L`asino crociato appenninico

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L`asino crociato appenninico
Progresso_Vet_novembre_05
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Zootecnia
Gian Carlo Bina
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L’asino crociato
appenninico
Origine
Caratteristiche
Morfologiche
Risalire alle origini dell’Asino dell’Amiata, definibile anche come Asino Crociato Appenninico, è estremamente difficile. Certamente deriva dall’asino selvatico nordafricano, Equus
Asinus Africanus, tuttora esistente, di mantello grigio sorcino con riga scura longitudinale
dalla testa ai crini della coda, incrociata con
altra trasversale che corre sulle spalle attraversando il garrese, alto da 100 a 110 cm. La
sua domesticazione risale ad epoca prefaraonica, e, in virtù dei servizi svolti, si è presto diffuso in tutta l’Africa nord-orientale. In Somalia
ha incontrato un’altra popolazione asinina,
quella dell’Equus Asinus Somaliensis.Questo
animale ha caratteristiche simili al precedente presentando lo stesso colore del mantello,
ma non ha la caratteristica croce, mentre presenta zebrature agli arti ed una maggiore statura, raggiungendo i 125 cm al garrese.
In Somalia era pratica comune, ancor oggi in
uso, accoppiare le asine domestiche con lo
stallone selvatico, ottenendo soggetti di maggior mole con mantello sorcino crociato e
zebrature agli arti. In Italia quest’asino sarebbe giunto dall’Asia Minore attraverso l’Europa
Orientale, insediandosi in tutte le zone appenniniche. La razza nei secoli non ha subito
variazioni apparenti ed ancor oggi, i pochi
soggetti esistenti presentano caratteristiche
che trovano riscontro nelle più remote documentazioni. La culla d’origine si trova alle falde del Monte Amiata, ma la razza si è diffusa
in tutta la Toscana, nell’alto Lazio, in Liguria e
Piemonte. Non pochi soggetti sono stati e sono ancora oggi apprezzati da appassionati allevatori ed utilizzati da pastori del Nord Italia,
in particolare in provincia di Alessandria.
Mantello: sorcino crociato, muso bianco con
margini labiali pigmentati, occhi bordati di
bianco con margini palpebrali neri, orlatura
scura delle orecchie che presentano sulla
faccia esterna due bande, una basale ed
una apicale, di peli più scuri.
Agli angoli della mandibola presenta un’area di peli bianchi, visibile lateralmente,
che si estende verso la gola senza raggiungerla.
La riga mulina origina dal sincipite, e scorrendo dal margine superiore del collo,
attraverso il garrese ed il dorso raggiunge
la coda e termina alla sua estremità.
La criniera è costituita da crini grigi chiari e
neri di modesta lunghezza, così come
quelli che ricoprono l’estremità della coda.
Subito al dietro dell’attacco del collo al garrese, la suddetta riga mulina viene incrociata da un’altra banda dello stesso colore,
che di forma più o meno ampia scende sulle spalle verso il braccio, e termina prima
di raggiungerlo, ora a punta ora bifida o
tronca o a tratteggio costituendo un carattere individuale nella popolazione.
Gli arti sono caratterizzati dalla presenza di
zebrature, disposte sulla faccia laterale dell’avambraccio, capo e stinco, nonché nodello nell’arto anteriore, mentre nell’arto posteriore si trovano sulla faccia laterale del
garretto, stinco e nodello.
Lo sperone e le falangi sono coperte da peli
scuri dello stesso colore delle zebrature.
Il ventre, le facce mediali degli arti anteriori fino al carpo e degli arti posteriori fino al
garretto sono chiare.
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Attitudini e funzioni
Si tratta di un animale docile, generoso, di
buona indole, che socializza facilmente con
l’uomo, resistentissimo alle malattie, che si
alimenta con ciò che sui pascoli lasciano
bovini e cavalli, utilizzando qualsiasi essenza foraggiera, da quella più appetibile, all’arbusto scartato da tutti gli altri animali.
Sono proprio queste sue qualità che potrebbero rilanciarlo in chiave moderna, infatti,
l’essere esente da quel fastidiosissimo male
rappresentato dalle “piaghe estive”, il saper
utilizzare quale alimento il sottobosco, il
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saper vivere insieme all’uomo ed il saperne
fare facilmente a meno, ne fanno un animale estremamente interessante, quale ripulitore di aree alberate che, invase da arbusti
di ogni specie, rappresentano oggi una facile esca per il fuoco. Ma oltre a questo, sono
innumerevoli gli altri modi di impiego ed
alcuni di essi non solo sono stati sperimentati, ma sono addirittura diventati una forma
di attività imprenditoriale integrata ad altre
attività agricole o ricreative.
Per le attività di bonifica di aree marginali
sopraccitate, e di bonifica di pascoli in genere esiste un’esperienza positiva nello spartiacque appenninico tra la Liguria e le valli
Curone e Borbera in
Provincia di Alessandria. Infatti, è già una
prassi consolidata, su certi pascoli appenninici, impiegare gli asini in un pascolamento successivo a quello dei
bovini, per ripulire le aree da arbusti infestanti risparmiati dai bovini.
Le tradizionali attività di impiego per il
tiro e per la soma, che sono così radicati in questo animale da svolgerli
senza difficoltà, sono ipotizzabili in
zone agricole impervie o di particolare rilievo ambientale, come
quelle adibite a parchi o aree
protette. Questa funzione naturalmente va vista come integrazione ad un’attività agricola moderna. Nella pratica del pascolo vagante, il trasporto degli
agnelli neonati dentro a tasche someggiate sugli asini,
non ha ancora trovato un
mezzo moderno in grado
di sostituire questo animale. Infatti l’asino permette
di fornire: trasporto, calore, protezione dalle intemperie ed estrema vicinanza con le madri.
Tra le forme di utilizzo più
moderne, va considerato l’escursionismo someggiato prevalentemente nei territori montani
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e nei parchi: una bella esperienza è stata
fatta in zona alpina sul Monviso dove tre
asini hanno trasportato le attrezzature ed i
materiali per quattordici escursionisti. È oggi
di grande attualità l’asinoterapia (od onoterapia) con particolare attenzione ai bambini
ed ai disabili psichici.
Anche la partecipazione a manifestazioni
storiche o comunque turistiche consente a
questo animale di partecipare a cortei storici
o a veri e propri pali nei quali è prevista la
corsa a sella e al trotto con tanto di sulki.
Consistenza attuale
e futuro della razza
La consistenza attuale della popolazione in
Piemonte risulta essere di circa 200 esemplari e solo l’intervento dell’ente pubblico
potrebbe dare ai privati, che ancora praticano l’allevamento, la spinta determinante per
salvare l’ASINO CROCIATO APPENNINICO
dall’estinzione.
Ciò è possibile favorendo le iniziative di coloro che si stanno impegnando per la selezione e salvaguardia della razza.