William Shakespeare MONOLOGO DI PROSPERO (La tempesta, V

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William Shakespeare MONOLOGO DI PROSPERO (La tempesta, V
William Shakespeare
MONOLOGO DI PROSPERO
(La tempesta, V, I)
O voi elfi dei colli, dei ruscelli,
degl’immobili laghi e dei boschetti,
e voi che sulla sabbia con un passo
senz’orma rincorrete il rifluente
Nettuno, e lo fuggite quando torna;
voi gnomi che alla luce della luna
tracciate al suolo circoletti d’erba
amara, che la pecora non bruca;
voialtri che per gioco fate nascere
i funghi a mezzanotte, e siete lieti
quando udite il rintocco del solenne
coprifuoco –
sebbene siate deboli,
col vostro aiuto io ho offuscato il sole
del mezzogiorno, ho suscitato i venti
ribelli, e fra l’azzurra volta e il verde
mare ho eccitato una ruggente guerra;
ho dato fuoco al tuono dal fragore
spaventoso, ho squarciato la robusta
quercia di Giove col suo stesso fulmine;
ho scosso il promontorio dalla salda
base, e dalle radici il pino e il cedro
ho divelto; le tombe, al mio comando,
han risvegliato quelli che dormivano
in esse, poi si sono spalancate
e li han lasciati uscire, per virtù
dell’arte mia possente.
E tuttavia
questa rozza magia ora rinnego:
e quando le avrò chiesto una celeste
musica – gliela chiedo, ecco – per giungere
al mio fine sui sensi di costoro
ai quali è destinato questo aereo
incanto, spezzerò la mia bacchetta
e la seppellirò parecchie tese
sotto la terra; e più di quanto mai
sia sceso lo scandaglio in fondo al mare
sommergerò il mio libro.
(traduzione di Paolo Zoboli)