Untitled - Varum Editore edizioni
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Untitled - Varum Editore edizioni
La casa sul meteorite Miagola nervosamente, mentre si gratta la schiena sotto la poltrona, che avrà da brontolare? Sento che c'è qualcosa che mi sfugge, ho uno strano brivido che mi attraversa la schiena all'altezza dei polmoni. Sono in una stanza poco arredata, con un camino sullo sfondo, una pendola dalla parte opposta che mi dice che sono circa le sei e mezza, il sole è già basso e punta a sdraiarsi oltre l'orizzonte, ho perso per casa un cliente che mi sta dettando una strana biografia, ho visto un'estrema unzione senza il moribondo presente, e la gatta mi rompe le scatole con comportamenti anomali. Troppe stranezze, non sono più abituato a queste rotture nei miei delicati equilibri esistenziali. Comincio a pensare che eventuali prossime avventure grafologiche non avranno luogo a casa mia. Sento parlare spesso di uffici in affitto temporaneo, credo proprio che adotterò una soluzione del genere per incontrare clienti, committenti o più semplicemente quel cialtrone del mio editore. Proprio quest'ultimo mi chiese tempo fa di poterci incontrare in un luogo che non fosse la mia triste residenza sul cocuzzolo in mezzo al nulla. Detto da lui, che vive in un borghetto medievale sulle pendici del Monte Baldo formato da una decina di catapecchie di cui solo una è abitata dalla sua famiglia, è un commento che suona fuori luogo. L'unica volta che mi presi la briga di andare a trovarlo, finii per incastrarmi col muso dell'auto tra due spigoli di pietra viva, spaccando ambedue i parafanghi anteriori in un turbinio di improperi all'indirizzo dell'unico residente del borgo. Salito fin lassù per riscuotere i diritti di un lavoro che mi aveva pubblicato, con ritardi, errori e penso anche qualche furtarello, non solo mi ritrovai con un grosso danno all'auto, ma me ne tornai a casa con le tasche vuote a causa del mancato incasso e dell'ennesimo prestito che mi chiese. Non so che cavolo ci faccio ancora nella sua scuderia di autori, ma sono abbastanza pigro per cercarne un altro, quindi nicchio e tiro avanti; del resto non mi reputo un autore meritevole di un editore di grido, mi faccio andar bene il cialtrone di cui sopra. 30 DON CIUFFO Maledizione, il campanello. Manca un quarto alle sette, si è fatta sera, vorrei lavorare ancora un paio d'ore prima di congedare il mio cliente per avere poi il tempo per una cena leggera e mettere a posto un po' di appunti. Chi sarà alla porta, chi può mai venire a casa mia a scocciare? Nooo... Apro, e con mia per niente somma sorpresa stavolta appaiono in coppia: Enzo, cliente temporaneamente disperso, e Don Ciuffo. - Scusi Don Marcellino, non mi sento di dirle ben tornato, ma si accomodi. Enzo, dove diavolo si era perso? Non posso dire di avere un giardino così vasto da potersi perdere; comunque accomodatevi entrambi, seguitemi. - Mi ero fermato qualche minuto a osservare la forma della collinetta su cui i suoi costruirono questa casa. A una prima occhiata sembra un monolite, una specie di meteorite precipitato dallo spazio e conficcato nel terreno. Tuttavia se si guarda un po' meglio si capisce che ci troviamo su una montagnetta di terra riportata, segno che qui sotto i nostri piedi c'è tanta più casa di quanto appaia a prima vista. Vede, quando posso cerco di far notare le mie conoscenze in materia edile. Sono geometra e ho passato la maggior parte della mia esistenza nel mondo dei progetti e delle imprese di costruzione, maturando una certa abilità nell'analizzare i fabbricati e i terreni. Chissà che tra un incontro e l'altro non capiti l'occasione 31 La casa sul meteorite per fare un giro in quelle misteriose cantine di cui immagino l'esistenza. Questa frase mi giunge un po' inaspettata, e tocca un argomento del quale preferirei non parlare con un estraneo, la casa e tutto quanto ci sta sopra e sotto è un bene costato alla mia famiglia anni di sacrifici, discussioni, talvolta umiliazioni, e ora che, figlio unico, l'ho ereditata, ci vivo una rilassata solitudine accettando la presenza e la curiosità di una ristretta cerchia di amici e di nessun altro. Non sapendo bene chi ho davanti, non conoscendo ancora di cosa si occupa né quali sono i suoi contatti con il mondo esterno, fingo di interessarmi di Don Ciuffo che nel frattempo si è avvicinato al camino dopo aver posato la sua scalcinata borsa sulla mia poltrona e lascio cadere le osservazioni di Enzo nel nulla. - Eccellenza, santità, perdoni la mia insolenza, ma che ci fa ancora qui? Lei sa che da molti anni non sono più un buon cristiano, la sua presenza in questa casa mi lusinga ma nel contempo mi infastidisce. L'anziano parroco, ingobbito e veramente brutto alla vista, si gira lanciandomi un'occhiata bruciante, simile a quelle che ci tirava l'arciprete ai tempi dei servizi da chierichetti, quando presi magari da un po' di noia sull'altare cominciavamo a chiacchierare tra di noi a bassa voce. - Come ti permetti, specie di ateo, non vorrai ostacolare l'esercizio delle mie sacre funzioni? Non mi curo della durezza della risposta, sapendo che è partita da una mente praticamente fusa e decido di rincarare la dose. - Due volte nello stesso giorno non si era mai presentato, vedo che ha ancora con sé la borsa degli attrezzi ma qui non mi pare proprio ci siano anime da riparare; se ha portato del pane io ci posso mettere il vino e magari anche due fette di salame, così possiamo arricchire il più sacro dei sacramenti, altrimenti non saprei. Niente da fare: pochi secondi dopo, indossati gli stessi pa- 32 Don Ciuffo ramenti di poche ore prima, Don Ciuffo riparte con quella terribile funzione, sempre all'indirizzo di una candidata salma inesistente. Nel frattempo Enzo, incurante di un’altra estrema unzione in casa mia che avviene in totale assenza di un peccatore da ripulire, si è riaccomodato in area merenda e finisce gli ultimi sorsi di chiaretto masticando qualche bocconcino residuo di mozzarella. Opal si avvicina al tavolino, passo leggero e silenzioso, si è fatta ora di cena anche per lei e i profumi che escono da questa stanza evidentemente sono arrivati lontano. Enzo, in uno slancio di annebbiata generosità, lascia cadere a terra un pezzo di formaggio e una fetta di salame, a due passi dalla gatta; colgo nel suo gesto una velata antipatia per i felini, ricambiata da Opal con una girata di schiena e un rifiuto netto dell'omaggio. Abituata da anni a un tipo ben preciso di alimento, forse cercava più semplicemente una carezza e un cenno di riconoscimento, non certo un assaggio di qualcosa buttato a caso da un tizio che probabilmente i gatti li detesta pure! - Che tipino! Ho fatto qualcosa che non va? - No, Enzo, è tutto a posto. Tuttavia Opal ha fame, questo è il suo orario e fra poco le darò il suo pasto serale che per un animale abitudinario come lei non può essere sostituito con assaggi dei nostri vizi. E' strano invece che sia uscita senza un verso e senza insistere coi richiami di attenzione. Per caso lei detesta i gatti? - Guardi, non se l'abbia a male, mi rendo conto che potrei risultarle antipatico; sì, i gatti non mi sono particolarmente graditi. Posso però mettere la sua Opal nel gruppo di quelli che mi lasciano abbastanza indifferente. Altri felini che conosco, di proprietà di amici, non hanno la stessa fortuna, anzi. Spero che ciò non costituisca un problema. - No, nessun problema. Opal non è un animale fastidioso, sta sempre e molto sulle sue, e dal nostro prossimo incontro sarà ancora meno presente di quanto non lo è stato oggi. 33 La casa sul meteorite - Beh, signori, anime perse, io vi saluto, vi auguro ogni bene e spero di rivedervi presto. - Ma anche no, Don, grazie per gli auguri e mi scuso ancora per le parole che le ho detto, tuttavia se in futuro deciderà di passare lo faccia se possibile senza borsa, altrimenti non sarò così certo di riceverla. Stia bene. Con il suo solito passo, goffo e trascinato, Don Ciuffo prende finalmente la strada di casa girando le spalle a una gatta soriana e a due persone che senza saperlo stanno condividendo lo stesso pensiero: “Speriamo che questa casa venga esclusa per sempre dai programmi di questo stravagante personaggio”. Parlando di gatti, di bocconi e di crocchette, non ci siamo nemmeno accorti della cerimonia che stava avvenendo vicino al camino. Assuefatti, se così si può dire, dall'episodio avvenuto poche ore prima, abbiamo lasciato Don Ciuffo al suo delirante e solitario compito. 34 LA CASA SUL METEORITE - Passavamo le domeniche con altre famiglie. Ciascuna aveva uno o due figli ed eravamo anno più anno meno tutti coetanei. Quando la stagione lo permetteva caricavamo le auto con il necessario per una serena gita fuori porta, tavolini e seggiole pieghevoli, cesti con panini, bevande, frutta e dolci, e dopo brevi viaggi in strade ancora poco trafficate ci spostavamo tra laghi e monti, località di campagna e paesi dove visitare le classiche attrazioni dei nostri tempi: chiese e monumenti. Un turismo economico e senza troppe pretese che rispondeva perfettamente alla principale carenza dell'epoca: i soldi. Le domeniche passate in casa erano invece caratterizzate da un'atmosfera che ti faceva sentire parte di una famiglia allargata: le mamme in una stanza a parlare di faccende domestiche, i padri in un'altra a disquisire di lavoro, politica ed economia. Se c'era la televisione, a orario canonico si mettevano su uno dei tre canali esistenti per guardare le partite o il gran premio automobilistico, per finire poi nelle solite accese discussioni da tifosi accaniti. Noi ragazzini dispersi nelle camere, alle prese con giochi semplici dove occorreva anche un po' di inventiva e manualità. Fuori di casa, i paesi offrivano poco, le feste di piazza erano limitate al carnevale e a una sagra annuale, quindi le occasioni di svago erano effettivamente piuttosto ridotte. Enzo ha ripreso a raccontare, corroborato da una robusta merenda e da qualche bicchiere, forse fin troppi, e, come 35 La casa sul meteorite prima, ho ripreso frettolosamente in mano il Mac per scrivere sotto dettatura i primi semplici episodi di una vita che per il momento non trasmette emozioni particolari, anzi appare perfino troppo simile a quella di migliaia di altri esseri umani del suo tempo. Come credo penserà un ipotetico lettore di questi testi, mi pongo un quesito senza darmi risposta: ci sarà la sorpresa? O la giovinezza di questo signore sarà passata senza scossoni, senza incertezze se non le classiche "cosa farò da grande", "cosa sarà meglio studiare", "riuscirò a farmi accettare", e altre domande di carattere piuttosto scontato? - Aspettavamo in grazia l'estate, io, Marco e altri della nostra piccola gang, perché la nostra parrocchia organizzava diversi soggiorni estivi in uno stabilimento nei pressi di Ravenna. Appena ritirate le pagelle, senza troppe ansie, e ricevuto qualche meritato ceffone per i voti non proprio esaltanti che portavamo a casa, la promozione aveva come premio il soggiorno obbligato in colonia con le suore. Quindici giorni che nelle premesse sembravano punitivi, e per i genitori era meglio che rimanessero tali, ma che nello sviluppo della vacanza diventavano un'esperienza di incontenibile divertimento. Tanto per cominciare, il mare e la sabbia: binomio irresistibile, per noi che a casa avevamo la spiaggia di sassi e il lago col fondo di melma e comunque ci ritenevamo già fortunati. Il resto del mondo non aveva nemmeno quello. In quella località la colonia era in una zona a metà fra due paesi sul litorale ravennate, e in un paio di stagioni avevamo conosciuto dei ragazzini figli di famiglie che aiutavano nella gestione dello stabilimento, alcuni di un borgo, alcuni dell'altro. Fra questi c'era un delinquentello, di qualche anno più vecchio di noi, che aveva preso l'abitudine di fregare le chiavi dell'auto dalle tasche del padre, disattento e lazzarone di uguale livello. Quando riusciva in questa impresa, partiva con la vecchia 127 di famiglia, di un orrendo color sabbia e lastricata di ruggine, scorrazzando avanti e indietro da un paese al- 36 La casa sul meteorite l'altro, incosciente e fortunato dato che non incappava mai nei controlli del traffico, all'epoca peraltro piuttosto scarsi. Tra un giro e l'altro capitava che si fermasse alla colonia per raccogliere un po' di compagni di viaggio, in modo da potersi vantare delle sue poco invidiabili qualità e per dare sfogo alle sue ambizioni da bulletto. Per uscire di nascosto dovevamo naturalmente pareggiare le sue doti, tanto che i primi giorni di vacanza li dedicavamo a studiare gli orari di sorveglianza e le vie di fuga migliori. Una volta disegnate le strategie per eludere i controlli, a turno gruppetti di due o tre ragazzini fuggivano dalla colonia in compagnia del taxista improvvisato, fino a quando durante una di queste fughe, nella quale anche io ero coinvolto, non accadde il fattaccio che mise la parola fine alla nostra conquistata libertà. Che bel racconto: questa parte mi sta piacendo, ho finalmente soddisfazione nel raccogliere le parole del mio cliente, ma ho bisogno di staccare un momento. - Enzo, pausa un attimo. Mi scusi ma è sera, sistemo un attimo portico e gatta e torno. - Va bene, nessun problema, posso fumare nel frattempo? Domanda inaspettata, dato che siamo già rimasti alcune ore chiusi qui dentro ed Enzo non aveva ancora espresso questo desiderio. Ne deduco quindi che si tratti di un fumatore blando, di quelli che sentono raramente il bisogno del tabacco e che godono quindi di un vizio leggero. Magari fosse stato così per me. Invece nei quasi trenta anni trascorsi con un pacchetto di sigarette in tasca, non passava nemmeno mezz'ora tra un'accensione e la successiva, talvolta nelle giornate più lunghe e impegnative due pacchetti se ne andavano in fumo tentando inutilmente di placare le mie ansie. Che brutta bestia la sigaretta. Ti illude di appagare, ti convince che non ti fa male, ti invoglia a provare marche diverse, con il filtro, senza, lunghe, morbide, strette, leggere, e ti dimentichi che tanto quella macinatura che vedi racchiusa nella carta non è solo tabacco ma è un concentrato di sostanze ag- 37 La casa sul meteorite giunte per variare aromi, gusti, fumosità che alla fine aumentano la dannosità del vizio. - Prego, faccia pure. Apro un po' la finestra, da quando ho smesso provo un leggero fastidio nei confronti dell'odore di fumo. Il posacenere è lì sul tavolino, in mezzo agli avanzi della merenda. Torno subito. Nell'uscire dalla stanza mi giro di tre quarti per osservare cosa combina il mio ospite e, con sommo dispiacere, lo vedo tirar fuori dalla tasca della giacca una scatolina di toscanelli, se non vedo male, aromatizzati al cacao. Nella gamma dei sigari aromatici, sono quelli più disgraziati da eliminare dall'ambiente, dato che il loro fumo denso e dolciastro si appiccica come un francobollo su ogni superficie che va a sfiorare. Speravo in una banale sigaretta, invece Enzo mi ha spiazzato con quella schifezza, credo proprio che mi toccherà areare a lungo la sala del camino prima di potervi nuovamente accedere. Pochi passi e sono sotto il portico, non c'è molto da sistemare qui fuori, la mia disadorna magione è comoda anche per questo. Due divanetti, qualche attrezzo da giardino che uso raramente ma che Opal si diverte a sparpagliare in giro giocando a chi di noi due fa più disordine, poche piantine appese alle travi, che in due minuti riesco ad irrigare e, le ante del finestrone della stanza del camino che per motivi a me sconosciuti sono state costruite in modo da poter essere aperte e chiuse solo dall'esterno. Si tratta probabilmente di una delle opere fatte in fretta, tanto tempo fa, lavorando di notte per non dare nell'occhio e riuscire così a completare l'abitazione prima che i distratti impiegati del comune si accorgessero che qualche pezzo di casa qua e là non era del tutto corrispondente alla licenza edilizia depositata negli uffici comunali. Il progettista era stato chiaro, con i miei familiari: “Egregi, questo è il disegno, questa è la concessione edilizia rilasciata dal comune, questo è il numero dell'impresario, e questa è la foto dell'incaricato che potrebbe uscire a fare delle verifiche. Sappiate tuttavia che questo signore è spesso impegnato al bar, 38 La casa sul meteorite quindi se ritenete in corso d'opera di fare modifiche non strutturali ma di vostro comodo, raggiungetelo e offritegli qualcosa da bere mentre gli spiegate che avete intenzione di ritoccare leggermente il progetto. Questo basterà”. Mio padre lo prese un po' troppo in parola, favorito in questo da richieste pressanti del nonno, tanto che rispetto al famoso progetto questa casa al termine dei lavori presentava due stanze in più al pian terreno, un pezzo di falda di tetto supplementare per ottenere il portico dove sto manovrando ora le ante esterne, il comignolo di scarico del caminetto, un'autorimessa esterna collegata al fianco invisibile dalla strada e un'altezza generale del fabbricato superiore di quasi quattro metri rispetto alla quota del terreno originale. Alla base di tutto, una superficie ben più grande del previsto richiese, per essere nascosta, qualche centinaio di tonnellate di terra a riempire i fianchi fino a costituire quella specie di collinetta, il famoso meteorite arrivato da chissà dove, nella fantasia degli osservatori, giunto invece in sordina da una vicina cava grazie a decine e decine di viaggi di un vecchio camioncino OM per non dare nell'occhio con ribaltamenti importanti di materiale. Il tutto costò al babbo qualche generosa bevuta in osteria insieme al tecnico comunale, e forse anche qualche cena distribuita qua e là, ma alla fine l'investimento consentì l'ottenimento di uno dei più clamorosi casi di abusivismo edilizio di questo piccolo territorio. Tuttavia questo successo di iniziativa privata e di libera interpretazione dei regolamenti ebbe vita breve. Una nuova coscienza ecologista e nuovi modi di intendere lo sfruttamento dell'ambiente fecero sì che alla prima occasione possibile, semplicemente il cambio di giunta alle elezioni comunali successive, si scatenassero le ire di quanti avevano annotato in silenzio, rosi dalla più classica delle malattie popolari: l'invidia. Anche gli organici degli uffici tecnici comunali, con gli anni, subirono una serie di modifiche. Trasferito ad altro incarico il tecnico incapace, oramai famoso per le sue distrazioni 39 La casa sul meteorite alcoliche, venne nominato un nuovo responsabile desideroso di fare rapida carriera nelle fila dei nascenti partiti verdi. Accadde quindi che un giorno si presentò il messo comunale con una letteraccia di quindici pagine in cui la mia famiglia veniva accusata di ogni possibile nefandezza, con dettagliato corredo di denunce penali, sanzioni pecuniarie, intimazioni e minacce di vario spessore; non fu incluso, stranamente, l'obbligo di sgombero dei locali e loro demolizione; ero giovane, allora, e non feci troppe domande vedendo che tutto sommato la mia famiglia mise mano a queste faccende in totale serenità. Questo atteggiamento, unito a successive trattative per mettere tutto a tacere, aveva una precisa motivazione: allontanare progressivamente le attenzioni da questa casa in modo da poter preservare e riparare da occhi indiscreti i misteri di famiglia, gelosamente custoditi e di cui solo pochi amici fidati avevano e, a tutt'oggi, hanno conoscenza. Nel chiudere le ante guardo nella stanza del camino. Enzo è in poltrona che gioca col toscanello galleggiando in mezzo a dense volute di fumo, davanti a lui un piccolo incendio nella bocca del camino dimostra che gli è bastato buttare il fiammifero per accendere il mucchietto di rifiuti infiammabili che si era accumulato nel tempo. Meglio così, faticherò meno a raccogliere un po' di cenere che non i chili di carta, tappi, briciole, gusci e quanto albergava li dentro da chissà quando. - Opal, gattaccia rompiscatole, dai, fai un ultimo giro in giardino che fra poco chiudiamo la giornata. Miagola, la vera padrona di casa, cammina dinoccolata con la coda sempre in alto, segno che nonostante il clima primaverile, nonostante il vento si sia calmato, nonostante il tempo sia bello con previsioni meteo di stabilità, non riesce a trovare il suo consueto relax. Mi fermo qualche minuto seduto sulla sdraio, guardo il sole sparire oltre l'orizzonte e, mentre ripenso a queste ultime ore, continuo ad avere uno strano presentimento. 40 LA MATTINA SUL GREEN La notte è scivolata via senza sogni, mi sento riposato e tonico. Dalle finestre vedo luce, sole, colori intensi e un cielo senza nuvole. Avevo già programmato una mattinata di golf, e credo proprio che approfitterò del clima per una camminata salutare sui green del mio circolo. Le giocate che faccio d'inverno avvengono forzatamente intorno all'ora di pranzo, quando la temperatura sale sciogliendo la brina e i terreni diventano più morbidi; i campi aprono tardi e in alcuni casi rimangono chiusi nel periodo più freddo, in modo da preservare il manto erboso che altrimenti verrebbe compromesso dall'impatto delle palline e dal cammino dei giocatori. C'è tutta una scuola dietro la gestione di un campo da golf: gli equilibri tra natura e opera umana sono delicatissimi, conservare in buona salute prati talvolta secolari non è una pratica semplice e anche se da fuori può sembrare banale tagliare e irrigare, seminare e rizollare, in realtà chi gestisce bene questi veri e propri parchi botanici ha capacità professionali elevatissime. In tutto il mondo ci sono quotidianamente convegni e master dedicati alla corretta gestione e manutenzione di un campo da golf; esistono professionisti del verde che lavorano intensamente sulla ricerca e selezione delle varietà erbose, con l'obiettivo di migliorare la resistenza dei prati riducendo la manutenzione, l'uso di sostanze chimiche e il consumo di acqua. 49 La casa sul meteorite Tutta questa scienza è talvolta oggetto di discussione tra Mario, il greenkeeper, ovvero il coordinatore dei giardinieri del circolo, e noi miserabili cavatori di zolle, tanta è l'opera distruttiva di un giocatore di medio livello come me. Proprio nella stagione invernale vengono provocati i maggiori danni ai tappeti erbosi: il terreno pesante non agevola il colpo, il fisico rattrappito dal freddo e reso goffo dall'abbigliamento invernale non sempre esegue il movimento corretto, la scarsa cura che solitamente abbiamo del prato stesso, sono fattori che giocano a sfavore della salute del campo. Ecco allora che quando si torna in clubhouse a fine giro, Mario ci aspetta uno ad uno e ci sottopone al solito interrogatorio, ormai un mantra, volto a scoprire chi si è comportato male nei confronti dei suoi amati green. La punizione che Mario ha istituito nei confronti di chi non ripara i danni provocati ai prati è pagare l'aperitivo a tutti i presenti, prima di fuggire verso casa, cosa che nel tempo ha contribuito a maturare le coscienze dei distratti, oltre a generare introiti al bar della clubhouse e generose bevute a chi invece si comporta diligentemente. Sarà bravo Mario, saremo corretti noi assidui frequentatori, sarà ottima la gestione del circolo, sta di fatto che il nostro campo, uno dei tanti che valorizzano queste terre intorno al Garda, è considerato il migliore sotto il profilo della qualità del terreno di gioco. Con l'arrivo della bella stagione, il mio orario di pratica cambia. Sono sempre stato piuttosto mattiniero, e a maggior ragione dedico a questo sport le prime ore della giornata, quando la temperatura è ottima, le luci e le ombre sono spettacolari e in campo c'è poco traffico di giocatori e posso praticare con calma e concentrazione. Ecco quindi che vedere sole e cielo terso fuori dalle finestre mi fa accelerare il risveglio: una veloce colazione, ma molto energetica, grazie a un frullato consigliato da un'amica, uno di quei sostitutivi di pasto che dà energia e integrazione senza appesantire, una tazza di caffè e un paio di biscotti. 50 La mattina sul green Polo, pantaloni, una felpa che toglierò prima di entrare in campo, gilet antivento leggero, cappellino rigorosamente ricevuto a una gara come corredo offerto dallo sponsor, scarpe da running che cambierò negli spogliatoi del circolo con quelle specifiche da golf che ho nell'armadietto. Sacca con le mazze, carrello e accessori vari sono già sul posto, conservati con cura nei locali dei caddy-master, un termine complicato che io definisco volgarmente il garage dei ferri, modo leggero e personalizzato di sdrammatizzare le complicazioni gergali di questo sport. Preparo una borraccia di acqua e integratore salino-minerale, sempre suggerito dall'amica di cui sopra, dò un ceffone bonario a Opal, chiudo casa e parto. Sono passate da poco le sette, arriverò sul posto in pochi minuti e mi toccherà anche aspettare qualche minuto l'apertura del garage dei ferri; ne approfitterò per fare una breve camminata di risveglio muscolare e ossigenazione, dato che la location ben si presta allo scopo. Inaugurato a metà del novecento, il circolo cui mi sono iscritto da una decina di anni è considerato uno dei più affascinanti d'Italia, dotato di percorsi molto variegati e tenuto in modo maniacale da Mario e i suoi aiutanti. Mentre mi appresto ad accendere il motore della mia vecchia Citroen arancio pastello, ereditata dal babbo e mai sostituita perché l'auto è di fatto per me un male necessario, mi arriva un messaggino sul cellulare. E' Enzo, che mi conferma che fino a oltre le tre del pomeriggio non riuscirà a tornare per continuare il nostro lavoro. In risposta lo ringrazio per l'informazione, mentre la mente assapora già questa garanzia di libertà da sfogare interamente in campo. Percorsi i pochi chilometri che separano la casetta sul meteorite dalla lussuosa sagoma del castello, sede del circolo, arrivo in breve alla clubhouse, dove, eseguiti i saluti di rito ai pochi già presenti, mi fermo giusto il tempo del cambio scarpe e di un saluto sprezzante al barista, unico neo di questo posto per la sua totale antipatia mista a un pizzico di arroganza e di malcelato populismo. Come sia arrivato qui è un mistero. I ge- 51 La casa sul meteorite stori cercavano una persona specializzata in caffetteria e tenuta del banco; normalmente nei club il personale è di buon livello, sia per la preparazione professionale che per la cortesia, e considera il cliente una tessera importante di un puzzle fatto di eleganza e movimento di denaro. Capita poi di trovare nelle clubhouse personale talmente gradevole e preparato che i frequentatori trasformino una normale pratica sportiva in un piacevole, complesso e articolato passatempo, dove le diciotto buche giocate con gli amici, bene o male che siano risultate, si completano con abbondanti merende e sonore bevute. Qui no. Il barista, assunto secondo un criterio di selezione che ancora non si è capito, è la leva che ha scardinato la normale vita di circolo. A fine partita capita sovente di salutarsi a bordo campo e di prendere ciascuno la strada di casa senza nemmeno affacciarsi al bar, tanto è negativa l'atmosfera che vi si respira. Comunque lo scopo della mia presenza qui, e per giunta a quest'ora, è il gioco, in pochi minuti sono al garage dei ferri, dove un assonnato Oreste sta aprendo i portoni e cominciando a preparare carrelli e golf-kart. La storia di Oreste, anziano caddie che è qui fin dai tempi dell'inaugurazione del circolo, è parallela alla storia del golf moderno. Arrivato qui bambino, il padre ai tempi lavorava nel parco come manutentore, è rimasto a disposizione della proprietà per tutti questi anni, lasciando il circolo solo per brevi periodi di vacanza, fino a quando, rimasto prematuramente vedovo, ha fissato la sua definitiva dimora in un localino interno al palazzo principale della tenuta e non si è più mosso. Conosce di questo luogo ogni singolo sasso, ogni singola pianta, e si dedica da sempre alla manutenzione delle attrezzature dei clienti e degli iscritti, con una cura maniacale per la pulizia di ferri e carrelli, non disdegnando, nei periodi piovosi, perfino la manutenzione delle loro scarpe. Per noi, frequentatori abituali, Oreste è una pietra miliare, la classica persona alla quale potresti affidare il portafoglio, una biblioteca vivente di quello che ruota intorno a questo 52 La mattina sul green sport e al circolo in cui lavora. Diversamente dal solito, stamattina Oreste mi appare poco loquace, svogliato, per cui con un breve cenno di saluto e un ringraziamento per la cortesia e per l'ennesimo lavaggio di fino dei miei attrezzi lo lascio alle sue faccende e mi dileguo. Mentre cammino verso la prima buca, riordino i piccoli episodi delle ultime ore e mi ritorna veloce, e per fortuna fugace, quell'impressione di disagio e ancora quel brivido lungo la schiena; sento che qualcosa non va, e perfino Oreste, col suo silenzio musone, entra a far parte delle cose strane che mi disturbano. Come che sia, eccomi alla partenza del mio giro. Sono solo, come preferisco per i giri di allenamento, intorno non c'è nessuno, solo silenzio rotto dalle foglie agitate dalla brezza mattutina e dal cinguettare di migliaia di uccelli nascosti nei tanti alberi che circondano le buche, creando spesso ostacoli imprevisti alla traiettoria dei colpi. Sistemo la pallina, metto il guantino, faccio qualche movimento di stretching leggero e di rotazione del tronco, per risvegliare il movimento utile al tiro, concentrazione al massimo, occhiata al bersaglio, un paio di tiri di prova per controllare il sincronismo tra parte alta e bassa del corpo, e via! Botto metallico secco e potente, pallina che schizza come un proiettile, traiettoria leggermente deviata a destra, volo di parecchie decine di metri verso l'obiettivo, rotolamento e arresto. Come primo colpo di giornata, niente male. Sono soddisfatto perché quando il gioco inizia così, ci sono tutte le premesse per un grande giro di golf. Colpo dopo colpo, completate senza particolari difficoltà le prime nove buche, l'orologio segna le nove e pochi minuti. Sarebbe tempo di un buon caffè, ma l'idea di salire al bar e vedere la faccia di quel poco di buono appoggiato al bancone mi fa preferire la continuazione dell'esercizio. Il sole si fa sentire, è decisamente il momento migliore; dopo le nove del mattino il campo tende ad asciugare, cosa che agevola molto lo scorrimento delle palle dopo il volo e fa- 53 La casa sul meteorite cilita le prestazioni dei giocatori del mio livello, più enogastronomico che golfistico. È una giornata deliziosa, la primavera è in grande spolvero, le buche dalla dieci in poi, in questo campo, sono le più scenografiche, con lunghi fairways affiancati spesso da alberi secolari, che la realizzazione del campo a suo tempo preservò integralmente, intervallati da stretti e insidiosi corsi d'acqua. Due grandi laghi, uno dei quali interamente naturale, l'altro modellato sui bordi di una vecchia cava di ghiaia e riempito spontaneamente dalla sorgiva aperta dai vecchi cavatori, ospitano decine di volatili, una grande varietà di pesci, e migliaia di palline perse a causa della proverbiale imprecisione del golfista medio. Continuo in solitaria, nei giorni infrasettimanali pochi hanno la possibilità di dedicarsi allo sport più bello del mondo e l'albergo interno al club non ha ancora raggiunto i livelli di affluenza della bella stagione. Mancano quindi i numerosi giocatori ospiti, che da molte zone d'Europa arrivano qui per saggiare le qualità dei campi gardesani. Intorno alle dieci e un quarto mi affaccio sulla partenza dell'ultima buca: è particolare e difficile, come si impone al termine di un giro fantastico. La partenza molto elevata rispetto al punto di arrivo agevola il primo colpo, facendogli guadagnare metri grazie al dislivello favorevole, ma non bisogna sbagliare dato che poche decine di metri sotto c'è un laghetto contornato da uno spesso canneto. Guai a terminare il volo della palla in anticipo: se finisse lì dentro il danno, in termini di concentrazione e risultato, sarebbe veramente duro da digerire. Sono pronto al tiro, osservo il campo sotto di me, per un attimo volgo lo sguardo alla clubhouse e vedo un gruppetto di persone in preda a una strana concitazione. Strano, per essere una giornata tranquilla con così pochi presenti, vedere quel piccolo assembramento sulla terrazza mi fa passare per un momento la concentrazione necessaria, e via! Palla che parte in modo totalmente sbagliato, si alza vertiginosamente e percor- 54 La mattina sul green rendo una traiettoria corta e altissima, va a tuffarsi in centro al laghetto sottostante, rovinando con uno stupido rumore di spruzzi d'acqua un giro che fino ad ora era stato ottimo. Perfino le quattro anatre che stavano nuotando a bordo canneto sembrano sghignazzare per quel tiro così mal riuscito. Nel camminare verso il punto da cui, obbedendo ad alcuni paragrafi del complicatissimo regolamento del golf, potrò tirare una seconda palla verso il green, osservo a lungo il gruppetto di persone sulla terrazza della clubhouse, e vedo che rispetto a prima i toni sembrano via via più accesi e sono anche aumentati i partecipanti alla discussione; tuttavia cerco di curarmi il meno possibile della cosa per rispettare un ben più importante impegno. L'orgoglio personale, l'autostima, hanno un ruolo fondamentale nella prosecuzione della pratica golfistica: chiudere un giro in malo modo può condizionare l'umore della giornata, e nel mio caso questo effetto spesso si fa sentire oltre il normale buon senso. Comunque sia, il secondo colpo, che per regola vale come terzo, è veramente perfetto, tanto che la pallina dopo un lungo volo esegue qualche rimbalzo cadendo a pochi metri dalla buca, cosa che rende possibile l'ottima chiusura del giro. Arrivato sul green, preparo il necessario per gli ultimi colpi, ma appena pronto all'esecuzione vengo distratto da un grido. - Vieni su, lascia perdere la buca, corri! Vieni su! Subito! C'è bisogno di te qui! Ma dicono a me, che vogliono questi? Cosa ci può essere di così importante da richiamare la mia attenzione e da ordinarmi di smettere il gioco, per allenamento che sia? Ora che sono vicino intravedo, nel gruppo, alcuni amici di lunga data: Fausto, Alberto, Silvio e Riccardo, gente che come me da anni frequenta questo circolo con ambizioni variabili tra il diventare miglior giocatore del club e il battere il record provinciale di bicchierini di amaro dopo il pranzo della domenica. Buona parte degli iscritti al club viene dal mondo 55 La casa sul meteorite delle libere professioni o piccole realtà industriali, alcuni di loro sono da tempo in pensione, altri esercitano le loro attività riservando momenti sempre più lunghi ai passatempi, fra i quali il golf ha preso uno spazio preponderante all'avanzare dell'età, godendo dei benefici salutari e mentali che questo sport porta con sé. Conoscendoli, e loro conoscendo me, deve essere successo qualcosa di veramente grave per pensare di interrompere un momento come la fine di un giro, il termine dell'ultima buca, quella che spesso fa la differenza tra la voglia di continuare e la repulsione che ti porterebbe a smettere per sempre. Rimetto il ferro in sacca, raccolgo malvolentieri la palla e spingendo il carrello su per la salita verso la clubhouse mi avvicino al gruppo di amici e conoscenti per sentire le ultime novità. 56 I CONIUGI MARCALLAN DEL VOGLIO - Buongiorno a tutti. Che sta succedendo? Ci sono brutte notizie, immagino, lo vedo dalle vostre facce. Prende la parola Riccardo, il più posato del gruppo, gli altri ascoltano in silenzio guardando in basso, evidentemente turbati e con cupi pensieri in testa. Non conosco tutti i presenti, anzi, qualcuno lo vedo per la prima volta. E' una cosa che accade normalmente: non tutti frequentano il circolo agli stessi orari, c'è chi predilige la mattina, chi il dopopranzo, e solo raramente si partecipa a eventi che durano un'intera giornata. In quelle occasioni ci si mescola fra centinaia di persone, conoscere tutti è praticamente impossibile. - Stamattina presto hanno trovato i coniugi Marcallan Del Voglio, li conosci? - Solo di vista e per sentito dire. Bella coppia, signori distinti e di buone abitudini. So che sono soci del circolo, che abitano in una villa costruita su una di queste colline e sono originari della Toscana. Quindi? - Massacrati a coltellate, mentre facevano colazione in veranda. Li ha trovati la colf, una giovane donna che vive in una piccola abitazione attigua alla villa e si occupa di tutte le faccende di casa. Gente che li conosce bene e che prima è venuta qui a riferire la notizia ha raccontato del ritrovamento in una scena veramente orribile. Al momento sembra che non si sia trattato di una rapina perché nessun mobile è stato aperto 57