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Cari Amici,
ma stiamo veramente dando i numeri?
In Inghilterra, nella stazione ferroviaria di una cittá (Rochester) c’era dipinto su un
muro un grande quadro di S. Giovanni Evangelista. La direzione delle Ferrovie l’ha
fatto CANCELLARE perché “disturbava la sensibilitá dei passeggeri non cristiani”.
Nella stessa Inghilterra, pochi giorni fa è stata
VIETATA una pubblicitá per un film che includeva la recita del Padre Nostro. E perché
è stata vietata? “Per non offendere la sensibilitá dei non cristiani”, è stato detto dai
responsabili.
A Firenze i bambini delle terze classi della scuola elementare “Matteotti” dovevano
andare a visitare una mostra intitolata “Bellezza Divina”, dove erano esposti quadri di
grandissimi artisti di fama mondiale, quali Picasso, Chagall, Van Gogh, Matisse,
Fontana, Munch. Ebbene, all’ultimo momento, la Scuola ha ANNULLATO tutto.
Niente mostra. E perché? Perché i crocifissi presenti nei vari quadri esposti
avrebbero urtato i bambini non cristiani: “visto il tema religioso della mostra, non si
vuole urtare la sensibilitá delle famiglie non cattoliche”; questa la spiegazione.
In Piemonte (Torino-Leiní: 15.000 abitanti) il direttore scolastico di una scuola
elementare VIETA la Sacra Rappresentazione del Natale, ancora una volta “per non
offendere la sensibilitá” delle famiglie di altre religioni e dei non credenti.
A Bergamo una scuola ha vietato di cantare Adeste Fideles perché il canto è "troppo
cristiano".
A Rossano (Milano), il concerto di Natale è stato CANCELLATO e il crocifisso
RIMOSSO, “per non offendere i musulmani”. Non solo, ma anche la parola “Natale” è
stata ELIMINATA. La “Festa di Natale” si chiamerá “Festa dell’Inverno” e sará
spostata al 21 Gennaio.
A Caorso (Piacenza) aboliti i presepi, i re magi, le stelle comete o la stalla di
Betlemme, per non offendere i bambini musulmani.
A quando la distruzione delle Chiese che si trovano sulle strade o nelle piazze, per
non “turbare”, per non “offendere”, per non “urtare” la sensibilitá dei passanti
musulmani?
Che tristezza!
È insensata la scelta di chi, per rispettare altre tradizioni o confessioni religiose,
pensa di cancellare il Natale o di trasformarlo nella “festa dell’inverno”, cadendo nel
ridicolo. Tali decisioni non stanno nè in cielo nè in terra. E la nostra cultura? E le
nostre tradizioni? Quando uno va in un’altra nazione deve rispettare le leggi, le
usanze e le tradizioni del popolo che lo ha accolto.
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È da stupidi voler imporre il proprio modo di vivere a milioni di cittadini che da secoli
vivono in pace secondo la loro civiltá; o peggio ancora, è da matti pretendere che il
popolo che lo ha accolto rinunci alle proprie tradizioni e alle proprie usanze e al
proprio stile di vita, solo perché lui “si sente disturbato”.
Se si sente “disturbato” o “a disagio” o “offeso” puó tornare nella sua terra; nessuno
lo costringe a rimanere! Per fortuna non tutti la pensano così. Spesso, in tante
scuole, sono proprio i bimbi non cristiani che ogni Natale, quando preparano il
biglietto di auguri per i genitori, scelgono di disegnare il presepe, affascinati dalla
capanna, dalla cometa e inteneriti dal Bambinello. I bambini di ogni nazionalità sono
innocenti, non sono “politicizzati” come i grandi; non sono pieni di “odio” contro
persone di altre religioni o di altre idee o di altri convinzioni, come lo sono i grandi.
Non sono i bambini che “si offendono”, o rimangono “disturbati” a sentire “Tu scendi
dalle stelle” o a vedere un presepe o un crocifisso, ma sono i grandi, pieni di odio
non solo verso il prossimo ma anche verso altre religioni, e… scaricano tutto sui
bambini!
Con questo passo, calpestando ogni tradizione cristiana in Italia e in Europa,
cacciando Dio da ogni posto pubblico, cacciando l’amore da tutto, andrá a finire che
si avvereranno le profezie di Baba Vanga, la veggente bulgara, cieca dall'età di dodici
anni e morta
nel 1996 dopo 50 anni dedicati alla chiaroveggenza. Prima di morire aveva fatto una
previsione anche per l'anno appena iniziato: proprio il 2016. Secondo la veggente, “ci
sarà un'invasione dell'Europa da parte degli estremisti musulmani, che utilizzeranno
anche armi chimiche. A seguito di questo attacco, l'Europa cesserà di esistere”.
Parole che spaventano e che chi l'ha incontrata poco prima di morire conferma.
A Baba Vanga la storia ha dato ragione molte volte: ad esempio, si è avverata la sua
previsione dello tsunami del 2004, l'attentato dell'11 settembre in America, il
conflitto in Siria, il disastro di Chernobyl e molti altri. Tra l’altro (e per curiositá), per il
futuro la veggente ha "visto" che:
* La Cina diventerà una potenza mondiale nel 2018.
* Il problema della fame nel mondo sarà sconfitto tra il 2025 e il 2028 (speriamo
bene!).
* Le calotte glaciali si scioglieranno nel 2045.
* Gli Stati Uniti lanceranno un attacco ai musulmani d'Europa, usando delle armi
inedite.
* Tra il 2170 e il 2256 un gruppo di terrestri su Marte vorrà rendersi indipendente
dalla Terra.
* La Terra sarà inabitabile a partire dal 2341.
E altro ancora!
Che Dio ci protegga e ci benedica.
Un caro saluto
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Secondo la cultura ebraica i ragazzi diventavano maggiorenni all‘etá di 12 anni. Gli
Ebrei piú praticanti, a quella etá avevano il dovere di fare ogni anno, a Pasqua, il
Pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme. I ragazzi, in occasione del loro primo
pellegrinaggio al Tempio di Gerusalemme al raggiungimento dei 12° anno, dovevano
sostenere un esame di raggiunta “maggiore etá” religiosa. Il candidato si presentava
davanti alle autoritá religiose del Tempio e sosteneva l’esame. Anche Gesú fu
sottoposto all’esame di maggiore etá religiosa. Ecco come si svolsero i fatti (che il
Vangelo non racconta, ma che sono ugualmente veri e storici)
“Era Primavera. In quel periodo di festa della Pasqua, il Tempio era strapieno di
gente. Folla che entrava dalle porte delle mura che portavano dentro la cittá di
Gerusalemme; gente che attraversava i cortili, gli atri e i portici del Tempio. Ad un
certo punto entra anche la comitiva della famiglia di Gesú, cantando quasi sottovoce
alcuni salmi: prima, tutti gli uomini, poi le donne. A loro si sono uniti anche altre
persone, forse di Nazareth, forse amici di Gerusalemme. Dopo aver adorato tutti
insieme l’Altissimo, le donne rimangono un po’ indietro, mentre Giuseppe si separa
da loro e, col figlio Gesú, gira verso una grande sala che somiglia ad una sinagoga.
Parla con un giovane e questo scompare dietro una tenda; poi ritorna con dei
sacerdoti anziani, maestri nella conoscenza della Legge di Mosé e autorizzati, perció,
ad esaminare i fedeli. Giuseppe e Gesú si inchinano profondamente alla loro
presenza. Dopo che i 10 dottori della Legge di Mosé si sono seduti dignitosamente su
certi sgabelli di legno, Giuseppe presenta a loro Gesú. Dice: “Ecco, questo è mio
figlio. Da poco piú di 3 mesi è entrato nel tempo che la Legge stabilisce per essere
maggiorenni. Egli mostra di esserlo, ma io voglio che lo sia anche secondo la Legge
di Dio. Vi prego quindi di esaminarlo benignamente e giustamente, per accertare che
egli sia uscito dalla fanciullezza e dall’etá minore e che io dica la veritá. Io l’ho
preparato per questo momento e per questa sua dignitá di essere un vero figlio di
Israele. Egli conosce i precetti, le tradizioni, le decisioni; egli sa recitare le preghiere
e le benedizioni quotidiane. Egli, quindi, conoscendo la Legge di Mosé in se stessa e
nelle sue 3 principali interpretazioni, puó essere considerato un uomo e vivere
responsabilmente. Perció io desidero essere liberato dalla resposabilitá delle sue
azioni e dei suoi peccati. D’ora in poi mio figlio sia soggetto ai precetti di Dio e
sconti da solo le pene per eventuali mancanze contro di essi. Esaminatelo”.
“Lo faremo. Vieni avanti, fanciullo. Il tuo nome?”
“Gesú di Giuseppe di Nazareth”.
“Nazareno… Sai dunque leggere?”
“Sì, rabbi. So leggere le parole scritte e anche quelle che sono chiuse nelle parole
stesse”.
“Cosa vorresti dire, non capisco!”.
“Voglio dire che capisco anche il significato delle parole e dei simboli che si
nascondono sotto l’apparenza delle parole, cosí come la perla che non si vede, ma che
è dentro la conchiglia brutta e chiusa”.
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“Risposta non comune, ma molto saggia. Raramente si sente dire queste cose da
persone adulte; in un ragazzo, poi, e “nazareno” per giunta…”.
L’attenzione dei 10 maestri si fa piú sveglia. I loro occhi non perdono un istante il bel
fanciullo biondo che li guarda sicuro, senza spacconeria, ma anche senza paura.
“Tu fai onore al tuo maestro, che certamente deve essere assai dotto e preparato”.
“La Sapienza di Dio era depositata nel suo cuore giusto”.
“Ma udite udite! Te felice, padre di tal figlio”.
Giuseppe, che è in disparte, in fondo alla sala, sorride e fa un inchino.
Poi i 10 maestri danno a Gesú 3 rotoli diversi, dicendo: “Leggi quello legato dal
nastro dorato”.
Gesú apre il rotolo e legge. Sono i dieci comandamenti. Ma dopo le prime parole, un
maestro-giudice, gli toglie di mano il rotolo e dice: “Continua a memoria”.
Gesú li dice cosí sicuro che pare che legga. Ogni volta che nomina il “Signore” si
inchina profondamente.
“Chi ti ha insegnato ció? Perché lo fai?”
“Perché quel nome è santo e va pronunciato con rispetto non solo internamente ma
anche esternamente. Al re, che è re per breve tempo, i sudditi si inchinano; eppure
quel re è soltanto polvere. Al Re dei re, all’Altissimo Signore d’Israele, presente
anche se non visibile se non allo spirito soltanto, non si dovrá inchinare ogni creatura
che da Lui dipende, come suddito eterno?”.
“Bravo!”. Poi chiamano Giuseppe e gli dicono: “Uomo, noi ti consigliamo di fare
istruire il tuo figlio dal grande Rabbí Hillel o Gamaliele. Tuo figlio è soltanto un
nazareno…, ma le sue risposte mostrano che egli puó diventare un grande Maestro
della Legge di Mosé”.
“Mio figlio è maggiorenne”, rispose Giuseppe, Fará secondo il suo volere. Io non lo
contrasteró in niente, se i suoi voleri saranno onesti”.
“Fanciullo, ascolta. Tu hai detto: <Ricordati di santificare le feste (il Sabbath) non
solo per te, ma anche per tuo figlio, tua figlia, il tuo servo, la tua serva. Persino il tuo
asino non devo lavorare di Sabato>. Ora dimmi: se una gallina depone un uovo di
sabato o una pecora partorisce di sabato, è lecito tenere il frutto del loro ventre,
oppure deve essere distrutto, perché considerato un obbrobrio agli occhi di Dio?”.
“Io so che molti Rabbi, per ultimo il vivente Rabbi Sciammai, dicono che l’uovo
deposto di sabato è contrario al precetto. Ma Io penso che una cosa è l’uomo e una
cosa è l’animale. Se io obbligo l’animale a lavorare di sabato, io pecco due volte, per
me e per l’animale, perché io impongo all’animale con la sferza di lavorare. Ma se
una gallina depone l’uovo giá maturo nell’ovaia, o una pecora partorisce il figlio, di
sabato, perché ormai è maturo per nascere, ció non è peccato; né sono abominevoli
agli occhi di Dio l’uovo o l’agnello deposti”.
“E perché? Non è detto che tutto e ogni lavoro, di sabato, è peccato?”.
“Dovete sapere che il generare corrisponde alla volontá del Creatore; il generare è
regolato da leggi date da Dio ad ogni creatura. Ora la gallina non fa che ubbidire a
quella legge, che dice che dopo tante ore di formazione, l’uovo è completo e va
deposto; e la pecora pure, non fa che ubbidire a quelle leggi volute da Colui che tutto
creó, il quale stabilí che due volte l’anno, in primavera e in autunno le pecore si
accoppiassero per dare poi, a suo tempo, latte, carne e formaggi sostanziosi. Se
dunque una pecora, giunto il suo tempo, depone il suo nato, anche di sabato, oh!
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Questo puó essere considerato sacro e anche portato all’altare, perché è frutto di
ubbidienza al Creatore”.
“Io non lo esaminerei oltre. La sua sapienza è superiore alla sapienza degli adulti e
stupisce”.
“No, no! Lui ha detto di essere capace di capire e spiegare anche i simboli.
Udiamolo”.
“Prima dica un salmo, le benedizioni e le preghiere”. “Si!, ma dica anche i precetti”.
Gesú dice con sicurezza una sfilza di precetti: “non fare questo…, non fare quello…”
“Basta. Apri il rotolo legato col nastro verde”.
Gesú apre e comincia a leggere.
“Piú avanti, piú avanti…”
Gesú ubbidisce.
“Basta. Leggi e spieghi se ti pare che ci sia un simbolo”.
“Nella Parola Santa, raramente manca il simbolo. Siamo noi che non lo sappiamo
vedere e applicare. Leggo: “Safan, scriba, continuando a parlare al re, disse: <Il
sommo sacerdote Elcia mi ha dato un libro>. Avendolo Safan letto alla presenza del
re, il re udite le parole della Legge del Signore si stracció le vesti e poi diede
quest’ordine: Andate a consultare il Signore per me, per il popolo, per tutto Giuda,
riguardo alle parole di questo libro che si è trovato, perché la grande ira di Dio si è
accesa contro di noi a causa dei padri nostri che non ascoltarono le parole di questo
libro, in modo da seguirne le prescrizioni…”.
“Basta. Il fatto avvenne molti secoli lontano da noi. Quali simbolo trovi in un fatto di
cronaca antica”.
“Trovo che non vi è tempo per ció che è eterno. Ed eterno è Dio, eterna è l’anima
nostra, eterni sono i rapporti tra Dio e l’anima. Perció, ció che aveva provocato il
castigo in quel tempo, è la stessa cosa che provoca i castighi ora e uguali sono gli
effetti della colpa”.
“Cioè?”
“Israele non segue piú la Sapienza, la quale viene da Dio. È a lui, e non ai poveri
uomini, che bisogna chiedere luce, e luce non se ne ottiene se non si è giusti e fedeli a
Dio. Perció si pecca, e Dio, nella sua ira, punisce”.
“Noi non abbiamo piú la Sapienza? Ma che dici, fanciullo! E i precetti? Non sono
Sapienza, i precetti che abbiamo?”.
“I precetti sono Sapienza, ma rimangono parole. Li sappiamo, ma non li mettiamo in
pratica, perció “non li sappiamo” e quindi, <non abbiamo la Sapienza>. Il simbolo è
questo: ogni uomo, in ogni tempo, ha bisogno di consultare il Signore per conoscere
la sua volontá e ad essa attenersi, se non vuole attirarne la sua ira””.
“Il fanciullo è perfetto. Neppure il tranello della domanda insidiosa ha turbato la sua
risposta. Sia portato nella vera sinagoga”.
Passano in un’altra stanza piú grande e piú solenne.
Qui, per prima cosa, gli accorciano i capelli. I riccioli caduti a terra, vengono raccolti
da Giuseppe. Poi gli stringono la veste rossa con una lunga cintura girata a piú giri
intorno alla vita, gli legano delle striscioline sulla fronte, al braccio e al mantello.
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Le fissano con delle specie di fermagli. Poi cantano inni. Giuseppe loda il Signore
con una lunga preghiera e invoca sul suo Figlio ogni bene.
La cerimonia è finita. Gesú esce con Giuseppe. Tornano da dove erano venuti, si
riuniscono ai parenti maschi, comperano un agnello e lo offrono al Signore. Poi, con
l’agnello sgozzato, raggiungono le donne. Maria bacia il suo Gesú. Sembra che siano
degli anni che non lo vede. Lo guarda, fatto piú uomo nella veste e nei capelli; lo
accarezza. Partecipano alle varie liturgie per completare il Pellegrinaggio e
festeggiare la Pasqua Ebraica.
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Spesso siamo tristi, perché siamo “dipendenti” da ció che succede “fuori” di noi. Ciò
che succede fuori di noi non è mai responsabile del nostro stato d’animo interiore. Il
vero e unico responsabile è il nostro atteggiamento mentale, cioè la nostra reazione
nei confronti di ciò che succede fuori di noi. Noi, per esempio, siamo continuamente
bombardati da messaggi televisivi che ci dicono che possiamo essere felici solo a
determinate condizioni: cioè se siamo magre, se abbiamo un partner, o un lavoro di
successo, o tanti soldi, ecc. Questo ci porta inconsciamente a imitare modelli che
forse non valgono niente o non valgono per noi, ma a cui aspiriamo solo perché gli
altri lo fanno, solo perché sono largamente accettati e imitati dalla massa: ció
nonostante non siamo felici. In realtà la felicità è qualcosa di intimo ad ognuno, è
qualcosa di personale e ognuno di noi può averla se impara a godere di quello che è
e di quello che ha. Il nemico peggiore della nostra felicità siamo noi stessi. Noi
facciamo sempre paragoni: “Quella cosa è meglio di quell’altra”; “Lei è più magra di
me”; “Lui ha un lavoro migliore del mio”; “Quello si sa esprimere meglio di me”, ecc.
Inoltre, la cosa ridicola è che alcuni pensano che la felicità si nasconda in un insieme
di cose, come per esempio, avere una casa bella, un corpo mozzafiato e una
personalità che si impone; oppure avere dei figli che a nove anni parlano già inglese
e cinese meglio dell’italiano; o anche un lavoro che rende molto. La gente pensa piú
a fare, ad agire, a muoversi, ad agitarsi, a produrre, a guadagnare, a sfondare, che ad
“essere”. E allora non c’è da meravigliarsi se tanta gente è depressa o se sente dentro
un vuoto interiore che cresce sempre di più. Oggi, per tante persone, vale molto di
più ciò che gli altri pensano di loro e ciò che la società loro impone di seguire, che
non quello che sono e vogliono davvero. Essere felici è la nostra natura, è un nostro
diritto, ma ce ne siamo dimenticati. Pensiamo che la felicità sia qualcosa da
"acquistare", da "rimorchiare", da "noleggiare", da “raggiungere”. Invece essa è
come un muscolo, va solo allenato. E il nostro miglior allenatore è il nostro ultimo
errore. Non ripeterlo è giá una sorsata di felicitá.
C’è infelicitá quando diamo spazio all’egoismo e all’orgoglio e gli permettiamo di
guidare le nostre vite. È l’egoismo e l’orgoglio che vive in ciascuno di noi la causa
principale della nostra scontentezza, perché è quella parte di noi sempre delusa, mai
contenta, né soddisfatta, se non per pochissimo tempo.
Inoltre spesso l’egoismo e l’orgoglio danno importanza più del necessario a cose,
avvenimenti e persone, creando attaccamenti e dipendenze, È sempre l’egoismo e
l’orgoglio che si attaccano al passato e che guardano con ansia al futuro,
allontanandoci puntualmente dal presente, l’unico vero momento esistente e l’unica
vera opportunità per essere felici. Insomma ci sentiamo infelici quando lasciamo fare
tutto questo all’egoismo e all’orgoglio. La bella notizia, però, è che noi non siamo il
nostro egoismo, né il nostro orgoglio.
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Questi sono figli di una educazione ricevuta in famiglia, a scuola e dalla societá.
L’egoismo e l’orgoglio non sono ció che noi siamo veramente interiormente. Noi
siamo una scintilla di Dio, noi siamo amore. La nostra felicitá è racchiusa lí,
nell’amore.
Un’altra fonte della infelicitá è che molti vogliono tutto, subito e senza sforzo, il che è
praticamente impossibile, è contro natura. Non avendo né la voglia né il coraggio di
prendere in mano le redini della propria vita, che è lavoro e sacrifici, molti finiscono
puntualmente con l’essere infelici, che è la strada più breve e più comoda che tutti
intraprendono e di cui poi tutti si lamentano. Ci sono sicuramente cose ed
avvenimenti che ci recano dolore e non le possiamo evitare. Fanno parte di
quell’insieme di cose che chiamiamo vita, ma non sono mai insormontabili.
Cambiando la qualità dei nostri pensieri e dei nostri atteggiamenti di fronte alle
persone e agli avvenimenti, noi trasformiamo automaticamente la qualità della
nostra vita. Perché,
a conti fatti, la vita succede nella nostra testa.
La televisione fin da bambini ci fa credere che difficilmente saremo felici senza quel
prodotto, quella bevanda, quel dentifricio, quel profumo, quell'oggetto.
È un errore! Ecco perché la maggior parte di coloro che credono a ció, è tutto, tranne
che felice. La felicità vera e propria è qualcosa di estremamente personale.
Perché è cosí difficile liberarsi dai modelli di felicità che ci impone la pubblicitá e la
societá? Perché l’essere umano è un “animale razionale”, ma nello stesso tempo è un
“animale sociale”, proprio come gli animali, a cui piace il gruppo: pertanto è portato
a seguire, per sua natura, la massa. Facciamo tutti le stesse cose solo per paura
inconscia che, se non lo facciamo, siamo giudicati “antichi”, “arretrati” “fuori moda”!
Ma noi non siamo “massa”; ognuno di noi è “originale”, “unico”. La gente ha paura di
guardarsi dentro. Ha paura di se stesso, ha paura della sua “originalitá”. Meglio quel
prodotto X o quella marca Y sponsorizzata in TV che tutti hanno. È più facile e veloce
comprare qualcosa per possederla e sembrare di essere qualcuno, che lavorare su
stessi per diventare e far emergere ciò che si è davvero.
Peccato che “facile” non sia la stessa cosa che felice e “veloce” non sia la stessa cosa
che duraturo”.
Che fare allora per essere “se stesso”, unico, originale? Cambiare.
Cambiare é difficile, ma è necessario. E come si fa? Cosí: se siamo cresciuti con certe
idee e convinzioni è necessario cominciare a metterle in discussione, a pensare (e
quindi ad agire) in maniera diversa, nuova. È importante, prima di tutto
ridimensionare l’idea, secondo la quale ci manca sempre qualcosa per essere
pienamente felici. Noi nasciamo giá felici, perché nasciamo in amore. La parola
amore viene dal latino amors (a-mors), che vuol dire “senza morte”. Noi non solo ce
ne siamo completamente dimenticati, ma abbiamo anche rovinato il suo significato.
L’amore vogliamo trovarlo, riceverlo e mantenerlo. Ma non funziona così. L’amore
non è una cosa che si cerca, si compra, si trova, si baratta. L’amore, a differenza
dell’egoismo e dell’orgoglio, è la nostra vera natura.
È già dentro di noi, occorre solo lasciarlo emergere e agire. In primo luogo verso noi
stessi e poi verso il prossimo.
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A volte si pensa, sbagliando, che l’amore possa o debba esistere solo ed
esclusivamente quando c’é un partner, o una famiglia, o i figli a cui donarlo. E questo
è un gravissimo sbaglio. L’amore è quella parte di noi che andrebbe condivisa con
tutti, perché è lo strumento attraverso il quale ciascuno di noi per un istante diventa
immortale. Provate a sorridere a uno sconosciuto, a fare un gesto di cuore a
casaccio, a distribuire complimenti e parole gentili a chiunque abbiate intorno a voi,
o anche semplicemente a ringraziare alzando la mano in segno di riconoscimento
quando qualcuno vi dá la precedenza in strada. Provate e riprovate. Ma senza
aspettare di essere ricambiati. Fatelo e basta. Poi vedrete da soli l’effetto che fa.
In conclusione, per essere felici bisogna mettere a tacere quei nostri cattivissimi
giudici interiori, che sono l’egoismo e l’orgoglio, che puntualmente si offendono,
mortificano gli altri, fanno paragoni e umiliano gli altri. La maggior parte di noi non è
e non fa ciò che davvero desidera. Si limita a essere e a fare ciò che gli altri vogliono
che sia e che faccia. E quando fai le cose solo per piacere agli altri e per compiacerli,
il più delle volte sono tutti felici e contenti. Tranne te. E quando improvvisamente ci
passa per la testa l’idea di raggiungere un certo obiettivo, i primi a tarparci le ali
siamo proprio noi. Inventiamo scuse, ci raccontiamo bugie, solo per restare in quella
“zona di comfort” in cui sguazziamo, ma che di confortevole, a ben vedere, non ha
proprio niente. Tanto è vero che non siamo contenti, tutto sommato!
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Ecco, ora, in sintesi
le 10 cose da ricordare
per smettere di essere infelice
1. Hai un potere enorme che si chiama "volontá” e “amore" e ti permette di vivere
davvero la vita che vuoi e, soprattutto, di agire e di reagire a essa come meglio credi:
usalo!
2. Ogni decisione comporta una rinuncia e una responsabilitá; e anche il nonscegliere è di per sé una scelta: scegli cosa è meglio!
3. Ama te stesso e ama gli altri; e lasciati amare: ti salverà la vita: nell’amore è la
felicitá!
4.Fai buon uso delle parole, prima di tutto con te stesso e poi anche con il prossimo.:
ricordatelo!
5. Non tutto ciò che pensi, senti e immagini corrisponde sempre a verità assoluta e
universale: tírane le conseguenze!
6. Non nutrire tante aspettative. Se proprio non ci riesci, allora metti anche nel
preventivo che resterai deluso: in tal caso non è la fine del mondo!
7. Noi tutti dipendiamo gli uni dagli altri, pertanto non sentirti né inferiore né
superiore a nessuno: non dimenticartene!
8. Un sorriso, un "grazie" e un abbraccio possono cambiare la giornata a qualcuno,
ma soprattutto a te: regalane in abbondanza!
9."Io" e "mio" sono pericolosi per te e per gli altri, pertanto quando li usi, usali con
molta cautela e con grande attenzione: meglio usarli il meno possibile!
10. Niente e nessuno è fisso e duraturo ma tutto nasce, cresce, cambia, muore e si
trasforma in qualcos'altro. E tu non puoi farci assolutamente niente: perció non
agitarti piú di tanto!
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Con l’avanzare dell’éta avvengono numerosi cambiamenti nella persona umana, non
solo a livello fisico ma anche a livello ormonale e psicologico. Non è il caso di
allarmarsi; bisogna accettare tutto, senza rinunciare a niente.
Accettare tutto:
1) la menopausa nella donna, per esempio.
La menopausa, che vuol dire: “termine del ciclo mensile”, é un fenomeno biologicofisiologico che segna nella donna il termine dell'età fertile: le ovaie non producono
piú gli ormoni femminili principali, e quindi scompaiono le mestruazioni. Nella
maggior parte dei casi la menopausa si presenta intorno ai 50 anni con un intervallo
di normalità tra i 45 ed i 55 anni. La menopausa rappresenta un momento fisiologico,
assolutamente normale, che nella donna segna il termine dell'attività riproduttiva.
Inizialmente la menopausa comporta sintomi fastidiosi, ma innocui, come vampate
di calore, sudorazione eccessiva, palpitazioni, arrossamento del viso, senso di
affaticamento, alterazioni dell'umore, insonnia, secchezza della mucosa della vagina
che rende i rapporti d’amore lievemente dolorosi. Poi c’è anche una tendenza ad
aumentare di peso (avviene nel 60% dei casi). Inoltre con la menopausa le ossa si
indeboliscono, col pericolo di fratture. La menopausa porta con sé altri sintomi
difficilmente nascondibili che non riguardano però solo gli aspetti esterni del corpo,
ma soprattutto gli aspetti della sua personalitá: irritabilità, ansia, depressione,
disturbi del sonno, perdita della memoria, ecc.
2) l’andropausa nell’uomo.
L'esistenza dell'andropausa nell’uomo è stata per molto tempo, e spesso lo è ancora
oggi, messa in discussione. Secondo alcuni medici l'andropausa non esiste. Secondo
altri ancora, l'andropausa esiste ma è un fenomeno poco frequente: a partire da una
certa età (tra i 55 ed i 65 anni) si osserva anche nell'uomo una riduzione della
produzione degli ormoni sessuali.
Solo che, a differenza della donna, l'uomo mantiene la propria capacitá riproduttiva,
in quanto le ghiandole sessuali maschili continuano la produzione del seme
maschile, seppur in maniera ridotta.
Nei soggetti anziani (che abbiano più di settanta anni) i testicoli diventano un po’ più
piccoli rispetto a quelli degli individui più giovani. Anche la fertilità diminuisce con il
passare degli anni e tende a scomparire, piú o meno dopo gli 80 anni.
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La diminuzione dell’ormone “testosterone” si fa sentire non solo sulla vita sessuale,
ma anche sul cervello ed ha come effetto la riduzione dell'aggressività e della
concentrazione; ma anche la tendenza alla depressione, all'insonnia, alle lesioni
nervose, che secondo alcuni, possono favorire l'insorgenza della malattia di
Parkinson o di Alzheimer; sui muscoli comporta diminuzione del loro volume,
affaticamento fisico crescente, stanchezza; sulle ossa determina impoverimento di
calcio e facilità di fratture; sul sangue determina minore produzione di globuli rossi e
conseguente anemia; sul sistema immunitario comporta diminuzione delle difese
immunitarie contro le infezioni e vari tipi di cancro; sul sistema cardiovascolare,
secondo recenti dati, l'impoverimento dell’ormone “testosterone” nella terza età
potrebbe aumentare il rischio di infarto; la pelle diviene più sottile, più fragile, più
secca, più rugosa, con diminuzione della pelosità.
“Accettare tutto”, si è detto, certo; ma, si è detto anche, “senza rinunziare a niente”.
Le modificazioni che con il passare del tempo avvengono nell'organismo maschile e
femminile, non sono mai così radicali da privare della possibilità del godimento.
L’atto d'amore nella terza età, per esempio, non solo è possibile, ma, a detta dei
medici, costituisce anche una specie di cura che oltre a giovare al fisico, permette di
sentirsi ancora, non solo pieni di vitalitá, ma anche apprezzati dagli altri.
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1) Amarsi di più. Non è sempre semplice! Sia perché siamo presi da mille cose da fare, e
sia perché spesso non abbiamo autostima. Spesso confondiamo l’amore per se stessi con
l’egoismo. Dobbiamo sapere che l'egoismo consiste nell'esigere che gli altri vivano come
pare a noi”.
2) Amare di più gli altri. L’amore per gli altri richiede sempre coraggio, perseveranza,
forza, passione e disinteresse. “Amare è donare tutto se stesso senza nulla chiedere; amare
è non dire mai... mi devi.”
3) Vivere ed affrontare con coraggio ogni problema. Perció, armatevi di coraggio. La vita
spesso ci pone davanti delle sfide e si perde solo se si rinuncia a combattere! "Per vivere
con onore bisogna impegnarsi, battersi, sbagliare e ricominciare da capo e buttare via
tutto, e di nuovo ricominciare e lottare".
4) Guardare il passato con rispetto. Accettare gli errori del passato è energia per il nostro
futuro “Esperienza è il nome che diamo ai nostri errori”.
5) Essere curiosi ed attenti. La curiosità (non il pettegolezzo) ci aiuta a continuare ad
imparare e conoscere, ci aiuta a continuare a crescere. “La curiosità è una delle
caratteristiche più certe e sicure di una intelligenza viva e attiva”.
6) Smetterla di rimandare a domani ció che puoi fare oggi. “Non rinviamo: prendiamo con
energia e con convinzione ció che dobbiamo fare sul momento e facciamolo, senza se…e
senza ma…
7) Godersi ogni momento della propria vita: E’ sempre più difficile gioire della propria
esistenza, ma in fin dei conti la vita è un’opportunità, non una condanna! "La vita non è
che la continua meraviglia e gioia di esistere".
8) Migliorare se stessi, per migliorare gli altri. E anche per migliorare il mondo! Sogniamo
alla grande: i sogni ci aiutano almeno a sperare! “Se cercheremo di raggiungere le stelle,
forse non riusciremo neppure a toccarle, ma di sicuro non ci ritroveremo con un pugno di
fango in mano”.
9) Camminare sempre guardando avanti. Vivere nel passato è quasi come vivere in una
bara: è totalmente limitante, e finisce con l’essere un coperchio sulla tua crescita. “Il
passato è una cosa morta: cerca di non vivere sempre in un cimitero. Non dare ospitalità al
passato: non te ne libererai piú. Comprati una bella spugna per cancellare il passato, una
bella rosa per addolcire il presente e un bel colore per dipingere il futuro”.
10) Perdonare, perdonare, perdonare. Per passare un anno gioioso e felicissimo, perdona
sempre; non perché loro meritano il perdono, ma perché tu meriti la pace. Sì, questo è il
bene: perdonare chi ci ha fatto del male. Se vuoi veramente amare, devi imparare a
perdonare. “Colui che non riesce a perdonare distrugge il ponte sul quale egli stesso deve
passare; perché ogni essere umano ha bisogno di essere perdonato”.
Servizio Pastorale
a cura della Missione Cattolica
Italiana Villingen
n. 64* Gennaio 2016