1949-2009 Sessanta anni di Servas SEMINANDO E
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1949-2009 Sessanta anni di Servas SEMINANDO E
1949-2009 Sessanta anni di Servas SEMINANDO E (R)ACCOGLIENDO: origini, evoluzione, testimonianze di Servas in Italia Interviste a soci italiani “storici” (anno 2009) Interviste a soci italiani “giovani” (anno 2009) Con ogni vera amicizia rafforziamo le basi su cui poggia la pace in tutto il mondo Mahatma Gandhi 2 Indice Note di edizione 2010 di Anna Cristina Siragusa ……………………pagina 4 Prefazione di Vito Fortezza ………………………………………………………pagina 5 Grazie a Servas di esistere di Luigi Uslenghi ………………………… pagina 6 SEMINANDO E (R)ACCOGLIENDO: origini, evoluzione, testimonianze di Servas in Italia di Roberto Alberini, a cura di Beatrice Boccardi ..……………………pagina 9 Introduzione di Roberto Alberini ………………………………………………pagina 10 Gli “storici”… Piero Stoppani Maria Soresina Luigi Uslenghi Alberta Balducci Uslenghi Lino Canepari Liana Gavelli e Massimo Tesei Paola Cremonesi e Famiglia Nunzio Giubertoni Milena Fantoni- Botticino Luvi e Daniele Passalacqua Franz e Maria Amato Francesco Stoduto Paolo Pini Fabrizio Piccinini Teresa Mazzella; Filippo Ieranò Marina Boccianti Battista Agata Greco; Lina Cerchi Timore … e i “giovani” 3 Viviana Santercole Sergio Saporetti Marzia Saloni Federica Mossetti Elsa Pettinato Note di edizione Questo libretto fa parte della collana “1949-2009 Sessanta anni di Servas” creata con l’intento di fornire ai soci e simpatizzanti materiali per conoscere ed approfondire la storia della nostra Associazione. Non ho fatto altro che re-impaginare ed editare il lavoro promosso del socio e coordinatore regionale lombardo Roberto Alberini: a lui va il merito della creazione di questo materiale, insieme a Beatrice Boccardi (coordinatrice regionale campana) e naturalmente di tutti coloro che hanno collaborato. La toccante testimonianza del socio “storico” Piero Stoppani è riportata anche in altro libretto di questa collana, dal titolo “Interviste a Bob Luitweiler (anno 2007)”. Essa rappresenta per me la connessione di Servas Italia al pensiero del fondatore americano, senza soluzione di continuità, ed è un invito ad approfondire con la lettura di tutte le interviste. Si può forse definire la memoria storica paragonandola al delta di un fiume in grado di ricevere una quantità di affluenti che, per molti rami secondari, si avviano verso un’unica foce. Il passato confluisce nel presente come un fiume, attraverso tanti rivoli di cui seguiamo traccia affinchè non si disperdano. Innumerevoli sono gli spunti e i pensieri che ciascuna lettrice e lettore avrà scorrendo le testimonianze che, a cavallo tra storia e memoria, ci riportano all’impegno di comprendere il nostro presente ma soprattutto a quello di riflettere sullo Spirito Servas e di contestualizzarlo ad oggi. Anna Cristina Siragusa, nel ruolo di responsabile della comunicazione e di responsabile della documentazione di Servas Italia Milano, Aprile 2010 4 Prefazione Con questa pubblicazione abbiamo voluto dare un significativo strumento di conoscenza e stimolo alla riflessione sulla nostra Associazione. La nostra storia, come tutte le storie, è fondata su ideali, persone, azioni; queste pagine ne danno un prezioso campionario da cui attingere per comprendere meglio il passato, il presente e delineare il futuro di Servas in Italia e nel mondo. L'attuale nostra esistenza associativa dipende dall’equilibrio di tanti elementi, in un complesso meccanismo che stupisce che funzioni... Se ci soffermiamo un attimo ad osservarci, possiamo notare le azioni di tante persone che convergono in un progetto ideale che, passo dopo passo, prende forma e forza tra inevitabili difficoltà e soddisfazioni, momenti di speranza e delusioni, tra vuoti e pieni. La nostra epoca sta vivendo profonde e repentine trasformazioni, spesso purtroppo indirizzate verso modelli di vita, economici e culturali tali da mettere in forse la qualità del nostro futuro e di quello di chi verrà dopo di noi. Anche su queste problematiche noi, come Servas, ci dobbiamo confrontare per dare un contributo alla diffusione di “semi di pace”. Per questo abbiamo bisogno di tenerci stretti sia gli stimoli di Bob ad avere una cosciente, coerente e feconda “visione ideale”, sia le esperienze passate e l’impegno presente di tutti noi soci nei variegati ma tutti importantissimi livelli della vita e della gestione della nostra viva Associazione. Vito Fortezza, Presidente di Servas Italia 2006-2009 Medesano, aprile 2009 5 Grazie a Servas di esistere “Camaldoli, una foresta, un monastero, un incontro”. Così iniziava la piccola cronaca del primo incontro nazionale di Servas in Italia. Era il maggio del ’79, trent’anni fa. “Centinaia e centinaia di chilometri- prosegue la cronaca- per vivere insieme poche ore usando i mezzi più disparati: auto, treno, autostop, bus, camper, pedibus calcantibus”. Qualche episodio quasi da leggenda: come il Riccardo che “lascia la caserma a Udine, viaggia tutta la notte e si presenta fresco fresco (si fa per dire) di buon mattino per partecipare, sabato, alla lunga escursione in foresta. […]. Marco, invece, che disdegna mezzi tradizionali di trasporto, si butta alla ventura, sacco in spalla, e si consuma in autostop tutto d’un fiato gli oltre trecento e cinquanta chilometri che lo separano dalla Toscana. [...]. Attimi di suspense sabato per la sorte di Gianni […]. Si diceva dovesse inaugurare un percorso misto treno- bici nel tratto Torino- Camaldoli, ma tardava a comparire e dai più si temeva il peggio. Finché nel pomeriggio, preceduto dall’urlo di Maria (Soresina), il Gianni! è comparso nella sua veste abituale ma senza bicicletta, deludendo molti presenti. Si è saputo poi di un viaggio ugualmente avventuroso, con notte ecologica trascorsa all’addiaccio in quel di Firenze […]”. Una cronaca dal vivo fatta di tanti personaggi che in gran parte si conoscevano per la prima volta, la simpatia reciproca, l’entusiasmo per l’evento, “salame, formaggio e vino offerti da Padre Luigi al gruppetto dei napoletani giunti verso mezzanotte”, “l’incontro nel pomeriggio nel salone di Lorenzo il Magnifico con l’appassionata discussione, le esperienze, le proposte; l’incontro della sera con l’induismo; la torta di Janice, le esibizioni mimiche e canore di Peggy, Richard, Maria (Servas Song)”. Cronaca di un piccolo grande evento. Sapore di cose buone. Buone come il pane. Buone come Servas. Trent’anni da quell’incontro e quasi quaranta dalla lista edita da Maria nel 1970, dove eravamo in tredici a contenderci lo spazio di due paginette distribuite in tutto il mondo. Trent’anni o poco più l’età media delle amiche e degli amici presenti in quella prima lista di 6 Servas Italia. Trent’anni dall’incontro di Camaldoli per riparlare ora di Servas, in questo aprile 2009. Il doppio- festeggiamo i sessant’annidal lancio dell’idea. Uno sguardo necessario al passato per progettare un futuro. Ricordare le origini per meglio interpretare il nostro tempo e la nostra carissima associazione, le sue difficoltà, l’attualità della proposta, il suo contributo a un mondo migliore, il suo adattarsi a una realtà in continuo cambiamento. Rivivere le originali aspirazioni e speranze come presupposto per cercare di rispondere alle aspettative di coloro che oggi hanno vent’anni e che parlano un linguaggio molto diverso da quello di quei lontani anni. C’è -in a Bob grazie questo questo stampato- la trascrizione della belle interviste dal vivo Luitweiler, fondatore di Servas e inserita in YouTube. Un a Beatrice Boccardi- curatrice anche della pubblicazione di fascicolo- per la non facile trascrizione. Esiste poi un altro stampato con le interviste ad alcuni protagonisti di Servas degli anni ’60, ’70, ’80 e ad alcuni giovani. Di questo dobbiamo ringraziare Roberto Alberini, che ha avuto l’idea, l’ha proposta e attuata. Un plauso anche al creatore del nuovo logo di Servas Italia, Giuseppe Di Liberto: è veramente bello e caratterizza anche la nostra copertina. Infine un “grazie a Servas di esistere”, come alcuni dei primi viaggiatori riportavano nelle proprie relazioni, e un grazie a tutti coloro che si stanno impegnando per essa. Luigi Uslenghi, Presidente Onorario di Servas Italia Novara, aprile 2009 7 8 Seminando e (r)accogliendo Origini evoluzione testimonianze di Servas in Italia di Roberto Alberini a cura di Beatrice Boccardi 9 Introduzione In occasione dei sessant’anni di Servas ci è sembrato interessante raccogliere le testimonianze di soci storici per capire cosa li aveva spinti negli anni ’60- ’70 a iscriversi e a far conoscere l’associazione in Italia. Perciò chi scrive, col supporto “spirituale” di Mario Arosio, ha stilato un breve questionario da sottoporre loro. Allo stesso tempo ho intervistato alcuni soci “giovani”, iscritti da pochi anni, per capire cosa li abbia attirati in Servas e cosa ritengono si possa fare per attrarre le nuove generazioni in un contesto italiano e mondiale. Se Servas ha trovato terreno fertile per attecchire in Italia è stato anche grazie all’impegno iniziale di persone che vivevano sparse per la penisola ma che, come leggerete, condividevano una visione del mondo fatta, con le parole di Luigi Uslenghi, di parole-chiave come tolleranza e incontro per conoscere e crescere. A cominciare dallo splendido testo di Pietro Stoppani, soldato durante la Seconda Guerra Mondiale, la cui esperienza in campo di prigionia appare uguale e contraria a quella di Bob Luitweiler imprigionato dal suo stesso Paese perché si rifiutava di combattere; bello in particolare questo distribuire bigliettini col proprio indirizzo ad amici di sventura e carcerieri allo stesso modo. Morena Soatti e Riccardo Rinaldi hanno realizzato la video intervista a Paolo Pini, il cui testo è pubblicato qua parzialmente, in attesa di essere inserito online per intero. Questa ricerca non sarebbe stata possibile senza la meticolosa consultazione eseguita da Luigi Uslenghi sulle prime liste del 1970 e seguenti, e per questo lo ringraziamo. E ringraziamo tutti i soci, da quelli storici ai più recenti, che hanno accettato di rispondere alle nostre domande. 10 Per rendere la lettura più agevole, i testi sono stati sfrondati dell’impalcatura del questionario, che riportiamo qui di seguito: Come ha conosciuto il mondo Servas? In che anno si è iscritto? Con il contributo di chi ha creato le basi (contatti, prime riunioni, liste, ecc.) di Servas Italia? Ha partecipato a qualche riunione internazionale di Servas come rappresentante di Servas Italia in quegli anni? Quali erano le propensioni (idee pacifiste, orientamento ai viaggi, impostazioni politiche, ecc.) dei soci Servas dei primi anni? Ha un ricordo particolare al quale è maggiormente legato/a? Di viaggio, ospitalità… Che effetto le fa sapere che Servas nel 2009 compie sessant’anni? Cosa si potrebbe fare per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace? Roberto Alberini 11 Pegognaga, aprile 2009 INTERVISTA AI SOCI STORICI DI SERVAS ITALIA Gli “storici”… PIERO STOPPANI, MILANO Conobbi il quacchero statunitense Bob Luitweiler, presentatomi da Anna Luisa Leonardi, e il Servas nel maggio 1960. Bob aveva viaggiato in moto in Europa chiedendo ospitalità e aveva dei nomi di persone che si erano dette disposte a ospitare altri viaggiatori che si presentassero loro a suo nome. Erano quindici o venti in Germania, una decina in Francia e qualcuno in Svizzera. Anna Luisa Leonardi era una notevole animatrice, con grandi capacità di dialogo e mediazione costruttiva. All’incirca nel 1958 aveva frequentato le riunioni che io e mia moglie Anna Chiara Trogu, con il nostro bambino, tenevamo anche a casa nostra per il sostegno dell’obiezione di coscienza e la Leonardi aveva dato un impulso gioioso e giovanile a un gran lavoro di contatti e di volantini. Lia Bolokan, monitrice alla scuola assistenti sociali della Società Umanitaria di Milano, proponeva il servizio civile internazionale come alternativa al servizio militare obbligatorio. Da parecchi anni, da quando avevamo potuto abitare in una casa nostra, io e Anna Chiara esercitavamo ospitalità senza fini di lucro accogliendo amici, persone sconosciute che avessero bisogno di una casa, pacifisti e altri, come ad esempio vegetariani, e ricevevamo spesso visite. Bob Luitweiler era venuto in Europa dopo la morte di suo padre, anch’egli quacchero, con cui aveva lavorato sino allora e aveva ricevuto un’eredità sufficiente a vivere di rendita. Rimase poco a Milano e organizzammo una gita alle cateratte dell’Adda a Paderno. Quel giorno piovve molto, Luitweiler desiderava molto farci vedere come accendere il fuoco senza fiammiferi. Egli era stato un organizzatore boy-scout. Tornato il sole era troppo tardi e bisognava ritornare. Rimase dispiaciuto della mancata dimostrazione. Bob ripartì diretto verso l’Africa equatoriale, come missionario quacchero, nella foresta presso Zanzibar. Contattava gli abitanti del 12 posto e istruiva i loro bambini. Non so quale potentato politico o religioso gli fu ostile: dovette lasciare. L’elenco di nomi lasciato da Luitweiler non era una lista nel senso pieno del termine. Scavo nella memoria ed emerge il ricordo di una annotazione di pochi nomi: conteneva indirizzi, numeri di telefono, ecc. come nelle liste odierne. In questa annotazione ricordo soltanto il mio nome, quello di mia moglie e quelli di Anna Luisa Leonardi e di Giuseppe Gozzini. Non credo fosse stata scritta da me. Ricordo che nel 1968 mia moglie Anna Chiara Trogu aveva la lista Servas, contenente alcune decine di nomi, affidatale da Anna Luisa. La lista passò poi a Maria Soresina. Nel maggio 1960 Anna Luisa sostenne un campo di lavoro del Servizio Civile Internazionale in Calabria cui aderirono con entusiasmo anche mia moglie e alcune sue colleghe della scuola materna. Io vi aderii alla condizione di effettuare uno studio approfondito sulla situazione storica, culturale, sociale ed economica della Calabria che permettesse di proporre soluzioni nuove, di tipo gandhiano, ai problemi. Il Servizio Civile Internazionale collaborava con la Soprintendenza ai Monumenti che voleva dare nuova vita turistica a Crocefisso, un villaggio sperduto in provincia di Locri sotto l’Aspromonte, ripristinando un convento del 1600 privo del tetto. Crocifisso si trova in una zona devastata dal terremoto di Messina del 1908. Le case crollate e le baracche d’emergenza ormai fatiscenti erano ancora visibili nel 1960, in un paesaggio di suprema bellezza. Prima che la Soprintendenza iniziasse il restauro del convento seicentesco era necessario ripulirne l’interno perché vi era un migliaio di bare senza nome accatastate sotto le intemperie, di gente morta nella zona a causa della febbre spagnola del 1918. I volontari fecero anche altri lavori molto utili che furono assai apprezzati dalla popolazione. Durante i pesanti lavori del campo, che duravano otto ore (il mattino presto e il pomeriggio tardi per evitare il sole cocente), avevo parlato a lungo con gli uomini del posto proponendo uno scambio di ospitalità e una fraternizzazione tra calabresi e lombardi per raggiungere una vera e più profonda unità nazionale. Li invitai a venire a casa mia. Tornati a Milano alcuni amici che avevano partecipato al campo vollero realizzare a casa mia e di Anna Chiara quella che ritenevamo fosse una libera convivenza e una condivisione dei problemi e dei 13 pensieri. Da Crocifisso arrivarono a Milano molti manovali disoccupati per lavorare nell’edilizia. Li ospitammo a lungo e gratuitamente. Vivendo insieme venimmo a conoscenza dei tanti problemi e drammi della loro situazione. Discutemmo sui molti appunti presi durante il campo di lavoro sulla situazione calabrese. Non era una comunità ideale ma ci dava lo stimolo a una vita più intensa e impegnata. A Crocifisso tornammo per le due estati successive per costruire un asilo in muratura antisismica per i bambini del paese. Nell’agosto 1970 sono stato con Maria Soresina all’assemblea internazionale a Vienna. Maria era la rappresentante di Servas Italia. In quella circostanza conobbi Harrivalaph Parik, figlio di un ministro ereditario di un piccolo principato indiano indipendente dell’India britannica. Harrivalaph aveva conosciuto Gandhi poco prima che fosse assassinato e ricordava che, appena lo aveva visto e prima che potesse parlare, il Mahatma gli aveva affidata la missione di aiutare le popolazioni tribali dell’India. Ebbi il piacere di averlo ospite a Milano più volte. Quanto alle tendenze (idee pacifiste, orientamento ai viaggi, impostazioni politiche, ecc.), queste non avevano per me importanza determinante e credo neanche per gli altri con cui ero in contatto che erano cattolici, pacifisti, ebrei, liberi pensatori, socialisti e altro. Nota dell’intervistato- Il questionario non prende in considerazione una circostanza fondamentale della vita attuale del Servas di questi anni e di parecchi anni passati, cioè trascura lo status giuridico di organizzazione non governativa (ONG) del Servas senza diritto di voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e del fatto che il Servas internazionale ha un delegato che rappresenta la nostra ONG. Ho informazioni piuttosto remote: anni fa, salvo errore, le ONG erano un migliaio. Non so quante siano oggi. Il delegato si trova in condizioni di influire sulle deliberazioni delle ONG. Non è tenuto a una disciplina da parte dei deleganti ma è libero di agire per il meglio. Tutto questo dà una indubbia dimensione politica e concreti condizionamenti, forse anche economici, a ciò che viene compiuto dal Servas italiano che invia come noto metà degli introiti al Servas International, che credo servano per indennizzare il delegato del tempo dato per il Servas. Quindi ho sempre ritenuto di far parte di un’organizzazione non politica che in realtà è politica, perché è divenuta una ONG nel 1972 ad opera di Reva King. 14 Certo ho più di un ricordo di viaggio o di ospitalità… Ebbe importanza determinante per il Servas l’assalto al tesoro aureo costituito dall’altare della Basilica di S. Ambrogio di Milano, avvenuto nel maggio 1968 non ricordo esattamente in quale giorno. La basilica di S. Ambrogio, fondata nel IV secolo d. C., e il suo altare d’oro, del IX sec. d. C., sono tra le più importanti opere d’arte europee di quei secoli. Il fatto fu compiuto da un giovane canadese che mi aveva scritto chiedendo ospitalità ma non era venuto a casa mia né mi aveva telefonato. Il giovane, dentro la chiesa, rimase leggermente ferito dai colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia e perdette sangue che si sparse al suolo. L’arcivescovo di Milano riconsacrò la basilica contaminata dall’effusione di sangue. I giornali diedero ampio spazio a questo fatto eccezionale. Il giovane, minorenne, venne rimpatriato. L’evento indusse il Servas a limitare i viaggi dei minorenni e poiché Maria Soresina aveva informato del fatto vari segretari del Servas in Europa, alcuni di essi vennero a Milano, molto sconcertati per l’episodio, per conoscerci e stabilimmo ottimi rapporti. Non mi fa un effetto particolare il lontano ricordo del seminario tenuto in Danimarca nel 1949 durante il quale Luitweiler e altri studenti scelsero il nome Servas. Anch’io in età giovanile vissi la mia prima avventura nel campo dell’ospitalità disinteressata. Ero sottotenente paracadutista della divisione Folgore, prigioniero di guerra in un campo di concentramento britannico vicino a Helouan in Egitto, dietro il reticolato pur a guerra finita. Nell’agosto del 1945 scrissi a matita su foglietti la mia offerta di ospitalità per il futuro: li distribuii ai miei compagni dell’affollata ‘gabbia’ e a sottufficiali britannici e australiani di custodia. L’autorità militare britannica del campo mi inflisse una punizione di dieci giorni in cella d’isolamento a pane e acqua. Lì scrissi ampie considerazioni sul problema posto da Immanuel Kant sull’esistenza reale dell’ ‘altro’. Dopo il 1991 diedi copie degli inviti di ospitalità e delle considerazioni filosofiche scritte in prigionia alle riunioni Servas. Mi riesce difficile precisare quali miglioramenti apportare per la costruzione della pace perché penso che cambiamenti che appaiono utili possono risultare catastrofici. Certo bisognerebbe seguire strenuamente, anche a prezzo della vita, il principio gandhiano della verità che il Mahatma chiamò Satyagraha. 15 MARIA SORESINA, MILANO Ho conosciuto il mondo Servas grazie a Piero Stoppani nel novembre 1967. Ho scritto a New York e Reva King mi ha inviato materiale da tradurre e due elenchi, dei quali uno di sette, otto nominativi di italiani che si erano messi in contatto con Servas venti anni prima. Tra questi, due avevano aderito alla prima lista. Particolarmente interessante era Mario Berruti, che aveva scritto una primissima “lista” composta da una sola persona (lui) che non poteva neanche ospitare perché faceva il seminarista a Roma. Ricordo che c’era scritto in un inglese non proprio perfetto qualcosa tipo: splende il sole, per cui venite! Nel frattempo era diventato pastore valdese in Sicilia. È stato a lungo sulla lista. L’altro elenco era il Peace Diary, con tutte le organizzazioni pacifiste italiane, che contattai, ovviamente, ma senza risultato. In questi primi tempi mi ha aiutato Pietro Stoppani. E anche un certo Mario Mazzanti del MIR (movimento pacifista). Ho partecipato a qualche riunione internazionale di Servas come rappresentante dell’Italia in quegli anni. Nel 1970 a Vienna, nel 1972 a Wetzlar (Germania) dove è stato fondato Servas International (lo Statuto porta infatti anche la mia firma), e nel 1974 a Locarno o poco lontano (Svizzera). Poi ho partecipato, nel 1983, all’incontro in Israele, dove sono stata eletta vice-presidente di Servas International. Nei primissimi anni (parlo ovviamente dell’esperienza italiana, ovvero degli anni dal 1968) chi aderiva al Servas lo faceva per ospitare, non per viaggiare. Era molto più facile trovare ospitanti che viaggiatori. Questo poneva anche problemi economici, perché all’epoca l’unico contributo veniva richiesto ai viaggiatori. Ma anche le Porte Aperte erano poche, perché all’epoca – e fino al 1972- i soci dovevano essere pacifisti “militanti” (come si dice con un evidente, antipatico ossimoro) e questo restringeva notevolmente la possibilità di trovare soci. Nella riunione di Wetzlar proposi l’apertura a tutti (che venne accolta), ma anche prima ero abbastanza “disubbidiente”, perché distribuivo volantini davanti alle università e accolsi come socio (tra altri) lo studente Luigi Uslenghi, che non era iscritto ad alcun movimento pacifista. Fin dall’inizio le impostazioni politiche erano varie, ma questa era una variabile che non veniva presa in considerazione, né veniva richiesto agli aspiranti soci di qualificarsi in tal senso. L’importante era 16 l’apertura verso il diverso, fondamento ineludibile di ogni reale “pacifismo”. Sulle mie esperienze di viaggio o di ospitalità… potrei scrivere un libro… sono troppi! Dirò solo che nel 1980 andai in Polonia con mia figlia Caterina, che allora aveva dieci anni. Una famiglia usava disegnare bandierine per ogni nuova nazionalità che ospitava. L’idea ci piacque e, tornate a casa, costruimmo bandierine per tutte le nazioni da cui provenivano gli ospiti finora avuti (una per ogni nazione): erano trentaquattro. Era veramente avere il mondo in casa. E l’apertura mentale che ciò ha comportato è impagabile! Che effetto mi fa sapere che Servas quest’anno compie sessant’anni? Mi fa più “effetto” sapere che fra un po’ io ne compirò settanta… Però, se da un lato mi rallegra il fatto che ci sia ancora e che sia cresciuto, dall’altro mi rattrista constatare che è cambiato, troppo cambiato. E non sempre in meglio. In particolare lamento che l’aspetto organizzativo, burocratico ha preso (sia a livello internazionale, sia per quanto riguarda l’Italia) il sopravvento: è diventato un “potere” mentre dovrebbe essere solo un “servizio”. Perché l’anima del Servas, il suo cuore pulsante e il suo senso profondo è l’incontro che avviene tra persone che non si conoscono, in una casa privata. Il nostro motto “con ogni vera amicizia costruiamo le basi su cui poggia la pace nel mondo” è assolutamente vero, ed è l’unico “impegno di costruttori di pace” che ha senso e valore. 17 LUIGI USLENGHI, NOVARA Il primo impatto concreto con Servas fu il colloquio a casa di Maria Soresina e Pietro Stoppani, con Maria intenta ad allattare la piccola Caterina. Bella immagine che ricordo con un sorriso. Avevo ventotto anni. Era il 1970. Da tempo avevo messo insieme una rete di contatti amicali in Europa dopo qualche soggiorno in Germania e la partecipazione ad attività dei Soci Costruttori e di altri gruppi. Quando quell’inverno- sempre curioso di scoprire nuove “cose”, sulla scia di quel grande moto di rinnovamento e di reale “fermento” comunemente definito “sessantotto”- mi imbattei in questa proposta attraverso un ciclostilato di presentazione lasciato nell’interfacoltà dell’Università Cattolica di Milano, non mi sembrò vero: qualcuno aveva già “creato” una straordinaria rete di ospitalità. Non occorreva più inventare altro. Era già tutto bello e pronto, scodellato e servito. Bob Luitweiler ci aveva già pensato più di vent’anni prima. Grande Bob e brava Maria a darsi da fare per diffondere l’idea. Quello stesso anno uscì la prima lista di Servas Italia, con Maria “Secretary”. Eravamo in tredici. Età media? Poco sopra i trenta. Due paginette ciclostilate e - sul fondo pagina- la presenza di “Miss” Alberta Balducci, di anni ventitre, da Rimini. Che dire: era tale l’entusiasmo che cercai di diffondere ovunque capitassi questa buona proposta. Il terreno era fertile. Gli ambienti che frequentavo erano molto disponibili all’ascolto. Ricordo volentieriad esempio- le due estati che mi videro a Taizé insieme a un mare di giovani da tutta Europa. Anche lì parlai di Servas e qualcuno degli astanti di allora è tuttora presente in lista. Poi ci fu l’impegno sempre più concreto per mandare avanti questa proposta e farla conoscere. Se si ama qualche cosa o qualcuno, non li si tiene nascosti: come la famosa lampada sotto il moggio. Era troppo bella l’idea, troppo reale il valore dell’incontro con le persone attraverso l’ospitalità, per tenere gelosamente per sé questo piccolo tesoro. Il più bel tesoro scoperto con Servas è stato naturalmente l’incontro con Alberta, la sua famiglia, le sue amiche a Rimini, in una calda notte d’estate-1971- con tante belle pesche di Romagna sulla terrazza: la mia prima straordinaria esperienza di ospitalità, che- oltre ad aver segnato positivamente una vita- ha contribuito a dare una spinta determinante a tutta l’attività futura in Servas e per Servas. Quei primissimi anni hanno visto- con mia moglie Alberta- e naturalmente con Maria Soresina, la presenza di Rosellina Alberton e Lino Canepari e poi a mano a mano, con il passare degli anni, la 18 presenza viva di tante altre care persone, alcune delle quali non più tra di noi, quelle che sono andate “avanti” sul sentiero, per dirla con i miei amici della montagna. Importanti gli incontri. Innanzi tutto il primo nazionale in assoluto che abbiamo organizzato nel ’79 a Camaldoli. E poi- sempre a Camaldoliquello dell’83, propedeutico alla fondazione legale dell’Associazione Servas Porte Aperte del settembre ’84, quando peraltro eravamo già oltre quattrocento in lista. Da allora ho partecipato a numerose riunioni internazionali di Servas come rappresentate dell’Italia: a Helsingor, Danimarca, con Alberta e Rosellina e Lino Canepari, nel ’78; presso l’Anand Niketan Ashram, Rangpur, India, 1980; a Naharia, Israele, nell’83; a Roma, 1986; a Montreal, Canada, nell’89. Ma anche, senza particolari incarichi, alle Conferenze di Chedigny, Francia, nel ’92; a Barcellona, Spagna, 2004; infine, a Latina, 2006 (ma solo in parte). Tra gli altri incontri internazionali sottolineo quello di Askov, in Danimarca, in occasione dei cinquant’ anni di Servas, nel ’99. Quanto alle idee pacifiste, all’orientamento ai viaggi, alle impostazioni politiche, ecc. dei soci Servas dei primi anni, posso dire che c’era soprattutto voglia di incontro. Chi accettava di aprire l’uscio di casa possedeva e possiede tutti i pregi e i difetti dei comuni mortali, con in più qualche cosa, qualche buona qualità, che soprattutto i giovani possedevano e possiedono in abbondanza: entusiasmo, curiosità, voglia di conoscere, spirito di adattamento, fiducia nel prossimo, coscienza di contribuire, anche con un piccolo gesto di vita quotidiana, all’edificazione di un mondo più giusto e più pacifico. Le opzioni politiche potevano essere diverse, ma- al di là delle etichette- questo era ciò che contava e che conta. In un mondo farcito di manicheismi e intolleranza quello che colpiva di più in Servas era l’esatto contrario: la tolleranza, l’incontro per conoscere e crescere. Conta “essere” e non “apparire”. Contano i fatti e non tante parole. Fatti come accogliere e condividere una tavola imbandita, appunto. Per i ricordi non basterebbero le pagine di un buon libro. L’incontro con Miss Alberta Balducci, innanzi tutto, durante la mia prima esperienza di viaggio Servas nella lontana riviera adriatica... E poi, tra i moltissimi altri bei ricordi, l’incontro con Peter Benenson, fondatore di Amnesty International e diventato grande amico di Servas. 19 Bello, bello, è un gran piacere sapere che Servas nel 2009 compie sessant’anni!... E pensare che avevo già sette anni quando Bob si è messo in testa di inventare questa cosa. Cosa si potrebbe fare per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace? Non pensare tanto ai sessant’anni quanto ai vent’anni dei nostri giovani, che arriveranno anche loro prima o poi ai “sessanta” ma intanto sono qui- come quel manipolo di noi allora- con il loro mondo, che è molto diverso dal nostro di quarant’anni fa, il loro impatto con le nuove tecnologie, il loro linguaggio, le loro speranze. 20 ALBERTA BALDUCCI USLENGHI, NOVARA Ho conosciuto Servas nel 1969, grazie a un’amica, Rosellina Alberton, che aveva visto un annuncio nell’Interfacoltà dell’Università Cattolica di Milano, che allora frequentavo. Siamo poi state intervistate tutte e due da Maria Soresina, una figura storica di Servas Italia. Chi ha creato le basi per lo sviluppo di Servas Italia è stato soprattutto mio marito, Luigi Uslenghi. Io l’ho soltanto aiutato un po’. Abbiamo partecipato insieme alla Conferenza Servas International del 1978 in Danimarca. In quell’anno la Segreteria di Servas Italia era affidata a un Comitato, costituito da mio marito e me e dalla coppia Rosellina e Lino Canepari. Ho partecipato anche alla Conferenza in Israele del 1983, ma in quell’occasione non rivestivo alcun incarico ufficiale. In quegli anni l’ideale pacifista era molto forte, ma le impostazioni politiche erano, come oggi, le più diverse. Comunque la maggior parte dei membri Servas proveniva da associazioni, specialmente cattoliche e di sinistra. Il viaggio in Germania e Danimarca del 1978 è stato certamente il più bello da me compiuto con il sistema Servas: abbiamo incontrato tanti ospiti simpatici e cordiali, sia durante la marcia di avvicinamento sia ad Helsingor, dove si è tenuta la Conferenza. In quanto ai viaggiatori che abbiamo ospitato a casa nostra, si è trattato di esperienze generalmente positive, anche se in alcuni casi un po’ troppo brevi e tali da non lasciare il segno. Gli ospiti che ricordo più volentieri sono americani e per lo più ebrei: Philip Dine da New York, Ellen Silverberg pure da NY, Charlotte Simmons da Indianapolis, la coppia Shenk- Foley da Boston, Michael, di cui non ricordo né il cognome né la provenienza, ma di cui ricordo benissimo la simpatia e la capacità di inserirsi nella nostra famiglia in modo collaborativo e nel contempo non invadente. Naturalmente abbiamo avuto incontri positivi anche con ospiti europei, australiani e asiatici. Servas compie la mia stessa età e non può non farmi effetto! Me ne compiaccio, e soprattutto mi fa piacere sapere che la famiglia Servas Italia, da quel lontano 1969, si è più che centuplicata e che molte persone giovani sono entrate a farne parte. Non ho consigli da dare, perché non ci sono ricette per costruire la pace: penso che la cosa migliore sia continuare tutti a impegnarci come abbiamo fatto finora, con generosità e spirito di comprensione e tolleranza. 21 LINO CANEPARI, POVE DEL GRAPPA (VICENZA) Ho conosciuto il mondo Servas nel 1972 tramite mia moglie e sempre con il contributo di mia moglie abbiamo contribuito a creare le basi di Servas Italia. In quegli anni ho partecipato a due convegni, uno in Svizzera e uno a Los Angeles, come rappresentante di Servas Italia. Le “propensioni” erano varie, in particolare pacifismo e desiderio di viaggiare in modo “alternativo” e magari a basso costo. Non mi pare ci fosse un particolare orientamento politico Ho un ricordo in particolare di alcuni viaggi, in Irlanda, negli USA. E di alcuni personaggi storici (H. Parik, Masuo Amano, Reva King…). Da tempo non partecipo più all’Associazione. Mi pare che il suo ideale sia piuttosto generico. Oggi mi interessa di più un’esperienza autenticamente religiosa che in Servas non mi pare esista. Noto anche che ci sono diverse correnti e dispute. Forse la politica ha assunto un peso che un tempo non aveva. Se è così me ne dispiaccio. 22 LIANA GAVELLI E MASSIMO TESEI, FORLI’ Massimo e io abbiamo conosciuto Servas nel 1981, parlando con un amico che aveva viaggiato negli USA. Ci siamo iscritti subito, andando direttamente a Novara, da Luigi Uslenghi, in quanto non c’erano ancora i coordinatori regionali, e chi si iscriveva doveva farlo, ovviamente, facendosi conoscere di persona dal responsabile nazionale. Nel 1983, in occasione dell'incontro nazionale di Camaldoli, vennero poste le basi per dotare Servas delle strutture necessarie, a livello nazionale, regionale e locale, per favorire la diffusione delle idee e dello spirito Servas, perché tutti eravamo concordi che un’idea così bella non dovesse restare patrimonio di pochi, pur mantenendo sempre rigorosamente uno spirito “militante”. Nel settembre 1983, mi ricordo, oltre a Massimo e a me, c’erano Luigi Uslenghi e Maria Soresina, Gianni Catania, Fabrizio Piccinini e Rita Zaccarelli, Benito Lusenti, Janice e Paolo Dal Pra. Si sono poi aggiunti Daniele e Luvi Passalacqua, Piera Hermann e Angelo Scorbatti, Cristina Eghenter, Anna Maspero (non vorrei dimenticare qualcuno), insomma tanti altri amici con cui abbiamo lavorato, parlato, condiviso momenti intensi e divertenti, per cercare di costruire l'Associazione che è formalmente stata costituita a Novara nel 1985. Servas era nata come associazione molto militante in senso pacifista, poi lo spirito originario si era un po’ “annacquato”, e forse negli anni ’80 prevaleva l’orientamento ai viaggi, anche se ci si è sempre preoccupati molto che non si snaturasse al punto da farla conoscere come una organizzazione di viaggi a buon mercato. Infatti si è sempre privilegiata una diffusione molto mirata e graduale proprio per salvaguardarne le idee qualificanti, principalmente l’importanza della conoscenza e dell’amicizia fra persone di lingua, culture, idee politiche e religiose diverse, visitando le case di persone sconosciute, oppure accogliendo qualcuno con curiosità e fiducia, come strumenti per favorire la pace e la convivenza. Ogni viaggio, ogni persona ospitata costituiscono ricordi indelebili, anche a distanza di quasi trent’anni, però quella che ricordiamo come esperienza unica e veramente “formativa”, è sicuramente il viaggio, durato quasi due mesi, negli USA, risalente all’ormai lontano 1982. Era la nostra prima esperienza Servas, ed è stato una full immersion 23 esaltante nel mondo Servas, tant’è vero che, con alcune Porte Aperte, ci scriviamo ancora. Ora che compie sessant’anni è evidente che l’idea Servas è ancora valida ed attuale, a maggior ragione in questi momenti. Infatti, sicuramente i viaggi sono sempre più alla portata di tutti, i giovani conoscono meglio le lingue, internet e le nuove tecnologie favoriscono gli scambi e la comunicazione a vari livelli, però ospitare qualcuno a casa propria, o vivere in un altro paese la vita quotidiana e conoscere abitudini e usanze diverse, è sempre più importante per abbattere i nostri pregiudizi e farci sentire cittadini del mondo. 24 PAOLA CREMONESI E FAMIGLIA, ZINGONIA (BERGAMO) La mia famiglia ha conosciuto Servas nel 1978 leggendo un articolo sul Corriere della Sera; all’epoca per impegni di lavoro, con i figli ancora relativamente piccoli e non conoscendo una lingua straniera i miei genitori non avevano occasione di viaggiare all’estero, allora mia mamma si è detta: facciamo entrare il mondo in casa. Con Luigi Uslenghi ci siamo subito intesi e così mio papà e mia mamma hanno partecipato al loro primo incontro nazionale a Camaldoli: ricordo che mio fratello Davide era il partecipante più giovane. Erano gli anni in cui Servas iniziava a darsi una organizzazione territoriale: mio papà per molti anni è stato nel collegio dei Provibiri; mia mamma è stata la prima coordinatrice provinciale per Bergamo e ha contribuito moltissimo a far aumentare il numero dei viaggiatori e delle Porte Aperte della provincia. Ogni anno era appuntamento fisso partecipare agli incontri nazionali: ritrovare vecchi amici e conoscerne di nuovi. Nel 1986 ho partecipato all’incontro internazionale Servas di Roma e insieme con gli altri giovani facevo parte del comitato organizzativo e di accoglienza. Di quell’incontro ho un aneddoto in particolare che mi fa sempre sorridere: facendo parte del comitato organizzativo dovevo tenere in ordine le schede dei partecipanti e registrarne l’arrivo e altre attività. La base logistica era in un posto leggermente periferico rispetto a Roma città e in alcuni casi dovevamo organizzare il viaggio per andare a prendere partecipanti stranieri all’aeroporto. Ricordo che sulla scheda di adesione oltre al nome e cognome bisognava scrivere l’età e avevamo avuto indicazione di andare in aeroporto a prendere una Servas americana. Poco male, salvo che ci sembrava ingiusto che una persona di diciotto anni non potesse da sola raggiungere il posto usando i mezzi pubblici… Piccolo particolare: la persona in questione non aveva diciotto anni, ma era del 1918 o giù di lì e si trattava della mitica Reva King, una persona straordinaria che ho avuto la fortuna di incontrare altre due volte a casa sua a New York dove mi ha ospitato. L’altro incontro che ricordo con nostalgia è l’incontro nazionale del settembre 1990 organizzato a Bergamo da mia mamma e da Vittorio Scaravaggi: è stata una grossa fatica ma che soddisfazione alla fine dei tre giorni vedere i volti sorridenti e grati di tutti i partecipanti. 25 Credo che molti di quelli che hanno partecipato a quell’incontro si ricordino ancora la visita guidata in Città Alta condotta dal nostro amico Valerio detto “ragazzo poco serio”. Ricordo che i temi di quegli anni erano le idee pacifiste e il modo per far conoscere e diffondere Servas cercando però di evitare che venisse “usato” come un modo per viaggiare a poco prezzo e a “sbafo”. Devo dire che di tutti gli ospiti che sono passati da noi con nessuno abbiamo avuto la sensazione di essere sfruttati ma tutti ci hanno dato qualcosa e sento che hanno ricevuto qualcosa: di sicuro tutti quelli che hanno vissuto un’esperienza Servas sia come viaggiatori che come porte aperte sono d’accordo con me che conoscere la lingua dell’altro aiuta a comprendersi meglio ma che ci sono altri modi di comunicare, come disse all’incontro di Roma, il presidente di Servas Israele a mia mamma che per mio tramite si scusava per non conoscere l’inglese, “ci sono vari modi di comunicare: con la lingua ma anche con le mani e con il cuore come stiamo facendo noi in questo momento”. Tanti sono stati gli ospiti che abbiamo avuto grazie anche al fatto che la nostra casa era grande: nella maggior parte dei casi avremmo voluto “adottarli” e non lasciarli mai partire. Di tutti i ricordi più belli sono di Pedro, del Portogallo, il nostro primo viaggiatore arrivato a piedi dalla stazione con un enorme zaino sulle spalle; era tutto accaldato e siccome era ora di pranzo e lo stavamo aspettando ci siamo messi subito a tavola; davanti a lui un enorme piatto di spaghetti… se non gli è venuta una congestione è solo perché era giovane e in buona salute… Di Joyce e Nicole dall’Australia: madre e figlia con cui abbiamo visitato la casa natale di Papa Giovanni e che quattro anni dopo sono tornate in Italia e hanno passato il Natale con noi. Di Donna e Domenic dall’Australia: una coppia di ragazzi che abbiamo recuperato alla stazione dei treni la sera del 25 dicembre del 1998; ormai senza più speranze di trovare qualcuno che li ospitasse essendo Natale. Sono arrivati da noi nel bel mezzo del nostro tradizionale festeggiamento: eravamo una tavolata di almeno quaranta persone che dopo aver mangiato e ben bevuto stavano giocando a tombola con tutto il trambusto del caso. La sera in cui sono arrivati c’era una di quelle nebbie memorabili tipiche della Pianura Padana degli anni passati; mi ricordo che il giorno dopo quando era rimasta una lieve foschia i due ragazzi ci hanno 26 comunicato la loro meraviglia nello scoprire che non erano finiti in un posto isolato del mondo ma che c’erano altre case intorno a noi. E di Cheryl del Vermont: arrivata in bicicletta dopo due mesi e mezzo di girovagare per l’Europa e per il Nord Africa e che a trovato da noi un’oasi di riposo e ristoro. A distanza di anni devo proprio dire che l’intuizione di mia mamma di “far entrare il mondo in casa nostra” si è davvero realizzata con Servas. 27 NUNZIO GIUBERTONI, VERDELLINO (BERGAMO) Ho conosciuto Servas in occasione del Meeting dei Popoli di Rimini nell’agosto 1985 allo stand dove c’era Luigi Uslenghi. E nella primavera del 1986 ho partecipato all’incontro internazionale Servas a Roma, dove ho conosciuto Paola Cremonesi che poi è diventata mia moglie. Nell’agosto di quell’anno ho fatto il primo viaggio Servas in Francia. E non mi ricordo l’anno (credo il 1987) del matrimonio di Elena e Giuseppe Sarzi Amadè di Quattrocase (Cremona), ma fu una festa indimenticabile. Negli anni Novanta- dopo l’esperienza di volontariato internazionale in Rwanda con lo SVI di Brescia- ero sulla lista come Day Host perché abitavo in famiglia; in quegli anni ho fatto opera di sensibilizzazione per promuovere Servas nel mio territorio, la provincia di Mantova; opera che ha dato i suoi frutti visto che l’attuale coordinatore Servas Lombardia è uno degli amici che sono riuscito a “contaminare”. Indimenticabile anche l’incontro nazionale Servas a Bergamo con testimonianze di amici africani dello SVI. A giugno 1992 matrimonio con Paola. Viaggio di nozze in Sicilia: in tenda ma visitando anche dei Servas: un pomeriggio a Palermo con un Day Host, due notti con una famiglia di Caltanisetta dove abbiamo anche dormito e abbiamo condiviso la penuria di acqua potabile. I viaggi Servas e la partecipazione a incontri nazionali e internazionali si sono susseguiti negli anni successivi. In Friuli Venezia Giulia nella primavera del 1993, ospiti di Gabriella e Mauro di Tarcento. A settembre 1994 l’incontro nazionale Servas sul lago di Bolsena con Paola incinta della prima figlia. A settembre 1995 incontro Servas a Moena all’albergo di Lorenzo Galbusera, da noi conosciuto a Roma in occasione dell’incontro internazionale del 1986 e soprannominato Mago G; in quella occasione abbiamo presentato alla “comunità Servas” la nostra primogenita Giulia e abbiamo conosciuto Alessandra Dell’Abate che da un po’ di anni vive e lavora in India. Nei primi anni di matrimonio in provincia di Brescia, Paola è subentrata come coordinatrice provinciale alle carissime socie di Botticino (Mariangela Scolari e Milena Fantoni). 28 Abbiamo anche avuto vari ospiti e tutti hanno lasciato un buon ricordo, ognuno con le sue originalità e la voglia di condividere. I nostri preferiti e “invidiati” sono quelli che viaggiavano in bicicletta come gli inglesi Paul e Susan e i francesi Jean Pascal e Siglinde. Negli anni in cui avevamo già i bambini è stato bello ospitare i Servas perché per i nostri bambini era strano avere gente “straniera” per casa che parlava un’altra lingua, non conosceva il nostro cibo ma era interessata a condividerlo e ci ha fatto dono di esperienze preziose e anche di cose concrete: mi ricordo la felicità di Giulia quando i nostri ospiti francesi Jean Pascal e Siglinde di ritorno da una gita in bici sul Lago di Iseo le hanno portato una ghirlanda fatta di erba e fiori di campo: la sua foto con la ghirlanda in testa è una delle più belle che ho. Nel 2001 siamo ritornati in provincia di Bergamo: con la famiglia ormai al completo dei tre figli abbiamo trascorso una Pasqua movimentata e internazionale con Dirk e i suoi tre figli dalla Germania e una Servas israelo-palestinese, Fadia, ospite della mamma di Paola, Giuseppina. All’epoca in giardino c’era una sabbionaia e quindi tutti i bambini si sono messi a giocare con secchiello e paletta… in breve alla fine c’era più sabbia in casa, nei letti, sui divani, sul tappeto che non in spiaggia a Rimini !!! Anche il periodo di Natale è stato spesso segnato da ospiti Servas con cui abbiamo condiviso tradizioni religiose e culinarie. 29 MILENA FANTONI-BOTTICINO, MATTINA (BRESCIA) Cercherò di rispondere alle domande anche se i ricordi sono lontani e anche consultando i vecchi amici alcuni particolari ci sono sfuggiti. Mi chiamo Milena e facevo parte della Comune Fiore, nata nel 1971 come desiderio di una vita diversa, di condivisione di ideali, e la necessità di uscire dalla famiglia che non coincideva con le nostre scelte di vita. Ci ha fatto conoscere il movimento Nonviolento, il volontariato presso la UILDM e un po’ di fortuna. All'inizio eravamo in tre: io, Renata e Adriano; in seguito siamo cresciuti con l’arrivo di altri amici e di tre figli. Abbiamo lottato per il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, abbiamo ospitato parecchi obiettori, abbiamo lottato per i diritti dei (come vengono chiamati adesso) portatori di handicap, partecipavamo alle marce antimilitariste e non dimentichiamo il femminismo. Abbiamo conosciuto Servas probabilmente tramite il movimento nonviolento ed è venuto Luigi Uslenghi per l’approvazione. I nostri primi ospiti sono stati due australiani ed è stata un’esperienza veramente piacevole. Nel 1977 io sono uscita dalla comune e con altre due donne, Marcella e Mariangela, e mio figlio Fiore abbiamo continuato l'esperienza Servas non solo come ospitanti ma anche come viaggiatrici. Abbiamo partecipato a convegni Servas italiani e Marcella è andata al congresso internazionale in India, ma a titolo personale. Io e Mariangela siamo anche state per alcuni anni coordinatrici della nostra provincia. Ricordiamo con piacere alcune esperienze: l’arrivo di una coppia di San Francisco che allora per noi erano vecchi… è stata un'esperienza bellissima e appena abbiamo potuto siamo andati a trovarli; l’arrivo inaspettato di una famiglia australiana con due figlie piccole alla quale avevano rubato soldi e documenti, in quel momento c’erano da noi due Servas americane, ci siamo stretti ma ci siamo dati tanto. Cosa posso aggiungere… che continuiamo a credere con fatica che questo mondo può trovare una pace ragionevole, che continuiamo a indignarci verso le intolleranze, le atrocità e l’egoismo che ci circonda, che vorremmo partecipare agli incontri Servas sia nazionali che internazionali ma il piccolo ristorante che io e Mariangela (Scolari) gestiamo non ce lo consente. 30 LUVI E DANIELE PASSALACQUA, GENOVA Ricordo che conobbi Servas attraverso la rivista “Azione Nonviolenta” (chissà se esce ancora?) cui ero abbonato in quanto credevo e credo tuttora nella nonviolenza così come venne introdotta in Italia da Aldo Capitini. Nonviolenza come Satyagraha, neologismo di Gandhi. Letteralmente significa forza della verità (Satya: verità, graha: forza). Allora Servas coniugava ai miei occhi il viaggio con la nonviolenza e per me e Luvi, mia moglie, grandi appassionati di viaggi, ci sembrò un accostamento geniale. Ci iscrivemmo nel lontanissimo 1981 quando Servas era solo un breve indirizzario semi clandestino gestito in primo luogo da Luigi Uslenghi. Andammo di persona a Novara, a casa di Luigi per iscriverci come soci viaggiatori, ci propose subito di fare qualcosa di più per diffondere a Genova e Liguria l’associazione. Come dicevo sopra, i primi contatti avvennero tramite Luigi. Entusiasti delle idee fondanti di Servas partecipammo a molte assemblee regionali, nazionali e anche internazionali, non ricordo più l’anno preciso in cui Servas divenne ufficialmente una associazione, ma quando si arrivò a quell’evento eravamo già ben addentro sia come soci che come membri del comitato esecutivo. Daniele ricoprì per anni prima la carica di tesoriere, poi quella di presidente e infine quella di segretario internazionale per la pace. Mi pare fosse il 1997 quando io, Daniele, rappresentai Servas Italia a Melbourne, Australia. Un ricordo fantastico, quell’incontro tra numerosi rappresentanti dei vari Servas Nazionali. Posso solo riferire della nostra personale esperienza riguardo alle propensioni (idee pacifiste, orientamento ai viaggi, impostazioni politiche, ecc.) dei soci Servas dei primi anni. Allora sia noi che i soci che incontrammo durante i nostri viaggi eravamo molto vicini ai temi pacifisti e nonviolenti, ma era soprattutto lo scambio profondo di ospitalità sia materiale che intellettuale ad arricchire l’associazione. Il nostro libro degli ospiti era pieno di testimonianze di viaggiatori che volevano sinceramente entrare in contatto con gli ospiti. Parliamo al passato perché ultimamente i nostri contatti si sono molto diradati, manteniamo vive poche amicizie di lunga data e solo ogni tanto ci capita di ospitare nuovi viaggiatori. 31 Negli anni ’80 e ’90 abbiamo viaggiato soprattutto in Europa ed ospitato viaggiatori da ogni parte del mondo, di tutti conserviamo ricordi significativi. Bellissimo un capodanno a Hillerød Danimarca in una comune abitata da quattro o cinque famiglie. Credo che per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace bisogna dare voce e spazio alle nuove generazioni. Ricordo che quando mi impegnavo a diffondere l’idea Servas cercavo di parlarne a gruppi che già operavano in quell’ambito, d’altronde noi stessi conoscemmo Servas, come ho detto, attraverso la rivista “Azione nonviolenta”. 32 FRANZ E MARIA AMATO, NAPOLI Abbiamo conosciuto il Servas nel 1978, informati da Tonino Drago, importante rappresentante della nonviolenza in Italia, a cui aveva parlato di questa bella idea di pace Shantidas, patriarca della comunità dell'Arca in Francia, da noi conosciuto personalmente e a cui dobbiamo tanto della nostra formazione di vita. Essendo i primi a Napoli e in Campania, abbiamo inizialmente allargato la rete locale, parlandone ai nostri amici che sapevamo ben disposti ad accogliere i viaggiatori Servas senza alcun problema e senza alcun pregiudizio. Tuttavia non abbiamo mai partecipato a riunioni internazionali di Servas come rappresentanti dell’Italia in quegli anni. Essenzialmente l’humus del primo Servas Italia erano i movimenti pacifisti e nonviolenti, prevalentemente in un'area politica di sinistra illuminata. Ricordi particolari ai quali siamo maggiormente legati ne abbiamo tantissimi: tra i viaggiatori ci sono state persone che ci hanno visitato più volte, a cui siamo legati tuttora da amicizia e che abbiamo a volte visitato… per esempio Yuval Erlich da Israele, venuto due volte da noi e che abbiamo rivisto con la sua famiglia a casa loro; Robert l'australiano, Kevin il globe trotter americano, una indiana parsi, una famiglia iraniana di New York... Insomma l'elenco è lunghissimo e per noi l'ultimo viaggio effettuato a Praga ci ha regalato due nuovi amici praghesi-italiani e ancora ricordiamo Gerda Madl dall'Austria.... ecc. ecc. Ci fa un effetto positivo sapere che Servas nel 2009 compie sessant’anni nel senso che è bello pensare che una organizzazione cosi’ informale possa essere vissuta cosi’ tanto tempo, ma oggi confesso che l’atmosfera che si respira non è più la stessa, mi sembra che ci sia più burocrazia e meno spirito di accoglienza; a noi piace molto ospitare ma senza tutte le altre complicazioni. 33 FRANCESCO STODUTO, LAURIA (POTENZA) Devo precisare che non sono un socio fondatore, solo un socio anziano… Non ricordo bene come ho conosciuto Servas, probabilmente attraverso altre associazioni affini, come il Movimento Cristiano per la Pace, che ho frequentato per alcuni anni. Mi sono iscritto verso il 1976-77-78, non ricordo bene. Non essendo socio fondatore e vivendo al sud, non ho partecipato per vari anni alla vita associativa, né ho mai partecipato a riunioni internazionali di Servas come rappresentante dell’ Italia in quegli anni. Non posso parlare molto, per le ragioni suesposte, delle propensioni pacifiste, di orientamento ai viaggi, e delle impostazioni politiche, ecc., dei soci Servas dei primi anni. Le mie erano di cristianesimo critico (vicino alle comunità di base). Ricordo con molto piacere tutti i non numerosi ospiti, a partire dai primi, due ragazzi danesi in giro per l’Europa fra la fine delle superiori e l’inizio dell’università, cosa per me allora quasi impensabile, o un simpatico ciclista inglese che andava in bici dal Circolo Polare Artico al deserto del Sahara. Ora che Servas compie sessant’anni, penso che può anche continuare così, discutendo forse un po’ di più delle varie idee in occasione di incontri e assemblee, con rispetto reciproco ma senza mai trascurare l’idea di costruire la pace. 34 PAOLO PINI, BOLOGNA La testimonianza di Paolo Pini è la trascrizione parziale di un intervista video effettuata da Morena Soatti e Riccardo Rinaldi nei mesi di febbraio-marzo 2009 e che verrà presto caricata sul nuovo sito di Servas Italia. Ho partecipato ad una marcia per la pace e lì ho sentito parlare di Servas, un’organizzazione che promuoveva il tema della pace in modo originale per quei tempi. Mi iscrissi intorno al 1967, io e mia moglie ci mettemmo in contatto con Uslenghi, uno dei fondatori. Cominciammo ad avere bollettini e indicazioni. Abbiamo poi cominciato ad ospitare, nonostante gli impegni di lavoro e il limite della lingua (noi parliamo solo italiano). Io e mia moglie abbiamo cominciato ad ospitare a Bologna, la nostra casa era diventata una casa della pace, in quel periodo non c’erano altri nella nostra città. Cominciarono ad arrivare persone straniere, anche di colore, e la gente si stupiva. Partecipai a qualche riunione internazionale di Servas Italia in quegli anni ma non come rappresentante. Se penso a quali erano le propensioni (idee pacifiste, orientamento ai viaggi, impostazioni politiche etc.) dei soci Servas dei primi anni, ricordo che alle marce per la Pace il motto era “gli uomini si fanno la guerra perché non si conoscono”. Il proposito di pace era sostenuto anche dal tentativo di diffondere una lingua comune, l’esperanto. Il compito di una “Porta Aperta” era accogliere. Gli ospiti che portavano le loro esperienze, erano soprattutto interessati a capire cosa succedeva nel Paese. Obiettivo principale era promuovere la pace. Fra le esperienze di ospitalità che ricordo in modo particolare cito una ragazza olandese, tra i primi ospiti, aveva un grande quaderno con il quale girava, ci mostrava i Paesi in cui era stata. Rimaneva in contatto con gli ospiti che mandavano cartoline. Poi un attivista per la pace, originario dell’India, Ram Sakai Purui, per il quale organizzammo una conferenza. La sua idea, che proponeva ai governi e all’ONU, era di formare un esercito senza armi che agisse per promuovere la pace. Sarebbe molto interessante riuscire a contattarlo. 35 Ricordo ancora un israeliano, scappato dall’America di Reagan, fu ospite per un periodo più lungo, insegnava inglese. E un’americana, Jennifer, voleva diventare ambasciatrice. A sessant’anni dalla fondazione di Servas è importante che i Viaggiatori continuino ad essere messaggeri di pace, chiedersi se come membri Servas danno un contributo alla pace e continuare a contribuire a conoscersi. E’ bene per Servas essere fedele al suo impegno iniziale. Mi hanno spiegato che Servas è nata insieme ai campi di lavoro. In Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale, c’erano molte case distrutte o danneggiate. Anche in altri Paesi c’erano situazioni simili. Si crearono gruppi di persone che andavano ad aiutare le persone a ricostruire le case. Credo che i primi elenchi Servas venissero dall’America, e da altri paesi che avevano sofferto per la guerra. Ci furono progetti per la ricostruzione, poi terminarono, intorno al 1954, quando il processo di ricostruzione fu completato. Non c’era più urgenza. Prima di sciogliersi fecero un convegno, e pensarono di trasformarsi in un modo quotidiano, casalingo, a cui tutti potessero aderire e contribuire, perciò nacque Servas. Servas è una costola di quei campi. Nell’attuale situazione italiana è bene stare attenti, perché nella confusione possono arrivare uomini che si dichiarano “mandati da Dio”. Ora in Italia è tempo di una ricostruzione morale. E’ importante capire come ci vedono quelli che vengono da noi. Ora qui ci sono problemi di organizzazioni mafiose e occulte che stanno guidando la crisi. Quindi è bene stare attenti a dove ci sta portando questo tipo di cultura. Il rifiuto degli immigrati, le divisioni interne al paese. Un obiettivo di Servas potrebbe essere quello di unire sul piano della cultura e della morale, e contrastare tendenze pericolose. Quindi comunicare con stranieri, parlare di cosa si è e come. E c’è una crisi mondiale. Consiglio ai viaggiatori, dovunque vadano, di cercare di capire, di imparare. Ad esempio in America in questo periodo sta cambiando qualcosa, sia per le persone di colore che per i diversi. I giovani possono sostenere questa speranza mondiale e trovare il modo perché questo progetto venga capito e aiutato dall’opinione pubblica, non solo americana. Ad esempio l’economia di mercato ha promesso miracoli. La cosa più importante è l’amicizia, ispirare fiducia, raccogliere i messaggi senza essere prevenuti. Rendersi conto di parlare con uomini veri. Uno dei compiti dell’umanità è sapere dove andare e dove sperare in un mondo migliore. 36 FABRIZIO PICCININI, CORREGGIO (REGGIO EMILIA) Ho saputo dell’esistenza di Servas nel 1980-1981, poco più che ventenne, da un’amica di Reggio Emilia: una sua conoscente reggiana aveva fatto uno straordinario viaggio in Giappone, vivendo in famiglie grazie a un’associazione internazionale. Chiesi un referente e mi fu indicato Luigi Uslenghi a Novara: gli scrissi per avere informazioni, quindi con grande entusiasmo decisi di aderire come day host. Feci il mio primo viaggio nel 1982, in Gran Bretagna e Irlanda, e di ritorno da quella formidabile esperienza chiesi ai miei genitori di diventare anche noi porta aperta: gliene sono ancora oggi grato, perché la vera “apertura mentale” fu soprattutto loro, appartenenti a un’altra generazione e cresciuti in una realtà culturale e sociale ben diversa dalla mia. Uslenghi mi invitò a partecipare alle riunioni con le quali gettammo le basi per un’associazione strutturata e legalmente costituita: infine la “fondammo”, in rappresentanza dei soci italiani esistenti da anni e più o meno collegati fra loro, davanti a un notaio novarese. Così nacque l’associazione culturale Servas Italia, secondo le norme del nostro Paese. Rammento ancora con simpatia e affetto, fra i tanti, Piera e Angelo Scorbatti di Milano, Liana e Massimo Tesei di Forlì, Cristina Eghenter di Trento, Andrea Cremonesi a Bergamo. Poi c’erano i Dal Prà a Vicenza e altri ancora. Qualcuno in seguito ha lasciato Servas, qualcun altro purtroppo ci ha lasciati per sempre, prematuramente. Fu all’epoca che, in quanto iscritto all’Ordine dei giornalisti, proposi a Uslenghi di registrare una nostra testata in base alle leggi sulla stampa, per trasformare la sua “lettera” periodica, preparata artigianalmente e inviata agli iscritti per posta ordinaria, in un notiziario vero e proprio. Ne sono stato direttore responsabile i primi 13 anni. Ho partecipato alla Conferenza Internazionale del 1986 a Roma, che come Comitato Esecutivo italiano contribuimmo a organizzare; e a quella del 1989 a Montreal. Furono esperienze molto interessanti, perché – oltre al piacere di incontrare gli ultimi fondatori stranieri ancora in vita – permisero di confrontarci con modalità molto diverse di essere soci e di intendere l’associazione: per esempio, l’Italia era 37 una delle poche sezioni (di certo fra le prime) a distribuire ai propri aderenti la lista, che negli altri Paesi era invece prodotta solo per i viaggiatori stranieri (quindi poteva capitare che due vicini fossero soci senza saperlo). A Roma per me fu emozionante anche conoscere Peter Benenson, l’avvocato inglese che nel 1961 aveva “inventato” Amnesty International, cui mi ero iscritto alla metà degli anni ’70. In quegli anni era ancora forte la presenza di attivisti del movimento pacifista (io stesso mi avvicinai in quanto obiettore di coscienza al servizio militare e alle spese militari) e in generale di persone impegnate in associazioni di volontariato laico e confessionale («impegnate nel sociale», si direbbe oggi): non dimentichiamo che fino al 1972 Servas era una cosa riservata a chi faceva parte di organizzazioni antimilitariste. La svolta fu quell’anno, quando decisero di aprirsi a chiunque condividesse la formula dell’ospitalità. In Italia comunque si può dire che fin dall’inizio Servas sia stata abbastanza rappresentativa della varie realtà culturali e ideali del Paese. In sostanza, il confronto interno era fra i fautori di un impegno diretto dell’associazione (aderire a manifestazioni, marce, appelli ecc.) e chi invece pensava che Servas non si dovesse schierare mai, essendo liberi di farlo i singoli associati. Per la cronaca (per la Storia…) “vinsero” i secondi. Ho ricordi molto positivi sia come viaggiatore sia come “porta aperta”, con gli alti e i bassi propri di ogni organizzazione che si fonda sulla disponibilità delle persone. Anche il nostro lungo viaggio di nozze in Australia non sarebbe stato così indimenticabile se non fosse stato in parte compiuto visitando alcune open doors. Ma forse la cosa più bella per me è stata conoscere nel 1989 a Montreal il creatore di Servas, lo statunitense Bob Luitweiler, obiettore di coscienza durante la Seconda Guerra Mondiale, e perciò incarcerato. Fu una grande emozione, ancora molto viva, difficile da descrivere, conversare con chi è all’origine di un’idea meravigliosa – un’idea che ha segnato positivamente la vita mia e di tante persone nei cinque continenti. Oggi più che mai c’è bisogno di Servas: il problema però è che, diversamente da quasi tutte le associazioni, qui il fine coincide con il mezzo, poiché il nostro agire si concretizza solo nel momento in cui apriamo la porta di casa a uno “sconosciuto”. Questo – insieme al 38 fatto che ospitare gratis, viaggiare e parlare altre lingue restano ancora “privilegi” da Nord e Ovest del mondo – continuerà ad essere un grande limite all’efficacia della nostra azione, e spiega, in parte, perché Servas non ha avuto negli anni quello sviluppo e quella “visibilità” planetari che dovrebbe secondo me avere – e che invece tante altre associazioni di volontariato, in altri campi, hanno nel frattempo avuto. 39 TERESA MAZZELLA, ROMA Vi era un’inserzione su un giornale. Mi sono iscritta nell’anno 1983. Dopo un incontro con Luigi [Uslenghi] a Roma, ho iniziato a lavorare attivamente nell’associazione. In quell’anno gli iscritti a Roma erano solo cinque di cui due americani. Ho partecipato alla riunione internazionale tenuta a Roma nel 1984 e 1985 e a molte altre, sempre con spirito di collaborazione. Ho fatto parte anche del Comitato Esecutivo. I primi anni eravamo talmente pochi che si è pensato di aumentare il numero dei soci incoraggiandoli a viaggiare e a dare un contributo personale alla pace secondo l’idea di Gandhi. Dal giorno della mia iscrizione ho ospitato a Roma circa 300 persone, ho viaggiato in tutto il mondo, ho avuto esperienze bellissime e sono particolarmente entusiasta dei viaggi Servas. Viaggiare diversamente è un noia incredibile… Oggi che Servas compie sessant’anni anch’io mi sento più vecchia, anche se lo spirito è giovane. Ho conosciuto tante persone che hanno contribuito alla diffusione del Servas e che sono scomparse, il mio ricordo e il mio grazie va a loro. Vi auguro buon lavoro e grazie per il vostro impegno. 40 FILIPPO IERANO’ SERVIGLIANO, FERMO Abbiamo conosciuto Servas attraverso degli amici napoletani nel 1977 e ci siamo iscritti quasi subito. Ricordo che facevamo delle riunioni ogni mese ed erano occasioni per conoscersi meglio e parlare anche di altri temi. Sicuramente la componente pacifista e nonviolenta era la più evidente. Purtroppo non abbiamo usato molto Servas per viaggiare, ma abbiamo ospitato persone straordinarie. Una ragazza americana che nell’85 era stata per circa tre mesi a casa nostra è ritornata l'estate scorsa col marito e adesso ci è arrivata la foto della loro prima bambina. Ci siamo ritrovati dopo vent’anni come se fossimo dei parenti. Sì, abbiamo avuto la sensazione di un legame parentale. Il bello di Servas è che abbatte pregiudizi e formalità e quando si accoglie o si è accolti si è semplicemente ‘di casa’. Credo che per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace bisogna riproporre le riunioni mensili come momenti di condivisione dei vissuti, anche perchè ci sono sempre meno viaggiatori e diventa deludente inserirsi nelle liste senza ricevere ospiti. L'incontro anche in piccoli gruppi locali aumenterebbe la coesione dell'associazione e potrebbe rilanciarne anche un ruolo interno. 41 MARINA BOCCIANTI BATTISTA, BARI Non mi definirei “socia fondatrice” ma “vecchia socia” che si è molto dedicata a Servas negli anni passati. Ho conosciuto Servas nel lontano 1984 attraverso mia figlia (che allora aveva 17 anni) e mi raccontava di una sua compagna di scuola che aveva amici sparsi in tutta Europa che la ospitavano nei suoi viaggi. La cosa mi parve un po’ strana e quando dopo mesi, alla fine del liceo, mi chiese di andare a fare un viaggio in Europa usufruendo di questi “amici” la cosa mi parve ancora più strana ma mi interessò molto. In una lunga telefonata Luigi Uslenghi mi spiegò tutto: io non capii proprio completamente il meccanismo ma mi fidai di lui ed accettai di fare viaggiare mia figlia e da subito iscrissi la mia famiglia come Porta Aperta. Il viaggio andò benissimo anche se con un certo patema d’animo per noi (non esistevano i telefonini e dovevamo aspettare che lei ci chiamasse per avere notizie). Questo è l’esordio per me diciamo in secondo piano, poi mia figlia si iscrisse all’Università di Trieste e quindi incominciai in prima persona a gestire gli ospiti che arrivavano. All’epoca a Bari eravamo forse solo noi ma c’erano già da alcuni anni Emilia Sciancalepore a Molfetta e Nicola Melpignano a Ostuni. Proprio Nicola mi pregò di collaborare con lui: era coordinatore Servas ma anche Presidente della Provincia di Brindisi! Lo aiutai a rappresentare la Puglia all’incontro internazionale di Roma del 1986 e organizzai un viaggio in Puglia di alcuni delegati stranieri venuti a Roma per il convegno. Fui nominata io stessa coordinatrice per la Puglia e ancora Luigi mi chiese di candidarmi per il Comitato Esecutivo. Fui poi Segretaria e Presidente Nazionale. Nell’epoca in cui sono stata attiva in Servas la politica non è assolutamente mai entrata a far parte della nostra associazione e certamente erano rappresentati tutti gli schieramenti politici ma a livello “intimo”. Nell’associazione eravamo tutti uguali, tutti veramente amici e nessuno ha mai fatto pesare eventuali inclinazioni di parte. Lavoravamo solo per sviluppare ma soprattutto migliorare Servas, per diffondere le idee di “socialità” nel senso più puro del termine e nel cercare di far sì che i nostri viaggiatori (in entrata ed uscita) non avessero e non creassero problemi. Come presidente nazionale ho partecipato ad un unico incontro internazionale (meglio europeo) tenutosi a Bursa, vicino a Istanbul in 42 Turchia. E’ stata un’esperienza indimenticabile! Toccare con mano la vicinanza, pur nella diversità, dei popoli. I ricordi di viaggio e ospitalità sono per me tutti ugualmente importanti e vivi nella memoria. Tutte le persone incontrate mi hanno enormemente arricchito. Alle volte mi è capitato di sentire, da parte di qualche socio che aveva ospitato, lamentele per dei comportamenti a loro dire poco “educati” ma andando a fondo si scopriva essere delle cose molto secondarie. Non siamo tutti uguali ed é proprio questo che ci arricchisce: dobbiamo cercare di prendere sempre qualcosa dagli altri e non mettere solo in risalto cose che noi riteniamo difetti. Servas è meraviglioso proprio per questo e mi dispiace molto se qualcuno non riesce ad afferrare ciò. Riguardo al sessantenario della fondazione di Servas è bellissimo poter constatare che un’idea così bella – pur fra alti e bassi – riesca a durare per tanti anni. Cosa fare per migliorare? Non lo so bene, mi sembra solo di notare che attualmente si badi molto di più alla burocrazia, si perda molto tempo nel riempirsi la bocca di paroloni senza, mi sembra, migliorare un gran che. Sarebbe meglio sviluppare, o cercare di farlo, la spontaneità che è insita in ciascuno di noi. Buon lavoro. Con affetto un abbraccio a tutti PS: mi accorgo ora di festeggiare quest’anno le mie nozze d’argento in Servas 1984-2009! 43 AGATA GRECO, PALERMO Sono socia Servas da più di venti anni e ho favorito la sua diffusione a Palermo. Ho conosciuto l'associazione grazie a una precedente associazione locale, “Palermo Ospita”, per la quale ho lavorato attivamente per circa dodici anni. Lo scopo di tale associazione non era l'ospitalità ma il contatto con turisti o altri simili gruppi culturali e la visita di monumenti artistici della Sicilia. Anni fa ho partecipato a una riunione nazionale a Bologna. Sono stata spinta ad associarmi perchè penso che i contatti umani rendono il turismo più interessante e consentono una migliore acquisizioni della vita e mentalità dei posti visitati. Non ho spesso chiesto ospitalità ma le presenze Servas a casa mia sono state molto frequenti e sempre positive (con un’unica eccezione tanti anni fa). In Italia ho avuto rapporti molto amichevoli con tanti soci del Piemonte, con alcuni dei quali ho stretto rapporti di vera amicizia. Penso che Servas sia un movimento pacifista e ho sempre favorito l'iscrizione di nuovi soci, quando ho scoperto in loro le qualità necessarie. Un caro saluto. 44 LINA CHERCHI TIDORE, SASSARI Sono stata incaricata da Andrea Careddu perché al questionario rispondessi io, antica coordinatrice SERVAS per la Sardegna, dal momento in cui ho dovuto privarmi per gravi motivi di famiglia dell’appartenenza alla migliore associazione del mondo, come considero SERVAS, ma non sono in grado di rispondere al questionario. Perciò ti prego di scusarmi anche per il ritardo nella risposta. Ti prego però di porgere il mio saluto a tutte le Porte Aperte italiane che mi ricordano… Non posso dimenticare SERVAS! Vorrei poter dire in breve che mi manca tanto l’incontro con le persone meravigliose che hanno arricchito la mia vita negli anni che pur non erano più giovani, tanto da commuovermi al ricordo, tanti ricordi! Mi affollano alla mente nomi e vicende ed episodi, uno dei quali non posso non esprimere: negli anni Ottanta, nel partecipare in gruppo ad Assisi ad una marcia per la pace domandammo al nostro carissimo presidente nazionale Luigi Uslenghi se portare in corteo un nostro cartellone SERVAS, egli ci rispose di no, che era meglio tenerci vicini, in gruppo, senza esibizioni, ma partecipi convinti di volere la vera pace. Quella lezione sarà servita di certo a capire veramente lo spirito Servas a noi tutti partecipanti! SERVAS favorisce l’incontro nel dialogo umile e rispettoso fra soci, Porte Aperte e visitatori, compartecipazione che diviene spesso riconoscenza e affetto per i nuovi amici delle culture più diverse, al di sopra di ogni altra appartenenza religiosa o politica. Perciò posso solo incoraggiare le Porte Aperte SERVAS a non lasciare l’impegno personale e della propria famiglia assunto con l’ospitalità volontaria come la migliore espressione di compartecipazione laica per la realizzazione della pace nel mondo nello spirito autentico di SERVAS. Vi saluto caramente. 45 INTERVISTA AI SOCI PIU’ RECENTI DI SERVAS ITALIA … e i “giovani” VIVIANA SANTERCOLE, SASSARI Ho conosciuto Servas tramite amici e mi sono iscritta credo nel 2001, o 2002! In casa mia posso ospitare, anche se in modo molto precario, e preferisco ospitare solo donne. Ho contatti con un paio di giovani Servas conosciuti tempo fa. Altri contatti li ho persi negli anni… Per promuovere Servas presso i più giovani credo ancora al passaparola, che potrebbe essere più efficace senza alcune trafile burocratiche che hanno alcune regioni come il Lazio (da quanto ne so) [tutte, Nota della Curatrice]… ma forse ora è migliorata! Ho partecipato a riunioni regionali, ma a volte non sono coincise con gli impegni che avevo, mi è capitato anche (agli inizi) di essere avvisata in ritardo. E’ un po’ che non ricevo notizie e sul forum non capito spesso. Servas mi affascina molto come sistema ma ormai il lavoro e la vita indipendente mi assorbe la maggior parte del tempo. Me ne dispiace ma non è per disinteresse!!! Di Servas mi interessa un po’ tutto lo spirito… Si avvicina molto a percorsi da me già intrapresi (Servizio Civile Internazionale). Confesso di non avere un ricordo in particolare, di viaggio o di ospitalità, al quale sono maggiormente legata. Tutte le esperienze sono state molto positive ed interessanti, certo con alcuni Servas ho legato più di altri ma è normale! La possibilità di essere stata ospitata con un’amica è stata molto piacevole e molto più di scambio! Credo che continuare a coltivare la fiducia ed il rispetto in persone apparentemente sconosciute sia un ottimo strumento per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace. Forse trovare più tempo per essere ospiti e dare ospitalità sarebbe ancora più utile… ma alla fine ciò dipende dai nostri stili di vita ed è una scelta che ognuno prende per sé. 46 SERGIO SAPORETTI, ROMA Ho conosciuto Servas tramite un’ amica iscritta nel 2002 e mi sono iscritto come Porta Aperta, avendo la possibilità di ospitare, e perché interessato ai viaggi e allo scambio culturale con la gente del luogo. Di rado ho contatti con altri giovani iscritti e non ho avuto modo di partecipare a riunioni regionali e incontri Servas nel mio territorio, né tanto meno entrare nel forum di discussione presente sul sito. Idee per promuovere Servas presso i miei coetanei? Migliorare la veste grafica del sito web e rendere accessibili le liste degli altri Paesi. Un ricordo di viaggio al quale sono legato è la mia tappa a Istanbul. Ora che Servas compie sessant’ anni bisognerebbe rivalutarlo e farlo conoscere ai giovanissimi spiegandone l’importanza. Per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace sarebbe utile creare dei progetti appositi di scambio, ospitalità e dialogo coi Paesi musulmani, ma non saprei bene come. * * * * * * * MARZIA SALONI, ROMA- Ho conosciuto Servas nel 2006 tramite una mia amica, ma non posso ospitare e compaio in lista come Day Host. Il piacere di conoscere altre persone e viaggiare condividendo anche qualche ora con le persone del posto mi hanno spinto ad associarmi. Sono in contatto con alcuni dei giovani del Lazio e ho conosciuto tre ragazzi della Toscana. Idee per promuovere Servas fra i miei coetanei? Organizzare incontri nazionali o viaggi coinvolgendo il maggior numero di giovani Servas. Non sono favorevole alla una pubblicità ma al passaparola per far conoscer la realtà Servas. Ho partecipato due anni fa a qualche riunione regionale all’incontro giovani Servas Lazio- Toscana, ma non sono mai entrata nel forum del sito. 47 Durante il viaggio in Spagna l’unica persona che sono riuscita a contattare e che mi ha ospitata, mi ha permesso di vedere una parte della Spagna sotto un’ottica allegra e spensierata a base di churros!!! Servas compie sessant’anni ed é molto incoraggiante pensare che siano tanti anni che la gente conosce altra gente prendendo un caffé, mangiando una pizza o vivendo qualche momento della quotidianità insieme e che età e culture diverse si mettono in contatto per scambiare momenti e idee. * * * * * * * FEDERICA MOSSETTI, SAINT- VINCENT (AOSTA)- Ho conosciuto il mondo Servas tramite il passa parola, tre anni fa credo… Avendo la possibilità di ospitare, ho avuto contatti con altri giovani iscritti ma unicamente per questioni di ospitalità. Per far conoscere Servas ai giovani bisognerebbe forse fare “promozione”. Conosco pochissime persone che sono al corrente di questa opportunità e che se informati aderirebbero volentieri. Bisognerebbe forse fare rete con organizzazioni e associazioni che, pur legate a contesti differenti, condividono il nostro stesso spirito e stile di vita (ad esempio: Gas, circoli ARCI, rete degli orti di pace etc.). Personalmente non ho mai partecipato ad incontri regionali nel mio territorio e pur avendo avuto modo di entrare nel forum di discussione sul sito, devo confessare che lo frequento poco. Mi sono iscritta e continuo a sostenere Servas perchè penso che sia un efficace mezzo per viaggiare entrando in contatto veramente con le persone e il mondo del Paese che si visita. Penso inoltre che sia un bellissimo modo di conoscere persone disponibili e aperte e dare un piccolo contributo per migliorare la nostra società. Non ho un ricordo in particolare di viaggio o di ospitalità al quale sono maggiormente legata. Essendo iscritta da pochi anni e non abitando in città frequentatissime, le occasioni per ospitare non 48 sono state numerosissime. Sono state comunque esperienze che ricordo con grande soddisfazione. Siamo stati ospitati poche volte perchè i nostri viaggi non sempre hanno tempi e tappe predefinite, ma quelle occasioni ci hanno resi entusiasti e siamo stati accolti benissimo. Se penso che Servas nel 2009 compie sessant’ anni, sono contenta e anche un po' stupita che questa organizzazione esista da così tanto tempo. * * * * * * * ELSA PETTINATO, ROMA- Ho conosciuto il mondo Servas nel 2008 tramite mia zia che era già socia da tempo. Ciò che mi ha spinto ad aderire all’associazione sono stati il mio orientamento pacifista, all’amicizia e ai viaggi. Ho già ospitato e sono in contatto con quasi tutti i giovani del Lazio. Qualche idea per promuovere Servas presso i miei coetanei ce l’ho, ma avrei bisogno della collaborazione dei coordinatori… Ho partecipato all’Assemblea dell’anno scorso e a due riunioni regionali. Ho provato inoltre ad entrare nel forum del sito, ma non ci sono riuscita. Ho però un ricordo particolare dell’assemblea con la Toscana tenutasi prima di Natale 2008. Che effetto fa sapere che Servas compie sessant’ anni? Mi piace l’idea che un’associazione pacifista duri così tanto, le idee come costruttori di pace potrebbero essere tante: una tra queste riflettere sulla guerra!! * * * * * * * Nota di edizione: … E non finisce qui! La storia di Servas continua! E’ sempre possibile arricchire questo libretto e aggiungere le storie delle socie e dei soci. Sul retro, le indicazioni di contatto. 49 Copyright @ 2010 SERVAS ITALIA – Associazione Porte Aperte Ciclostilato in proprio, ad uso interno di soci e simpatizzanti di Servas www.servas.it Per informazioni su come avere altre copie di questo stampato, o per ricevere il materiale in formato digitale, si può contattare il Comitato Esecutivo di Servas Italia (e-mail: [email protected]). ULTIMA EDIZIONE DI QUESTO LIBRETTO: NOVEMBRE 2010 Pensato per le socie, i soci e per ogni simpatizzante 50