Leggi un estratto della ricerca "Nella nostra tavola cosa c`è"

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Leggi un estratto della ricerca "Nella nostra tavola cosa c`è"
“Nella nostra tavola cosa c'è?”
Ricerca qualitativa sull'abitudine alimentare dei bambini stranieri e delle loro famiglie condotta
presso la scuola elementare “Mario Poledrelli” di Ferrara, a. s. 2011/2012.
Tredesini Barbieri T.D. & Brandalesi E.
Abstract
L’obiettivo dello studio consiste nel comprendere come i bambini, appartenenti a famiglie migranti,
adattano le abitudini alimentari della propria cultura con quelle italiane.
Per condurre la ricerca ci si è ispirati al metodo etnografico e si sono condotte interviste semistrutturate a un campione di popolazione suddiviso in 4 gruppi: 44 bambini e 40 genitori migranti
(tra cui: albanesi, rumeni, moldavi, ucraini, cinesi, nigeriani, marocchini, filippini, camerunensi, una
famiglia curdo-ecuadoriana e una brasiliano-cinese), 19 insegnanti di scuola elementare e 2
addetti alla mensa, per un totale di 105 soggetti. L’analisi del materiale raccolto ha messo in
evidenza un’elevata preferenza degli alunni stranieri per la pasta e la pizza, mentre sono poco
apprezzate le verdure e i formaggi. In particolare lo scarso apprezzamento delle verdure sembra
sia dovuto al fatto che i genitori non abituano i figli a consumare quelle presenti sul nostro territorio,
in quanto molto differenti rispetto a quelle del Paese di provenienza. Questo comportamento si è
rilevato nei gruppi famigliari di cinesi, nigeriani e nella famiglia camerunense.
Per quanto riguarda i formaggi, essi non vengono apprezzati tendenzialmente dai bambini cinesi,
marocchini e ucraini. In Cina tale alimento non fa parte della loro abitudine alimentare e
l’intolleranza al lattosio nella popolazione è pari al 90%, come rilevato in alcune ricerche
scientifiche. In Ucraina i formaggi hanno un gusto molto diverso da quelli italiani, perché usati sia
per piatti salati, che per dolci. In Marocco, nelle aree urbane, il formaggio ha un costo molto
elevato, perciò è considerato un alimento di lusso, quindi si suppone che le famiglie intervistate
non potevano acquistarlo e consumarlo.
A questo proposito, un altro cibo citato dai soggetti e ritenuto costoso nel proprio Paese, ma
mangiato in Italia in abbondanza, è la frutta tropicale, molto apprezzata dai bambini moldavi e
ucraini intervistati. Altri alimenti molto apprezzati, anche dai nigeriani, sono l’ananas e la
banana, abitualmente disponibili nelle mense scolastiche, forse perché sono i tipi di frutta
consumati a casa e privilegiati dai genitori in ricordo del loro Paese.
Inoltre dallo studio è emerso che i bambini stranieri scelgono alcuni cibi italiani perché
rammentano loro le pietanze dei Paesi d’origine. Questo aspetto si è riscontrato negli alunni cinesi
(che a scuola preferiscono gli spaghetti e il riso) e nei bambini moldavi, i quali hanno espresso
molto gradimento per le verdure, molto usate nei loro piatti tradizionali.
Nelle interviste con i genitori è emerso che il mantenimento delle proprie abitudini alimentari
è favorito dalla presenza sul nostro territorio, dei negozi multiculturali, i quali permettono alle
famiglie straniere di ritrovare in parte i loro cibi e, nello stesso tempo, di soddisfare sentimenti
nostalgici verso alcuni prodotti della loro terra. Nello studio le famiglie che sembrano
maggiormente interessate a voler mantenere le propria cucina sono state: le moldave, le
ucraine, le cinesi, le nigeriane, le marocchine, la famiglia brasiliano-cinese e quella camerunense.
In particolare si sono riscontrate rilevanti influenze famigliari nei bambini marocchini e cinesi. I
primi hanno affermato nelle interviste che non mangiano la carne di maiale e quella non halal, per
motivi religiosi trasmessi dai genitori. I cinesi sembra abbiano un approccio di chiusura verso il
contesto ospite, espresso anche attraverso i pasti a scuola (tendono a mangiare poco, come
hanno sostenuto i genitori). A prescindere dalle influenze famigliari, è emerso nella ricerca che
questi alunni spesso vengono mandati dai nonni in Cina quando i genitori, per motivi di lavoro, non
riescono a prendersene cura: una modalità che tende a non stimolare il bambino a conoscere il
nuovo ambiente e a mantenere sentimenti nostalgici verso la propria patria.
Le famiglie analizzate hanno affermato che, dopo la fase migratoria, vi sono stati dei cambiamenti
nelle loro abitudini alimentari, determinate in particolare da (in ordine decrescente):1) la nascita o il
ricongiungimento dei figli; 2) il tempo di permanenza nel nostro territorio; 3) il livello culturale dei
genitori; 4) il tipo di lavoro svolto; 5) i gusti personali; 6) la credenza che i cibi italiani siano più
salutari rispetto a quelli di origine.
Dalle considerazioni sopra citate, si conclude che la tendenza dei bambini a mescolare le pietanze
italiane con quelle della propria cultura, è determinata da molteplici fattori, tra cui (in ordine di
importanza): 1) fattori familiari; 2) fattori ambientali (del Paese di origine e/o di quello ospitante); 3)
dal mantenimento e/o cambiamento delle abitudini alimentari delle famiglie nella fase postmigratoria; 4) fattori personali; 5) dalla nascita in Italia o dal tempo di arrivo nel nostro Paese; 6) da
fattori economici.