TRIBUNALE DI GENOVA ATTO DI CITAZIONE I sottoscritti GIULIANI

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TRIBUNALE DI GENOVA ATTO DI CITAZIONE I sottoscritti GIULIANI
TRIBUNALE DI GENOVA
ATTO DI CITAZIONE
I sottoscritti GIULIANI Giuliano (C.F. GLNGLN38E28F205H), GAGGIO GIULIANI Adelaide (C.F. GGGDDC44E51I259K) e ELENA GIULIANI (C.F. GLNLNE72S66F205A) rapp.ti e difesi dagli Avvocati Gilberto Pagani (cf PGNGBR53B14F952K) – email certificata [email protected] – fax 02 5468375; Avv. Ezio Menzione (cf MZZPL47M09F023H)­ email certificata [email protected] – fax 050580190; Avv. Nicolò Paoletti (cf PLTNCL40R06H501F) ­ email certificata [email protected] ­ fax 06.8077267; Avv. Dario Rossi (cf RSSDRA65T13G224J ­ email certificata [email protected] – fax 010566001; elett. Dom. nello studio dell'Avv. Dario Rossi Piazza Cattaneo, 26/11 ­ 16128 ­ GENOVA GE come da mandato in calce al presente atto
ESPONGONO QUANTO SEGUE
Come è ampiamente noto nei giorni 19/22 luglio 2001 si tennero in Genova manifestazioni di protesta contro la riunione del G8, che vedeva riuniti i capi di Governo dei paesi più importanti dal punto di vista economico.
Durante e successivamente a tali manifestazioni si verificarono numerosi e gravi episodi di violenza ai danni dei manifestanti.
Il più grave di tali atti fu l'uccisione di Carlo Giuliani, avvenuta il 20/7/2001 in piazza Alimonda.
Con il presente atto i sig.ri Adelaide Gaggio Giuliani e Giuliano Giuliani, genitori di Carlo, e Elena Giuliani, sorella, intendono evocare in giudizio i responsabili della morte del 1
proprio figlio e fratello e di altri reati ed atti illeciti avvenuti prima e dopo che egli venne colpito da un proiettile e di essere risarciti per la morte di Carlo e per gli altri illeciti commessi.
PREMESSA – LE FONTI PROBATORIE
I fatti di Genova del 2001 sono stati tra gli avvenimenti che più sono stati oggetto di fotografie e di riprese video.
Una mole impressionante di materiale è stata raccolta e una altrettanto grande quantità di materiale video fotografico è stato esibita come prova nei numerosi processi che si sono tenuti per i vari fatti verificatisi.
In particolare nel corso del processo Arculeo+altri (c.d. Processo dei 25) , per cui vi è stata la sentenza della Corte di Cassazione in data 13/7/2012, nel quale sono stati rievocati episodi riguardanti anche il presente giudizio, sono stati esibiti numerosi materiali video e fotografici.
La lunghezza totale delle riprese video riguardanti i fatti di Piazza Alimonda ammonta a diverse ore, oltre a centinaia di fotografie.
Questa difesa ha realizzato un video della lunghezza di 18’16”, che assembla numerose riprese e numerose fotografie, secondo un rigoroso ordine cronologico, che colgono tutti i momenti salienti di tali avvenimenti.
Esso viene prodotto come doc. 1.
Lette le difese dei convenuti, nei termini di cui all'art. 184 c.p.c. verranno prodotti, se necessario, altri video e altre fotografie, oltre alla deduzione di capitoli di prova.
Altri importanti elementi di conoscenza sono tratti dai verbali di esame dei testimoni nel citato processo “dei 25”, alcuni dei quali vengono prodotti con la presente citazione.
IN FATTO
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1.A – IL CORTEO DELLE TUTE BIANCHE
Il giorno 20/7/2001 si tenne una manifestazione autorizzata che partendo dallo Stadio Carlini doveva arrivare sino ad un punto prestabilito posto a circa m. 300 dalla cosiddetta “zona rossa” e lì terminare. Tale manifestazione è stata in seguito indicata come “corteo delle tute bianche” dall'abbigliamento che vestivano i manifestanti delle prime file.
Il corteo autorizzato venne attaccato da un contingente di Carabinieri senza alcun giustificato motivo e in seguito a tale attacco si verificarono una serie di altre violazioni di legge.
Di tutto ciò è dato ampiamente atto nella sentenza del Tribunale di Genova 14/12/2007 (doc. 2), parzialmente modificata dalla sentenza della Corte d'Appello di Genova 9/10/2009 (doc. 3).
Tali sentenze rilevano nel presente giudizio in quanto parte dei fatti da esse trattati costituiscono un antecedente logico indispensabile per inquadrare gli avvenimenti svoltisi in piazza Alimonda tra le ore 17,00 circa e le ore 18,00 circa del 20/7/2001, posti a base del presente giudizio.
In particolare la sentenza della Corte d'Appello (confermando in ciò quella di primo grado) ha riconosciuto la scriminante speciale di cui all'art. 4 D.Lvo. L.le 288/44 per quanto riguarda il corteo delle tute bianche.
Afferma la sentenza a pag. 15: “In definitiva, dunque, la carica, connotata negativamente per illegittimità ed arbitrarietà, fece scaturire la reazione scriminata dei manifestanti. “
L'operatività di detta scriminante perdurò sino all'attacco (e successivo incendio) al blindato fermo davanti al civico 1 di via Torino, vale a dire sino alle ore 15­16,00 circa.
In definitiva, per come le cose andarono, l'ordine pubblico fu turbato dalla carica dei 3
Carabinieri, illegittima e arbitraria, ma senza che gli atti posti in essere dai partecipanti al corteo che reagirono integrassero gli elementi costitutivi del reato di cui all'art. 419 c.p. (sentenza C.A. Ultimo paragrafo pag. 20).
1.B – I CARABINIERI DEL BATTAGLIONE SICILIA IN PIAZZA ALIMONDA
Si produce una piantina della città di Genova (doc. 4) nella quale sono evidenziate via Tolemaide (dove avvenne l'attacco dei Carabinieri al corteo delle tute bianche) e Piazza Alimonda (dove venne ucciso Carlo Giuliani). Si noti che da Piazza Alimonda si diramano due porzioni della via Caffa, una termina a Nord in via Tolemaide, l'altra termina a Sud in Piazza Tommaseo.
Intorno alle 16,45 del 20/7/2001 in piazza Alimonda si trova il contingente ECO, formato dalla Compagnia del XII Battaglione Sicilia dei Carabinieri, al comando del capitano Claudio Cappello; con lui, in qualità di funzionario di PS, vi è il Vice Questore Adriano Lauro.
Vi sono anche due Land Rover Defender, uno assegnato al Ten. Col. Truglio, l’altro al cap. Cappello, guidato dal carabiniere Cavataio, sul quale sono stati fatti salire due carabinieri in non perfette condizioni fisiche: uno di questi è Mario Placanica.
Il contingente si è rifocillato, ha riposato per mezz’ora e adesso si appresta a tornare ai propri alloggiamenti.
Essi sono all'angolo con via Ilice; in piazza Tommaseo vi è un contingente di agenti di PS.
I Carabinieri si incamminano in direzione di via Tommaso Invrea, poi aggirano l’aiola centrale della piazza e imboccano il tratto di via Caffa che sbuca in via Tolemaide, sempre seguiti dai due defender. Nel video questa manovra è documentata dalle fotografie ai minuti 03.39; 03.43; 03.47, 03.51. Esse vengono allegate anche al fascicolo sub doc. 5,6,7,8.
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Dal minuto 03.59 al minuto 05.44 nel dvd è riprodotta la scena in cui il contingente costeggia l'aiuola di Piazza Alimonda e imbocca il tratto Nord di via Caffa fino a raggiungere la barricata di cassonetti.
Alla confluenza tra via Tolemaide e via Caffa vi è un gruppo di manifestanti, facenti parte del corteo c.d. delle “tute bianche”, attestati sulla stessa via Tolemaide.
Si tratta di una piccolissima parte dei partecipanti al corteo che da alcune ore sono sottoposti ad attacchi ingiustificati da parte delle forze dell'ordine e hanno formato una barricata, che per definizione ha caratteri difensivi. Essi non attaccano le forze dell'ordine.
Il contingente percorre le poche decine di metri di via Caffa, con l'evidente scopo di caricare e disperdere i manifestanti, che sono fermi dietro le barricate.
Non avendo più a disposizione granate lacrimogene gli agenti tirano sassi (anche il Vice Questore Lauro lo fa); poi il reparto, dopo meno di un minuto, si disunisce e si ritira in maniera precipitosa.
Questa scena è riprodotta nel dvd dal minuto 05.10 al min. 05.16
Inizia così una fuga scomposta e disorganizzata all'indietro, verso Piazza Alimonda. Per gli uomini è semplice fare un dietrofront e scappare, ma i due Defender procedono in retromarcia e la manovra risulta difficoltosa, per cui essi sono sorpassati dagli uomini.
La fuga del contingente da Via Caffa è riprodotta nelle foto ai minuti 05.55; 06.03; 06.07; 06.11; 06.15, che si allegano nel fascicolo sub doc. 9,10,11,12,13.
Tra i manifestanti che inseguono i Carabinieri vi è anche Carlo Giuliani.
Foto al minuto 06.15 con ingrandimento (O6.19); prodottO sub Doc. 14
1.C – IL DEFENDER BLOCCATO E LO SPARO CONTRO CARLO GIULIANI
I due defender finiscono con l’ostacolarsi a vicenda e quello guidato da Cavataio, sul quale si trova Placanica, si appoggia ad un cassonetto dell'immondizia dietro il quale vi è un 5
carabiniere che sta diffondendo gas urticante da una bomboletta.
Foto al minuto 06.40 e 06.44; dalla prima si può desumere la distanza dal muro (che è di circa 8 metri) e si vede il Carabiniere che spruzza gas – doc. 15,16.
Il Defender viene raggiunto da circa 20 manifestanti che provengono dalla barricata.
Il Defender viene assalito da alcuni manifestanti sul proprio fianco destro.
Dalla parte opposta sopraggiunge un manifestante che raccoglie da terra un estintore vuoto e lo lancia verso il lunotto posteriore del defender. L’estintore picchia sul bordo superiore del lunotto, ricade sulla gomma di scorta e dall'interno, con una pedata, viene immediatamente ributtato sulla strada, rotolando a circa quattro metri dal defender.
Mario Placanica ha già impugnato la pistola d'ordinanza e messo il colpo in canna e la punta davanti a sè parallela al suolo.
Carlo Giuliani, che è sopraggiunto sul lato destro del defender, si porta verso il retro del defender, a quattro metri da esso, e si china a raccogliere l’estintore, portandolo dietro la testa per lanciarlo verso la pistola puntata, senza avanzare, come si può vedere in un brevissimo filmato (al min. 10.10 del video) e nei successivi frames. Dal defender partono due colpi di pistola in rapida sequenza: il primo di essi attinge Giuliani all’altezza dello zigomo sinistro. Giuliani rotola verso il defender, in direzione della ruota posteriore sinistra. Il defender fa istantaneamente retromarcia, passa sul corpo di Giuliani all’altezza del bacino, poi ingrana la prima e ripassa sul corpo di Giuliani, sanguinante sull’asfalto Le sequenze sopra indicate sono riprodotte nel dvd secondo il seguente ordine:
­min. 08.08 foto dei manifestanti che si dirigono verso il Defender (doc. 17)
­video min. 08.12 lancio dell'estintore da parte del manifestante con casco giallo; dal min. 08.19 la stessa scena rallentata
­video al min. 08.40 scena dell'estintore e particolare della pistola puntata (doc. 18 e 18bis 6
ingrandimento)
­video al min. 09.04 Carlo Giuliani che arriva dal lato destro del Defender, si nota ancora la pistola impugnata (doc. 19 e 19bis ingrandimento)
­foto min. 09.23 Carlo Giuliani raccoglie l'estintore, si nota la pistola puntata (doc. 20 e 20bis)
­foto min. 09.54 Carlo Giuliani con l'estintore tenuto tra le due mani sopra la testa (doc. 21)
­video min 10.10 Carlo Giuliani che raccoglie l’estintore e lo porta dietro le spalle per lanciarlo, con successivi frames ­foto min. 10.57 la stessa scena vista da dietro (doc. 22); per effetto dello schiacciamento causato dal teleobiettivo le distanze tra Giuliani e il Defender e il Defender, il cassonetto e il muro, sembrano molto minori di quanto siano nella realtà e di quanto appaiano nella foto doc. 19 con ripresa laterale; si apprezza comunque la pistola impugnata in orizzontale
­foto min. 11.07 (doc. 23) si nota chiaramente l'angolo di tiro della pistola
­video min. 11.11 tutta la scena ­foto min. 11.32 (doc. 24) si desume la distanza tra il Defender, il cassonetto e il muro
­foto min. 11.36; 11.40; 11.44; 11.48; 11.52; 11.56; 12.00 (doc. 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31) alcune foto dopo gli spari raffiguranti l'arrotamento di Carlo Giuliani da parte del Defender; nelle foto 29 e 31 si nota la pistola ancora puntata in orizzontale.
Si noti che la circostanza che il colpo venga sparato da Placanica dall'alto in basso, e cioè sia direttamente esploso contro Carlo Giuliani risulta non solo dalle foto e dai video, ma dall'autopsia (doc. 32) e dalle successive dichiarazioni del dr. Marco Salvi, che la effettuò.
A pag. 12 dell'autopsia è scritto: “Ponendo in relazione il foro d'ingresso con quello d'uscita, ne deriva un tramite intracorporeo del proiettile dal davanti all'indietro, da destra a sinistra e dall'alto verso il basso”.
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A pag. 24 dell'autopsia la foto n. 18 indica chiaramente la traiettoria balistica del proiettile e non ha bisogno di ulteriori spiegazioni. Al min. 17,27 del video è riportato l'audio delle dichiarazioni rese dal dr. Marco Salvi all'udienza del 4/10/2005 nel c.d. Processo “dei 25” (doc. 33)
pag. 63­65: Avv. MENZIONE: <<Senta, non…, terza e ultima…, rilievo che emerge dalla perizia stessa. Dall’autopsia stessa. Sulla traiettoria del proiettile, può dire al Tribunale i risultati che avete raggiunto, nell’esame, o credo ma mi dica se ho capito bene, l’esame della traiettoria dall’orbita sinistra fino al…, retro del cranio, è questo che avete preso in esame naturalmente, no?>>
Consulente SALVI: <<In una autopsia si va a valutare quello che è il tramite intracorporeo del proiettile.>>
Avv. MENZIONE: <<Allora, intanto vorrei sapere se era un tramite diritto o se era un tramite di altra direzione?>>
Consulente SALVI: <<Intracranico, dall’avanti all’indietro, da destra verso sinistra di 15 gradi e dall’alto verso il basso di circa dieci gradi.>>
Avv. MENZIONE: <<Di circa dieci gradi. Voi avete anche fatto una possibile ricostruzione sulla posizione dello sparatore e la posizione della vittima?>>
Consulente SALVI: <<Sì.>>
Avv. MENZIONE: <<La riferisce al Tribunale?>>
Consulente SALVI: <<Lo sparatore era dinanzi alla vittima, leggermente spostato verso destra e in posizione sopraelevata al soggetto, comunque più alto del soggetto che era alto 1 e 65 circa.>>
Avv. MENZIONE: <<Più alto di quanto?>>
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Consulente SALVI: <<Beh, dipende dalla distanza di sparo, il colpo d’arma da fuoco non presentava lesioni aggiuntive riferibili ad un colpo sparato da vicino, intorno ai 40 – 50 centimetri. Quindi ci dobbiamo allontanare, a questo punto entra in campo la trigonometria, più mi allontano più deve essere alto il soggetto per avere quella traiettoria.>>
Avv. MENZIONE: <<Avete ipotizzato una traiettoria diritta fra lo sparo e il…, l’attingere la vittima o avete ipotizzato altre…?>>
Consulente SALVI: <<Assolutamente, è un proiettile che è entrato qui sotto, nella…, nella regione orbitarla, strisciando inizialmente sulla cute e poi entrando per poi uscire qui dietro, ora io mi rendo conto purtroppo della tragicità degli eventi, ma dal punto di vista autoptico è una autopsia assolutamente semplice nella ricostruzione della cosa.>>
Avv. MENZIONE: <<Rimandava dunque come del resto voi dite ad uno sparo diretto?
>>
Consulente SALVI: <<Assolutamente.>>
1.D IL SASSO
Carlo Giuliani viene colpito da un colpo di pistola e immediatamente la camionetta dei Carabinieri sulla quale si trova il carabiniere Placanica passa due volte sul suo corpo.
Oltre alle ferite provocate dal colpo di pistola e dall'arrotamento, nell'autopsia (doc. 32) ne vengono descritte altre con queste parole a pag. 3:
In regione frontale mediana si osserva una ferita lacero contusa di forma irregolarmente stellata inserita in un'area escoriata di circa cm. 3x2. Il fondo della ferita è sottominato con presenza di lacinie connettivali. Ai lati di detta lesione si osservano altre piccole contusioni escoriate a stampo, di forma irregolare. 9
La piramide del naso mostra due contusioni escoriate senza segni di frattura alle ossa proprie sottostanti . La guancia destra evidenzia una soffusione ecchimotica, più evidente a livello zigomatico. Si può notare che la descrizione sopra riportata corrisponde alla ferita sulla fronte di Carlo riprodotta sulle fotografie n. 2, 3, 4, 5, allegate all'autopsia che all'esame visivo appare impressionante.
Come si è prodotta questa ferita?
Continua l'autopsia:
"Alla luce di quanto sopra esposto è possibile ritenere che la ferita lacero­contusa presente alla regione frontale del soggetto sia riferibile ad un urto contro un mezzo contundente di forma irregolare e comunque non chiaramente individuabile dalle caratteristiche morfologiche della ferita, senza peraltro escludere che possa essere stata determinata dall'urto contro la superficie stradale". Esaminando le immagini contenute nel dvd doc. 1 appare evidente che è impossibile che Carlo abbia ricevuto la ferita nella fronte prima di essere colpito dal colpo di pistola. Egli cammina e si muove normalmente, cosa che sarebbe impossibile avendo una simile ferita, non vi è sangue sul passamontagna.
Carlo cade sul fianco (quindi è impossibile che sia stato colpito alla fronte cadendo) e ugualmente impossibile è che la ferita sia stata provocata da una sporgenza o protuberanza presente sotto il mezzo. Inoltre, e il particolare è di estrema importanza, Carlo indossa il passamontagna sia prima che dopo lo sparo.
Dopo lo sparo e l'arrotamento da parte della camionetta, dopo che i compagni di Carlo ne hanno constatato le condizioni disperate, le forze dell'ordine riprendono il controllo di Piazza Alimonda.
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Vi è una fotografia scattata dopo l'arrivo della Polizia (doc. 34). Si nota Carlo Giuliani riverso sull'asfalto, il passamontagna indossato. All'altezza della bocca si nota un oggetto bianco. Nel video questa foto è al min. 12.40.
A seguire un ulteriore particolare ingrandito della stessa scena (doc. 35). Si nota un oggetto bianco (un accendisigari) accanto al volto di Carlo; sulla sinistra, sul bordo della striscia più scura, si nota un altro oggetto bianco, si tratta di una pietra.
Poco dopo viene scattata un'altra fotografia (doc. 36): La scena è la stessa, ma al fianco del viso di Carlo vi sono due oggetti bianchi, il più grande dei quali non compare nella precedente. Nel video al min. 12.51.
Nell’ingrandimento (doc. 37) si apprezzano i due oggetti bianchi, uno dei quali è un accendisigari, l'altro una pietra. Nel video si trova al min. 12.55.
Si nota anche che sulla sinistra non è più presente l'altro oggetto bianco, che ora compare come secondo oggetto accanto al viso di Carlo.
Vi sono alcuni punti fermi:
a) Carlo oltre alla ferita provocata dal proiettile ha anche una ferita lacero contusa nel mezzo della fronte, provocata da un corpo contundente;
b) La ferita è stata provocata dopo lo sparo e dopo l'arrotamento da parte del Defender;
E' importante riportare le dichiarazioni rese dal Vice Questore Lauro, funzionario più alto in grado presente in Piazza Alimonda, in qualità di testimone nel processo c.d. dei 25 all'udienza del 26/4/2005 (doc. 38):
pag. 31
P.M. (Dott.ssa CANEPA): ­ <<Ricorda qualcuno in particolare?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Forse il Questore mi ha... mi sembra anche il Questore... il 11
Questore di Genova, poi qualcun altro che era presente lì... non... i nomi non li ricordo perché poi stavo seguendo la cosa e mi dicevano: LAURO, sono tizio, ma che è successo... e io a tutte queste persone ho detto che probabilmente era stato un sasso.>>
P.M. (Dott.ssa CANEPA): ­ <<Perché ha detto questo?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Perché vicino... vicino al corpo... innanzi tutto perché quando stavamo scappando arrivavano dei sassi dietro al casco, arrivavano... di tutto, cioè pensavo... come al solito pensi che prima o poi un ca... un sasso ti prende insomma, ne sono arrivati tanti, io avevo il giubbotto antiproiettile sotto e li ho presi addosso però col giubbetto insomma hanno attutito la botta, cioè ne avevo presi altri a Via... a Corso Italia. Delle pietre pesanti... e ho pensato lì per lì... vedendo questo sangue che usciva da un punto, vedendo...>>
P.M. (Dott.ssa CANEPA): ­ <<Ecco, lei ha visto il sangue che usciva da un punto particolare?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Sì, proprio da un punto della testa, adesso però non mi ricordo se era dalla tempia e da... vicino a un occhio, insomma... da lì vedevo... e ho visto un... un sasso appuntito sporco di sangue vicino al cadavere e ho pensato...>>
P.M. (Dott.ssa CANEPA): ­ <<Un sasso di che dimensioni?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<10 centimetri? 12, 13 centimetri... tipo marmo, un pezzo di marmo, tagliente, appuntito e ho pensato... ed era sporco di sangue. Ho pensato che l’avesse preso quel sasso. E ho detto per telefono che appunto... sia a MASSUCCI sia al Questore sia ad un’altra persona che probabilmente... dico penso che è stato un sasso, perché ce n’erano veramente tanti... penso che lui forse stava... davanti agli altri, forse era uno dei primi che ci aveva raggiunto ed è stato colpito da questo sasso. E lì nel frattempo è 12
successo quell’episodio poi che si... insomma si vede in televisione, di io che corro appresso a questo manifestante e gli dico che... insomma che l’hai ucciso tu col tuo sasso, perché ero convinto...>>
Il video di cui parla il Vice Questore Lauro è riprodotto nel dvd allegato al minuto 14.42.
Quindi il vice Questore Lauro vede il sasso sporco di sangue vicino al volto di Carlo Giuliani, vede la ferita sulla fronte, e addirittura ritiene che Carlo sia stato ucciso non da un colpo di pistola, ma dal sasso.
La presenza del sasso risulta da tutti gli elementi probatori raccolti.
Esso è stato individuato con esattezza sempre nel corso del processo ai 25 ed esibito quale reperto e riconosciuto dallo stesso Lauro interrogato in qualità di testimone all'udienza del 10/5/2005 (doc. 39).
Si producono le trascrizioni di tale udienza, cui viene sentito anche il dr. Bruschi, dell'Ufficio Corpi di Reato, a partire da pag. 94; pag. 94­95
PRESIDENTE: ­ <<L’ultimo reperto che è stato aperto in questo momento ha un’indicazione un po’ diversa perché dice non solo pietre, dice anche pietre con tracce ematiche, no?>>
Dott. BRUSCHI: ­ <<Sì, sì. Esatto. Esatto. Dice una pietra di colore bianco e grigio sporca di possibile sostanza ematica.>>
PRESIDENTE: ­ <<A quanto le... così... in questo momento non saprebbe trovare altre buste di pietre.>>
Dott. BRUSCHI: ­ <<No. Così proprio no, Dottore.>>
PRESIDENTE: ­ <<Va’ bene. La prova all’ultima udie... alla penultima udienza era stata chiesta dall’Avvocato MENZIONE se non vado errato, infatti ha chiesto poi il rinvio per un 13
suo impedimento. Lei ha assistito all’apertura di tutti questi reperti, c’è qualche sasso in particolare che vuole mostrare al teste?>>
Avv. MENZIONE: ­ <<(Voce fuori microfono, parole incomprensibili)... vorrei mostrare al teste quest’ultimo sasso individuato come reperto 52...>>
PRESIDENTE: ­ <<Per quale motivo proprio questo?>>
Avv. MENZIONE: ­ <<...intriso di sangue, perché il teste la volta scorsa ha fatto riferimento ad una pietra sporca di sangue al lato della vittima, di CARLO GIULIANI, e volevo domandargli semplicemente se riconosce in questo reperto la pietra che ha visto al lato della vittima.>>
PRESIDENTE: ­ <<(Voce fuori microfono, parole incomprensibili).>>
Avv. MENZIONE: ­ <<No, sembra molto compatta, Presidente.>>
(Voci fuori microfono, parole incomprensibili.)
P.M. (Dott. CANCIANI): ­ <<Magari forse toccare non sarebbe il caso. Il sudore lascia il DNA, poi magari andiamo a dire che è il teste che ha fatto una cosa...>>
PRESIDENTE: ­ <<Non siamo in un film. Per cortesia non siamo in un film.>>
(Voci fuori microfono, parole incomprensibili.)
PRESIDENTE: ­ <<...ha sentito la domanda che faceva prima l’Avvocato, no?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Se la riconosco? Diciamo che considerando i quattro anni che sono passati e il poco tempo che io l’ho guardata, anche perché dopo c’è stato il fatto del proiettile le caratteristiche sono... sono quelle là. Somiglia molto alla pietra che è impressa nella mia memoria. Però non posso dire al 100% che sia quella. Comunque è molto somigliante. Se non è que... me la ricordavo leggermente più grande e più bassa, però le caratteristiche sono queste, cioè un piccolo...>>
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PRESIDENTE: ­ <<Cioè lei dice che non è in grado di fare un riconoscimento al 100%?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Al 100% no, però si avvicina molto a... alla pietra che io ho memorizzato.>>
PRESIDENTE: ­ <<Alla pietra memorizzata che era vicino alla testa.>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Sì, sì, vicino alla testa, mi ricordo che aveva un angolo sporco di sangue, infatti questa c’ha un angolo di sporco di sangue, me la ricordavo più chiara, non so se col tempo magari può essersi leggermente scurita sopra, però... e più... più bassa e più larga, me la ricordavo, però potrebbe benissimo essere questa. Anche se ripeto, la certezza al 100% non... non ce l’ho. Somiglia molto a quella insomma.>>
pag. 100
Teste Dott. LAURO: ­ <<Comunque da... posso aggiungere una cosa?>>
Avv. MENZIONE: ­ <<Sì.>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Il sasso è evidente che è quello insomma. Dalla foto precedente.>>
Avv. MENZIONE: ­ <<Il sasso è evidente che è questo.>>
L'altro elemento di grande importanza, che getta una luce sinistra (ancora più sinistra) sugli avvenimenti e che ne fornisce anche una chiave di lettura è relativo al passamontagna.
Abbiamo visto che Carlo lo indossa nel momento in cui viene colpito; ancora lo indossa nei minuti successivi, sino a che non viene tolto dagli operatori sanitari.
Risulta provato che sul passamontagna non vi è un foro corrispondente alla ferita lacero contusa sulla fronte.
Ciò risulta dall'esame del passamontagna stesso effettuato dagli operatori della Polizia 15
Scientifica e risulta anche da altre dichiarazioni del Vice Questore Lauro.
Questi, durante il processo dei 25, all'udienza del 10/5/2005 ha riconosciuto che sul passamontagna non vi è alcun foro provocato dalla pietra.
Pag. 108­ 109
Avv. MENZIONE: ­ <<Se le mostro il passamontagna di CARLO GIULIANI è in grado di dirci se c’è strappo o se non c’è strappo che possa rimandare a un colpo di pietra?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Bè, se me lo mostra.>>
Avv. MENZIONE: ­ <<No, no, glielo mostro dal vivo, non in foto. Il passamontagna, come è risultato da ciò che ci ha detto il signor o Dottor BRUSCHI prima era fra gli oggetti repertati e restituiti alla famiglia GIULIANI, faceva parte di quel lotto 52...>>
PRESIDENTE: ­ <<Quindi lei lo prende... lo porta privatamente diciamo?>>
Avv. MENZIONE: ­ <<Lo porto privatamente, sì. Me l’ha fornito la famiglia GIULIANI, non c’è... non c’è mistero. Peraltro se mi aiutano c’è una foto che abbiamo fornito anche all’Accusa che rappresenta di fronte e di lato il passamontagna. Questo è il passamontagna, questa è la fronte del passamontagna, si nota un buco all’altezza... (voce fuori microfono, parole incomprensibili)... si nota un buco all’altezza della bocca che risulta essere stato praticato dal pronto soccorso se lei ce lo può confermare...>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<No, non me lo ricordo questo.>>
Avv. MENZIONE: ­ <<Non se lo ricorda.>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Non me lo ricordo.>>
Avv. MENZIONE: ­ <<Risulta che mancano sul retro... manca un pezzetto che è stato quello su cui sono state condotte le indagini balistiche. E mi dica lei se all’altezza della fronte vede segni o effetti di un possi...>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<No, non sembra, no?>>
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Avv. MENZIONE: ­ <<No, non sembra. E... e allora, come dire, come spiega... io le chiedo una spiegazione.>>
Questa spiegazione non è mai arrivata, nè dal dr. Lauro nè dall'Autorità Giudiziaria, nonostante sia emerso con certezza che dopo il colpo di pistola, dopo il duplice passaggio delle ruote del Defender sul corpo di Carlo, questi, mentre era immobile supino sull'asfalto, agonizzante, venne colpito da un sasso nel centro della fronte che gli provocò la ferita che appare sulla foto che si produce come doc. n. 40 (al min. 13.20 del video).
La circostanza che il passamontagna non presenti alcun foro o strappo in corrispondenza della ferita alla fronte è sicura prova che il passamontagna venne sollevato e poi riabbassato, dopo che il colpo venne inferto, con la pietra poi deposta vicino al viso. Non è possibile infatti che il passamontagna non sia stato in alcun modo danneggiato dal colpo di pietra.
S i noti che Carlo non era ancor a mor to, come indic ato dall' autops ia, che affer m a di r itenere che "le les ioni cranio­ encefaliche r is contrate abbiano deter m inato la m or te del soggetto ne l lass o di tem po di alcu n i min u ti , ...."
La circostanza è stata confermata dal dr. Salvi nel suo interrogatorio del 4/10/2005:
pag. 56­57
Consulente SALVI: <<Questa era una ferita che non può non essere sanguinante. E’ una ferita lacerocontusa di una regione cutanea particolarmente irrorata e quindi abbastanza profonda, irregolare, un traumatismo contusivo anche qui non è riconducibile in modo specifico ad un mezzo piuttosto che ad un altro, può essere un trauma, un trauma contusivo, la classica pietrata ci può essere come altri meccanismi. E’ una ferita che aveva delle 17
caratteristiche vitali, e quindi non è una ferita…, delle chiare caratteristiche vitali, non è una ferita per capirci che il soggetto si è prodotto cadendo al momento della morte. Avrebbe avuto un aspetto morfologico diverso...
Avv. MENZIONE: <<Senta, però, dica se…, voglio il suo parere, la sua risposta, se la pietra avesse attinto la fronte di Giuliani in un momento successivo alla morte, come si sarebbe comportato il sanguinamento?>>
Consulente SALVI: <<Un soggetto morto non sanguina. A meno che non si vadano a ledere dei grossi vasi che per effetto della forza di gravità vadano a svuotarsi del contenuto ematico che presenta, per sanguinare un corpo deve avere una attività cardiaca ancora in atto. Questi sono l’aspetto del sanguinamento, ma colpire, cagionare una lesione cutanea su un soggetto morto i tessuti non hanno quella che si chiama reazione vitale, quindi appariranno di aspetto ben diverso, non…, ecchimotici, contusi, con tutto il fondo emorragico, ma avranno un aspetto molto più…, più pergamenaceo, meno vivo, voglio dire. E abbastanza direi nel dubbio poi esistono degli esami istologici che si fanno sul tessuto e si vede il movimento o meno di cellule reattive alla lesione. Direi che qui sulla vitalità della lesione non…, a parte adesso io non ho le foto allegate alla consulenza, però è assolutamente…>>
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Consulente SALVI: <<Io lo posso dire con certezza in quanto è una ferita prodotta in vita, quella ferita lì non può non sanguinare, e quindi il fondo oltre agli aspetti che erano importanti alla diagnosi medico legale, cioè è una ferita da taglio, è una ferita lacerocontusa, è una ferita di vario genere, e quindi vado a vedere la morfologia della ferita, l’altro problema che devo pormi se é una ferita cagionata in vita o postmorte, questa è una ferita vitale.>>
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P.M.: <<E un’ultima domanda, quindi mi pare di capire invece rispetto alla prima domanda della difesa, che lei ci ha detto, cioè con riferimento a questa lesione che stava in regione frontale che per quello che lei ha visto e ha potuto constatare nell’autopsia si trattava se non ho capito male di una lesione inferta su un tessuto vitale quindi antecedente rispetto al decesso?>>
Consulente SALVI: <<Certo.>>
P.M.: <<Grazie, nessun’altra domanda.>> La ferita inferta a Carlo Giuliani sulla fronte provocò emissione di sangue, prova evidente che essa venne portata quando Carlo Giuliani era ancora vivo. Il colpo di pietra venne inferto nell'intervallo di tempo tra l'abbandono della piazza da parte dei compagni di Carlo e l'arrivo del dr. Lauro davanti al corpo di Carlo, circa 2 minuti durante i quali gli agenti hanno ripreso la piazza e si sono posizionati intorno al corpo.
In questo lasso di tempo un ignoto appartenente alle forze dell’ordine si è chinato sul corpo di Carlo, ha sollevato il passamontagna, ha raccolto la pietra bianca che si trovava a poca distanza sulla sinistra di Carlo e ha vibrato uno o più colpi sulla fronte di Carlo; dopo di che ha parzialmente calzato il passamontagna sul volto di Carlo e ha deposto la pietra bianca, intrisa di sangue, accanto al viso di Carlo, accanto all'accendisigari, sulla destra. DIRITTO
1. LA GESTIONE DELL'ORDINE PUBBLICO COME ATTIVITA' PERICOLOSA AI SENSI DELL'ART. 2050 CC.
Parte attrice ritiene che la gestione dell’ordine pubblico durante le manifestazioni contro il G8 tenutesi a Genova nel luglio del 2001 rientri, in quanto attività pericolosa, sotto l’applicazione dell’articolo 2050 c.c.
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La giurisprudenza della Corte di Cassazione è costante nel tempo nell’applicazione della disciplina dell’attività pericolosa a tutte quelle attività che per i mezzi utilizzati o per la loro stessa natura comportino un’alta probabilità di cagionare danno.
La valutazione del pericolo insito nell’esecuzione di un'attività non deve essere fatta in astratto od in maniera generica, dovendo il giudice valutare il caso concreto in termini di strategia operativa e dei particolari mezzi utilizzati.
La suprema corte si è espressa in questi termini:
“Ai fini dell'accertamento della sussistenza della responsabilità ex art. 2050 c.c., il giudizio sulla pericolosità dell'attività svolta ­ ossia l'apprezzamento della stessa come attività che, per sua natura, o per i mezzi impiegati, rende probabile, e non semplicemente possibile, il verificarsi dell'evento dannoso da essa causato, distinguendosi, così, dall'attività normalmente innocua, che diventa pericolosa per la condotta di chi la eserciti od organizzi, comportando la responsabilità secondo la regola generale di cui all'art. 2043 c.c. ­ quando non è espresso dal legislatore, è rimesso alla valutazione del giudice di merito, insindacabile in sede di legittimità, ove correttamente e logicamente motivata.” (Cass. Civ. Sez. III, 28/02/2000, n. 2220; vedi anche Cass. Civ. Sez III, 13/11/1997, n. 11234; Cass. civ. Sez. III, 27­07­1990, n. 7571).
“La pericolosità di un’attività va pertanto apprezzata in relazione alla probabilità delle conseguenze dannose che possano derivarne, e non anche in riferimento alle modalità con le quali viene comunemente esercitata, che ben potrebbero essere tutte e sempre inadeguate, senza per questo elidere i presupposti per l’applicazione della norma” (Cass. Civ. Sez. III, 26/04/04, n. 7916).
Le circostanze in cui si svolge l’attività, qualora esorbitino dalle normali condizioni in cui la stessa viene ordinariamente svolta, possono integrare lo svolgimento di un'attività 20
pericolosa in quanto l’operatore dovrebbe, al mutare delle condizioni, mutare strategia operativa qualora il pericolo sussista in concreto. Due casi di attività che normalmente non vengono ritenute come pericolose, quali il trasporto aereo e l’equitazione, sono state prese in considerazione dalla magistratura che ha optato per un analisi in concreto della potenzialità dannosa dell’attività al mutare delle circostanze:
“La navigazione aerea non è considerata dal legislatore come un'attività pericolosa, né può ritenersi che essa possa oggettivamente definirsi tale per la sua natura, per le caratteristiche dei mezzi adoperati o per la sua potenzialità offensiva, tenuto conto che con essa si esercita un trasporto ampiamente diffuso, considerato, rispetto agli altri, a basso indice di rischio, in astratto e in generale. Tuttavia la pericolosità dell'attività in esame può sussistere in concreto tutte le volte in cui essa non rientri nella normalità delle condizioni previste, in osservanza dei piani di volo, di condizioni di sicurezza, di ordinarie condizioni atmosferiche, con conseguente applicabilità in tal caso della disposizione di cui all'art. 2050 cod. civ..” (Cass. Civ. Sez. III, 10/11/2010, n. 22822).
“L’attività di equitazione svolta all’interno di un circolo ippico, alla presenza di un istruttore con cavalli collaudati e addestrati ad essere montati da persone non esperte, le quali, peraltro, in quanto allievi, vengono portate a conoscenza delle regole fondamentali dell’equitazione, non può in linea di principio, proprio per tali caratteristiche essere annoverata tra le attività pericolose ex art. 2050 Cod.Civ.­ salvo l’accertamento, in fatto, di specifiche caratteristiche proprie del caso concreto, idonee a rendere obiettivamente pericoloso lo svolgimento dell’attività equestre­ ed è pertanto soggetta alla presunzione di responsabilità di cui all’art. 2052 Cod.Civ. prevista a carico del propietario o di chi si serve dell’animale per il periodo in cui lo ha in uso, in 21
relazione ai danni cagionati dallo stesso agli allievi durante le esercitazioni” (Cass. Civ. Sez III, 23/11/98, n. 11861).
E’ necessario quindi procedere ad un analisi delle strategie operative adoperate dalle forze dell’ordine per mantenere la sicurezza durante la manifestazione del 20 luglio 2001 e dei mezzi da loro utilizzati per comprendere se le attività da queste svolte integrino o meno un’attività pericolosa.
La scelta delle strategie operative e dei mezzi utilizzati per il mantenimento dell’ordine pubblico deriva chiaramente da un’analisi ex ante della situazione sulla quale le forze dell’ordine sono andate ad operare; in caso contrario si dovrebbe supporre che le stesse avrebbero operato in maniera casuale e disorganizzata, cosa che parte attrice non ritiene possibile data l’esperienza e la reputazione dei nostri corpi di polizia e militari.
La valutazione ex ante dello stato fattuale nel quale si sarebbe svolto il corteo si può facilmente ricavare dai commenti dei vertici dell’organizzazione istituzionale preposta al mantenimento dell’ordine nel corteo tramite le notizie riportate da giornali, in interrogazioni parlamentari o all’interno dei procedimenti penali che sono seguiti al G8.
Il quadro generale del clima di tensione e del senso di pericolo che le forze dell’ordine percepivano prima del G8, antecedente logico all’adozione di mezzi e strategie di natura militare che sono seguiti per non compromettere, teoricamente, la sicurezza e l’incolumità per le persone, si rinviene durante l’audizione parlamentare fatta al dr. Giovanni de Gennaro, ai tempi Direttore generale del dipartimento di pubblica sicurezza:
“Non potevano essere lasciate inevase nemmeno le preoccupazioni degli apparati di sicurezza o le connesse richieste dei governi stranieri, che esigevano di prendere cognizione delle misure di sicurezza previste e chiedevano garanzia assoluta della loro tenuta di fronte a qualsiasi tipo di attacco, sia di natura terroristica sia di contestazione, nei confronti dei 22
Capi di Stato e di Governo presenti. Questo era il clima ed il livello di allarme. La semplice rilettura dei titoli e delle testate giornalistiche italiane e straniere del periodo antecedente al vertice può essere un utile riferimento” (audizione parlamentare del comitato paritetico, 8/8/2001 – pag. 5) – doc. 42.
Alcuni atti processuali confermano il quadro delineato dal dr. De Gennaro e di ciò ha dato conto la sentenza di primo grado nel processo c.d. “ai 25” (doc. 3) di cui si è già trattato supra; vi è in realtà una messe sterminata di notizie e commenti relativi a come l'evento g8 fosse vissuto in maniera parossistica; riteniamo producente citare un breve brano della sentenza che ben illumina la situazione (punto 7 – 7 della sentenza):
“Fin dai mesi precedenti i giornali riportavano con grande risalto notizie che alimentavano preoccupazione circa lo svolgimento del Vertice e delle manifestazioni anti G8. A febbraio l’onorevole FRATTINI, presidente del Comitato di Controllo sui Servizi Segreti, aveva ipotizzato l’esistenza di “una rete di attacco, una rete internazionale di disturbo e probabilmente aggressioni” invitando le istituzioni a cessare “la tolleranza verso le prove generali di attacco al G8” e ricordando che in Italia “i rischi di attacchi di terrorismo islamico fondamentalista restano sempre alti” e questo suo intervento era stato ampiamente riportato sui quotidiani nazionali (cfr. “Genova Il Libro Bianco”, rassegna stampa ­ scheda – prima del vertice, pag. 15, prod. Difesa 4.11). Lo stesso FRATTINI aveva espresso critiche anche all’operato del Sindaco di Genova che “farebbe meglio a non incoraggiare le prove generali concedendo ai contestatori persino i locali comunali” (Panorama 8 marzo 2001,
citato
nel
documento
di
cui
sopra).
Pochi giorni dopo, il 12 aprile, il settimanale Panorama riprendeva una dichiarazione di G. AMADORI “la nostra intelligence, con cinque mesi di anticipo ha già preparato un grafico del corteo” e ”una precisa analisi riservata del fenomeno antagonista, rivelandone anime e 23
strategie di lotta” (“Genova Il Libro Bianco” pag. 17).
F. GRIGNETTI su “Stampa Nord Ovest” del 13 aprile riferisce “il SISDE: un piano contro il G8, i terroristi del Nipr rivolgono al popolo di Seattle un appello ad abbandonare le forme di antagonismo per passare alla lotta armata” (ibidem pag.17).
A voci più moderate che invitavano ad evitare lo scontro, rivendicando la natura pacifica ed ambientalista del movimento (La Repubblica del 17 febbraio) facevano eco affermazioni più nette e allarmistiche come quella de Il Giornale che il 5 giugno titola “Assalto al G8 anche con gli alianti. Il movimento anarchico ha chiamato a raccolta”. “G8, gli hackers attaccano un ministero italiano, il piano di sicurezza dovrà essere riscritto” (Corriere della Sera 2 luglio). “Genova, tensione in centro, gli artificieri fanno saltare un’auto” e “Allarme per duemila irriducibili pronti a tutto” (Corriere della Sera 10 luglio). “15 mila uomini per la sicurezza. Tra loro anche specialisti della guerra nbc, ovvero nuclearebatteriologica­ chimica. Una batteria missilistica” (Corriere della Sera 12­luglio).
Il quotidiano “Libero” del 17 giugno riportava l’opinione di Giorgio FELTRI secondo cui “il popolo di Seattle è un popolo di criminali” e il 21 giugno M. BOTTARELLI riferiva che “il governo offre tre miliardi per accoglierli, ma gli ecoteppisti minacciano di usare le armi” (tutte le citazioni si leggono in “Genova Il Libro Bianco” pag. 19).
Diversi testimoni (tra i quali CASARINI e BOLINI) e il documento presentato dal GSF al Comitato Parlamentare di Indagine (cfr. prod. difesa 4.9) hanno ricordato gli “scenari apocalittici, del tutto fantasiosi” che “presunte relazioni dei servizi segreti” riprese con “costanza impressionante” dai media avrebbero disegnato: “bombe al sangue infetto, poliziotti usati come scudi umani”, attentati terroristici, l’intenzione delle frange più estreme dei manifestanti di colpire duramente le Forze dell'Ordine.
Veniva diffusa anche la notizia dell’impiego in piazza di circa tremila persone dei corpi 24
speciali
dell’esercito.
Le parole del dr. De Gennaro sono quindi ampiamente confermate dai fatti, il clima di pericolo percepito dalle forze dell’ordine era serio, al limite del terrorismo o della guerra civile e quindi le strategie operative utilizzate ed i mezzi impiegati sono stati adatti alla situazione preventivata ex ante. Pare più corretto parlare di attività militare che di semplice mantenimento dell’ordine pubblico. Non sfuggirà la circostanza, all’autorità giudicante, che mentre una normale attività di mantenimento dell’ordine pubblico se non in circostanze eccezionali potrebbe integrare lo svolgimento di un attività pericolosa, la stessa attività di mantenimento della sicurezza qualora svolta con mezzi e tattiche militari sicuramente è da considerarsi quale attività pericolosa per l’alta potenzialità lesiva insita nel concetto stesso di attività militare.
Sempre al c.d. processo ai 25 la difesa degli imputati ha chiamato un esperto delle strategie di gestione dell’ordine pubblico, la Professoressa Donatella Della Porta, quale consulente tecnico; essa ha redatto un'ampia relazione (doc. 43). L’approfondito lavoro di ricerca svolto negli anni dalla professoressa è di interesse per il corrente procedimento in quanto vengono confermate le modalità militari e pericolose di mantenimento dell’ordine pubblico.
La Professoressa Donatella DELLA PORTA ha studiato le strategie di gestione dell’ordine pubblico in Italia ed in Europa dal dopoguerra in poi, svolgendo tra l’altro numerose interviste a funzionari di Polizia. Essa ha rilevato la scarsa fiducia nei confronti di tutti i tipi di manifestanti, anche quelli in realtà più affidabili, l'uso delle informazioni raccolte in modo allarmistico, mancanti di basi reali ma con un forte impatto nell’opinione pubblica e nelle forze di polizia. Secondo il C.T. durante l’addestramento l’immagine del dimostrante che lancia sacchetti di sangue infetto, rotola cerchioni infuocati o prende in ostaggio poliziotti e li usa come scudi 25
umani veniva considerata realistica. Nonostante le prescrizioni sulle cautele nell’uso di manganelli e lacrimogeni questi, definiti strumenti tipici per un modello di gestione basato sull’escalation della forza, vennero usati in maniera massiccia (circa 6.200 candelotti) e anche su manifestanti pacifici. “Gli strumenti usati, dai gas (mezzo coercitivo di tipo indiscriminato perché tende a colpire chiunque), ai blindati (usati per compiere cariche, con pericolo per l’incolumità fisica anche dei manifestanti pacifici), alle tute ignifughe, nonché l’addestramento impartito agli Agenti, definito addestramento antisommossa e le conseguenti modalità delle azioni di polizia (come battere sugli scudi durante le cariche) venivano diretti a ridefinire l’ordine pubblico in senso militare. “
(Tribunale Genova, processo ai 25 punto 28)
Tale impostazione militare viene confermata da un altro degli ufficiali preposti al controllo e all’organizzazione dell’attività di sicurezza delle nostre forze dell’ordine, il tenente Nicola Mirante che durante l'udienza tenutasi il 15/03/05, del c.d. processo ai 25 così si esprimeva, illustrando tra l'altro la funzione dei C.I.R. (Compagnie di Intervento Risolutivo) (doc. 44)
Pag. 101­ 102
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<...la chiave di volta di tutte le guerre. Cioè mi sta chiedendo se effettivamente... se fosse così io so...>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<Non parliamo di guerre...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<...per poter conquistare il Kuwait mi servono dieci persone in più di quelle che c’hanno loro...>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<Scusi...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<...a posto allora, ho finito tutto.>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<...non parliamo di guerre, lei ha una mentalità giustamente 26
militare, parliamo di ordine pubblico...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<È uguale. È uguale. Cambia solo la tipologia dello strumento dell’offesa.>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<No, mi scusi, non è uguale, perché in ordine pubblico...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<Cambia lo strumento dell’offesa.>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<Mi scusi, in ordine pubblico se non sbaglio una delle direttive fondamentali è non uccidere l’avversario, in guerra questo problema non c’è. So che... mi scusi, finisco la domanda. Cioè in ordine pubblico il discorso è quello non rimanere isolati per evitare danni a se ma anche per non essere costretti a dare danni all’avversario. Questo in guerra non c’è...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<Una piccola risposta a quello che ha detto lei, è già il nome della mia compagnia, C.I.R., che sembra un nome duro ma in realtà nasconde tanta e tanta e tanta filosofia, contenimento, cioè compagnie di contenimento. Cioè il... il... il Carabiniere che segue il corteo non lo fa per intimorire, per dire non urlate...>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<Mi scusi...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<...per contenere...>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<...lei si allarga mol...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<...per contenere in quelle che so...>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<...c’è anche l’intervento risolutivo. In questo caso voi volevate fare l’intervento risolutivo...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<Risolutivo... attenzione, intervenire per risolvere... risolutivo... risolvere una situazione critica.>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<Va’ bene.>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<Risolvere vuol dire riportare in quello che è il lecito 27
manifestare. Ecco, contenere la manifestazione in quello che è il diritto a manifestare, in quello che è il diritto a sfilare con le proprie bandiere e con le proprie ideologie per la città, contenere...>>
Avv. TAMBUSCIO: ­ <<Scusi...>>
Teste Cap. MIRANTE: ­ <<...e intervenire se ci sono dei... dei folli che vanno oltre.>>
Nessuno può dubitare che l’utilizzo di mezzi di natura bellica quali il gas C.S. o i manganelli c.d. tonfa o l’utilizzo di reparti altamente specializzati nella guerra quali il battaglione Tuscania rientrino nella normale od ordinaria gestione dei cortei, essendo gli stessi preordinati alla repressione di attività ben più gravi quali il terrorismo o la lotta armata. Ed in tal caso l’attività svolta dalle forze dell’ordine rientra sotto la previsione normativa dell’articolo 2050 c.c. qualora a questa fosse seguito danno ad alcuno in quanto l’attività bellica è l’attività pericolosa per antonomasia.
I mezzi utilizzati per reprimere i manifestanti durante il G8 si caratterizzano per la loro naturale pericolosità, ed alcune circostanze possono chiarire ulteriormente l’anormalità e l’attitudine a creare eventi dannosi dell’attività svolte dalle forze dell’ordine.
La pericolosità dei manganelli tonfa e dei gas C.S. è confermata dalla lettera circolare del 6/02/01 che il Capo della Polizia ha inviato a tutti i Questori per fornire loro istruzioni di carattere generale sull’utilizzo di questi mezzi. La circolare chiarisce che l’impiego di sfollagente e lacrimogeni deve essere ordinato “in termini chiari ed espliciti dal dirigente di servizio”; l’utilizzo del gas C.S. (tra l’altro vietato dalle convenzioni internazionali pure come arma di impiego bellico) deve essere attentamente considerato “per il forte impatto che provoca sulla folla e per lo scalpore che suscita nell’opinione pubblica, deve essere considerato rimedio estremo” a fronte di situazioni particolarmente gravi e “non altrimenti gestibili” “fermo restando l’obbligo da parte del dirigente di servizio di adottare ogni 28
iniziativa idonea a scongiurarne l’uso”.
Il C.T della difesa nel c.d. processo ai 25, Professoressa Della Porta, ha constatato l’uso massiccio di questi lacrimogeni, nel numero di 6200, come prima riportato.
Gli effetti pericolosi hanno inciso anche sulle prestazioni delle forze dell’ordine che non adeguatamente preparate all’uso di strumenti così micidiali hanno sofferto seri cali delle proprie capacità di giudizio. Sempre dal c.d. processo dei 25 emerge infatti che:
“Sul veicolo, oltre all’autista, vi era già PLACANICA. Quest’ultimo era uno dei lanciatori di lacrimogeni, durante il mattino ne aveva però lanciato uno solo, poi aveva dovuto cedere il fucile al Capitano CAPPELLO e si era limitato ad aprire i candelotti che dovevano essere lanciati. Durante questa attività era rimasto intossicato dal gas ­ in modo molto espressivo ha ricordato di essere rimasto “allucinato” dai gas ­ e, non essendo più ritenuto idoneo al servizio, era stato fatto salire sul veicolo in Via D’Invrea” (Sentenza Tribunale punto 38).
Un ulteriore elemento di pericolo, forse necessario per il mantenimento dell’ordine pubblico, è stato l’uso improprio degli autoveicoli quali il Defender e l’automezzo fiat OM A55 F13.
Per quanto riguarda il primo: “LAURO ha spiegato di ritenere il DEFENDER un mezzo inadatto a prendere parte ad operazioni di OP che comportino un possibile contatto diretto con i manifestanti a causa delle sue piccole dimensioni e del fatto di non essere blindato […] CAPELLO ha confermato che il DEFENDER non è un mezzo idoneo al servizio di OP, non è un mezzo di supporto, può al contrario rappresentare un obiettivo da dover difendere” (Sentenza Tribunale punto 38.1).
Le circostanze della morte di Carlo Giuliani mostrano come evidentemente l’anormalità della situazione avesse costretto le forze dell’ordine a non prendere in considerazione la specificità dei mezzi o delle circostanze di fatto e ad utilizzare il Defender in altra maniera 29
da quella consigliata, gestendo in tal modo la manifestazione in maniera sicuramente pericolosa.
Per quel che riguarda l’impiego dell’automezzo Fiat OM A55 F13 i “concetti tecnico­tattici di impego delle Unità Organiche a vario livello nei servizi di OP” danno le seguenti indicazioni: “le garanzie di sufficiente sicurezza che il mezzo offre al personale trasportato non devono indurre in alcun modo a considerare il veicolo adatto ad effettuare evoluzioni tra la folla, in caso di disordini, ad essere lanciato per rincorrere gruppi di facinorosi tallonandoli da vicino. […] Le caratteristiche peculiari del mezzo devono pertanto essere intese solo come possibilità offerte al personale di portarsi a distanze operative con la folla in condizioni di sufficiente sicurezza” (Sentenza Tribunale punto 4).
Numerosi sono invece i filmati e le testimonianze che mostrano come questi automezzi fossero usati ad alta velocità per disperdere la folla, mettendo in pericolo sia chi era dentro sia chi era fuori dal mezzo.
La questione giuridica dell'applicabilità dell'art. 2050 c.c. all'ordine pubblico è stata raramente affrontata in giurisprudenza.
Vi è una tendenza della Corte di Cassazione che esclude tale possibilità; si segnala Cass. civ. Sez. III, 30­11­2006, n. 25479, che a sua volta, come altre, fa riferimento ad una remota sentenza delle Sezioni Unite (23/2/1956 n. 507) e afferma che il Giudice non può sindacare l'idoneità e sufficienza delle misure e dei mezzi posti in essere dalla Pubblica Amministrazione nell'organizzazione dei suoi servizi.
Tale principio non è condivisibile, in quanto, astrattamente, ciò potrebbe significare che qualunque atto della Pubblica Amministrazione non è sindacabile e ciò è contrario ai comuni principi del diritto.
La sentenza del 1956 si riferisce in realtà a una fattispecie di tipo militare; non a caso nella 30
motivazione la Suprema Corte afferma: “La difesa della nazione dagli attacchi interni ed esterni è uno dei compiti preminenti ed imprescindibili dello Stato: lo Stato deve provvedere a tale difesa, approntandone i mezzi; svolgere tutte quelle attività occorrenti al conseguimento di essa, attività che spesso sono fonte di pericolo per l'integrità della vita e dei beni dei privati”. E nella massima si legge: “Alle attività della Pubblica Amministrazione che, come quella militare, siano da essa svolta...”.
Quindi proprio qui sta il punto del problema: la gestione dell'ordine pubblico presenta aspetti di pericolosità, che si collocano comunque all'interno della gestione di un conflitto sociale fisiologico per uno Stato democratico.
Ma la gestione dell'attività bellica (conflitto tout court) ha ben altre caratteristiche, che non corrispondono a quanto affermato dal capitano (ed ex tenente) Mirante, che certamente non possiamo ritenere essere un elemento anomalo all'interno del proprio Corpo, tanto è vero che è stato promosso di grado, come del resto tutti i protagonisti della gestione dell'ordine pubblico a Genova 2001. Il controllo e l'eventuale repressione delle manifestazioni di piazza non dovrebbe prevedere l'annientamento del nemico!!
Durante i giorni del g8 del 2001 la gestione dell'ordine pubblico venne svolta con modalità prettamente militari e del tutto incompatibili con una gestione democratica dell'ordine pubblico.
Tale attività, nelle concrete circostanze in cui è stata gestita negli avvenimenti del g8 del 2001 e segnatamente nelle operazioni svoltesi in Piazza Alimonda e di cui al presente giudizio, costituisce pertanto attività pericolosa ai sensi dell'art. 2050 c.c.
2 ­ LE DOMANDE DEGLI ATTORI
Gli attori intendono essere risarciti della morte del proprio figlio e fratello Carlo Giuliani.
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Essi individuano quali responsabili di tale evento il V. Questore Adriano Lauro, responsabile dell'ordine pubblico nei luoghi dei fatti e il carabiniere ausiliario Mario Placanica, che esplose il colpo di pistola che colpì Carlo Giuliani al volto.
Secondo la giurisprudenza della Suprema Corte “Nella responsabilita’ civile da fatto illecito, creditore, cioe’ soggetto attivo dell’unica obbligazione risarcitoria, e’ il danneggiato; debitori, cioe’ soggetti passivi della medesima obbligazione, sono tutti coloro che abbiano commesso il fatto produttivo del danno da risarcire, nel senso che questo debba essere loro imputabile (arg. ex art. 2055 c.c.), a nulla rilevando che sia conseguenza di azioni od omissioni indipendenti, purche’ abbiano tutte concorso in modo efficiente alla produzione dell’unico danno (cfr., tra le tante, Cass. n. 12367/02, Cass. 12558/99). In applicazione della norma dell’art. 2055 c.c., i responsabili, anche a diverso titolo (cioe’ per la violazione di diversi precetti normativi ovvero a titolo extracontrattuale e contrattuale od, ancora, a titolo di colpa e di dolo) o secondo i diversi criteri di cui all’art. 2043 c.c. e segg., sono obbligati in solido al risarcimento del danno, perche’, a differenza che nell’art. 2043 c.c., non rileva il fatto colposo o doloso in se’, ma il "fatto dannoso" riguardato, non dal punto di vista dell’autore dell’illecito, ma da quello del danneggiato, a cui favore la norma e’ posta. Pertanto, secondo la lettura preferibile dell’istituto della solidarieta’, unica e’ l’obbligazione ed unica la prestazione risarcitoria al cui adempimento i responsabili sono tenuti ciascuno per l’intero; e’ in facolta’ del danneggiato chiedere l’intero ad uno soltanto dei corresponsabili, ma deve imputare all’unica prestazione quanto da ciascuno abbia ricevuto in adempimento dell’obbligazione risarcitoria.” (Cass. civ. Sez. III, Sent., 24­
03­2011, n. 6739).
32
Con il presente giudizio si intende ottere il risarcimento dei danni derivanti dalla morte di Carlo Giuliani nei confronti di Adriano Lauro e Mario Placanica nelle loro anzidette qualità, nonchè dei Ministeri dell'Interno e della Difesa in qualità di soggetti responsabili ai sensi dell'art. 2049 cc.
2.A – LE RESPONSABILITA' DI Adriano LAURO NELLA GESTIONE DELL'ORDINE PUBBLICO.
Si è visto nell'esposizione del fatto come si siano svolti gli avvenimenti che hanno preceduto e causato l'esplosione del colpo di pistola che attinse Carlo Giuliani.
Il contingente di Carabinieri, agli ordini del Cap. Cappello, che dipendeva gerarchicamente dal Vice Questore Lauro, percorre un tratto di Piazza Alimonda girando intorno all'aiuola spartitraffico ma improvvisamente, invece di dirigersi verso Via Invrea, improvvisamente imbocca la via Caffa.
Non vi è una spiegazione del motivo che porta il V. Questore Lauro a prendere questa decisione; nel suo interrogatorio del 26/4/2005 le sue spiegazioni sono assolutamente confuse e contraddittorie e smentite dalle immagini prodotte.
E' palese che i dimostranti non avanzano, ma al contrario hanno posto dei cassonetti dietro i quali sostano alla confluenza tra via Caffa e Via Tolemaide.
A pag. 23 del verbale (doc. 38) il V. Questore Lauro si assume la piena responsabilità di aver deciso l'attacco, pur non disponendo più il contingente di lacrimogeni:
“E però ho chiesto al Capitano perché chiaramente non... può darsi che certe... in ce... quelle non erano condizioni in cui tu magari puoi essere certo che la tua decisione sia quella assolutamente giusta e lui mi ha confortato nella... nella decisione, ha detto che andava... per lui era... era d’accordo. Quindi ci schieriamo e li fronteggiamo. Loro avanzano verso di noi, penso a metà di questa Via Caffa... praticamente veniamo a contatto, solo che c’erano 33
di mezzo di cassonetti. Noi non abbiamo sparato, ecco, nessun lacrimogeno perché purtroppo... la mia difficoltà era che quando spari questi gas devi metterti il... la maschera, poi con la maschera tu non riesci più a comunicare in nessuno modo. Quindi abbiamo lavorato senza... non... non piace a me usare questi... questi gas, quindi... forse è sta... diciamo questo ci ha messo pure... a parte che penso pure... non so quanti ne avessero comunque... se li avevano finiti perché li avevano sparati in precedenza.” Il comando dato dal Lauro è di estrema imprudenza e imperizia in quanto caratterizzato da:
­assenza di reale motivazione dell'attacco;
­mancanza di granate lacrimogene;
­presenza alle spalle del contingente dei due Defender, che non sono mezzi idonei a supportare un'azione offensiva ma utilizzabili esclusivamente per necessità logistiche e nella fattispecie costituiscono un impiccio ed un impedimento all'azione del contingente;
­presenza su uno dei mezzi di due carabinieri feriti e comunque impossibilitati a compiere qualsiasi azione.
Nessun dubbio che il comando sia stato emesso dal Lauro, come da lui stesso affermato e come discende dal Regolamento per l'esecuzione del T.U.L.P.S. che all'art. 23 prevede: “L'ufficiale di P.S. Preposto al servizio impartisce le occorrenti istruzioni ai comandanti della Forza Pubblica e della Forza Armata, presenti sul posto, chiarendo ad essi gli obiettivi da conseguire. Le sue disposizioni non possono essere modificate senza suo ordine.”
A pag. 66 del verbale 26/4/2005 (doc. 38) il Lauro conferma la sua posizione di comando: Avv. MENZIONE: ­ <<No, io voglio sapere in Via... in questo fronteggiarsi in Via Caffa con alle spalle Piazza Alimonda, lei era il superiore in grado o no?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Sì, col gruppo dei Carabinieri ero io che comandavo.>>
34
L'ordine illogico e contrario a qualsiasi norma di comune prudenza ed avvedutezza è una concausa della morte di Carlo Giuliani.
Infatti lo stesso Lauro, a proposito della sua decisione di compiere l'azione nonostante l'intralcio costituito dalla presenza dei due Defender, afferma (pag. 91 – doc. 38):
Avv. FAMULARO: ­ <<Comunque lei nella fase precedente non si accorge di avere i mezzi alle spalle, questi due mezzi dei Carabinieri.>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<No, assolutamente, no.>>
Avv. FAMULARO: ­ <<Nessuno glielo dice.>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<No, no, no, ma lì non dovevano starci quei mezzi.>>
Avv. FAMULARO: ­ <<Non dovevano starci.>> Teste Dott. LAURO: ­ <<No.>>
Avv. FAMULARO: ­ <<Poi invece...>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Avrei dovuto essere avvisato ma non... io non ce li avrei fatti mettere, non ci dovevano stare lì quei mezzi.>>
Del resto anche il Ten. Col. Dei Carabinieri Truglio consiglia a Lauro di andarsene, è sempre Lauro a raccontarlo (pag. 103 verbale ud. 26/4/05):
Avv. PAGANI: ­ <<Scusi, lei sta dicendo che il Tenente Colonnello TRUGLIO le ha consigliato di andarsene via da lì?>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Non è che lo sto dicendo, l’ho già detto prima.>>
Avv. PAGANI: ­ <<Sì, ma forse mi è sfuggito. Quindi...>>
Teste Dott. LAURO: ­ <<Sì, certo. Ho detto torna... parte con le camionette, ritorna indietro e mi dice in un... ripeto... le ripeto, in un angoletto dove stavamo noi, in uno spazio e ci dice: allora, stanno arrivando dei grossi... dei gruppi di manifestanti, conviene che vi 35
muovete velocemente da qua. La summa di tutti gli errori commessi da Lauro è nelle parole del Cap. Cappello (pag. 87 verbale 20/9/2005 – doc. 45):
Teste CAPPELLO: <<Il Contingente… siamo partiti in 150, come dicevo al Pubblico Ministero, e nell’arco della giornata il Contingente si è ridotto a 50 persone, se non meno, ma è facilmente tra l'altro anche… si possono anche contare sulla TV.>>
Avv. MENZIONE: <<Ma lei ha detto prima un altro motivo ancor più specifico per cui aveva perplessità ad affrontare i dimostranti. In ordine a…>>
Teste CAPPELLO: <<A questo si somma il fatto…>>
Avv. MENZIONE: <<…all’armamento che avevate (inc.)>>
Teste CAPPELLO: <<A questo si somma l’assoluta mancanza di mezzi blindati che avrebbero dovuto servire da protezione. Come lei sa alcuni mezzi blindati erano dotati di reti metalliche che in quella circostanza sarebbero dovuti essere risolutivi. E soprattutto l’assoluta mancanza di lacrimogeni.>>
Pertanto, indipendentemente dalla presenza dei due Defender, l'azione si presentava come imprudente e rischiosa e quindi da evitare.
La presenza dei due Defender, mentre è irrilevante rispetto all'insuccesso dell'attacco alla barricata posta all'estremità di via Caffa, si traduce in un disastro allorchè il contingente si dà alla fuga, scomposta e precipitosa.
La Giurisprudenza della Suprema Corte ha chiarito il concetto di “concausa”:
“ D i recen te qu es t a C or te regolatr i ce, attravers o le s en ten ze a S .U. n. 576 e 581 d ell '11 gen n aio 2008, è p erven u t a ad un imp or t an te arres to in tema d i resp on s ab ilit à' civ ile, s t ab i len d o ch e il n es s o cau s ale è 36
regolato d al p r in cip io d i cu i agl i ar tt. 40 e 41 c.p . , p er il qual e un evento è d a cons id erare cau s ato da un altro s e il p r imo non s i s areb b e ver if icato in as s en za d el s econ d o , n onch è d al cr it er io d el la cos id dett a caus al it à ad egu at a, s u lla b as e d el quale, all'in te rn o d el la s er ie caus al e, occorre d ar r ilievo s olo a quegl i even ti che n on app aian o (ad un a valu t az ion e ex an te) d el tu tto inveros imi li, fer ma res t an d o, p eraltro, la d ivers it à d el regime p rob ator io ap p licab i le, in ragion e d ei d ifferen ti valor i s ottes i ai du e p roces s i: n el s en s o ch e, n ell'a ccer t amen to d el n ess o cau s ale in mater ia civ ile, vige la regola d ella p rep on d eran za d ell'evid en za o d el " p i ù p rob ab i le ch e non " , men tre n el p roces s o p en ale vige la regola d ella prova "oltre il ragion evole d ub b io" .
Nell'imputazione per omissione colposa il giudizio causale assume come termine iniziale la condotta omissiva del comportamento dovuto (Cass. n, 20328 del 2006; Cass. n. 21894 del 2004; Cass. n. 6516 del 2004; Cass. 22/10/2003, n. 15789): rilievo che si traduce a volte nell'affermazione dell'esigenza, per l'imputazione della responsabilità, che il danno sia una concretizzazione del rischio, che la norma di condotta violata tendeva a prevenire.
Il Giudice pertanto è tenuto ad accertare se l'evento sia ricollegabile all'omissione (causalità omissiva) nel senso che esso non si sarebbe verificato se (causalità ipotetica) l'agente avesse posto in essere la condotta doverosa impostagli, con esclusione di fattori alternativi. L'accertamento del rapporto di causalità ipotetica passa attraverso l'enunciato “controfattuale” che pone al posto dell'omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta avrebbe evitato il danno lamentato 37
dal danneggiato”. (Cass. civ. Sez. III, Sent., 14­02­2012, n. 2085).
Pensiamo non vi sia dubbio sul fatto che l'evento (la morte di Carlo Giuliani) è ricollegabile alla decisione del Lauro di attaccare la barricata posta all'estremità di via Caffa con un contingente di ridotta consistenza, privo di granate lacrimogene e di idonei mezzi di supporto, anzi addirittura intralciato nei suoi movimenti dalla presenza dei due Defender.
Evidente anche l'enunciato controfattuale: il comportamento doveroso sarebbe stato quello di continuare la marcia verso gli automezzi, invece di svoltare in via Caffa, disattendendo tra l'altro i consigli dei due ufficiali dei Carabinieri presenti.
Se il Lauro si fosse comportato secondo le regole e la comune prudenza il Defender sul quale si trovava Placanica non si sarebbe trovato nella situazione che in effetti si è verificata e Carlo Giuliani non sarebbe stato ucciso.
2.B – LO SPARO CONTRO CARLO GIULIANI
Nella prima parte di questo atto sono indicate le sequenze video e fotografiche relative ai momenti che intercorrono tra la fuga del contingente dei Carabinieri dopo lo scriteriato tentativo di attacco in via Caffa e il colpo di pistola sparato dal carabiniere Mario Placanica che colpì Carlo Giuliani sullo zigomo sinistro.
La ricostruzione di questi fatti si può basare unicamente sulle immagini e sui documenti prodotti (segnatamente l'autopsia), in quanto nessuno dei testimoni sentiti durante le indagini e al c.d. Processo dei 25 è stato in grado di ricordare elementi utili, poiché nessuno sembra essersi avveduto dei due spari provenienti dalla pistola di Placanica uno dei quali ha colpito Carlo Giuliani, a parte lo stesso Placanica e il collega Raffone che era con lui sul Defender, che però hanno avuto contezza che uno dei colpi era andato a segno solo in seguito.
E' noto che non venne aperto alcun procedimento penale contro il Placanica; all'esito di 38
indagini la Procura chiese l'archiviazione. Dopo l'opposizione della famiglia Giuliani il G.I.P. presso il Tribunale di Genova emise un decreto di archiviazione ai sensi dell'art. 409 c.p.p. che non ha valore di cosa giudicata e non preclude in alcun modo la presente azione.
Secondo quanto ritenuto dalla Suprema Corte con un principio che non può essere messo in discussione l'ordinanza di archiviazione “Neppure preclude, pertanto, che lo stesso fatto venga diversamente definito, valutato e qualificato dal giudice civile, stante il principio dell'indipendenza delle azioni penale e civile, introdotto con la riforma del rito penale. A differenza della sentenza, la quale presuppone un processo, il provvedimento di archiviazione ha per presupposto la mancanza di un processo e non dà luogo a preclusioni di alcun genere, né ha gli effetti caratteristici della cosa giudicata” (Cass. Sez. III, sent. 1346 del 20/1/2009).
Mario Placanica in questi anni è stato interrogato più volte dall'Autorità Giudiziaria ed ha rilasciato numerose interviste, che si contraddicono in molteplici aspetti e di cui pertanto non si intende dar conto al momento.
Il Placanica è stato interrogato anche durante il c.d. Processo dei 25 all'udienza 1/6/2007 e riteniamo che le dichiarazioni rese in tale circostanza, con il rispetto del contraddittorio, siano le più credibili (doc. 46).
Pag. 79:
DOMANDA – Quando ha esploso i colpi si è reso conto di avere delle persone davanti?
RISPOSTA – No, io non ho visto nessuno.
Pag. 87:
DOMANDA – Senta, lei ha già detto che in quel momento la visuale, cioè la sua capacità di vedere era molto poca.
RISPOSTA – Era ridotta, sì. 39
Pag. 91
RISPOSTA – Io la mia pistola non l’ho vista, infatti un altro poco, dalle immagini, non ne parliamo… DOMANDA – Quindi lei ha sparato senza vedere dove sparava?
RISPOSTA – Certamente. Da queste dichiarazioni e dalla visione dei filmati e delle foto la successione di eventi in quei momenti concitati si può così ricostruire:
1) Nel momento in cui un manifestante dal caschetto giallo lancia l'estintore Placanica ha già estratto la pistola (foto doc. 18 e 18bis).
2) Nella foto 19 si vede Carlo Giuliani ancora non arrivato dietro al Defender e la pistola puntata da Placanica.
3) Nella foto 20 si vede Carlo Giuliani che raccoglie l'estintore e la pistola impugnata da Placanica; in questo momento Carlo Giuliani si trova a circa m. 4 dal Defender.
4) Le foto da 21 a 23 mostrano gli istanti successivi (Giuliani che alza l'estintore sopra la testa per lanciarlo verso la pistola puntata).
Da tutte le foto appare con chiarezza che Placanica non poteva vedere davanti a sé (come egli stesso ha dichiarato) e ha sparato alla cieca.
Da tutte le foto appare con chiarezza che Placanica ha la pistola puntata in orizzontale.
Dunque si può affermare con certezza che Placanica estrae la pistola dalla fondina, mette il colpo in canna e la punta alla cieca davanti a sé per un lasso di tempo che va da “vari secondi” a un minuto; Carlo Giuliani vede la pistola puntata davanti a sé, vede l'estintore per terra, lo raccoglie per lanciarlo contro chi sta puntando la pistola ad altezza d'uomo e mentre sta per lanciarlo viene colpito dal colpo di pistola che Placanica spara alla cieca in orizzontale, colpendolo.
40
Questa ricostruzione dei fatti, che non può essere smentita se non da ipotesi fantasiose, non lascia spazio all'esistenza di alcuna causa giustificativa, segnatamente la legittima difesa.
Placanica non vede Carlo Giuliani che è a circa m. 4 da sé con l'estintore, ha percepito gli atti di violenza compiuti da chi si trovava sul fianco del Defender, ma non vi è alcun pericolo alla sua incolumità proveniente da soggetti posti dietro il Defender e infatti egli non lo percepisce.
Quindi spara alla cieca verso un bersaglio che non vede, verso un pericolo che non esiste e che egli non avverte come tale (il pericolo proviene semmai dalla sua sinistra).
Placanica non aveva visto Carlo Giuliani con l’estintore: non può, dunque, invocarsi la legittima difesa in quanto non vi può essere necessità di difesa contro un pericolo attuale di una “offesa ingiusta”, se non si è avuta neppure la percezione del pericolo.
Se Placanica avesse sparato contro chi attaccava il Defender dal lato destro del mezzo forse avrebbe potuto esistere una causa di giustificazione, ma essa non può rinvenirsi nella presente situazione, nella quale Placanica spara alla cieca, con colpo ad altezza d'uomo, non contro chi lo sta minacciando ma contro un soggetto che neppure vede.
Al contrario la condotta di Carlo Giuliani è connotata dalla volontà non già di provocare un danno al Defender o ai suoi occupanti, ma, piuttosto, dall'intenzione di difendere sé stesso e gli altri manifestanti presenti da un male ingiusto e gravissimo.
Carlo Giuliani tenta di disarmare chi da un notevole lasso di tempo sta puntando una pistola ad altezza d'uomo in direzione non di un attacco concreto ed attuale, ma di un pericolo inesistente che Placanica neppure ha percepito.
Carlo Giuliani tenta di difendere sé stesso e gli altri manifestanti dal pericolo di essere colpito da una pallottola; durante questo generoso tentativo viene colpito dal colpo sparato da Placanica.
41
Nessuna causa di giustificazione può essere invocata da Placanica.
2.C – LA FERITA INFERTA A CARLO GIULIANI MORENTE
Nella descrizione del fatto si è diffusamente argomentato in ordine alla vistosa ferita presente sulla fronte di Carlo Giuliani e sulla circostanza che essa venne inferta dopo che egli era stato colpito dal colpo di pistola ed arrotato dal Defender in retromarcia.
Pensiamo non vi siano dubbi su questa circostanza, che purtroppo non è stata oggetto di alcuna seria indagine, nonostante già nell'autopsia la ferita sia stata descritta e commentata.
La realtà fattuale appare dimostrata e ci sembra rilevante, per fugare ogni dubbio, citare alcuni passi della testimonianza del cap. Cappello all'udienza del 20/9/2005 Pag. 71 (doc. 45):
Teste CAPPELLO: <<Guardo ecco, su questa sequenza temporale… cioè non so quanto tempo sia passato, certamente ricordo che arrivò questa ragazza ­ avevano delle calottine credo da volontari, qualcosa del genere – scoprì il capo del ragazzo e ci disse che era deceduto e… io peraltro quando vidi il ragazzo non avevo neanche immaginato che fosse stato colpito da un colpo d’arma da fuoco perché quello che era evidente era il fatto… aveva una sorta di ferita sul capo che poteva essere data da un oggetto contundente, ma non avevo osservato…>>
Pag. 72:
Teste CAPPELLO: <<Allora: perché questa ragazza… noi ci avviciniamo, questa ragazza scopre il capo e c’era questa sorta di ferita ­ mi sembrava quasi a forma di stella ­ sul capo no? che poteva essere data da un oggetto contundente tanto che io pensai che fosse stato colpito… poi non ho immaginato che fosse anche stato ucciso da una pietra, però immaginavo che fosse stato colpito da una pietra e poi successivamente travolto; perché sul fatto che fosse stato travolto ormai avevo la certezza…>>
42
P.M.: <<Quindi lei dice che ha notato un colpo a forma di stella dove? sul capo.>>
Teste CAPPELLO: <<Sul capo. Adesso…>>
P.M.: <<Cioè?>>
Teste CAPPELLO: <<Mi pare sulla fronte, però adesso le dico…>>
P.M.: <<Parte alta del viso.>>
Teste CAPPELLO: <<Sì. Io mi sono avvicinato a 30 centimetri rimanendo in piedi, non è che mi sia piegato…>>
P.M.: <<Ha notato altro?>>
Teste CAPPELLO: <<Ho notato.. c’era una grossa… c’era un oggetto contundente nei pressi, penso che fosse una pietra, qualcosa… poteva rispondere, non lo so, un pezzo di marciapiede, ma… cioè io le dico, io non ho visto…>>
Riteniamo che la circostanza del colpo inferto con un sasso sulla fronte di Carlo Giuliani sia indubbia, mentre il fatto che Carlo Giuliani fosse ancora vivo al momento del colpo inferto con il sasso risulta dall'autopsia e dalla deposizione del dr. Salvi già citata (pag. 74).
Come già scritto il colpo venne inferto nel lasso di tempo intercorrente tra l'arrivo di Polizia e Carabinieri e l'arrivo sul posto dei paramedici, e corrisponde alle foto 34­35 e 36­37; l'autore del fatto non è mai stato individuato, nonostante la ferita fosse stata notata chiaramente da tutti coloro che hanno visto il corpo di Carlo Giuliani riverso sull'asfalto.
L'autore del gesto è senza dubbio un agente o un ufficiale della Polizia di Stato o dei Carabinieri in quanto nessun altro soggetto poteva aver accesso al luogo dopo la “cinturazione” effettuata.
Responsabile della piazza era il Vice Questore Adriano Lauro, che deve pertanto rispondere civilmente del suo comportamento.
Egli infatti, anche in questo caso, non applicò le più comuni norme di sicurezza, evitando di 43
effettuare alcun controllo sul corpo di Carlo Giuliani che, prima di essere finito con una sassata sulla fronte, ancora viveva in quanto il suo cuore non aveva cessato di battere.
Alla luce di quanto sin qui esposto si ritiene che la responsabilità della morte di Carlo Giuliani sia dovuta a tre concause, ai sensi di quanto insegnato dalla citata sentenza della Suprema Corte n. 2085/2012, vale a dire:
­la manovra imprudente ordinata dal Vice Questore Lauro, che portò il contingente a scontrarsi con i manifestanti attestati alla confluenza tra via Caffa e via Tolemaide senza che vi fosse un reale pericolo proveniente da loro, sprovvisto dei mezzi necessari a condurre l'azione (granate lacrimogene) e con la presenza dei due Defender, mezzi inadatti a manovre di ordine pubblico, che non furono di nessun ausilio nell'azione, ma al contrario vennero abbandonati dai Carabinieri in fuga, provocando gli avvenimenti successivi;
­l'esplosione del colpo di pistola da parte di Mario Placanica in assenza di alcuna causa di giustificazione, segnatamente la legittima difesa;
­il colpo inferto da un ignoto agente o ufficiale della Polizia di Stato o dei Carabinieri, che sollevò il passamontagna indossato da Carlo Giuliani riverso al suolo, lo colpì nel centro della fronte con un sasso rinvenuto nei pressi e poi riabbassò il passamontagna.
Qualora si ritenesse che il colpo venne inferto dopo che Carlo Giuliani era già deceduto tale atto non sarebbe concausa dell'evento, ma costituirebbe una autonoma voce di danno.
L'ignoto autore del gesto avrebbe infatti commesso il reato di cui all'art. 410 2° comma c.p. (vilipendio di cadavere aggravato da atti di brutalità).
Vengono citati nel presente giudizio i Ministeri dell'Interno e della Difesa, in quanto tenuti in solido al risarcimento dei danni attesa la qualità dei convenuti Lauro e Placanica di appartenenti rispettivamente alla Polizia di Stato e all'Arma dei Carabinieri; il colpo con il sasso è stato inferto da un soggetto rimasto ignoto, ma anch'egli sicuramente facente parte 44
della Polizia di Stato o dell'Arma dei Carabinieri.
Pertanto tutto ciò premesso, essendo andati vani i tentativi di bonario componimento della vicenda (docc. 47­48), il sott. Proc. Ut supra
CITA
il sig. Adriano Lauro xxxxxxxxxxxxxxxxxxxxxx Roma, il sig. Mario Placanica res. xxxxxxxxxxxxxxxxxxx, il Ministero degli Interni in persona del Ministro pro­tempore domiciliato ex lege presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova, Il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro­tempore domiciliato ex lege presso l'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Genova a comparire avanti al Tribunale di Genova Sez. e G.I. Designandi all'udienza del ore di rito con invito a costituirsi nel termine di venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi e nelle forme stabilite dall’art.166 c.p.c. ed a comparire nell’udienza indicata, innanzi al giudice designato ai sensi dell’art.168 c.p.c. con avvertimento che la costituzione oltre i termini suddetti implica le decadenze di cui agli artt. 38 e 167 c.p.c., oltre alla dichiarazione di contumacia, per ivi sentir accogliere le seguenti
CONCLUSIONI
Piaccia al Giudice Ill.mo adito, contrarijs rejectis così GIUDICARE
1) Dichiarare Lauro Adriano e Placanica Mario, nelle rispettive qualità, responsabili della morte di Carlo Giuliani, avvenuta a Genova in data 20/7/2001 previa eventualmente ogni necessaria declaratoria, in particolare l'accertamento in sede civile della commissione dei reati di cui agli artt. 575c.p. o 402 c.p. o altri che si vorranno ravvisare.
2) Condannarsi Lauro Adriano, Placanica Mario, il Ministero degli Interni in persona del Ministro pro­tempore e il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro­tempore a 45
risarcire agli attori tutti i danni causati dalla morte del proprio figlio e fratello, ivi compreso il danno tanatologico, nella misura che verrà indicata in corso di causa.
IN SUBORDINE: Qualora si ritenesse che il colpo con il sasso venne inferto dopo il decesso di Carlo Giuliani, condannarsi il solo Lauro Adriano, il Ministero degli Interni in persona del Ministro pro­tempore e il Ministero della Difesa in persona del Ministro pro­
tempore al risarcimento del danno dovuto agli attori per la commissione del reato di cui all'art. 410 2° comma c.p.
IN VIA ISTRUTTORIA: ci si riserva ogni ulteriore deduzione e produzione all'esito dell'esame delle difese avversarie.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari.
Si allegano i seguenti documenti:
1) Video
2) Sentenza del Tribunale di Genova 14/12/2007
3) Sentenza della Corte d'Appello di Genova 9/10/2009
4) Piantina città di Genova – zona via Tolemaide
5) Foto minuto 03.39
6) Foto minuto 03.43
7) Foto minuto 03.47
8) Foto minuto 03.51
9)Foto minuto 05.55
10) Foto minuto 06.03
11) Foto minuto 06.07
12) Foto minuto 06.11
13) Foto minuto 06.15
46
14) Foto al minuto 06.15 con ingrandimento
15) Foto al minuto 06.40 16) Foto al minuto 06.44
17) Foto al minuto 08.08 18) Foto al minuto 08.40 18bis) 08.40 con ingrandimento
19) Foto al minuto 09.04
19bis) 09.04 con ingrandimento
20)
Foto al minuto 09.23
20bis) Foto al minuto 09.23 con ingrandimento
21) Foto al minuto 09.54 22) Foto al minuto 10.57
23) Foto al minuto 11.07 24) Foto al minuto 11.32 25) Foto al minuto 11.36
26) Foto al minuto 11.40
27) Foto al minuto 11.44
28) Foto al minuto 11.48
29) Foto al minuto 11.52
30) Foto al minuto 11.56
31) Foto al minuto 12.00 32) Autopsia con allegati
33) Verbale udienza 4/10/2005 proc. n. R.G. n. 583/04 Tribunale di Genova pag. 63­65; video min. 17,27
47
34)
Foto al minuto 12.40
35)
Foto al minuto 12.40 ingrandita
36)
Foto al minuto 12.51
37)
Foto al minuto 12.55 ingrandita
38)
Verbale udienza 26/4/2005 proc. n. R.G. n. 583/04 Tribunale di Genova pag. 31­32­ 23 ­66 – 91 – 103 ­ 104(Lauro)
39) Verbale udienza 10/5/2005 proc. n. R.G. n. 583/04 Tribunale di Genova pag. 94­95­
108­109 (Lauro)
40)
Foto al minuto 13.20
41)
Verbale udienza 4/10/2005 proc. n. R.G. n. 583/04 Tribunale di Genova pagg. 55­56 (Salvi) 42)
Audizione parlamentare del comitato paritetico 8/8/2001 (De Gennaro)
43) Relazione tecnica Professoressa Donatella Della Porta
44)
Verbale udienza 15/03/05 proc. n. R.G. n. 583/04 Tribunale di Genova pag. 101 (Mirante) 45)
Verbale udienza 20/9/2005 proc. n. R.G. n. 583/04 Tribunale di Genova (Cappello) Pag. 87­ 71 – 72
46) Verbale udienza 1/6/2007 proc. n. R.G. n. 583/04 Tribunale di Genova pagg. 79, 87, 91 (Placanica) 47) Racc. AR 15/6/2006 Avv. Pagani/Placanica, Lauro, Min. Interni, Min. Difesa
48) Racc. AR 28/3/2011 Avv. Pagani/Placanica, Lauro, Min. Interni, Min. Difesa
Genova, settembre 2012
Si dichiara che il valore della presente causa è indeterminabile.
48
Avv. Gilberto Pagani Avv. Ezio Menzione Avv. Nicolò Paoletti Avv. Dario Rossi DELEGA – deleghiamo a rappresentarci e difenderci in ogni fase e grado del presente giudizio gli Avvocati Gilberto Pagani, Ezio Menzione, Nicolò Paoletti e Dario Rossi, conferendo loro tutti i poteri di cui all'art. 84 c.p.c. compreso quello di transigere, farsi sostituire e chiamare terzi in causa. Eleggiamo domicilio presso e nello studio dell'Avv. Dario Rossi in Genova Piazza Cattaneo, 26/11.
GIULIANI Giuliano GAGGIO GIULIANI Adelaide 49
ELENA GIULIANI Per autentica
Avv. Gilberto Pagani Avv. Ezio Menzione Avv. Nicolò Paoletti Avv. Dario Rossi 50