Il sabato di destra e sinistra: Pdl in piazza e Pd a pezzi
Transcript
Il sabato di destra e sinistra: Pdl in piazza e Pd a pezzi
CON IL PDL ANNO LXI N.110 Il sabato di destra e sinistra: Pdl in piazza e Pd a pezzi Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Ma qualcuno si è reso conto che il Pd in realtà è la Dc? Marcello de Angelis Lasciamo stare Crazy Bindi (in senso affettuoso) e il sempre giovane Fioroni. Stendiamo un velo su Franco Marini. Andiamo sul positivo: il nuovissimo presidente del Consiglio Enrico Letta ad esempio. Giovane Dc di famiglia marsicana orientata verso il centro cattolico, salvo ascendenti che tenevano in pugno il Fascio del fiero paesello di Aielli, nel contado di Celano (ce nʼè traccia indelebile nella Chiesa costruita negli anni Trenta nella cittadina). E Franceschini, ora ministro (e grazie alla barba finalmente riconoscibile se lo incontri per strada) e già “frusta” del gruppo Pd alla Camera nella scorsa legislatura. Anche lui giovane Dc. Di quei giovani senza età, ma comunque Dc. E la novità assoluta, il carinissimo Renzi. Troppo giovane per essere un vero diccì, ma tutti assicurano – tutti quelli che possono dirlo – che anche lui era un giovanissimo dei giovani dellʼultima generazione Dc. Bersani ovviamente no. Infatti è out. DʼAlema nemmeno. Ma lui fa categoria a sé. Se non altro perché è lʼunico vero capo dei servizi segreti italiani da qualche decennio. E gli altri possibili traghettatori? Che poi non si capisce dove debbano traghettare e che cosa… Finalmente il Caronte è stato identificato: è Epifani, ex sindacalista della Cgil. Ma è il Dc Beppe Fioroni che, ai microfoni di Radio 24, investe con sospetto entusiasmo il “segretario traghettatore”. Certo, in alternativa pareva ci fosse Speranza…. ma ora non cʼè più speranza. Resta in agguato Gianni Cuperlo, che però si candida a se- d’Italia WWW.SECOLODITALIA.IT sabato 11/5/2013 gretario e non a traghettatore. Gianni è – teoricamente – un piccista doc. Anzi, qualcuno potrebbe pensare a un piccista veramente trinariciuto, di quelli di cui Giovannino Guareschi diceva: “si può essere comunista e in buona fede, ma non tutte e due le cose contemporaneamente”. Questo soprattutto perché Cuperlo, classe ʼ61, è triestino e, francamente, un triestino comunista è come un ebreo nazista. E invece, a conoscerlo di persona, Gianni Cuperlo ti colpisce per la sua mitezza, ragionevolezza, educazione e tolleranza. Eppure è stato un dirigente della Fgci. Chissà che aveva in testa, chissà che musica ascoltava o che integratori alimentari gli dava la mamma. Se cʼè uno che sembra un democristiano – in senso buono, di mediatore ragionevole e moderato – è proprio Gianni Cuperlo. Quindi, ecco, lʼabbiamo detto: che si ami o si odi, la Dc è di nuovo qui ed è il Pd. Anche se forse lʼottimo Rotondi non sarà del tutto dʼaccordo. E allora Forza Italia nel Pdl che cosʼè? La Gabbanelli sarebbe pronta a giurare che la Dc che lei odiava da bambina si annida proprio lì. E invece forse anche no. Certo, Mario Mauro è di Cl (ma sta con Monti). Però cʼè il ministro Lupi (che però è più catt che demokrist). E poi abbiamo gli psiisti (socialisti…) come Sacconi, Brunetta, Cicchitto… O addirittura i radicali come Quagliarello. Insomma: che confusione. Dal centrosinistra è nato il bipolarismo. Ma la sinistra ha occupato la destra (ci sono anche i Ferrara e i Liguori e – un giorno si e uno no – persino Guzzanti) e la Dc ha invaso lo spazio del Pc e lo ha colonizzato fino a strangolarlo in un affettuoso abbraccio. Destra/sinistra categorie in crisi? Diciamo che la Dc è lʼunica certezza. Andreotti avrà avuto ragione di andarsene con un sornione sorriso… Francesco Signoretta Il vizietto non è nuovo, da sempre insistono sulla distinzione tra la piazza buona e la piazza cattiva. Anche prima del ʼ94 – anno in cui, per gli opinionisti della sinistra, nacque il popolo delle fiction che poco aveva di politico e molto di pubblicità di detersivi – esisteva un approccio diverso nei confronti dei comizi e dei cortei. Erano “legittimi” se organizzati dalla sinistra o dai sindacati, “pericolosi” se promossi dallʼallora Msi o da chi non facesse parte dellʼarco costituzionale. Con altre motivazioni ma con simili finalità, lo stesso copione viene riproposto in modo subdolo ogni qualvolta il centrodestra decide di scendere in piazza, ultimo caso in ordine cronologico la manifestazione a Brescia. Immediati i giudizi negativi, “così si delegittimano i giudici”, “è un attacco alla magistratura” e via dicendo. Chi partecipa viene etichettato come “popolo delle impunità”. Negli ultimi anni, i manifestanti del Pdl sono stati apostrofati in tutti i modi: se erano contro lʼoppressione delle tasse venivano considerati “evasori”, se erano contro il governo del centrosinistra “antidemocratici”, se erano contro il governo dei tecnici “volevano salvare i propri privilegi”. A Piazza del Popolo a Roma con Berlusconi, secondo alcuni resoconti, cʼerano “figuranti pagati” e i radical chic sorridevano ironici: “Più che militanti sembrano personaggi usciti dalle trasmissioni di Maria De Filippi”. Erano in tanti? Flores dʼArcais aveva già la risposta pronta: “Anche Hitler riempiva le piazze”. Una mancanza di rispetto nei confronti della gente che la dice lunga sul metro di giudizio di una certa sini- stra. Persino nel 2006, lʼimponente manifestazione di piazza San Giovanni venne accompagnata dalle critiche, “un corteo più da Bagaglino che politico”. Fassino parlò di “manifestazione senza piattaforma” e Di Pietro di “manifestazione di cartapesta, pallida imitazione del Carnevale di Viareggio”. Di contro, cʼè sempre stato giustificazionismo quando le città venivano messe a ferro e fuoco dai “bravi ragazzi dei centri sociali” di cui bisogna “capire le ragioni della rabbia e della protesta”. La loro è comunque una piazza “buona”, piena di “democratici”, che hanno passione e cervello (nonché qualche spranga di troppo, ma questo è un dettaglio irrilevante). Una piazza diversa da quella degli “impresentabili” del centrodestra. Che però, alla fine, danno lezioni a tutti, a cominciare da Lucia Annunziata. I salotti-bene, i figuranti e i clown politici contro il popolo di centrodestra Nell'inferno Pd Epifani "traghetterà" il partito. Se non ci saranno imboscate... 2 Giovanna Taormina IDopo mesi di confusione il Pd punta le sue fiches su Guglielmo Epifani, destinato (se non ci saranno nuove imboscate in stile Prodi) a diventare il segretario-traghettatore in attesa che dal congresso esca il nuovo segretario nel pieno delle funzioni. La convergenza sul sindacalista della Cgil, si legge in una nota del Pd a fine riuione pre-assembleare, dipende dal fatto che il «suo profilo risulta il più idoneo a condurre il Pd verso la stagione congressuale e nelle nuove e impegnative responsabilità che spettano al Pd nella difficile fase politica del Paese». La scelta di Epifani come segretario “traghettatore”, decisa dai vertici del partito con la benedizione delle varie componenti, darà al partito una guida in vista del congresso di ottobre, garantendo quattro mesi di tregua interna. Sul suo nome è arrivato subito l'ok di Dario Franceschini che in un tweet, ha scritto: «Epifani ha l'autorevolezza, il buonsenso, l'esperienza che ser- vono adesso per sostenere il governo e rilanciare il partito tenendolo unito». In un altro tweet Roberto Speranza, capogruppo Pd alla Camera, ha descritto Epifani come «la persona giusta per guidare il partito in questo passaggio difficile. A lui va il mio pieno e convinto sostegno». Favorevole anche Pierluigi Castagnetti: «Sarà un ottimo segretario, capace di rappre- sentare al meglio l'intera complessa realtà del partito e a ridargli passione e slancio». L'accordo sull'ex leader Cgil consente comunque altre candidature. Secondo l'ex mezzobusto del Tg1 Sassoli Epifani «sta riscontrando grande consenso» nel partito «ma ci potranno essere anche altre candidature». Il giornalista ha aggiunto: «Quello che eleggeremo sarà Processo Ruby: il Csm sanziona il pm Fiorillo per non aver rispettato il riserbo Redazione «L'avevo messo in conto, ma lo rifarei». Così Annamaria Fiorillo, condannata dal Csm per non aver rispettato il dovere del riserbo, commenta la decisione dei colleghi togati, annunciando ricorso davanti alle Sezioni Unite della Cassazione. Com'è noto, la Fiorillo è il magistrato della procura per i minorenni di Milano che era di turno la notte del 27 maggio del 2010, quando Ruby venne portata in questura e poi rilasciata e affidata all'allora consigliere regionale Nicole Minetti. La sezione disciplinare di Palazzo dei marescialli le ha inflitto la sanzione della censura per le dichiarazioni alla stampa con cui di fatto smentì la ricostruzione fornita in Parlamento dall'allora ministro dell'Interno Maroni. E lo ha fatto accogliendo la richiesta della procura generale della Cassazione (rappresentata dal sostituto Betta Cesqui), che contestava al magistrato di aver lei stessa sollecitato l'attenzione dei giornalisti su quelle che erano state le sue direttive quella notte, violando il dovere di riservatezza sull'attività di ufficio che incombe su tutti i magistrati. Nel ricostruire al Senato sei mesi dopo i fatti quello che era accaduto quella notte del 27 maggio 2010, Maroni riferì che l'allora premier Silvio Berlusconi aveva telefonato al capo di gabinetto della questura di Milano per chiedere informazioni sul fermo della ragazza che gli era stata segnalata come «la nipote del presidente Mubarak»; e soprattutto disse che l'affidamento di Ruby a Minetti era avvenuto «sulla base delle indicazioni del magistrato di turno». Affermazioni che il magistrato in servizio quella notte confutò a suon di ripetute dichiarazioni e interviste rilasciate a stampa e trasmissioni televisive, violando «il dovere generale di riserbo» e «lo specifico divieto per i sostituti procuratori della Repubblica di rilasciare dichiarazioni o fornire notizie agli organi di informazione circa l'attività giudiziaria dell'Ufficio». Una scelta oggi sanzionata, e un segretario che ci farà discutere, perché abbiamo bisogno di discutere. Ma il partito non può più consentire uno spettacolo come quello dell'elezione del presidente della Repubblica. La logica non deve essere che mi indigno quando viene bocciato chi mi somiglia». Ma alla vigilia dell'assemblea di oggi il rischio caos è dietro l'angolo. Saranno presenti anche i giovani OccupyPd, la rete che ha occupato circoli e sedi del partito durante l'elezione del presidente della Repubblica. Il clima non si preannuncia dei migliori. «Se c'è la candidatura di Guglielmo Epifani, ci sarà una epifania di candidati – ha detto Pippo Civati del Pd, a margine di un incontro con i giovani di Occupay Pd – L'importante adesso è chiarirsi sul fatto che vogliamo sapere la data del congresso». A chi gli domandava se il Pd morirà “democristiano”, Civati ha risposto: «Moriremo e basta, magari morissimo democristiani, almeno avremmo un destino». Altri psicodrammi non mancheranno. confermata dalla Fiorillo sei giorni dopo con un'intervista a In mezz'ora , a sua detta mirata a tutelare la sua credibilità di fronte a una «ricostruzione nociva». Il verdetto di oggi qualifica una volta di più il discusso operato del pm in quella circostanza. Pdl in piazza a Brescia per difendere Berlusconi dai giudici Redazione Il Pdl va in piazza oggi a Brescia in sostegno di Silvio Berlusconi, ma i toni che il premier utilizzerà oggi pomerggio sono ancora da valutare. «Mi auguro che a Brescia ci sia una manifestazione di carattere politico, che tocchi i grandi problemi che l'Italia vive in questo momento», è l'auspicio del vicepresidente del Csm Michele Vietti che ha risposto in merito alle proteste contro la magistratura annunciate dal Pdl nella città lombarda in occasione dell'intervento di Berlusconi- «Se ci saranno accenni alla giustizia, mi auguro che saranno accenni in positivo, sul modo di farla funzionare meglio nell'interesse di tutti i cittadini», ha aggiunto. Ma la linea al momento non cambia e Silvio Berlusconi ci tiene a ribadirlo: il Pdl non metterà in crisi il governo Letta. Una presa di posizione chiara arrivata all'indomani della sentenza di condanna in appello per il processo Mediaset e la richiesta di rinvio a giudizio arrivata dalla procura di Napoli con l'accusa di "compravendita di senatori". La rabbia del Cavaliere però è tanta e la misura inizia ad essere colma. Ecco perché, nonostante la strategia preveda di tenere distinti i due piani - sentenze da un lato e tenuta del governo dall'altra - Berlusconi non rinuncierà ad attaccare i giudici che "mi vogliono politicamente morti" chiedendo al Pdl di mobilitarsi e scendere in piazza alzando i toni. Tant'è che la raffica di commenti contro la magistratura produce una dura presa di posizione dell'Anm che torna a denunciare la delegittimazione perpetrata da Berlusconi nei confronti dei giudici. Un cambio di passo che ha portato a ripristinare in meno di 24 ore la manifestazione in programma per oggi a Brescia che lo stesso Cavaliere aveva deciso di sospendere limitandosi ad un punto stampa e ad una cena con gli imprenditori locali. Ma lunedì dovrebbe esserci il bis con un sit-in davanti al palazzo di giustizia in concomitanza con la requisitoria sul processo Ruby. La decisione, bisogna dire, è ancora in fase di valutazione con Berlusconi ancora indeciso se seguire le spinte dei falchi o i toni “concilianti” di chi gli sus- 3 surra prudenza evitando di esacerbare il clima con ricadute inevitabile sul governo. E' d'altronde lo stesso Cavaliere a non nascondere che la raffica di sentenze rischia di “minare” il clima di pacificazione che ha permesso la nascita del governo, anche se "non saremo noi a interrompere questa strada", mette in chiaro il Cavaliere. Certo, l'attesa è ora per quanto dirà nel comizio di oggi (a cui non dovrebbero partecipare - così come al sit in di Milano, per motivi di opportunità politica - né i ministri Pdl né il segretario Alfano). Se la linea resta quella di tenere i toni bassi sulla tenuta del governo, l'ex premier batterà sulle riforme che si aspetta per "rilanciare l'economia e portare il Paese fuori dalla crisi". Ma è difficile che, nel parlare di questi interventi, si faccia sfuggire l'occasione per chiedere interventi profondi sulla giustizia tornando a pretendere "parità tra accusa e difesa, separazione delle carriere, responsabilità civile dei magistrati". scia. Il manifesto falso creato dal sito di satira di sinistra è praticamente identico a quello visibile sul sito del Pdl. Ma con qualche dettaglio modificato che induce allʼequivoco: lʼaggiunta in basso della scritta “cestino + 10 euro, mentre il nome dellʼautore che lʼha creato è scritto minuscolo, al centro, tanto che risulta davvero difficile distinguere quel tentativo di satira da una reale offerta di denaro e di merende agli elettori di centrodestra. Ecco perché sulla rete, in queste ore, il popolo della sinistra e dei grillini che spara tutti i giorni sul governissimo col Pd, sʼè scatenato in una sequela di insulti irripetibili: “orrore”, “a che punto siamo”, “offrono soldi per farli andare a un comizio”, “questa è la gente che vota Berlusconi!”. Tutto falso, ma poco importa. A chi prova a far notare che il manifesto sembra taroccato, arrivano altri insulti, in un tipico tentativo di cazzata auto-avverante di un certo tipo di navigatore del web che assimila solo le informazioni che gli piacciono. Morale della favola, nel caos e nellʼanarchia della rete la lotta politica si conduce anche così, con trucchetti da scuola elementare o iniziative da spalatori di fango per colpire chi domani sarà in piazza a manifestare al fianco di colui che, piaccia o no, considera il proprio leader. A proposito, la Boldrini non ha nulla da dire su questo? “In piazza con Silvio: cestino + 10 euro”: la sinistra crea un falso manifesto per insultare gli elettori del Pdl Luca Maurelli “In piazza a Brescia per Silvio, ad ogni manifestante un cestino più 10 euro”. Qualcuno ha abboccato come un pollo al falso manifesto, forse perché non vedeva lʼora di gridare «Vergogna!» agli elettori del Pdl. Altri, invece, hanno fatto girare quel cartello taroccato sulla rete ben consapevoli che fosse un “fake”, ma tanto contro Berlusconi tutto fa brodo. In questo clima di odio verso il governo delle larghe intese dalla sinistra vendoliana e dai grillini che impazzano sul web omai ci si può aspettare di tutto, anche che un cartello-sfottò creato da un sito satirico (anche questo però tutto orientato contro il centrodestra, non a caso lʼautore, Giuseppe Paperini, si definisce “di sinistra”) venga veicolato per sostenere la tesi che gli elettori del Pdl, considerati rozzi, ignoranti, affamati e accattoni, vengano contingentati su degli autobus come pecoroni e portati in piazza, a Brescia, per manifestare contro i giudici al fianco di Berlusconi. Per soldi o per un panino. Lo stesso tentativo che si fece di giustificare lʼinvasione di piazza del Popolo del Pdl, un mese e passa or sono, come una scampagnata retribuita dal partito. Trecentomila persone corrotte e plagiate, fu la tesi di allora, rimbalzata in programmi tv molto seguiti come “Servizio pubblico”. Il metodo è lo stesso anche per lʼadunata di Bre- Letta: da Grillo solo parole inaccettabili. E chiede all'Ue di dedicare al lavoro il prossimo consiglio 4 Gloria Sabatini Bordate all'antipolitica, programmi contro la disoccupazione, prospettive europee. Nel giorno dell'incontro ufficiale a Palazzo Chigi con Martin Schulz, Enrico Letta torna a scandire le parole d'ordine del suo esecutivo di larghe intese. Costretto a zigzagare sull'Imu, dopo il congelamento della sua proposta per i veti della sinistra, il premier punta tutto sul lavoro. «L'Europa deve dare risposte sulla disoccupazioni giovanile, arrivata a livelli assolutamente insostenibili ed è per questo che chiediamo che il prossimo Consiglio Ue di giugno si concentri su un piano straordinario sull'occupazione giovanile che vari subito misure concrete». Senza lavoro per i giovani non c'é speranza, né per i paesi membri né per l'Europa – ha ribadito ai cronisti al termine dell'incontro con il presidente del Parlamento europeo, che ha riportato le stime degli esperti sul trilione di euro persi per l'evasione fiscale. «È importante – ha detto Schulz – che al prossimo Consiglio europeo siano prese misure contro la frode fiscale». Letta ha fatto capire di non essere interessato né al braccio di ferro con Berlino né al derby tra sviluppo e rigore. «Noi non abbiamo nessuna intenzione di fare un confronto Redazione Il Pdl guadagna quasi un punto (+0,8%) in una settimana e si conferma primo partito nelle intenzioni di voto con il 27,6% dei consensi. In lieve crescita il Pd (+0,2%) al 24%, mentre perde quasi due punti (-1,9%) il Movimento 5 Stelle, che si attesta al 21,8%. È quanto emerge dal sondaggio realizzato dall'istituto Swg in esclusiva per Agorà, su Rai Tre. Calano Scelta Civica (-0,3%) e Sel (-0,2%), rispettivamente al 5,4 e al 4,9%, mentre cresce leggermente (+0,3%) la Lega Nord, che si attesta al 4,5%. Perde qualcosa (-0,3%) l'Udc, all'1,7%, mentre Fratelli d'Italia-Centrodestra nazionale guadagna più di mezzo punto (+0,6%) attestandosi all'1,8 %. Per quanto riguarda il governo, secondo il sondaggio Swg, cala di 4 punti in una settimana la fiducia degli italiani nel governo Letta, attestandosi al 39%. Solo il 5%, inoltre, è convinto che l'esecutivo durerà l'intera legislatura, e un significativo 68% ritiene che non riuscirà a mantenere quanto promesso perché i veti incrociati dei partiti che lo sostengono vanificheranno ogni sforzo. Il 44% degli italiani continua a ritenere che il nuovo esecutivo durerà almeno un anno, ma cresce la convinzione che durerà solo pochi mesi (27%). Per il 15% invece reggerà per 2-3 anni. Sondaggi: aumenta il Pdl, calano i Cinque Stelle e la fiducia nel governo Letta ideologico sul tema della tenuta dei conti pubblici. Condividiamo la necessità di conti a posto e non ci sarà nessuno scontro ideologico fra austerità e crescita», ha aggiunto dichiarandosi «molto orgoglioso» del suo Paese «perché si presenta a Bruxelles con conti in ordine. Grazie al governo precedente e la maggioranza che lo ha sostenuto, possiamo sperare ragionevolmente di avere il 29 maggio la notizia di uscire dalla procedura per deficit eccessivo». Poi l'inevitabile stoccata alla destabilizzazione provocata dalle posizioni del Movimento 5Stelle. «Respingo al mittente le accuse di Beppe Grillo e l'uso di una parola come "colpo di Stato", che è totalmente inaccettabile», ha detto ricordando ruvidamente al comico che quando ha usato la parola colpo di Stato, una giornalista cilena gli ha spiegato che cosa è veramente un colpo di stato, «facendogli fare una figuraccia». Così facendo, ha concluso il premier, Grillo «ferisce le istituzioni del nostro Paese. Ma le nostre sono istituzioni legittime e sono la rappresentanza popolare». Poi si toglie un sassolino di scarpa non previsto e cede alla replica "personale". «È da 46 anni che faccio il nipote...», ha detto ironico all'ennesimo attacco del leader Cinquestelle sulla parentela del premier con il "potente" Gianni. «Grillo la butta sull'insulto personale perché non ha molti argomenti: lui insulta, io voglio occuparmi di problemi del Paese e mentre il governo taglia lo stipendio dei ministri lui fatica a imporre tagli alla diaria». Riforme, il presidente della Consulta favorevole a una task force Redazione «Non ci sono problemi, non ne vedo perché credo sia una scelta parlamentare». Così il presidente della Corte Costituzionale, Franco Gallo, ha risposto ai cronisti a Padova sull'ipotesi di un comitato consultivo per le riforme, come proposto dal ministro Quagliariello, che supererebbe così il progetto della Convenzione. «Se la commissione, ovvero il comitato, è redigente - ha aggiunto Gallo - non si crea un problema di ordine costituzionale. Semmai la questione - ha chiarito - si pone se dovessero fare un discorso di tipo legislativo costituzionale, ma non è questo il caso. Se si opera nell'ambito delle commissioni è una questione che riguarda il Parlamento». Anche il Pd apre all'ipotesi di una Convenzione. «Commissione Affari Costituzionali sentiremo il ministro Quagliariello per capire qual è l'orientamento del governo sul punto. Se volete il mio parere, io sono una parlamentarista convinta. Credo che gli anni di elaborazione che abbiamo alle spalle, e anche il lavoro compiuto dal Parlamento nella scorsa legislatura, dicano che c'è un largo accordo su molte questioni. Resiste un punto politico, ovviamente centrale, per risolvere il quale non serve la Convenzione, ma è necessario un approfondimento parlamentare e il coinvolgimento di tutti i gruppi», ha spiegato ieri la senatrice Anna Finocchiaro. Siria, la polveriera inesplosa. Alta tensione tra Damasco e Israele: Assad minaccia e rilancia 5 Antonella Ambrosioni In Siria la situazione è ormai insostenibile, con una guerra civile che va avanti da oltre due anni, un migliaio di morti, ma nessuno sconftto. Non è sconfitto Assad, che anzi, minaccia e rilancia; non sono sconfitti gli oppositori del regime. Ora la tensione è alle stelle dopo i raid aerei israeliani contro obiettivi militari in Siria. Assad, rivela il quotidiato ar Rai del Kuwait, ha fatto sapere agli americani che se Israele dovesse attaccare di nuovo la Siria quest'azione sarà considerata un'azione di guerra e la Siria risponderà immediatamente. L'utilizzo di armi proi- bite da parte del regime anima ancora il dibattito. La voce di Carla Del Ponte ex procuratore capo del Tribunale penale internazionale esce dal coro e punta il dito sui ribelli siriani, prima e più che sul regime di Bashar al-Assad, sui sospetti riguardanti il presunto uso di armi chimiche. «Abbiamo potuto raccogliere alcune testimonianze sull'utilizzo di armi chimiche, e in particolare di gas nervino, ma non da parte delle autorità governative, bensì da parte degli oppositori, dei resistenti», ha detto la Del Ponte. Un'affermazione che che non permette un punto di vista “manicheo”, né una valu- tazione unilaterale di colpe e ragioni rispetto a quanto sta accadendo in Siria, dopo due anni. Inquietano poi le parole degli Hezbollah dal Libano. Dopo gli attacchi israeliani della settimana scorsa, la Siria ha deciso di fornire a Hezbollah armi mai ricevute prima, tali da «cambiare le regole del gioco», secondo il loro leader Hassan Nasrallah. Il capo delle milizie sciite libanesi alleate di Damasco ha ammesso quindi, anche se implicitamente, il sostegno militare dalla Siria. Ieri, poi, un gruppo di ribelli siriani ha diffuso in Internet un altro video dei quattro “caschi blu” filippini da loro sequestrati tre giorni fa sulle Alture del Golan, vicino alla linea di demarcazione con la parte occupata da Israele. Nelle immagini si vedono i militari dell'Onu seduti su delle sedie, apparentemente in buona salute, mentre alle loro spalle, in piedi, un ribelle legge una dichiarazione in cui si afferma che essi sono solo trattenuti per «garantire la loro sicurezza». Il ministro degli Esteri filippino ha chiesto di ritirare i 342 soldati filippini della missione Onu sul Golan perché la situazione della sicurezza «é andata oltre i limiti tollerabili». Redazione Il presidente francese, Francois Hollande, vuole cancellare la parola “razza” dall'articolo uno della Costituzione entro l'estate: è quanto riferisce Radio France Inter. Scritto nel 1946, il testo costituzionale stipula che «la Francia è una Repubblica indivisibile, laica, democratica e sociale. Garantisce l'eguaglianza davanti alla legge di tutti i cittadini senza distinzione d'origine, razza o religione». Durante la campagna presidenziale che lo portò all'Eliseo, nel marzo 2012, Hollande si era assunto questo impegno. Il candidato socialista aveva deplorato le discriminazioni e il razzismo annunciando una serie di misure, prima tra tutte la soppressione della parola «razza» dalla Costituzione. «Nella Repubblica, non c'è posto per la razza. Ed è per questo che all'indomani del voto chiederò al Parlamento di eliminare la parola “razza” dalla nostra costituzione», aveva detto in piena campagna elettorale. Il problema, è che oggi Hollande non dispone di una maggioranza abbastanza forte in Parlamento per procedere a una riforma costituzionale di questo tipo. La sua proposta ha già suscitato numerose polemiche. Fu bollata come “ridicola” dallʼex presidente Nicolas Sarkozy, critico verso «lʼidea di modificare un testo scritto col sangue dei francesi liberi». Lʼex inquilino dellʼEliseo, in campagna elettorale, schernì il suo avversario: «Ecco il progetto che Hollande propone alla Francia: fare la guerra al dizionario». Attribuendo ad Hollande il merito di aver individuato una delle priorità dei francesi, Sarkozy disse ironicamente: «Ogni giorno incontro molti francesi, che mi confessano che cʼè una questione che li tormenta e non li fa dormire la notte: la presenza della parola razza nel preambolo della costituzione. Vengo continuamente fermato per strada da persone che mi implorano di sopprimerla». Se per battere il razzismo basta abolire la parola razza, concluse «allora io propongo che si eliminino le parole disoccupazione perché non ci siano più disoccupati e povertà perché non ci siano più poveri». Hollande vuole cancellare la parola "razza" dalla Costituzione. Ma in Parlamento gli mancano i numeri Miracolo a Dacca: dopo 17 giorni estratta viva una donna Redazione Diciassette giorni dopo la tragedia a Dacca, in Bangladesh, è arrivato il miracolo. I soccorritori hanno trovato una donna viva sotto le macerie del palazzo crollato il 24 aprile. La superstite, praticamente illesa, si chiama Named Reshmi ed é stata trovata in uno scantinato dello stabile “Rana Plaza”. I soccorritori si sono accorti della sua presenza quando la donna ha cominciato a piangere e a chiedere aiuto. «Stavamo rimuovendo le macerie e abbiamo chiesto a voce alta se qualcuno fosse vivo», ha raccontato uno degli uomini ancora al lavoro tra le macerie. «Dopo un po' ha aggiunto, «abbiamo sentito una voce che ci implorava “vi prego, salvatemi”. Da quel momento la donna ha cominciato a parlare con noi». Un altro soccorritore ha raccontato: «Abbiamo esultato di gioia quando abbiamo capito che c'era qualcuno vivo e ci siamo informati sulle sue condizioni». Prima di essere caricata su un'ambulanza, la sopravvissuta ha raccontato di essere stata intrappolata in un piccolo spazio dove c'era aria e anche un po' di luce e che ha mangiato dei biscotti che erano stati gettati dai soccorritori dall'alto del cumulo dei detriti. Il bilancio del crollo ha oltrepassato oggi i mille morti, mentre un numero imprecisato di persone risulta ancora disperso. Milano, il Decentramento diventa lʼennesimo fallimento di Pisapia 6 Redazione Si è svolto un incontro fra i presidenti delle nove Zone di Milano ed il sindaco Giuliano Pisapia, accompagnato dallʼassessore Francesca Balzani, sul tema dellʼattuazione del Decentramento. Durante questa riunione il primo cittadino avrebbe affermato la volontà dellʼAmministrazione comunale di centrosinistra «di aprire una nuova fase che rafforzi i Consigli di Zona». «Ma come mai – ha dichiarato il coordinatore del Pdl milanese Giulio Gallera - dopo due anni di governo della città il sindaco Pisapia parla della necessità di aprire una nuova fase che rafforzi i Consigli di Zona? Cosa è stato fatto in questi due anni? Niente di significativo, niente di concreto ed efficace per rafforzare i poteri e le competenze dei Consigli di Zona. Il Decentramento – ha continuato Gallera – rappresenta un altro enorme fallimento della Giunta Pisapia ed un altro fragoroso tradimento delle promesse elettorali. Pisapia aveva dichiarato solennemente che tra i suoi primissimi atti ci sarebbero state la riforma del decentramento e la trasformazione dei Consigli di Zona in Municipi ed invece in quasi la metà del mandato cosa è successo? È scomparso lʼassessorato al Decentramento, che avrebbe dovuto elaborare ed attuare “la riforma arancione del Decentramento”. Sono state tolte alle Zone le competenze inerenti allʼerogazione dei sussidi agli anziani con gravissimi disservizi per i milanesi, sono state centralizzate le iniziative ludico-aggregative dei Centri multifunzionali. Lʼunica novità è stato il trasferimento di alcuni geometri che si occupano della manutenzione del verde alle Zone, senza però attribuire alle singole Zone un vero e proprio bilancio relativo alle manutenzione e continuando a far dipendere gerarchicamente il personale dal settore Parchi e Giardini. Di conseguenza anche questa misera novità deve essere definita come una finta attribuzione di competenze e poteri. La riunione - ha concluso il coordinatore del Pdl Gallera – sancisce il fallimento della politica di Pisapia sul Decentramento e dimostra che gli impegni solenni assunti in campagna elettorale erano solo parole al vento che non riescono più neppure ad essere giustificate dagli eletti e dai dirigenti politici di questa maggioranza, che ogni giorno tradisce tutti quelli che lʼhanno votata; dopo i dipendenti comunali, dopo i lavoratori delle società partecipate, anche i tanti militanti di sinistra che credevano nella partecipazione e nella valorizzazione dei luoghi decentrati di partecipazione e coinvolgimento». Toscana, per la crisi all'ex Mabro i sindacati debbono trovare lʼunità Redazione In merito alla situazione di crisi allʼex Mabro (oggi Abbigliamento Grosseto, stabilimento tessile con poco meno di 250 operaie in cassa integrazione e da alcuni giorni ammesso dal Tribunale al concordato preventivo, cosiddetto “in bianco"), l'europarlamentare del Pdl Lara Comi ha inteso precisare di non aver «pontificato sulle divisioni sindacali. Ho semplicemente rilevato una situazione in essere – ha chiarito – che è stata riportata ampiamente dalla stampa locale, con lʼauspicio invece che si trovi una convergenza tra le diverse sigle e ci si accordi su un percorso unitario per il bene dellʼazienda e dei lavoratori. In un periodo di grave crisi occupazionale io rimango convinta che la mi- gliore risposta sia quella di trovare soluzioni di mediazione, seppure sofferte. Il modello è quello che abbiamo visto il primo maggio a Treviso, dove operai e industriali hanno celebrato insieme il giorno dedicato ai lavoratori con sindacati e associazioni di categoria uniti nello slogan “Non cʼè impresa senza lavoro, non cʼè lavoro senza impresa". Comprendo le sofferenze di chi si trova in cassa integrazione e in ritardo di pagamento dello stipendio da mesi – spiega la Comi – Ma il muro contro muro può rivelarsi controproducente. Rispetto ai novanta operai che scioperano a oltranza, ci sono anche tra i sessanta e ottanta lavoratori che hanno continuato a prestare la loro opera, pur in un contesto di grandi difficoltà, per non per- dere quelle commesse senza le quali lʼazienda rischierebbe la chiusura. Io mi auguro che Cgil, Cisl e Uil trovino una piattaforma comune dʼintesa e che la Regione Toscana giochi un ruolo da protagonista in questa difficile vertenza».. Puglia, pugno duro contro gli abusivi senza però criminalizzare tutti gli operatori balneari Redazione «È condivisibile lʼopposizione durissima a chi costruisce abusivamente e deturpa lʼambiente, ma generalizzare è un errore». Così il consigliere regionale del Popolo della Libertà Saverio Congedo critica lʼassessore alla Qualità del territorio della Regione Puglia Angela Barbanente che, in riferimento alle inchieste della magistratura a Porto Cesareo, ha parlato degli abusi edilizi come norma nel Comune jonico. «Un conto - prosegue - è impostare e condurre una battaglia a tutto campo contro chi realizza, tollera o favorisce abusi edilizi e brutalità di ogni tipo nei confronti del territorio intorno a noi, un altro conto è omettere distinzioni necessarie nel riferimento agli operatori del turismo balneare che non sono tutti brutti, sporchi e cattivi. Ho letto parole della Barbanente che sotto questo profilo sono un tantino incaute, perché implicitamente ci portano a buttare il bambino assieme allʼacqua sporca. Con il proposito malcelato di scaricare sugli imprenditori dei lidi e degli stabilimenti balneari costi e tempi di una burocrazia mai perfettamente efficiente chiarisce ancora Congedo - si finisce con il criminalizzare indistintamente un intero settore, che è diventato unʼattrattiva fondamentale per il nostro turismo e che rappresenta una fetta significativa dellʼeconomia di questo comparto e delle opportunità occupazionali del Salento». Califano ancora senza tomba: un oltraggio alla sua memoria su cui interviene la Siae Priscilla Del Ninno La musica è finita. Gli amici se ne vanno. I parenti pure. E il Califfo, morto il 30 marzo, a un mese e mezzo dalla celebrazione del funerale ancora aspetta di avere una degna sepoltura. Attualmente le spoglie dell'artista dimorano nel cimitero di Ardea, in provincia di Roma, ospite temporaneo del comune in un loculo pubblico. Uno scenario completamente differente rispetto a quello raccontato da giornali e tv nel giorno dell'addio alla camera ardente in Campidoglio, dove l'autore di Roma nuda e Minuetto era stato salutato per l'ultima volta da migliaia di persone, una folla che riuniva e mescolava amici dell'uomo e fan dell'artista. Un funerale solenne tributato con tutti gli onori a una grande personalità della musica, un poeta della canzone la cui memoria va onorata e rispettata e che la situazione della tumulazione mancata di certo non commemora degnamente. Considerati i rapporti sporadici e conflittuali con la figlia Silvia, il problema della sepoltura di Califano riguarda la famiglia degli amici dell'artista: e allora, persino la Siae si è mobilitata nelle ultime ore e attraverso il direttore generale Gaetano Blandini ha offerto la piena disponibilità, anche economica, a risolvere la questione. Un intervento che ci si augura sblocchi uno stallo che mortifica un autore che ha regalato intramontabili successi alla storia della canzone italiana e che, nelle sue ultime volontà, come raccontato dall'avvocato Marco Mastracci, legale di Franco Califano, chiedeva di poter riposare accanto al fratello Salvatore, morto a 40 anni, e al nipote Franco, stroncato da 7 una leucemia fulminante a soli 18 anni. Sulla lapide, dovrebbe esserci scritto, come indicato beffardamente dallo stesso Califfo, «Non escludo il ritorno», dal titolo di un suo celebre pezzo. Ad Ardea, infine, sempre secondo li desideri espressi da Califano, dovrebbe essere allestito il suo museo personale, nelle cui sale saranno raccolti gli strumenti e tutto quello che più era caro al maestro. Un luogo della memoria che sarà anche la sede di unʼassociazione che porterà il suo nome, dedicato ai ragazzi che vogliano studiare musica. I cinquant'anni di Bono Vox, voce e anima (turbolenta) degli U2 Bianca Conte «Sono un pessimo chitarrista, e un pianista ancora peggiore. Se non avessi avuto vicino Edge non avrei avuto speranze. Se non ci fossero stati Larry e Adam, quelle melodie non avrebbero messo radici. Devo contare sugli altri, ma lo faccio molto bene». Sagace e autoironico Bono Vox racchiude in queste poche battute il segreto di un successo planetario legato alla sua leadership canora. Certo, nell'immaginario collettivo una rock star non invecchia mai: eppure il calendario ieri segnava il cinquantesimo compleanno dell'artista, voce – ma anche anima e corpo – del gruppo rock irlandese degli U2, al secolo Paul David Hewson, nato appunto il 10 maggio 1960 a Dublino. Tutt'altro che un posato uomo di mezza età, l'indomito cantante di Sunday Bloody Sunday e di Where the streets have non name, continua senza alcun cedimento a infiammare gli animi di milioni di fans sparsi in tutto il mondo. Eppure il cinquantenne leader della mitica band è stato un ragazzino turbolento – ribattezzato con l'epiteto di anticristo dalla famiglia – e un adolescente inquieto, pronto a unirsi a un gruppo di ragazzi ribelli del suo quartiere, i Lipton Village, il cui scopo era principalmente quello di evadere qualsiasi forma di legge. Alchemica mistura di diavolo e acqua santa, un coacervo di influssi e contraddizioni ha alimentato la crescita dell'artista, fortemente condizionato tra l'altro dalle differenti confessioni religiose dei genitori: cattolico il padre, protestante la madre. Cresciuto con un profondo senso del sacro, di fede cattolica, Bono ha sempre riconosciuto alla cultura religiosa un ruolo fondamentale nel suo percorso formativo: e non è un caso se, infatti, nella canzone Gloria, contenuta nell'album October, l'artista canta un vero e proprio inno a Dio; un riferimento che esplicita senza remore il suo credo e che Bono riprenderà in 40, tratto dall'omonimo Salmo. Un'interiorità ricca, la sua, ma incastonata in una personalità Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale Editore SECOLO DʼITALIA SRL Fondatore Franz Turchi d’Italia Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76 Consiglio di Amministrazione Tommaso Foti (Presidente) Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato) Alessio Butti Antonio Giordano Mario Landolfi Ugo Lisi trasgressiva che, a partire dal 1976, darà vita alla strepitosa storia degli U2. Una storia, quella della celebre band, che interseca sperimentazione musicale e attivismo politico, nel nome di una militanza spettacolare che dal Live Aid ad Amnesty International, dall'impegno contro l'Aids a quello per la povertà in Africa, ha tradotto in note e strofe battaglie umanitarie e sfide sociali. Un attivismo portato quasi all'esasperazione e che in molti, in diverse fasi della carriera di Bono, gli hanno contestato, ma che non ha certo impedito alla band di scalare le classifiche di mezzo mondo, declinando la musica alla politica e trasformando il gruppo in un potente megafono internazionale. Direttore Politico Marcello De Angelis Vicedirettore Responsabile Girolamo Fragalà Redazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] Amministrazione Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/688171 mail: [email protected] Abbonamenti Via della Scrofa 39 - 00186 Roma tel. 06/68817503 mail: [email protected] La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990 n. 250