeneizzazione, ossia alla rottura dei globuli di grasso in modo da impedirne l’affioramento naturale. L’omogeneizzazione si raggiunge facendo circolare il latte, sotto pressione, attraverso orifizi o valvole molto strette. Le dimensioni dei globuli di grasso vengono ridotte a circa 1/5 del loro volume iniziale; anche le micelle di caseina sono in parte distrutte e le subunità formatesi si attaccano ai globuli di grasso. L’omogeneizzazione rende migliore la consistenza del latte, ne incrementa la bianchezza, rende i lipidi più digeribili dato che le lipasi digestive si introducono meglio in una emulsione più fine. Si ritiene che migliori anche la digestione della caseina giacché rende la cagliata stomacale meno compatta. Nello stesso tempo, tuttavia, il latte omogeneizzato è molto sensibile alle lipasi endogene. Il metodo di pasteurizzazione varia tanto per quanto riguarda la temperatura che il tempo di trattamento oscillando tra i 63°C per 30’’ e i 78°C per 15’’. Attualmente in genere tutti utilizzano la pasteurizzazione su strato sottile o sistema HTST (high temperature short time). Questo sistema consta nel 34 trattare il latte in strato sottile (con uno spessore di 1-2 mm), a temperatura oscillante tra i 72-75°C per 15’’. Operando in questa maniera l’azione del calore sui microrganismi è considerevolmente più lunga (effetto Stassano). Il latte così pasteurizzato è confezionato in contenitori opachi in modo da evitare l’azione catalizzante della luce. Il latte UHT (a lunga conservazione) è un tipo di latte trattato termicamente che sta spandendosi sempre più nella pratica principalmente per le sue rilevanti proprietà conservative. Si distingue dal latte pasteurizzato soprattutto per il suo minor grado di contaminazione microbica e per la sua maggiore conservabilità. Il trattamento Ultra High Temperature si serve di uno scambiatore di calore a piastre anche se in alcuni impianti si adopera uno scambiatore di tipo tubulare. Il processo UHT può essere distinto in: 1. diretto: il latte viene prima portato, nello scambiatore di calore, alla temperatura di 80°C e in seguito sottoposto alla temperatura di 140°C per pochi secondi tramite iniezione diretta di vapore. Il vapore viene quindi eliminato facendo passare il latte in una camera di condensazione e successivamente viene omogeneizzato e raffreddato; 2. indiretto: il latte dopo il trattamento a 80°C, viene omogeneizzato e quindi immesso in uno scambiatore di calore a 137-140°C. La questione più delicata del latte UHT è rappresentata dal confezionamento del prodotto in condizioni sterili in seguito al trattamento termico, problema oggi risolto grazie all’impiego dei contenitori cosiddetti tetrapak. Il periodo di conservazione, da indicarsi con la dizione da consumarsi preferibilmente… (seguita dalla data espressa in giorno, mese ed anno), è di 90 giorni dal momento del confezionamento. 35 Se il processo è correttamente eseguito, il prodotto risulta sterile o quasi e comunque con qualità tenenti rilevanti. Possono, nondimeno, verificarsi degli contrattempi tecnici come: comparsa di odori e sapori inconsueti (gusto ossidato, di cavoli, di cotto) per lo sviluppo di prodotti solforati; diminuzione di valore nutritivo per il deposito di proteine e sali di calcio sulle piastre dello scambiatore termico. Per evitare, o ridurre al minimo, questi depositi è fondamentale utilizzare latte di eccellente qualità. Questi difetti non si verificano adottando il metodo dell’iniezione diretta di vapore, ma in tal caso è indispensabile adottare vapore esente da qualsiasi impurità onde evitare che queste siano cedute al latte. In alcuni Paesi l’utilizzazione del vapore non è acconsentita. Il latte, terminato il trattamento termico, viene fatto raffreddare e quindi viene confezionato in cartoni in condizioni di asepsi. Il foglio di cartone con cui si forma la scatola viene fatto passare in una vaschetta contenente H2O2 al 2030% mantenuta alla temperatura di 200°C. L’O2 che si libera in seguito alla demolizione termica dell’ H2O2 sviluppa un’energica azione battericida. Il latte concentrato è un prodotto ottenuto da latte intero o scremato, in precedenza pasteurizzato ed omogeneizzato, nel caso del latte intero, la cui conservazione viene resa possibile tramite evaporazione a 50-60°C a pressione ridotta. La sterilizzazione, a 114-118°C per 14-18’ di questo latte determina un forte aumento della viscosità, in seguito all’aggregazione delle micelle di caseina, che può portare alla comparsa di veri e propri difetti quali la formazione di grumi e la gelificazione. Per rimediare alla comparsa di tali difetti è indispensabile, prima della concentrazione, far sostare il latte a 90°C per 25’ 36 o l’aggiunta di agenti stabilizzanti quali citrato di sodio, fosfato di sodio, e cloruro di calcio. La sterilizzazione viene eseguita, previa confezione in recipienti a chiusura ermetica, in autoclave. Tale prodotto ha un deciso sapore di cotto che però riceve i favori del consumatore. I latti concentrati si presentano sotto forma di liquidi densi, di colore giallo spento oppure bianco, a seconda della concentrazione del grasso, con piacevole sapore di cotto. Il latte scremato e parzialmente scremato sono latti in cui è stata tolta in tutto o in parte la componente lipidica. Secondo la normativa vigente: il latte scremato deve contenere meno dello 0,3% di grassi il latte parzialmente scremato tra l'1,5 e l'1,8% di grassi La scrematura del latte si esegue per centrifugazione a 6500/7000 giri/minuto. Il latte scremato o parzialmente scremato viene venduto pastorizzato, UHT, concentrato o in polvere. Dal punto di vista nutrizionale, i latti scremati apportano meno calorie ed inoltre sono dieteticamente validi perché riducono l'introduzione di grassi saturi. Il latte scremato viene considerato anche un latte dietetico, indicato per esempio per chi ha problemi di ipercolesterolemia (poiché il colesterolo, di per sé, è un lipide e viene quindi in gran parte allontanato durante il processo di scrematura). Il latte in polvere si ottiene con la procedura dei tamburi rotanti o il metodo spray o la liofilizzazione. Il prodotto ottenuto con il secondo e terzo metodo è quello che mostra i caratteri organolettici migliori. Il latte precedentemente all’essiccamento è sempre sottoposto ad una concentrazione fino a 2/3, per il procedimento che utilizza i tamburi rotanti, ed 1/2, per il 37 metodo spray. La concentrazione è preceduta da un riscaldamento del latte che ha per conseguenza da una parte la stabilizzazione delle proteine e dall’altra l’inattivazione delle lipasi. La disidratazione, sino ad un tenore in acqua del 3-4%, viene effettuata o grazie a essiccatori a tamburi rotanti o, con migliori esiti, mediante essiccamento per polverizzazione o atomizzazione. Per incrementare la solubilità del latte in polvere, dopo l’essiccamento, si pratica un intervento detto di “istantaneizzazione” che consiste in una lieve riumidificazione della polvere con vapore e poi nuovo essiccamento. Con tale trattamento si trasforma il lattosio da amorfo in cristalli che sono più solubili e meno igroscopici. Per assicurare una buona conservabilità del prodotto, oltre al rispetto del tenore in acqua del 4-5%, è necessario confezionarlo in contenitori impermeabili al vapore acqueo, preferibilmente in atmosfera di azoto o sottovuoto, ed alla luce e ad una temperatura inferiore ai 10°C. Il carattere più rilevante che interessa questo tipo di prodotto è l’indice di riidratazione che è massimo per il tipo liofilizzato e spray. Altro fattore notevole, da cui dipende la conservabilità del prodotto, è rappresentato dall’umidità residua che in alcuni Paesi è vincolata per legge e che in ogni caso non deve, perché la conservazione abbia luogo senza incidenti, superare il 5%. Al fine di procedere correttamente nella preparazione del latte da somministrare, il personale deve essere adeguatamente formato. La preparazione del latte artificiale è caratterizzata da due differenti procedure in relazione all’utilizzo della formula liquida o in polvere. La formula liquida viene preparata al mattino, per le esigenze delle successive 24 ore. 38 La preparazione per l’intera giornata consente di poter disporre di poppatoi personalizzati e già pronti, riducendo in tal modo i tempi per la preparazione e eventuali contaminazioni. Per l’esecuzione di tale procedura è auspicabile la presenza di due unità infermieristiche (A e B): - Le due unità A e B si lavano accuratamente le mani con Neoxidina mani (clorexidina gluconato 4%); - Indossano cappellino e mascherina; - Procedono alla detersione del piano di lavoro e alla disinfezione (es. con Farmecol 70: alcool etilico al 70%); - L’unità infermieristica A procede al lavaggio delle mani con Neoxidina mani; - Indossa il camice sterile (offerti dall’unità B); - Posiziona i telini sterili sul piano di lavoro (offerti dall’unità B); - L’unità infermieristica B apre le confezioni di biberon e le presenta singolarmente alla prima unità; - L’unità A preleva dalla confezione aperta i biberon; - Ordina i biberon sul piano di lavoro in file parallele (una fila per singolo neonato); - Consegna i tappi all’unità B che provvede alla personalizzazione con pennarello indelebile (li posiziona in una zona del piano di lavoro prospicente ma non prossima alla fila relativa al singolo neonato); - L’unità B apre le confezioni di latte in forma liquida, procede al lavaggio accurato delle mani con Neoxidina mani e successivamente versa la quantità di latte prescitta, con un incremento di 10 cc, in ogni singolo biberon, avendo cura di non far toccare i bordi della confezione con i bordi del biberon; 39 - L’unità A posiziona i biberon sul piano di lavoro e inserisce a fine procedura la quantita prevista di integratore, prelevata con siringa sterile dall’apposita confezione; - I biberon vengono chiusi e posizionati in frigo secondo gli orari già predisposti. Tale procedura, solo se indisponibili due unità, viene attuata con una unità: - L’unita infermieristica procede alla detersione del piano di lavoro e alla sua disinfezione con Farmacol 70; - Procede al primo lavaggio delle mani con Neoxidina mani; - Indossa il camice sterile; - Posiziona i telini sterili sul piano di lavoro; - Procede all’apertura delle confezioni di biberon che vanno fatti cadere sul piano sterile; - Apre le confezioni di latte; - L’unità infermieristica procede al secondo lavaggio delle mani con Neoxidina mani; - Sistema i biberon sul piano di lavoro in file parallele (una fila per singolo neonato, massimo 3 neonati); - Versa in ogni singolo biberon la quantità di latte prescritta, approssimandola a 25 - 50 - 75 - 100 cc. (con esclusione delle piccole quantità); - Aggiunge, se prescritta, la quantità prevista di integratore (es. PFD, 1 misurino per 100 cc. di latte); - Provvede alla personalizzazione dei tappi con pennarello indelebile, posizionandoli in una zona del piano di lavoro prospiciente ma non prossima alla fila relativa al singolo neonato; 40 L’unità infermieristica procede al terzo lavaggio delle mani con Neoxidina mani; - I biberon vengono chiusi e posizionati in frigo secondo gli orari già predisposti. La formula in polvere (ipoallergenica, antirigurgito ecc.) viene preparata subito prima della poppata dal personale infermieristico, per evitare possibili inquinamenti batterici, nel rispetto delle raccomandazioni dell’OMS. In questo caso la preparazione del biberon è effettuata dall’infermiera a cui è affidato il neonato. Per ricostituire la formula in polvere viene utilizzata acqua purificata (oppure acqua oligominerale), rispettando le indicazioni prescritte dalla casa produttrice del latte. Per tale preparazione è indispensabile una temperatura dell’acqua pari a 75°C, pertanto si utilizzano biberon di vetro da inserire nel forno a microonde: - L’unità infermieristica procede alla detersione del piano di lavoro e alla disinfezione con Farmecol 70; - Indossa la mascherina; - Procede al lavaggio accurato delle mani con Neoxidina mani (per 1 minuto); - Preleva il biberon di vetro dall’apposita vaschetta (in soluzione con, ad esempio, Septavon all’1,2%) sciaquandolo sotto il getto d’acqua corrente; - Versa l’acqua purificata prevista (150 ml) nel biberon, avendo cura (nel caso venga usata acqua oligominerale) di non far toccare i bordi della bottiglia con il bordo del biberon; - Inserisce il biberon nel forno a microonde per il tempo stabilito: pigiare Microwave ed accertarsi che si visualizzi P100 (indica la potenza); nel caso in cui non sia 100, utilizzare la manopola e riportare a 100; 41 con la manopola determinare il tempo: 1 minuto e 20 secondi per un biberon contenente 150 ml di acqua a temperatura ambiente. In questo modo si avrà una temperatura dell’acqua pari a 75°C necessaria per la preparazione del latte in polvere; pigiare Start ed attendere il tempo previsto; - Estrae il biberon ed elimina rapidamente la quantità di acqua in eccesso, aggiunge il numero di misurini rasi previsti (generalmente 1 misurino ogni 30 ml di acqua) e richiude la confezione; - Agita bene il contenuto; - Raffredda rapidamente il latte, mettendo il fondo del biberon sotto il getto corrente d’acqua fredda del rubinetto; - Controlla la temperatura, facendo cadere qualche goccia di latte sul dorso della mano; - Versa nei biberon monouso le quantità prescritte per i singoli neonati; (nel caso in cui è necessario utilizzare due biberon - per la preparazione di due diverse tipologie di latte o per quantitativi superiori ai 150 ml – il tempo è di 2 minuti e 20 secondi). L’uso del latte in polvere richiede adeguate conoscenze sulle corrette modalità di preparazione e sui rischi igienici che possono derivare da manipolazione e conservazione errate, sia a livello domestico che ospedaliero. Diversamente dal latte formulato liquido, che è “sterile” per effetto dei trattamenti tecnologici subiti prima della commercializzazione, le formulazioni in polvere hanno una flora microbica residua. Non essendo un prodotto sterile, il latte in polvere, una volta reidratato, rappresenta un buon terreno di crescita per microrganismi. I preparati in polvere sostituti del latte materno umano non sono, quindi, prodotti 42 sterili: durante la lavorazione vengono trattati termicamente, ma senza raggiungere temperature tali da garantire la sterilità commerciale. Sono, invece, sterili i prodotti concepiti per i neonati prematuri o nati sotto peso commercializzati sotto forma liquida; tuttavia i prodotti cosiddetti “di transizione”, che vengono comunemente usati per i neonati prematuri o sotto peso dopo la dimissione dall’ospedale, sono disponibili in commercio sia come polvere non sterile che come forma liquida sterile. Altri tipi di latte per neonati, infine, sono disponibili solo in polvere (Center for Food Safety and Applied Nutrition, 2002). Non bisogna infine trascurare il fatto che l’ambiente gastrico dei neonati, in particolare dei soggetti prematuri, è meno acido di quello degli adulti ed anche livelli bassi di contaminazione del latte in polvere (inferiori a 3 UFC/100 gr) possono parimenti dare luogo all’infezione. È chiaro che carenze igieniche e prolungato stoccaggio del prodotto, ricostituito a temperature maggiori di quelle di refrigerazione, portano ad un aumento della carica a livello di fase di utilizzo finale del prodotto, tuttavia anche in assenza di carenze igieniche ed osservando le buone pratiche di lavorazione possono residuare basse cariche in relazione alla presenza del germe negli ambienti di lavorazione, probabilmente sufficienti in determinate condizioni a causare malattia (WHO, 2004). Poiché i latti in polvere non sono sterili, devono essere preparati a una temperatura di 70°C. Questa temperatura uccide i batteri presenti nella polvere. Questo è il passo più rilevante nella preparazione del latte in polvere. Il latte ricostituito deve essere raffreddato rapidamente perché i batteri si moltiplicano velocemente tra 7 e 65°C. Più a lungo il latte si trova a questa 43 temperatura, maggiore è il rischio di aumentarne il contenuto di batteri e quindi il rischio che il bambino possa contrarre un’infezione. Anche quando il latte è preparato a una temperatura superiore a 70°C, può egualmente contenere alcuni batteri che continuano a moltiplicarsi durante la conservazione, perciò il tempo di conservazione deve essere breve. Il latte artificiale può essere conservato in frigorifero per un massimo di 24 ore, ma questa procedura non è molto sicura, particolarmente nei primi mesi di vita, perché il numero di batteri può continuare ad aumentare durante la conservazione. Una volta che il latte è pronto, se non è consumato, va eliminato entro 2 ore dalla preparazione. La ricostituzione del latte artificiale, in sede ospedaliera, può essere effettuata con apposite macchine automatiche, che conservano, in compartimenti separati, la polvere da diluire e l’acqua sterile, mescolandole, nelle qualità volute, al momento dell’impiego. In base all’associazione causale tra la presenza nel latte in polvere e la malattia del neonato, i microrganismi patogeni possono essere suddivisi in 3 distinte categorie (FAO/WHO, 2004). Categoria A (causalità evidente): appartengono a questa categoria Salmonella enterica e Chronobacter spp., microrganismi che causano patologie gravi (infezioni sistemiche, enterocoliti necrotizzanti, diarree severe) nei soggetti alimentati con latte in polvere contaminato, per i quali è stata dimostrata microbiologicamente ed epidemiologicamente una chiara associazione tra presenza nel prodotto (veicolo e fonte di infezione) e comparsa della malattia. 44 Categoria B (causalità plausibile ma non ancora dimostrata): appartengono a questa categoria altre specie di Enterobacteriaceae che sono capaci di causare patologie gravi (infezioni sistemiche, enterocoliti necrotizzanti, diarree severe) nei neonati e che sono state isolate nel latte in polvere per l’infanzia, ma per le quali non esistono chiare evidenze epidemiologiche e microbiologiche che dimostrino la correlazione tra il prodotto contaminato e l’infezione nei neonati. Questa categoria comprende, per esempio: Pantoea agglomerans ed Escherichia vulneris (entrambi formalmente conosciuti come Enterobacter agglomerans), Hafnia alvei, Klebsiella pneumoniae, Citrobacter koseri, Citrobacter freundii, Klebsiella oxytoca ed Enterobacter cloacae. Categoria C (causalità poco plausibile o non ancora dimostrata): appartengono a questa categoria microrganismi quali Bacillus cereus, Clostridium difficile, Clostridium perfringens, Clostridium botulinum, Staphylococcus aureus e Listeria monocytogenes, che quantunque capaci di provocare gravi malattie nei neonati, non sono stati isolati dal latte in polvere per l’infanzia o, quando ciò è avvenuto, non sono stati riconosciuti come gli agenti responsabili di malattia nei neonati. Negli ultimi anni sono stati segnalati numerosi casi di malattia, a carattere invasivo, associati ad Enterobacteriaceae quali Enterobacter agglomerans, Hafnia alvei, Klebsiella pneumoniae, Citrobacter koseri (diversus), Citrobacter freundii, in neonati e lattanti, le cui cause potevano essere ricondotte all’assunzione di alimenti in polvere per l’infanzia. D’emergente importanza il batterio Chronobacter spp. che l’ICMSF (International Commission on Microbiological Specifications for Foods, 2002) ha descritto come “una grave minaccia per particolari categorie di persone, delle quali il batterio mette a rischio la stessa vita o comunque ne può alterare 45 significativamente la qualità a causa dei postumi, anche a lungo termine, dovuti all’infezione”. Il Chronobacter spp. possiede un gene, organizzato in un operone (bcsABZC operon), cui si deve la produzione di materiale extracellulare di natura cellulosica, responsabile delle interazioni cellula-cellula e dell’adesione della cellula batterica alle superfici idrofiliche e idrofobiche abiotiche. Questo materiale, peraltro sintetizzato sia a 28°C che a 37°C, conferirebbe al microrganismo la capacità di resistere all’ambiente acido dello stomaco. Nel Chronobacter spp., è stata di recente dimostrata una tossina, ovvero un’enterotossina, responsabile dell’infettività. Chronobacter spp. presenta anche una capsula composta da eteropolisaccaridi (29-30% acido glucuronico, 23-30% glucosio, 19-24% galattosio, 13-22% fucosio, 0-8% mannosio) cui probabilmente si deve la sopravvivenza del microrganismo nel latte in polvere fino a 24 mesi. La capsula, inoltre, è responsabile dell’adesione alle superfici e della formazione di un biofilm che lo rende più resistente agli agenti disinfettanti. Alcuni ceppi di Chronobacter spp. hanno la capacità di aderire a superfici di silicone, lattice, policarbonati, acciaio, evidenziando la minore produzione di biofilm sull’acciaio rispetto alle altre superfici, sulle quali quindi il microrganismo aderisce con maggiore facilità. Non sopravvive al processo di pastorizzazione (il trattamento termico del latte che può avvenire a 71,6°C per 15”); infatti, alla temperatura di 72°C resiste soltanto per 1,3 secondi circa. Questo risultato ha fatto ipotizzare, quindi, che l’eventuale contaminazione del latte in polvere potesse avvenire durante le fasi successive alla pastorizzazione e, verosimilmente, durante la manipolazione (disidratazione e confezionemento) per la preparazione del prodotto finito. È considerato un patogeno opportunista a carattere invasivo responsabile d’importanti malattie quali la sepsi, la meningite e, più raramente, l’enterocolite necrotizzante (NEC), soprattutto nei neonati (prematuri, nati con basso peso, affetti 46 da deficit del sistema immunitario) e di infezioni nosocomiali, specialmente nei reparti di terapia intensiva pediatrica dove causa il 50% delle infezioni. Non ci sono evidenze epidemiologiche che permettono di stabilire il valore preciso della dose infettante; tuttavia, si stima che già 1000 cellule di Chronobacter spp. siano capaci di provocare l’infezione. È molto improbabile che i bassi livelli di contaminazione (0,36 cellule Chronobacter spp./100 gr. prodotto) comunemente riscontrati nel latte formulato in polvere, possano causare infezione, a meno che il prodotto non sia lasciato a temperatura d’abuso o non sia contaminato durante la preparazione/manipolazione del prodotto. C’è da notare che quando una grande quantità di latte in polvere viene reidratato con acqua calda per ottenere grandi quantitativi di latte ricostituito, come avviene nelle strutture ospedaliere e negli asili nido, la temperatura della miscela può diminuire e può risultare insufficiente ad inattivare Chronobacter spp.. Sebbene i produttori raccomandino che il latte in polvere venga ricostituito immediatamente prima di ogni poppata, nei reparti neonatali a volte i biberon vengono preparati anticipatamente ed in seguito mantenuti a temperature di refrigerazione per soddisfare le necessità alimentari dei bambini nell’arco dell’intera giornata. La contaminazione del latte in polvere da parte di Chronobacter spp. tra l’altro può avvenire non soltanto nell’industria di produzione ma, essendo un microrganismo ubiquitario, soprattutto a livello ospedaliero. Questo fenomeno potrebbe verificarsi in virtù dell’elevata resistenza del microrganismo all’essiccamento, riuscendo a sopravvivere anche a bassi valori di aw, quali sono quelli del latte in polvere, grazie all’effetto protettivo determinato dal trealosio che funge da stabilizzatore di membrana. 47 Sotto il profilo della prevenzione, la gestione del rischio alimentare può agire su due ambiti: sul prodotto, attraverso azioni di prevenzione applicate durante il processo di produzione e nel corso delle operazioni di preparazione precedenti il consumo; sull’informazione agli utilizzatori del prodotto. Per quanto riguarda la fase di ricostituzione precedente il consumo, si tratta di un punto particolarmente importante. Al momento della ricostituzione del latte in polvere formulato a livello ospedaliero è importante: adottare ferree norme igieniche utilizzando contenitori ed utensili puliti e disinfettati; preparare solo la poppata necessaria per il pasto, evitando di preparare in anticipo quelle dei pasti successivi o, in caso di necessità, limitare a 1-2 quelle preparate in anticipo; non lasciare a temperatura ambiente il latte ricostituito; assicurare il raffreddamento rapido del prodotto ricostituito e la conservazione dello stesso in frigorifero; limitare il più possibile l’intervallo di tempo tra la ricostituzione del prodotto ed il consumo; eliminare il prodotto ricostituito e non consumato; richiudere convenientemente i contenitori dei latti non utilizzati completamente, riporli in frigorifero. La FDA ha proposto raccomandazioni provvisorie per la preparazione delle formule per neonati nelle unità di terapia intensiva neonatali, qui di seguito riassunte: 48 adottare buone pratiche di igiene (Good handling practices) nelle aree di preparazione; predisporre linee guida riguardo la preparazione, manipolazione, conservazione e procedure di controllo del prodotto, accessibili al personale addetto; destinare una stanza soltanto alla preparazione del latte in polvere, completamente separata dai reparti di degenza o dagli ambienti ricreazionali, accessibile solo dal personale addetto e provvista di un area per lo stoccaggio del prodotto; se la struttura manca di un’apposita stanza per la preparazione, predisporre comunque un’area da destinarsi unicamente a tale scopo; disporre di utensili e attrezzature costruiti in modo tale da poter essere facilmente sanificati; sottoporre a trattamento termico (lavaggio in lavastoviglie) o ad autolavaggio tutti gli utensili adoperati per la preparazione; utilizzare, quando possibile, utensili monouso; disporre di personale qualificato e specializzato; applicare un corretto piano di autocontrollo che preveda la valutazione dei potenziali pericoli, l’identificazione dei punti critici di controllo, il loro monitoraggio, un piano per non conformità e le azioni correttive necessarie nonché la verifica del sistema e la registrazione dei risultati; la somministrazione o il così detto “hang time” (tempo “sospeso”), per la somministrazione continua, non devono superare le 4 ore. 49 Capitolo III SCOPO DEL LAVORO Le autorità competenti, individuate dall’art. 2 del D.Lvo 193/07 (Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione, Servizio Veterinario – Struttura Semplice Dipartimentale – Ristorazione collettiva) hanno inteso effettuare delle verifiche al fine di: 1) Se la normativa elaborata a seguito del Codice Internazionale (dal Decreto n. 500 alla Circolare n. 16) fosse rispettata; se inoltre venisse praticato il “rooming in”, cioè tenendo la madre ed il bambino insieme nella stessa stanza, durante la degenza in ospedale od in clinica, per permettere l’allattamento a richiesta. Che tale pratica deve essere facilitata anche per le donne che non allattano al seno e che le soluzioni glucosate ed i latti formulati devono essere dati ai neonati solo se lo prescrive il pediatra od il neonatologo del punto di nascita. 2) Se le finalità del “Pacchetto Igiene”, per quanto applicabili, fossero rispettate; requisiti strutturali, detenzione ed applicazione del piano di autocontrollo; 3) Controllare se la presentazione dei prodotti alimentari destinati ai lattanti rispettasse i requisiti previsti dal D.Lvo del 27 gennaio 1992 n. 111. 50 Capitolo IV MATERIALI E METODI Nel corso dell’anno 2008 sono stati effettuati 19 sopralluoghi presso strutture pubbliche e private constatando che in nessuna di esse veniva effettuato il rooming-in 24/24h e pertanto, tutte necessitavano di preparare sostituti del latte materno, pratica da effettuare nel rispetto delle normative cogenti; tale normativa veniva di fatto rispettata solo in due strutture che già avevano predisposto ed applicato il Piano di Autocontrollo ai sensi del Regolamento (CE) 852/04. Nel corso dell’anno 2009 sono stati verificati 17 centri nascita pubblici e privati al fine di verificare il rispetto di quanto indicato nell’obiettivo, includendo l’esame formale dei sostituti del latte materno nel rispetto del decreto ministeriale del 6 aprile 1994, n.500 e decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.111. Inoltre, sono stati effettuati controlli relativi alle modalità di presentazione dell’alimento in tutti i centri ispezionati, sia nell’anno 2008 che nell’anno successivo. 51 Capitolo V RISULTATI Dall’indagine è emerso che dal primo sopralluogo del 2008 solo due strutture non si erano adeguate a quanto disposto dal regolamento (CE) 852/04, omettendo di redigere ed applicare le procedure HACCP. In tali strutture è stato elevato processo verbale di illecito amministrativo per violazione all’articolo 6 del decreto legislativo 193/07, con relative prescrizioni di adeguamento ai sensi del regolamento (CE) 882/04. Contestualmente sono state notificate le prescrizioni di adeguamento, senza elevazione di verbali in altre due strutture. Tali prescrizioni riguardavano le modalità di conservazione dei latti stabilizzati che non venivano mantenuti in ambienti idonei, in quanto, i depositi di tali alimenti, dotati di ampie finestre, creavano un effetto serra con il raggiungimento di elevate temperature all’interno dei locali. Uno dei centri nascita aveva promosso, nel rispetto della Circolare 21 ottobre 2000, n.16, il rooming-in 24/24 h. I rimanenti centri effettuavano la pratica del rooming-in esclusivamente in orario diurno. I controlli effettuati nell’anno 2009 su 17 dei centri di nascita tra quelli già controllati, hanno prodotto i seguenti risultati: tutti i centri si erano adeguati ai principi dell’HACCP così come da Reg. (CE) 852/04. Inoltre di questi, due effettuavano il rooming-in continuativo, le restanti 15 strutture effettuavano il rooming-in diurno. Non sono stati elevati processi verbali per violazione al D.Lvo 193/07 e non sono state prodotte nuove prescrizioni ai sensi del regolamento (CE) 882/04. 52 Capitolo VI CONCLUSIONI Relativamente alla presentazione dei prodotti alimentari, nessuna sanzione è stata elevata ai sensi del Decreto n.111/92, eccetto le due prescrizioni relative alle modalità di conservazione dei soli latti stabilizzati. Solitamente i Servizi afferenti al Dipartimento di Prevenzione, che hanno competenza sulla Sicurezza Alimentare, sono portati a considerare a “rischio zero” tali strutture, che pertanto non vengono inserite in un programma di sorveglianza. 53 BIBLIOSITOGRAFIA CODICE INTERNAZIONALE SULLA COMMERCIALIZZAZIONE DEI SOSTITUTI DEL LATTE MATERNO, Organizzazione Mondiale della Sanità, 1981. REGOLAMENTO (CE) N. 852 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari. Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 165 del 30 aprile 2004. REGOLAMENTO (CE) N. 853 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale. Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 139 del 30 aprile 2004. REGOLAMENTO (CE) N. 882 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 29 aprile 2004 relativo ai controlli ufficiali intesi a verificare la conformità alla normativa in materia di mangimi e di alimenti e alle norme sulla salute e sul benessere degli animali. Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea L 165 del 30 aprile 2004. DECRETO LEGISLATIVO N. 111 del 27 gennaio 1992 attuazione della direttiva 89/398/CEE concernente i prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare. Gazzetta Ufficiale Suppl. Ordin. N. 39 del 17 febbraio 1992. DECRETO n. 500 del 6 aprile 1994, regolamento concernente l’attuazione delle direttive 91/321/CEE della Commissione del 14 MAGGIO 1991 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento e 92/52/CEE del Consiglio del 18 giugno 1992 sugli alimenti per lattanti e alimenti di proseguimento destinati all’esportazione verso Paesi terzi. Gazzetta Ufficiale Serie Generale N. 189 del 13 agosto 1994. DECRETO n.82 del 9 aprile 2009, regolamento concernente l'attuazione della direttiva 2006/141/CE per la parte riguardante gli alimenti per lattanti e gli alimenti di proseguimento destinati alla Comunità europea ed all'esportazione presso Paesi terzi. Gazzetta Ufficiale Serie Generale N. 155 del 7 luglio 2009. Circolare del Ministero della Sanità n. 16 del 24 ottobre 2000, Promozione e tutela dell’allattamento al seno. Gazzetta Ufficiale Serie Generale N. 263 del 10 novembre 2000. 54 Manuale di corretta prassi igienica per Lactarium stlato da ASL Napoli 1 centro: valutato dal Ministero della Salute conforme all’articolo 3 del D.Lvo 26 maggio n.155. Gazzetta Ufficiale della Repubblica ltaliana 08/04/2002 Serie generole N° 82. www.salute.gov.it: Ministero della Salute. www.who.int/en/: Safe preparation, storage and handling of powered infant formula. Guidelines. www.ecos.it/main/default.htm: alimenti, autocontrollo ed HACCP. www.sicurezzasenzaconfini.it/haccp-autocontrollo-alimentare.html www.mami.org: movimento allattamento materno italiano. www.efsa.europa.eu/it/: Opinion of the Scientific Panel on Biological Hazards on the request from the Commission related to the microbiological risks in infant formulae and follow-on formulae. The EFSA Journal (2004) 113, 1-34. www.eur-lex.europa.eu/it/index.htm: europea. www.legaconsumatori.it: associazione apolitica ed apartitica che tutela i diritti dei consumatori e degli utenti. www.ibfanitalia.org: i gruppi ed i singoli sostenitori dell’International Baby Food Action Network. Linee guida per la promozione e tutela dell'allattamento al seno in Regione Lombardia: DECRETO DIREZIONE GENERALE SANITÀ N. 15132 DEL 14.9.2004. G. TIECCO, Ispezione degli alimenti di origine animale. Calderini Edagricole. 55 accesso al diritto dell'Unione De Marini S., Papale D., Raitano A., Agolini G. Prevenzione delle contaminazioni microbiche e virali nella preparazione del latte artificiale per i neonati in ospedale e negli ambienti domestici. Nursing Oggi; numero 4, 2007. Lactarium e controlli ufficiali. Esperienze del Servizio Veterinario. 21° Congresso nazionale ristorazione collettiva nel III millennio. Sorrento 15/16 ottobre 2009. Muytjens HL, Kollee LA. Enterobacter Sakazakii meningitis in neonates: causative role of formula. Paediatric Infectious Disease Journal 1990; 9: 372-73. Ballista C., Bonardi S. Latte in polvere: strategie di controllo del rischio di contaminazione da Enterobacter Sakazakii. Ann. Fac. Medic. Vet. Di Parma (Vol.XXV,2005). Servizio Sanitario Nazionale. Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale A. Cardarelli. U.O. Struttura Complessa di Terapia Intensiva Neonatale con Neonatologia. Documento Logistica del Lactarium. Recommandations d’hygiène pour la préparation et la conservation des biberons. AFSSA. Agence Francaise de Securitee Sanitaire des Aliments. 56