I templi di Paestum - Sebastiano Inturri

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I templi di Paestum - Sebastiano Inturri
I templi di Paestum
Paestum è una città ormai disabitata, in provincia di Salerno. Fu fondata intorno al
600 a.C. dai Greci, i quali la chiamarono inizialmente Poseidonia, perché dedicata a
Poseidone (nome greco del dio del mare, Nettuno).
L’origine dei Greci è avvolta nel mistero. È certo che originariamente essi erano
divisi in diverse stirpi (Achei, Dori, Eoli, Ioni) stanziate più a nord della terra che
poi loro occuparono in successive immigrazioni. Tale terra fu da essi chiamata
Ellade, mentre dai Romani fu chiamata Grecia.
Il territorio greco, difficilmente attraversabile perché molto montuoso, e il carattere
molto frastagliato delle coste ricche di insenature e golfi, favorirono la propensione
dei Greci a preferire, per i loro spostamenti, il mare. Essi fondarono sul
Mediterraneo molte colonie; nel Sud-Italia la zona occupata prese il nome di
“Magna Graecia”, perché rappresentava come un’estensione dei confini dello Stato
colonizzatore. Tra le località italiane fondate dai Greci ricordiamo: Taranto,
Metaponto, Sibari, Napoli, Agrigento, Siracusa e, appunto, Poseidonia.
Nel 400 a.C. la città fu occupata dai Lucani, popolazione italica. Tale dominazione
durò fino al 273 a.C., anno in cui divenne una colonia romana col nome latino di
Paestum.
Nel 500 d.C. circa la città fu abbandonata perché infestata dalla malaria.
Paestum fu riscoperta nel 1752 per caso, durante la costruzione della statale n° 18.
Fig. 1
I Greci immaginarono gli dèi in cui credevano come delle
persone di grandi dimensioni corporee, perfette ed
immortali.
A Paestum resistono, ben conservati fino ai nostri giorni,
tre templi, che vedremo uno per uno.
Il tempio veniva eretto in onore di un dio o una dea.
Concepita la divinità in forma umana, era necessario
provvedere a una dimora, simile a quella umana, ma più
bella e più ricca, il tempio appunto. I primi templi greci non
sono arrivati fino a noi a causa dei materiali poco resistenti
impiegati (tra cui il legno). A partire dal VII secolo a.C.,
invece, si comincia a utilizzare solo la più durevole pietra.
Il tempio ha una pianta rettangolare. Il suo nucleo è
costituito dalla cella (I, cfr. figura n° 1) alla quale potevano
accedere solo i sacerdoti; spesso all’interno della cella ci
sono due file di colonne. La cella è preceduta da uno spazio
delimitato da due o più colonne, che prende il nome di
pronao (II); esso è il punto di passaggio tra il “sacro” (la
cella) e il “profano” (l’esterno della cella). Dal lato opposto
al pronao c’è l’epinao (III), che non è comunicante con la
cella e ha solo una funzione di distribuzione simmetrica
dello spazio. Il resto del tempio, che circonda le parti
suddette, è il peristilio (IV), che era lo spazio riservato ai
fedeli; esso era in genere attraversato da una o due file di
colonne. Il tetto era di legno coperto con tegole di
terracotta, materiali poco resistenti, e questo è il motivo per
cui tutti i templi sono giunti a noi privi di tetto.
Fig. 2
Nei vari periodi si sono succeduti diversi stili od ordini architettonici. Il primo in ordine di
tempo, e anche quello predominante a Paestum, è quello dorico. Esso è caratterizzato da una
colonna senza base, con il fusto solcato da scanalature (cfr. figura 2). La parte superiore
della colonna, su cui poggia la trabeazione, prende il nome di capitello. Il capitello dorico è
formato da due elementi: quella superiore, avente forma di un mattone, è detta abaco, mentre
quella sottostante, avente forma di un disco che si restringe verso il basso, è chiamata echino.
Nell’ordine dorico la trabeazione è formata da un architrave liscio e dal fregio. Quest’ultimo è
formato da metope e triglifi alternati. Sopra la trabeazione sta il frontone, che ha una forma di
triangolo isoscele.
Basilica
Il più antico tempio di Paestum è la cosiddetta Basilica (v. foto), la cui costruzione risale alla
metà del VI secolo a.C. Si consideri anzitutto che il nome “Basilica” è improprio. Tale nome
fu imposto dagli studiosi del XVIII secolo, che, tratti in inganno da alcune caratteristiche
strutturali, credevano si trattasse di una basilica e non di un tempio (nel mondo antico
“Basilica” era la sede di alte magistrature o luogo di affari o giustizia). Adesso si è stabilito
con certezza che si tratta di un tempio dedicato a Hera (nome greco di Giunone), ma per
convenzione si continua a chiamarla Basilica. Il tempio è orientato, come tutti i templi greci,
da ovest verso est.
Tempio di Cerere
Il secondo tempio in ordine di tempo è quello di Cerere, costruito verso la fine del VI
secolo a.C., quindi mezzo secolo dopo la Basilica. Una sua caratteristica è il frontone alto. Il
pronao aveva otto colonne con capitelli ionici; di esse sono rimaste solo le basi, mentre due
capitelli superstiti sono custoditi nel Museo locale; essi sono i più antichi di stile ionico
finora rinvenuti in Italia.
Tempio di Nettuno
Il tempio più recente dei tre è quello di Nettuno (o di Poseidone). La sua costruzione risale
alla metà del V secolo a.C., mezzo secolo dopo quello di Cerere. Per la scoperta di alcuni
indizi si è potuto stabilire che questo tempio era dedicato ad Hera, ma per tradizione si
continua a chiamarlo tempio di Poseidone (o di Nettuno: Poseidone è il nome greco di
Nettuno).
Tecnica costruttiva
Interessante è la conoscenza della tecnica costruttiva di questi maestosi monumenti, specie se si
considera che a quei tempi non esistevano i potenti mezzi moderni. Il sistema costruttivo consiste
sostanzialmente in blocchi di pietra sovrapposti. La sovrapposizione era eseguita alla perfezione, e
ciò rendeva possibile che la struttura si reggesse benissimo anche senza l’uso di malte. Soltanto più
tardi vennero usati, tra un blocco e l’altro, dei perni metallici. L’esecuzione dei templi di Paestum
fu talmente perfetta da superare anche il terribile terremoto del 69 a.C. che distrusse Pompei. I
blocchi di pietra che formano i templi di Paestum pesano, ognuno, dai 20 ai 30 e più quintali
ciascuno. Per il trasporto dalle cave venivano impiegati delle piattaforme di legno che scorrevano
su pali distesi sul suolo; le piattaforme erano trainate da buoi. Per il sollevamento si usavano delle
rampe di legno poco inclinate (20° al massimo), sulle quali uomini o animali trascinavano i blocchi
di pietra. Per sollevare i blocchi ad altezze elevate si usavano delle macchine identiche a quelle che
gli Egiziani adoperavano da secoli per sollevare blocchi anche venti volte più pesanti di quelli dei
templi di Paestum. Si trattava di macchine basate sul principio della bilancia: esse erano costruite
con gigantesche travi di legno legate tra loro a formare dei tralicci (identici a quelli usati per le
nostre moderne gru, con la differenza che anziché di ferro erano di legno). Ad un’estremità veniva
legato il carico di uno o più blocchi da sollevare; all’altra estremità pendeva una zavorra
consistente in numerose piccole pietre dal peso complessivo di poco inferiore a quello del carico.
Dopo aver completato la messa in opera di tutti i blocchi, si ponevano le statue nel frontone e
nelle metope; dopo di che si iniziava la copertura del tempio. Infine tutte le parti esposte,
comprese le sculture, le cornici, i capitelli e le colonne, venivano accuratamente stuccate e
tinteggiate.
Altri resti
Oltre ai templi, che rappresentano sicuramente la parte più spettacolare, a Paestum sono
presenti anche resti di altri edifici; tra questi: il Foro (sec. III a.C.); le Terme di Marco
Tullio Venneiano (sec. III d.C.); il Teatro italico (sec. I a.C.); il Macellum (sec. I a.C.), che
era il mercato coperto del Foro; il Teatro all’aperto (460 a.C.); il Tempio della Pace (sec. II
a.C.); il Ginnasio (sec. II a.C.), cioè la palestra; l’Anfiteatro (sec. I d.C.). Due km a nord di
Paestum c’è una necropoli (cimitero) preistorica, del 2000 circa a.C.
Le foto sono state scattate a novembre 2006
Sebastiano Inturri