il notiziario - Parrocchia S.Eusebio
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il notiziario - Parrocchia S.Eusebio
Giovedì 4 settembre 2014 ore 21 Catechiste IC Calendario liturgico parrocchiale 25 - 31 agosto 2014 Lunedì 25 agosto san Luigi, re di Francia Letture: 1Mac 6,1-17; Mc 1,4-8 ore 18 Santo Rosario primi ti tamen u app n mbre e di sett Martedì 26 agosto sant’Alessandro, martire Letture: 1Mac 8,1-7.12-18; Lc 3,5-18 ore 18 S. Messa (+ suor Anna Lentini) Mercoledì 27 agosto santa Monica Letture: 1Mac 9,23-31; Lc 7,24b-27 ore 17,45 S. Messa in Casa di Riposo (+ Ignazio Ginex) Giovedì 28 agosto sant’Agostino, vescovo e dottore della Chiesa Letture: 1Mac 10,1-2.15-21; Mt 11,11-15 ore 8,30 S. Messa e adorazione eucaristica (+ Ardea e Livio Patrian; fam. Trevisan; Isabela Gottardello) Venerdì 29 agosto Martirio di san Giovanni Battista Letture: Is 48,22-49,6; Gal 4,13-17; Mc 6,17-29 ore 18 Santo Rosario Sabato 30 agosto beato Ildefonso Schuster, vescovo Letture: Dt 11,1-8a; 1Tm 6,11b-16; Gv 14,21-24 ore 18 S. Messa vigiliare Domenica 31 agosto I dopo il Martirio di san Giovanni Venerdì 5 settembre 2014 ore 10 Volontari Centro di Ascolto Martedì 9 settembre 2014 ore 21 Consiglio Pastorale ampliato per organizzare la festa dell’Oratorio Giovedì 11 settembre 2014 ore 21 Educatori Ado Lunedì 15 settembre 2014 ore 21 Educatori PreAdo L’8, il 10 e il 12 settembre, in S. Luigi, ore 21: Percorso educatori preAdo e Ado CATECHESI 2014-2015 in oratorio PRIMA MEDIA: Venerdì ore 16,30-17,30 QUINTA ELEM: Sabato, ore 9-10 QUARTA ELEM: Sabato, ore 10-11 TERZA ELEM: Sabato, ore 11-12 SECONDA ELEM: Sabato, ore 11-12 Letture: Is 65,13-19; Ef 5,6-14; Lc 9,7-11 ore 10 S. Messa «LA COMUNITÀ RACCONTA IL VANGELO» FORMAZIONE CATECHISTE - ZONA PASTORALE VII CERNUSCO SUL NAVIGLIO – Ore 20,45 Cinema Teatro Agorà – Via Marcelline, 37 Martedì 9 settembre 2014; Venerdì 12 settembre 2014; Martedì 16 settembre 2014; Venerdì 19 settembre 2014 Se desideri aiutare nella catechesi dei bambini, FATTI AVANTI! Dillo al don o alla suora. È importante partecipare!!! Iscriversi con l’apposito modulo ILdiNOTIZIARIO NUMERO Parrocchia «Sant’Eusebio» agosto 2014 Sant’Eusebio Via Sant’Eusebio 15 / Via Pablo Picasso 2 Cinisello Balsamo 50 24 Don Luciano Garlappi: 02.6120657 / [email protected] Parrocchia: 02.6120657 / www.santeusebio.org Suor Cristina Clerici: 3394367365 / [email protected] [email protected] Ecco chi soffia sul fuoco del conflitto Perché Israele e Palestina non riescono a fare pace Di notte tutti i gatti sembrano neri. Tanto più se le notti sono squassate dalle sirene degli allarmi e dai bombardamenti. Ma la realtà delle cose è sempre più complicata di così, soprattutto se si sta parlando di Medio Oriente e del conflitto israelo-palestinese. Le etichette rozze che eliminano differenze e distinguo qui servono a pochissimo. O meglio, servono forse a chi le usa come propaganda politica, ma impediscono di capire la situazione e, cosa ancor più grave, di trovare soluzioni credibili al conflitto in corso. Limitarsi allora ad affermare, come fa il governo del primo ministro israeliano, Bibi Netanyahu, che Hamas è solo un gruppo terroristico a cui va negata ogni legittimità internazionale e che le operazioni mirano a eliminare la minaccia dei terroristi significa usare una "etichetta fatale", come è stata definita, che non aiuta la comprensione. Perché se è vero che Hamas ha usato e usa cinicamente la violenza e il terrorismo, è vero anche che questo gruppo è molto di più, essendo un movimento politico e assistenziale, chiaramente ispirato ai Fratelli Musulmani, che si è radicato profondamente nella società palestinese offrendo sostegno alla popolazione e presentandosi come un gruppo alternativo alla corrotta dirigenza "moderata" di al-Fatah. Sono queste le ragioni alla base della vittoria elettorale del 2006, che portò alla guerra civile fra le due fazioni palestinesi e alla presa di controllo di Gaza da parte del movimento islamista. La decisione di non stimolare l'evoluzione politica di Hamas, con il rifiuto sostanziale dell'Occidente di riconoscere il suo governo nella Striscia, appare oggi come un errore, dato che si è spinto quel movimento a un'ulteriore radicalizzazione, lascian- Iniziamo a riflettere insieme all’inizio di un nuovo anno pastorale LA COMUNITÀ EDUCANTE Il nostro Vescovo, all'inizio dell'estate, ha offerto alla Diocesi una nota pastorale dal titolo “La comunità educante”, come complemento della proposta pastorale del triennio 20112014. È un testo molto interessante che ci coinvolge tutti nell'accompagnare e introdurre i nostri ragazzi nel percorso della fede – la iniziazione cristiana – e ci esige che siamo una presenza significativa. Questo “tutti” vuol dire proprio “tutti”! Ciascuno con ruoli differenti, ma tutti insieme coinvolti e responsabili della trasmissione della fede. Innanzi tutto i genitori. Sono loro i primi responsabili. Chiedendo i sacramenti della eucaristia e della cresima per i loro figli si impegnano ad accompagnarli e a condividere con loro il cammino. Non possono e non devono delegare alla Parrocchia e lavarsene le mani. Più ancora, non possono chiedere ai figli di fare un cammino di fede mentre loro se ne stanno “tranquilli”. Il cammino dei figli esige la presenza attiva dei genitori: esige che i genitori scelgano ancora una volta di “credere” e vivere di fede. E poi tutta la Parrocchia è chiamata ad essere un “ambiente” in cui i ragazzi trovano ciò che è dolo in compagnia degli aiuti interessati di Iran e Siria, e offrendo una comoda giustificazione per i suoi evidenti errori e gli insuccessi nella gestione politica e amministrativa. Dal successo elettorale di otto anni fa sono cambiate molte cose. I leader del movimento hanno fatto i conti con la repressione israeliana, che ha spesso scombinato i vertici del movimento, ma soprattutto con una gestione amministrativa deludente, che ha alienato parte del consenso popolare. Le terribili condizioni di vita imposte dall'isolamento della Striscia, voluto da Israele e dall'Egitto di Mubarak, hanno favorito la nascita di movimenti di natura jihadista e qaedista, più estremiste di Hamas. Dopo i bombardamenti israeliani del 2008- 2009 nella Striscia, che causarono immani devastazioni e almeno 1.500 morti fra i palestinesi, Hamas dovette fronteggiare la crescita di formazioni ispirate ad al-Qaeda come Jund Ansar-Allah e di Jihad islamica. Quella guerra ha portato - non alla distruzione di Hamas come sperato da Israele - ma in un aumento dell'aiuto militare di Teheran, che ha rifornito di missili molto più sofisticati l'arsenale del movimento. Con lo scoppio delle primavere arabe, la dirigenza islamista ha deciso un cambio di linea che si è rilevato catastrofico: forte del sostegno del nuovo Egitto dominato dai Fratelli Musulmani, Hamas rompe con Damasco e Teheran, appoggiando i ribelli siriani e avvicinandosi al Qatar. Il leader all'estero del movimento, Khaled Mashal, abbandona la Siria e firma nell'aprile del 2011 un accordo con il presidente dell'Autorità nazionale palestinese, il rivale Abu Mazen. La mediazione non ha però applicazioni reali e anzi sembra mostrare una divaricazione fra i leader di Hamas residenti a Gaza (in particolare Ismail Haniyya) e quelli all'estero. Per di più la svolta crea una grave frattura (che si cerca ultimamente di ricomporre) con l'Iran, grande finanziatore di Hamas; poco dopo il movimento si ritrova privo anche del sostegno egiziano, dopo che il presidente islamista Morsi viene estromesso dal generale al-Sisi , nemico giurato degli islamisti. Da qui la crisi finanziaria che ha peggiorato ulteriormente la vita nella Striscia e ha minato il governo islamista, incapace di pagare gli stipendi alle decine di migliaia di dipendenti pubblici. E probabilmente questa debolezza è stata alla base del nuovo recente accordo siglato con Abu Mazen per un governo di consenso nazionale, firmato proprio prima della visita di Papa Francesco in Medio Oriente, a cui Israele ha reagito con grande durezza, rifiutandosi di partecipare a nuovi colloqui di pace. Il rapimento e l'uccisione dei tre ragazzi israeliani che è alla base del nuovo conflitto è probabilmente dovuta all'azione di chi - fra i palestinesi - non voleva questo accordo unitario. Ora Hamas appare nell'angolo, indebolita dalla brutale efficienza delle forze armate israeliane. Tuttavia, l'idea di un suo crollo sembra semplicistica, dato il suo radicamento religioso e sociale nella Striscia. Fra gli stessi analisti israeliani ci si pone la domanda: ma umiliare Hamas giova veramente a Israele? Un suo collasso provocherebbe una situazione ancora peggiore, con il proliferare di gruppi jihadisti e qaedisti sul modello somalo o sirianoiracheno, che ritengono il movimento troppo moderato e che mirano solo alla violenza, senza alcuna attenzione per l'assistenza sociale. E non si tratta solo della Jihad islamica palestinese, movimento ben noto dell'estremismo islamista, che ha perso in questi giorni parte del proprio gruppo dirigente ucciso nei bom- bardamenti di Israele. Vi sono infatti anche i Comitati di Resistenza Popolare, che hanno all'attivo il rapimento del soldato israeliano Gilad Shalit, e i movimenti salafiti come Tawhid wa Jihad e Ansar al-Sunnah, i quali vogliono creare un emirato islamico a Gaza, da cui far partire la riconquista islamista del Medio Oriente per creare un Califfato islamico, secondo la moda del momento. Non mancano perfino i marxisti del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, anch'essi determinati a distruggere 'l'Entità Sionista" e con nuclei attivi nella Striscia. Ma il pericolo maggiore è forse l'entrata a Gaza dei miliziani qaedisti di ISIS – forti dei recenti successi in Iraq – o di Jabhat al-Nusrat, che si disimpegnerebbero dal fronte siriano attirati dalle violenze degli israeliani. Si tratta di miliziani esperti e rodati da anni di guerra civile che possono creare seri problemi. Insomma, quand'anche Israele mettesse davvero in ginocchio Hamas – cosa di cui in molti dubitano – chi verrebbe dopo sarebbe probabilmente peggio. Altra conseguenza negativa, fra i sicuri perdenti di questo conflitto vi è il presidente palestinese Abu Mazen, stretto fra la condanna della durezza israeliana e quella delle violenze palestinesi. Più salirà il computo dei morti a Gaza e più difficile sarà per lui parlare di moderazione e fine delle violenze da ambo le parti: ogni giorno in più di guerra è un giorno di perdita di consenso dei moderati. Se con l'accordo di giugno si sperava che Abu Mazen moderasse Hamas, la guerra rischia di produrre l'effetto opposto. E non si riesce a capire a chi possa giovare questo risultato disastroso, se non agli estremisti, i quali – tanto in Israele quanto in Palestina – predicano l'odio e mirano a bruciare tutti i residui ponti fra due popoli condannati a convivere su di un territorio reso troppo piccolo dal fanatismo e dal rifiuto dell'Altro. Riccardo Redaelli loro necessario per “respirare” la fede e affondare le radici della loro vita in un terreno fecondo. Questo vuol dire due cose molto importanti. La prima cosa è che la Parrocchia deve essere abitata da persone convinte, che vivono la “fatica” del credere e li impegna a costruire quella “comunione” ricevuta in dono da Dio: comunione trinitaria e comunione fraterna. Comunione con Dio che si esprime nella fraternità ecclesiale. Preghiera vera e viva che diventa amicizia condivisa e carità operosa. Comunità orante che serve nella verità. Non possiamo essere un terreno fecondo se non ci nutriamo di Vangelo e non ci sforziamo di volerci bene nell'accoglienza reciproca, nella pazienza e nel perdono. La seconda cosa è che – se c'è la prima – la nostra responsabilità nella trasmissione della fede diventa scelta di mettersi al servizio della fede dei bambini della iniziazione cristiana (II elementare – I media) offrendo la disponibilità ad essere catechisti, animatori, aiuti … nel processo educativo. Tutte le persone coinvolte nel percorso educativo e l'insieme della Parrocchia come “casa accogliente” sono la comunità educante che urge nella formazione cristiana dei nostri ragazzi. Il card. Scola così scrive nella nota pastorale menzionata: «La “comunità educante” vuol essere un'espressione specifica della Chiesa-comunione, così come essa vive nella nostra diocesi attraverso le diverse comunità cristiane. Occorre ricordare, in proposito, il paragrafo 8 della lettera Alla scoperta del Dio vicino sui quattro pilastri della comunità cristiana identificati dal libro degli atti (cf. At 2,42-47): l'educazione al «pensiero di Cristo» (cf. 1Cor 2,16); la tensione a condividere con tutti i fratelli la propria esistenza perché abbiamo in comune Cristo stesso; la memoria eucaristica di Gesù quale sorgente inesauribile della vita della comunità, illuminata dalla Parola di Dio; e l'apertura verso tutta la famiglia umana attraverso la comunicazione piena di riconoscenza per il dono gratuitamente incontrato. (…) Pertanto la “comunità educante” non è una “comunità a sé”, ma espressione della vita concreta di una comunità cristiana: in una stessa parrocchia, ad esempio, possono essere proposte diverse comunità educanti – se il numero dei ragazzi/e lo richiede – e tutte saranno espressione dell'unica comunità cristiana che vive in quel territorio. In quanto espressione della comunità ecclesiale, la comunità educante è per i ragazzi/e il volto concreto, fisicamente rintracciabile nello spazio e nel tempo, della chiesa stessa» (pagine 20-22). Avremo occasione di riprendere questi temi e approfondirli. Don Luciano