Sintesi incontro sulla Parola della Donna sulla Chiesa del gruppo di
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Sintesi incontro sulla Parola della Donna sulla Chiesa del gruppo di
Sintesi incontro sulla Parola della Donna sulla Chiesa del gruppo di lavoro per il Sinodo della Chiesa di Mantova Come suggerito durante il seminario con Serena Noceti, ci siamo ritrovate tra alcune amiche per ri-raccontarci quando esposto da Serena il 7 Febbraio e per provare a rispondere agli interrogativi lasciati. Ci siamo ritrovate 9 amiche, di età compresa tra i 37 e i 42 anni; quasi tutte impegnate in parrocchia con servizi diversi (catechiste, lettrici, gruppo famiglie) e/o impegnate in aggregazioni laicali (AGESCI). Tutte con una nostra famiglia e figli, tutte con un lavoro, anche se alcune come libere professioniste, alcune dipendenti e alcune come full time, altre come part time. Viviamo tutte in città e frequentiamo le parrocchie dell’Unità Pastorale di Ognissanti e San Barnaba. La struttura della serata è stata una riproposizione, ovviamente in tempi ridotti, dello schema della giornata del 7 febbraio, quindi: - preghiera Lc 8, 1-3; - ascolto dell’excursus storico, dalla prassi di Gesù alla Chiesa del Post Concilio; - lavoro di gruppo sulle Parole delle Donne nella Chiesa sulla Chiesa; - ascolto sul dirsi soggetto (questione di genere – il dire teologico) e sulle parole disattese; - lavoro di gruppo sulle resistenze; - ascolto commento Lc 15, 8-10. Provo a riportare le considerazioni emerse, in ordine sparso, durante i 2 momenti di lavoro di gruppo/discussione. - Come donne ci sentiamo di dire che la compiutezza (delle relazioni, quindi tra i soggetti, ma anche delle forme ecclesiali, dello stile ecclesiale…) si realizza solo quando si vive l’ESSERE IN RELAZIONE. La Comunità va quindi vissuta realmente, non in sottospecie di comunità chiuse e protette. Ad esempio, i seminari, forse sono luoghi che erano pensati come comunità ma adesso secondo noi non sono comunità. Pensiamo che forse i seminaristi potrebbero vivere lo studio e la preghiera anche vivendo in appartamenti, dove possono sperimentare la condivisione della vita quotidiana con altri seminaristi, anche curando la casa, cucinando, come i loro coetanei universitari. Altro esempio di un’anticipazione che intravediamo e che ci incuriosisce e ci fa sperare è quella delle famiglie (meglio se di giovani) che abitano nelle canoniche, aiutando i sacerdoti a tenere aperti gli spazi, e quindi per continuare a offrire chiese capaci di accogliere. - Le nostre amicizie e parentele con i sacerdoti ci hanno fatto pensare che abbiano un grande bisogno di vivere e confrontarsi con le famiglie nella dimensione della quotidianità, e ci ha colpito come molti di loro, quando pensano a una figura femminile, tendano a citare le loro madri, come unico esempio di donna conosciuta o a cui poter fare riferimento. - Ci siamo interrogate sul perché le vocazioni fatichino a fiorire nella nostra società, e come mai rispetto alle vocazioni sacerdotali appaiano più numerose le vocazioni al monachesimo, anche nei giovani, seppur forse ancora più faticoso. - Apprezziamo molto la formazione che i nostri servizi all’interno della Chiesa ci impongono, rendendoci conto che la nostra esperienza non può essere sufficiente nel nostro agire, anzi, limitarci a questo vorrebbe dire chiudersi delle prospettive, per cui certamente partiamo dalle nostre esperienze, ma da lì occorre partire per studiare, formarsi, e questo è il buono della responsabilità dei nostri incarichi. - Se pur convinte che occorra sempre “collegare” la nostra vita, quella delle famiglie e dei laici in generale al clero, sentiamo ancora uno “stacco” e una difficoltà ad interagire, a nostro avviso posta non da noi ma dal clero stesso. A volte, entrando in chiesa non ci sembra di entrare in casa nostra ma in casa dei sacerdoti. - Crediamo che le famiglie vadano accolte nella Chiesa in qualunque fase della loro esistenza, quindi anche quando sono “rumorose” per via dei bambini piccoli, non possano essere pensate messe “per i fanciulli” e “messe per gli adulti” perché crediamo che la Parola di Dio sia la stessa per tutti! Occorre trovare le forme che permettano alla Chiesa di incontrare tutte le fasce d’età! - Soffriamo la tendenza dei sacerdoti ad accentrare. Li abbiamo più volte sentiti dire che non si può chiedere troppo ai laici, invece crediamo che il domandare, il condividere i pesi e le responsabilità, non sia un domandare troppo, anzi. In primo luogo perché non sono loro sacerdoti che ci chiedono, ma la comunità stessa, la Chiesa stessa, Gesù stesso! In secondo luogo perché meno si chiede, meno ci si sente parte, meno ci si sente inseriti, meno ci si sente corresponsabili. Infine perché la “storia delle vocazioni” ci sta mostrando che molto probabilmente ai laici presto verrà inevitabilmente chiesto “di più” e quindi è assurdo cercare di proteggerci chiedendo meno, perché anzi è tempo di guardare laddove i sacerdoti sono meno che qui, per imparare nuovi modi di essere chiesa. - viviamo quindi forse la contraddizione che il concilio non è realizzato, che il popolo di Dio ancora non concelebra ma spesso sta a guardare, balbettando qualche scusa, ma poi ancora “attratto” dalla comodità di avere altri che pensano e che fanno per noi. Più specificatamente sulle resistenze: - Il problema in una Chiesa storicamente sempre e solo “al maschile” è che anche ora che ci sentiamo più protagoniste ancora facciamo fatica a ragionare in termini di “controparti” in cui è facile “identificarsi” e definirsi. - Per cultura, per tradizione, per abitudine.. tendiamo anche noi a pensare che la donna di Chiesa debba tendere all’archetipo Mariano e non Cristologico, mentre vorremmo essere in grado di superare noi per prime l’idea che la donna si riscatti per la maternità (madre e sposa), ed essere innanzitutto cristiane tese all’imitazione di Cristo e poi in aggiunta, dopo, come una grazia ulteriore, anche di Maria, perché forse il SI’ di Maria ci fa diventare tutte “madri”, in tanti modi diversi. - L’aspetto che riconosciamo come più femminile di Cristo è quello dell’incarnazione, ma è anche un aspetto di Cristo poco “detto” dai sacerdoti e dalla Chiesa, poco pregato, poco compreso. Su questo aspetto sicuramente le donne avrebbero molto da dire. - Crediamo che la Chiesa faccia fatica ad accogliere le aperture e i cambiamenti perché spesso basata sulle dicotomie “giusto” vs “sbagliato” mentre le donne, con tutte le scale di grigio con cui accolgono e ragionano, sarebbero forse maggiormente in grado di accogliere aperture e cambiamenti su cui la chiesa si sta interrogando. - Ci siamo domandate anche come genitori in che modo possiamo essere corresponsabili del cammino che i nostri figli vivono nella Chiesa, non solo rispetto a quello che ricevono da noi come educazione alla fede, ma anche rispetto alle esperienze che vivono nella Chiesa, come possiamo dirci ed essere di supporto a chi le offre loro. - Ci sono invece situazioni in cui siamo noi a fare un passo indietro, quando i tempi sono incompatibili con la nostra vita familiare. Riteniamo però che la Chiesa debba essere attenta a non escludere le donne, ma soprattutto a dirsi non autonoma ed autosufficiente perché alcune azioni e alcune scelte i sacerdoti davvero non possono compierle da soli! Elena, Claudia, Marina, Chiara, Maria Sole, Silvia, Sara, Lucia ed Elena Mantova 09 Marzo 2015