N.13 - L`editoriale - Associazione Italiana Allevatori
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N.13 - L`editoriale - Associazione Italiana Allevatori
l ’allevatore magazine I consumatori non sono tutti uguali Direttore responsabile Alessandro Nardone Redattore capo Giovanni De Luca ([email protected]) B In redazione Alessandro Amadei ([email protected]) Camillo Mammarella ([email protected]) Pubblicità Paolo Belloni ([email protected]) Progetto grafico e copertina Mediatime Editing - Padova Editing Sira Dingi - Bologna Editore Servizi Commerciali per gli Allevatori SCA srl Via G. Tomassetti 9 00161 Roma Tel. 06.8545.1226 Fax 06.8545.1200 ([email protected]) Stampa Mediagraf S.p.A. Sede legale e stabilimento Viale Navigazione Interna 89 35027 Noventa Padovana Organo ufficiale di stampa dell’Associazione italiana allevatori n. 13 - 11 luglio 2012 Anno LXVIII Autorizzazione del Tribunale di Roma n. 323 del 14-7-1948 n. iscrizione roc 15242 Periodico associato USPI Per abbonarsi a “l’Allevatore” Magazine (20 numeri annui) basta effettuare un versamento di euro 30,00 (trenta) intestato a “Servizi commerciali per gli allevatori - Sca” Iban IT 56 Z 010050 3200 0000000 66384 Per ulteriori informazioni: Tel. 06.854.51226 Fax 06.854.51200 E-mail [email protected] INFORMATIVA AI SENSI DELL’ARTICOLO 13 DEL D.LGS. 196/2003: L’Editore, ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. 196/2003, informa che i dati personali ed anagrafici forniti saranno trattati, da personale incaricato per iscritto, esclusivamente per l’adempimento degli obblighi normativi. I dati richiesti sono necessari per il corretto adempimento dei suddetti obblighi ed il mancato conferimento ne impedirebbe la corretta esecuzione. I dati non saranno diffusi né comunicati a terzi non autorizzati. La sottoscrizione dell’abbonamento comporta l’autorizzazione al trattamento dei dati personali ai sensi del citato D.Lgs. 196/2003. Per far valere i diritti previsti dall’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003 è possibile rivolgersi al Responsabile del trattamento presso la sede della scrivente. Nino Andena Presidente Aia Acquisti alimentari in calo, ma c’è ancora spazio per i nostri valori asta leggere i dati sui consumi degli Italiani per rendersi conto che questa volta la spesa si è ridotta anche a tavola. Secondo recenti indagini almeno 6 consumatori su 10 dichiarano di aver cambiato abitudini, ponendo maggiore attenzione al fattore prezzo e riducendo gli acquisti di alcune referenze rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Un dato preoccupante aggravato dal fatto che a soffrire non c’è solo la grande distribuzione classica, ma persino i discount, che nell’ultimo lustro avevano fatto registrare una crescita piuttosto robusta. La situazione è questa e in prospettiva non si vedono radicali miglioramenti perché, a ben guardare, sembra proprio che l’onda lunga della crisi debba ancora abbattersi con tutta la sua gravità sugli italiani, nonostante la disoccupazione in aumento e il ridotto potere di acquisto delle famiglie. Non abbiamo bisogno della bacchetta magica, ma di atti concreti da parte dell’attuale Governo a favore dell’unico settore che ha avuto un aumento a due cifre sull’esportazione. Ci serve un progetto concreto capace di rimettere in moto l’economia, non chiediamo altro, nella consapevolezza che queste politiche non rappresentano una “spesa”, ma un “investimento” per il sistema Paese. Quello che non capiamo è perché la forbice dei prezzi fra “campagna” e “città” resti così desolatamente ampia e perché i listini siano sempre a sfavore del mondo agricolo. Sin troppo facile l’esempio del latte, ma vorremmo almeno capire perché a noi allevatori hanno tagliato un buon 10%, mentre il prezzo a livello di consumatore è salito a causa del “caro bolletta”. Peccato che in campagna energia elettrica e gasolio li paghiamo anche noi e piuttosto cari, ma questo evidentemente non riesce a pesare quanto dovrebbe. Certo, ci sono i gruppi di acquisto solidale, i mercati contadini, le vendite dirette in azienda, ma è pur vero che il grosso del mercato lo fanno i buyer della Gdo, molto attivi nello strozzare i produttori, alla faccia dei valori come italianità e benessere animale. Importanti, ma non sempre remunerativi nei capitolati di fornitura. Una realtà amara alla quale si contrappongono le aziende che nel valore dell’origine italiana credono e che sul mercato trovano sempre più consumatori disposti a dare loro fiducia. Uno zoccolo duro che sta conquistando quote di mercato significative, costringendo la distribuzione moderna a non fare di tutta l’erba un fascio. E l’esperienza di Italialleva è qui a dimostrare che si può andare in controtendenza anche in tempi di crisi. Con difficoltà, ma con soddisfazione. Perché garantendo l’origine italiana al 100% dei nostri prodotti possiamo recuperare spazi commerciali ed essere un po’ più artefici del nostro destino. KL n. 13 - 11 luglio 2012 1