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Caporalato in Franciacorta.
A Brescia il settore agricolo nel 2011 vantava una presenza di 11.221
aziende pari al 9,2% del totale con un valore della produzione pari a
702 milioni di euro e occupa il 3,2% del totale degli occupati.
Lavoro nero, caporalato e sfruttamento dei migranti rappresentano un
elemento per cosi dire strutturale nell’agricoltura del mezzogiorno d’Italia.
anche al Nord, in regioni e contesti insospettabili, questo costume si è ormai
radicato e migranti sottopagati, costretti a orari impossibili e sforzi abnormi
fanno sempre piü spesso da sfondo al paesaggio agricolo.
Succede, per esempio, in Franciacorta, sulle colline tra Brescia e il lago
d’Iseo, dove si concentrano aziende vitivinicole tra le più celebri d’Italia
dove si producono bollicine di elevata qualitâ, in grado di competere con
quelle francesi.
Qui non ci sono rotonde con immigrati assonnati ad attendere il caporale
ma questo non significa che il caporalato sia assente.
La vendemmia in Franciacorta impegna ogni anno circa 4.000 lavoratori
stagionali, in maggior parte (70%) stranieri (nel settore agricolo
bresciano nel 2012 sono stati occupati complessivamente7.481 lavoratori
stagionali).
Sono polacchi, romeni, moldavi. A portarli in Italia decine di pullman
organizzati da non meglio precisate cooperative. Le aziende si affidano
alla loro intermediazione perché risparmiano, ma non è chiaro come queste
possano offrire contratti cosi vantaggiosi.
Queste cooperative offrono alle aziende contratti compensati di 14-15 euro
a quintale raccolto, invece dei 19 soliti.
In una giornata di lavoro (otto ore) un bracciante raccoglie in media sei
quintali di uva. La paga giornaliera, in questo modo, dovrebbe attestarsi
intorno ai 90 euro. Ma è poco probabile che i braccianti guadagnino queste
somme”, Le cooperative devono infatti coprire anche i costi (in media 40
euro al giorno) per il trasporto, il vitto e l’alloggio dei braccianti.
In più, c’ê il guadagno loro e quello dei caporali, che seguono i migranti
dal paese di origine fino alla Franciacorta.
Per capire l ’assurditã di questo prezzo bisogna considerare che la raccolta
media di un lavoratore nelle 8 ore giornaliere non supera i 5 quintali di
uva. Facciamo insieme qualche conto.
Applicando il contratto provinciale di lavoro dell’agricoltura, un lavoratore
costa all’azienda non meno di 10 euro all’ora: lavorando 8 ore al giorno, il
costo giornaliero di un lavoratore ê dunque di 80 euro”. “Le “cooperative
senza terra che si offrono in queste settimane alle aziende della
Franciacorta per piazzare i loro lavoratori Si accontenterebbero” invece di
75 euro.
I1 sospetto, ovvio e scontato, è che ai braccianti vada solo una parte
minima della paga nelle loro tasche, mentre il resto serve a coprire i
costi di intermediazione. In altre parole, i costi del caporalato. Ma è un
aspetto difficile da dimostrare, anche per effetto dei meccanismi di
registrazione e di denuncia delle giornate lavorative in agricoltura.
La legge prevede che il datore di lavoro abbia nove mesi di tempo
dalla fine della prestazione lavorativa per presentare i dati all’Inps.
Un sistema come questo consente qualsiasi tipo di abuso.
. Sarebbero necessari strumenti piü efficaci per misurare la reale
portata del lavoro sommerso”.
La regolamentazione attraverso i voucher introdotta dalla legge
fornero interviene con l'intenzione di superare queste anomalie ma il
sentore è che tale meccanismo consenta una ampia discrezionalità da
parte delle aziende e tante sono anche escluse.
La Dtl di Brescia in alcuni incontri con le varie associazioni di
categoria ha voluto sottolineare la necessità di utilizzare questo
strumento promettendo interventi a tappeto durante la stagione della
raccolta.
Ma non è detto che tale deterrente possa avere effetti reali, in questi
anni non lo è stato.
Inoltre per stanare gli abusi diventa necessario fare il raffronto tra le
giornate di lavoro dichiarate e quelle che sarebbero state effettivamente
necessarie basandosi sul raccolto.
“Dai risultati, non ancora ufficiali pare che risulti una denuncia della
metà, se non di un terzo, delle giornate effettivamente svolte”.
Ecco quindi come si ammortizzano i costi: versando solo una parte
dei contributi all’Inps.
Ai lavoratori restano non più di 3 o 4 euro l’ora mentre le aziende che
si affidano alle cooperative risparmiano fino al 15%”.
Il Consorzio Vini Franciacorta, interpellato sull’argomento, afferma di
non conoscere il dettaglio dei contratti stipulati dai propri associati, ma
che al momento non è emerso niente di irregolare, questo atteggiamento
non aiuta un confronto serio sullla questione.
Le assunzioni di manodopera a basso costo avvengono per mezzo
di cooperative dei servizi all’agricoltura apparentemente legali,
ma che in realtà nascondono una rete di traffici di esseri umani, in
particolare dall’Est Europa, che procura manovalanza per le varie fasi
di lavorazione nei vigneti, per un periodo che varia dai 6 agli 8
mesi l’anno.
Rumeni e polacchi sono tradizionalmente considerati i più abili, ma
ci sono anche pakistani e indiani.
Un iceberg che raggiunge il suo culmine nel mese della vendemmia.
il periodo che vede un maggior afflusso di manodopera straniera nella
zona.
Va però detto che sul nostro territorio, con una così alta percentuale di
stranieri residenti il fenomeno non ha dimensioni evidenti o di impatto
sociale di difficoltà.
Vengono fatti arrivare interi pullman di gente che lavora per
quindici giorni o un mese, e poi torna nel paese d’origine senza
aver guadagnato praticamente alcunché: tra trasporto, vitto e
alloggio, ognuno di questi lavoratori percepisce poco più di 3 euro
all’ora.
Chi ci guadagna veramente da questa situazione sono le stesse aziende
vitivinicole, che in questo modo non hanno i problemi con i
dipendenti, non restano a corto di manodopera, abbattono i costi del
lavoro e non hanno contenziosi di tipo legale.
Va purtroppo segnalato che stiamo parlando di aziende dove è alto il
valore aggiunto della produzione, non stiamo parlando di produzioni a
basso valore e questo dato parla a tutto il paese.
Non si tratta di scegliere forme di lavoro poco etiche per garantire la
sopravvivenza dell'azienda: la Franciacorta è una zona ricca.ma l'idea
di fondo è cercare di trarre il maggior profitto possibile a discapito dei
lavoratori.
Ed è qui che si stanno aprendo le contraddizioni più grandi, tipiche
della situazione di crisi generalizzata dove il lavoro, anche quello
povero, diventa sostentamento indispensabile scatenando così una
guerra tra poveri, tra lavoratori .
Se non si riesce a mettere mano all'illegalità diffusa che vige
nell'agricoltura, se non si riescono a garantire tutele ed impedire abusi
è evidente che il problema esplode come sempre dando la risposta più
semplice ed immediata cioè contrapponendo il lavoratore straniero al
lavoratore autoctono,insomma passa l'idea che vanno salvaguardati i
nostri a discapito dei lavoratori stranieri mentre chi sta facendo profitti
non si pone problemi, nè sociali nè etici.
Anche le nostre aziende devono entrare in un ottica completamente
diversa,devono cambiare il passo, la qualità del prodotto e del lavoro
diventano elementi fondamentali, infatti la competizione
agro-alimentare avviata a livello mondiale con gli accordi del WTO, in
mancanza di regole uguali per tutti, non potrà mai essere vinta dal
nostro Paese sulla base dei bassi costi di produzione.
Essa potrà essere affrontata offrendo sul mercato globale prodotti di
eccellenza, che potranno soddisfare quel segmento di mercato
disposto a pagare di più pur di avere un prodotto di elevata qualità,
sicuro da un punto di vista nutrizionale e tracciabile
Questo è lo spaccato della nostra realtà posta al centro di una regione
come la Lombardia con un forte tessuto economico .
Da questi elementi emerge con preponderanza la necessità di
intervenire in maniera precisa sul collocamento pubblico e le cinque
proposte elaborate da Fp e Flai sono importanti e condivisibili e
possono seriamente affrontare i nodi che abbiamo di fronte così come
la proposta di patto territoriale può dare risposte oggi urgenti.
Spera Silvia
Segreteria Cgil Brescia
4 Giugno 2013
C-)