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21 luglio 2006 delle ore 10:01
fashion
Albino D’Amato
Architetto, designer, ora stilista. Preparato e umile, interprete di uno stile di vita fatto di segni
precisi. Ritratto di un giovane progettista. Che ha cominciato disegnando automobili. E ora in
passerella Albino mostra una donna rigorosa...
La precarietà solca il mondo delle professioni,
in special modo quelle legate ai linguaggi
contemporanei.
L’Italia è un paese anziano, dove un dottore di
ricerca ha trenta anni, un giovane designer
quaranta, un giovane scultore, per pudore,
under quaranta. Una veloce lettura di questo
dato avvalora la scelta di occuparci di un
giovane stilista, bravo, umile e non uscito da
qualche scuola inglese con il pedegree griffato.
Albino D’Amato è romano, ha trentuno anni e
da almeno due è oggetto dell’attenzione degli
addetti ai lavori più meticolosi. Lo incontriamo
allo Studio Next e subito ci colpisce la
sostanziale semplicità del suo aspetto.
La moda è l’ultimo approdo al quale Albino è
giunto dopo aver esercitato fatica e passione sia
nel campo dell’architettura che in quello del
disegno industriale. Ha studiato architettura a
Roma e poi, per un anno, design a Torino, dove
ha lavorato con quello che fino all’altro ieri era
una delle eccellenze della ricerca progettuale,
il centro stile Fiat.
Queste esperienze hanno consolidato la sua
capacità di disegnare e la sicurezza del gesto.
Trasferitosi a Parigi, di anni allora ne aveva
venti, frequenta dei corsi di stilismo presso
l’École de la Chambre Syndicale de la Couture.
Da qui comincia il suo percorso nel mondo della
moda. Nell’albero genealogico di Albino non
ci sono aziende di famiglia o sorelle con la
passione del taglio&cucito, eppure il ragazzo
un pò architetto un pò designer, comincia a
lavorare per Emmanuel Ungaro.
La diversità del background che per certo si è
rivelata un sensibile differenziale, Albino la
interpreta come un penalty variabile, forse
legato alla cronologia d’ingresso sulla “piazza”.
Affianca all’impegno in maison collaborazioni
e consulenze sia in terra di Francia che a casa.
Prima con Guy Laroche, Lolita Lempicka ed
Emilio Pucci, poi, una volta rientrato in Italia,
con i big Dolce & Gabbana e Giorgio Armani.
del servizio.
Ma parliamo di prodotto. In passerella Albino
mostra una donna rigorosa, esprimendo la
tensione alla perfezione tipica del mondo che
aveva frequentato a Roma e Torino. Limitare il
dettaglio è una regola aurea, e il suo metodo
caparbio prevede il seguire le idee fino in fondo,
senza ripensamenti, radicale. Nei vestiti di
D’Amato non c’è nostalgia, ma ammirazione
del passato. L’ansia del non dimenticare, del
rivedere generi e stile.
La capacità di rielaborare gli stili del costume
lo portano ad ammettere con onestà intellettuale
e professionale candore il rispetto e la stima
verso gli anni ‘80 di Romeo Gigli e il lavoro di
Ghesquiere per Balenciaga.
Alla nostra richiesta di individuare una
comunità di riferimento, Albino non nasconde
l’amore per la musica e per l’arte
contemporanea, e allora ecco i nomi di
Morrisey, Kate Bush, Depeche Mode, e poi
Mapplethorpe.
Alla fine ci congediamo tra un denuncia e un
desiderio. “La moda deve ritornare al sogno,
allo stile, basta con quei giornali pieni di
ragazze su set improvvisati e vestiti di
magliette...”. Mettendosi a pensare ed a
lavorare sulla sua prossima collezione Uomo,
Albino ci saluta così.
Gioco, partita, incontro: largo ai giovani!
M2
*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 30.
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indice dei nomi: Giorgio Armani, Emilio
Pucci, Depeche Mode, Mapplethorpe, Romeo
Gigli, Balenciaga, Rossi
La moda disegnata e marchiata Albino nasce
nel 2004, anche grazie all’aiuto del suo socio
in affari Gianfranco Fenizia, di professione
interior designer. Nel 2005 arriva la vittoria al
concorso indetto da Vogue e dalla Camera della
Moda “Who’s On Next?”: questo determina una
notevolissimo aumento di lavoro e visibilità del
marchio, ma anche imposto una maggior qualità
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