1949-2009 Sessanta anni di Servas SEMINANDO E

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1949-2009 Sessanta anni di Servas SEMINANDO E
1949-2009
Sessanta anni di Servas
SEMINANDO E (R)ACCOGLIENDO:
origini, evoluzione, testimonianze
di Servas in Italia
 Interviste a soci italiani “storici”
(anno 2009)
 Interviste a soci italiani “giovani”
(anno 2009)
Con ogni vera amicizia
rafforziamo le basi su cui poggia
la pace in tutto il mondo
Mahatma Gandhi
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Indice
Note di edizione 2010 di Anna Cristina Siragusa ……………………pagina
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Prefazione di Vito Fortezza ………………………………………………………pagina
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Grazie a Servas di esistere di Luigi Uslenghi ………………………… pagina
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SEMINANDO E (R)ACCOGLIENDO: origini, evoluzione,
testimonianze di Servas in Italia
di Roberto Alberini, a cura di Beatrice Boccardi ..……………………pagina 9
Introduzione di Roberto Alberini ………………………………………………pagina 10
Gli “storici”…
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Piero Stoppani
Maria Soresina
Luigi Uslenghi
Alberta Balducci Uslenghi
Lino Canepari
Liana Gavelli e Massimo Tesei
Paola Cremonesi e Famiglia
Nunzio Giubertoni
Milena Fantoni- Botticino
Luvi e Daniele Passalacqua
Franz e Maria Amato
Francesco Stoduto
Paolo Pini
Fabrizio Piccinini
Teresa Mazzella; Filippo Ieranò
Marina Boccianti Battista
Agata Greco; Lina Cerchi Timore
… e i “giovani”
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Viviana Santercole
Sergio Saporetti
Marzia Saloni
Federica Mossetti
Elsa Pettinato
Note di edizione
Questo libretto fa parte della collana “1949-2009 Sessanta anni di
Servas” creata con l’intento di fornire ai soci e simpatizzanti materiali
per conoscere ed approfondire la storia della nostra Associazione.
Non ho fatto altro che re-impaginare ed editare il lavoro promosso
del socio e coordinatore regionale lombardo Roberto Alberini: a lui va
il merito della creazione di questo materiale, insieme a Beatrice
Boccardi (coordinatrice regionale campana) e naturalmente di tutti
coloro che hanno collaborato.
La toccante testimonianza del socio “storico”
Piero Stoppani è
riportata anche in altro libretto di questa collana, dal titolo “Interviste
a Bob Luitweiler
(anno 2007)”. Essa
rappresenta per me la
connessione di Servas Italia al pensiero del fondatore americano,
senza soluzione di continuità, ed è un invito ad approfondire con la
lettura di tutte le interviste.
Si può forse definire la memoria storica paragonandola al delta di un
fiume in grado di ricevere una quantità di affluenti che, per molti rami
secondari, si avviano verso un’unica foce. Il passato confluisce nel
presente come un fiume, attraverso tanti rivoli di cui seguiamo
traccia affinchè non si disperdano.
Innumerevoli sono gli spunti e i pensieri che ciascuna lettrice e
lettore avrà scorrendo le testimonianze che, a cavallo tra storia e
memoria, ci riportano all’impegno di comprendere il nostro presente
ma soprattutto a quello di riflettere sullo Spirito Servas e di
contestualizzarlo ad oggi.
Anna Cristina Siragusa,
nel ruolo di responsabile della comunicazione
e di responsabile della documentazione di Servas Italia
Milano, Aprile 2010
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Prefazione
Con questa pubblicazione abbiamo voluto dare un significativo
strumento di conoscenza e stimolo alla riflessione sulla nostra
Associazione.
La nostra storia, come tutte le storie, è fondata su ideali, persone,
azioni; queste pagine ne danno un prezioso campionario da cui
attingere per comprendere meglio il passato, il presente e delineare il
futuro di Servas in Italia e nel mondo.
L'attuale nostra esistenza associativa dipende dall’equilibrio di tanti
elementi, in un complesso meccanismo che stupisce che funzioni...
Se ci soffermiamo un attimo ad osservarci, possiamo notare le azioni
di tante persone che convergono in un progetto ideale che, passo
dopo passo, prende forma e forza tra inevitabili difficoltà e
soddisfazioni, momenti di speranza e delusioni, tra vuoti e pieni.
La nostra epoca sta vivendo profonde e repentine trasformazioni,
spesso purtroppo indirizzate verso modelli di vita, economici e
culturali tali da mettere in forse la qualità del nostro futuro e di
quello di chi verrà dopo di noi.
Anche su queste problematiche noi, come Servas, ci dobbiamo
confrontare per dare un contributo alla diffusione di “semi di pace”.
Per questo abbiamo bisogno di tenerci stretti sia gli stimoli di Bob ad
avere una cosciente, coerente e feconda “visione ideale”, sia le
esperienze passate e l’impegno presente di tutti noi soci nei variegati
ma tutti importantissimi livelli della vita e della gestione della nostra
viva Associazione.
Vito Fortezza, Presidente di Servas Italia 2006-2009
Medesano, aprile 2009
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Grazie a Servas di esistere
“Camaldoli, una foresta, un monastero, un incontro”.
Così iniziava la piccola cronaca del primo incontro nazionale di
Servas in Italia. Era il maggio del ’79, trent’anni fa. “Centinaia e
centinaia di chilometri- prosegue la cronaca- per vivere insieme
poche ore usando i mezzi più disparati: auto, treno, autostop, bus,
camper, pedibus calcantibus”.
Qualche episodio quasi da leggenda: come il Riccardo che “lascia la
caserma a Udine, viaggia tutta la notte e si presenta fresco fresco (si
fa per dire) di buon mattino per partecipare, sabato, alla lunga
escursione in foresta. […].
Marco, invece, che disdegna mezzi tradizionali di trasporto, si butta
alla ventura, sacco in spalla, e si consuma in autostop tutto d’un
fiato gli oltre trecento e cinquanta chilometri che lo separano dalla
Toscana. [...]. Attimi di suspense sabato per la sorte di Gianni […].
Si diceva dovesse inaugurare un percorso misto treno- bici nel
tratto Torino- Camaldoli, ma tardava a comparire e dai più si
temeva il peggio. Finché nel pomeriggio, preceduto dall’urlo di Maria
(Soresina), il Gianni! è comparso nella sua veste abituale ma senza
bicicletta, deludendo molti presenti. Si è saputo poi di un viaggio
ugualmente avventuroso, con notte ecologica trascorsa all’addiaccio
in quel di Firenze […]”.
Una cronaca dal vivo fatta di tanti personaggi che in gran parte si
conoscevano per la prima volta, la simpatia reciproca, l’entusiasmo
per l’evento, “salame, formaggio e vino offerti da Padre Luigi al
gruppetto dei napoletani giunti verso mezzanotte”, “l’incontro nel
pomeriggio nel salone di Lorenzo il Magnifico con l’appassionata
discussione, le esperienze, le proposte; l’incontro della sera con
l’induismo; la torta di Janice, le esibizioni mimiche e canore di
Peggy, Richard, Maria (Servas Song)”.
Cronaca di un piccolo grande evento. Sapore di cose buone. Buone
come il pane. Buone come Servas.
Trent’anni da quell’incontro e quasi quaranta dalla lista edita da
Maria nel 1970, dove eravamo in tredici a contenderci lo spazio di
due paginette distribuite in tutto il mondo. Trent’anni o poco più l’età
media delle amiche e degli amici presenti in quella prima lista di
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Servas Italia. Trent’anni dall’incontro di Camaldoli per riparlare ora di
Servas, in questo aprile 2009. Il doppio- festeggiamo i sessant’annidal lancio dell’idea.
Uno sguardo necessario al passato per progettare un futuro.
Ricordare le origini per meglio interpretare il nostro tempo e la
nostra carissima associazione, le sue difficoltà, l’attualità della
proposta, il suo contributo a un mondo migliore, il suo adattarsi a
una realtà in continuo cambiamento. Rivivere le originali aspirazioni
e speranze come presupposto per cercare di rispondere alle
aspettative di coloro che oggi hanno vent’anni e che parlano un
linguaggio molto diverso da quello di quei lontani anni.
C’è -in
a Bob
grazie
questo
questo stampato- la trascrizione della belle interviste dal vivo
Luitweiler, fondatore di Servas e inserita in YouTube. Un
a Beatrice Boccardi- curatrice anche della pubblicazione di
fascicolo- per la non facile trascrizione.
Esiste poi un altro stampato con le interviste ad alcuni protagonisti di
Servas degli anni ’60, ’70, ’80 e ad alcuni giovani. Di questo
dobbiamo ringraziare Roberto Alberini, che ha avuto l’idea, l’ha
proposta e attuata.
Un plauso anche al creatore del nuovo logo di Servas Italia,
Giuseppe Di Liberto: è veramente bello e caratterizza anche la
nostra copertina.
Infine un “grazie a Servas di esistere”, come alcuni dei primi
viaggiatori riportavano nelle proprie relazioni, e un grazie a tutti
coloro che si stanno impegnando per essa.
Luigi Uslenghi, Presidente Onorario di Servas Italia
Novara, aprile 2009
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Seminando e (r)accogliendo
Origini
evoluzione
testimonianze
di Servas in Italia
di Roberto Alberini
a cura di Beatrice Boccardi
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Introduzione
In occasione dei sessant’anni di Servas ci è sembrato interessante
raccogliere le testimonianze di soci storici per capire cosa li aveva
spinti negli anni ’60- ’70 a iscriversi e a far conoscere l’associazione
in Italia.
Perciò chi scrive, col supporto “spirituale” di Mario Arosio, ha stilato
un breve questionario da sottoporre loro. Allo stesso tempo ho
intervistato alcuni soci “giovani”, iscritti da pochi anni, per capire
cosa li abbia attirati in Servas e cosa ritengono si possa fare per
attrarre le nuove generazioni in un contesto italiano e mondiale.
Se Servas ha trovato terreno fertile per attecchire in Italia è stato
anche grazie all’impegno iniziale di persone che vivevano sparse per
la penisola ma che, come leggerete, condividevano una visione del
mondo fatta, con le parole di Luigi Uslenghi, di parole-chiave come
tolleranza e incontro per conoscere e crescere.
A cominciare dallo splendido testo di Pietro Stoppani, soldato durante
la Seconda Guerra Mondiale, la cui esperienza in campo di prigionia
appare uguale e contraria a quella di Bob Luitweiler imprigionato dal
suo stesso Paese perché si rifiutava di combattere; bello in
particolare questo distribuire bigliettini col proprio indirizzo ad amici
di sventura e carcerieri allo stesso modo.
Morena Soatti e Riccardo Rinaldi hanno realizzato la video intervista a
Paolo Pini, il cui testo è pubblicato qua parzialmente, in attesa di
essere inserito online per intero.
Questa ricerca non sarebbe stata possibile senza la meticolosa
consultazione eseguita da Luigi Uslenghi sulle prime liste del 1970 e
seguenti, e per questo lo ringraziamo. E ringraziamo tutti i soci, da
quelli storici ai più recenti, che hanno accettato di rispondere alle
nostre domande.
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Per rendere la lettura più agevole, i testi sono stati sfrondati
dell’impalcatura del questionario, che riportiamo qui di seguito:
 Come ha conosciuto il mondo Servas?
 In che anno si è iscritto?
 Con il contributo di chi ha creato le basi (contatti, prime riunioni,
liste, ecc.) di Servas Italia?
 Ha partecipato a qualche riunione internazionale di Servas come
rappresentante di Servas Italia in quegli anni?
 Quali erano le propensioni (idee pacifiste, orientamento ai
viaggi, impostazioni politiche, ecc.) dei soci Servas dei primi
anni?
 Ha un ricordo particolare al quale è maggiormente legato/a? Di
viaggio, ospitalità…
 Che effetto le fa sapere che Servas nel 2009 compie
sessant’anni? Cosa si potrebbe fare per migliorare il nostro
impegno di costruttori di pace?
Roberto Alberini
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Pegognaga, aprile 2009
INTERVISTA AI SOCI STORICI DI SERVAS ITALIA
Gli “storici”…
PIERO STOPPANI, MILANO
Conobbi il quacchero statunitense Bob Luitweiler, presentatomi da
Anna Luisa Leonardi, e il Servas nel maggio 1960. Bob aveva
viaggiato in moto in Europa chiedendo ospitalità e aveva dei nomi di
persone che si erano dette disposte a ospitare altri viaggiatori che si
presentassero loro a suo nome. Erano quindici o venti in Germania,
una decina in Francia e qualcuno in Svizzera. Anna Luisa Leonardi
era una notevole animatrice, con grandi capacità di dialogo e
mediazione costruttiva.
All’incirca nel 1958 aveva frequentato le riunioni che io e mia moglie
Anna Chiara Trogu, con il nostro bambino, tenevamo anche a casa
nostra per il sostegno dell’obiezione di coscienza e la Leonardi aveva
dato un impulso gioioso e giovanile a un gran lavoro di contatti e di
volantini. Lia Bolokan, monitrice alla scuola assistenti sociali della
Società Umanitaria di Milano, proponeva il servizio civile
internazionale come alternativa al servizio militare obbligatorio. Da
parecchi anni, da quando avevamo potuto abitare in una casa
nostra, io e Anna Chiara esercitavamo ospitalità senza fini di lucro
accogliendo amici, persone sconosciute che avessero bisogno di una
casa, pacifisti e altri, come ad esempio vegetariani, e ricevevamo
spesso visite.
Bob Luitweiler era venuto in Europa dopo la morte di suo padre,
anch’egli quacchero, con cui aveva lavorato sino allora e aveva
ricevuto un’eredità sufficiente a vivere di rendita. Rimase poco a
Milano e organizzammo una gita alle cateratte dell’Adda a Paderno.
Quel giorno piovve molto, Luitweiler desiderava molto farci vedere
come accendere il fuoco senza fiammiferi. Egli era stato un
organizzatore boy-scout. Tornato il sole era troppo tardi e bisognava
ritornare. Rimase dispiaciuto della mancata dimostrazione.
Bob ripartì diretto verso l’Africa equatoriale, come missionario
quacchero, nella foresta presso Zanzibar. Contattava gli abitanti del
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posto e istruiva i loro bambini. Non so quale potentato politico o
religioso gli fu ostile: dovette lasciare.
L’elenco di nomi lasciato da Luitweiler non era una lista nel senso
pieno del termine. Scavo nella memoria ed emerge il ricordo di una
annotazione di pochi nomi: conteneva indirizzi, numeri di telefono,
ecc. come nelle liste odierne. In questa annotazione ricordo soltanto
il mio nome, quello di mia moglie e quelli di Anna Luisa Leonardi e di
Giuseppe Gozzini. Non credo fosse stata scritta da me. Ricordo che
nel 1968 mia moglie Anna Chiara Trogu aveva la lista Servas,
contenente alcune decine di nomi, affidatale da Anna Luisa. La lista
passò poi a Maria Soresina.
Nel maggio 1960 Anna Luisa sostenne un campo di lavoro del
Servizio Civile Internazionale in Calabria cui aderirono con
entusiasmo anche mia moglie e alcune sue colleghe della scuola
materna. Io vi aderii alla condizione di effettuare uno studio
approfondito sulla situazione storica, culturale, sociale ed economica
della Calabria che permettesse di proporre soluzioni nuove, di tipo
gandhiano, ai problemi.
Il Servizio Civile Internazionale collaborava con la Soprintendenza ai
Monumenti che voleva dare nuova vita turistica a Crocefisso, un
villaggio sperduto in provincia di Locri sotto l’Aspromonte,
ripristinando un convento del 1600 privo del tetto.
Crocifisso si trova in una zona devastata dal terremoto di Messina del
1908. Le case crollate e le baracche d’emergenza ormai fatiscenti
erano ancora visibili nel 1960, in un paesaggio di suprema bellezza.
Prima che la Soprintendenza iniziasse il restauro del
convento
seicentesco era necessario ripulirne l’interno perché vi era un migliaio
di bare senza nome accatastate sotto le intemperie, di gente morta
nella zona a causa della febbre spagnola del 1918.
I volontari fecero anche altri lavori molto utili che furono assai
apprezzati dalla popolazione. Durante i pesanti lavori del campo, che
duravano otto ore (il mattino presto e il pomeriggio tardi per evitare il
sole cocente), avevo parlato a lungo con gli uomini del posto
proponendo uno scambio di ospitalità e una fraternizzazione tra
calabresi e lombardi per raggiungere una vera e più profonda unità
nazionale. Li invitai a venire a casa mia.
Tornati a Milano alcuni amici che avevano partecipato al campo
vollero realizzare a casa mia e di Anna Chiara quella che ritenevamo
fosse una libera convivenza e una condivisione dei problemi e dei
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pensieri. Da Crocifisso arrivarono a Milano molti manovali disoccupati
per lavorare nell’edilizia. Li ospitammo a lungo e gratuitamente.
Vivendo insieme venimmo a conoscenza dei tanti problemi e drammi
della loro situazione. Discutemmo sui molti appunti presi durante il
campo di lavoro sulla situazione calabrese. Non era una comunità
ideale ma ci dava lo stimolo a una vita più intensa e impegnata. A
Crocifisso tornammo per le due estati successive per costruire un asilo
in muratura antisismica per i bambini del paese.
Nell’agosto 1970 sono stato con Maria Soresina all’assemblea
internazionale a Vienna. Maria era la rappresentante di Servas Italia.
In quella circostanza conobbi Harrivalaph Parik, figlio di un ministro
ereditario di un piccolo principato indiano indipendente dell’India
britannica. Harrivalaph aveva conosciuto Gandhi poco prima che fosse
assassinato e ricordava che, appena lo aveva visto e prima che
potesse parlare, il Mahatma gli aveva affidata la missione di aiutare le
popolazioni tribali dell’India. Ebbi il piacere di averlo ospite a Milano
più volte.
Quanto alle tendenze (idee pacifiste, orientamento ai viaggi,
impostazioni politiche, ecc.), queste non avevano per me importanza
determinante e credo neanche per gli altri con cui ero in contatto che
erano cattolici, pacifisti, ebrei, liberi pensatori, socialisti e altro.
Nota dell’intervistato- Il questionario non prende in considerazione
una circostanza
fondamentale della vita attuale del Servas di
questi anni e di parecchi anni passati, cioè trascura lo status giuridico
di organizzazione non governativa (ONG) del Servas senza diritto di
voto all’Assemblea generale delle Nazioni Unite e del fatto che il
Servas internazionale ha un delegato che rappresenta la nostra ONG.
Ho informazioni piuttosto remote: anni fa, salvo errore, le ONG erano
un migliaio. Non so quante siano oggi.
Il delegato si trova in
condizioni di influire sulle deliberazioni delle ONG. Non è tenuto a una
disciplina da parte dei deleganti ma è libero di agire per il meglio.
Tutto questo dà una indubbia dimensione politica e concreti
condizionamenti, forse anche economici, a ciò che viene compiuto dal
Servas italiano che invia come noto metà degli introiti al Servas
International, che credo servano per indennizzare il delegato del
tempo dato per il Servas. Quindi ho sempre ritenuto di far parte di
un’organizzazione non politica che in realtà è politica, perché è
divenuta una ONG nel 1972 ad opera di Reva King.
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Certo ho più di un ricordo di viaggio o di ospitalità… Ebbe importanza
determinante per il Servas l’assalto al tesoro aureo costituito
dall’altare della Basilica di S. Ambrogio di Milano, avvenuto nel
maggio 1968 non ricordo esattamente in quale giorno.
La basilica di S. Ambrogio, fondata nel IV secolo d. C., e il suo altare
d’oro, del IX sec. d. C., sono tra le più importanti opere d’arte
europee di quei secoli. Il fatto fu compiuto da un giovane canadese
che mi aveva scritto chiedendo ospitalità ma non era venuto a casa
mia né mi aveva telefonato. Il giovane, dentro la chiesa, rimase
leggermente ferito dai colpi di arma da fuoco sparati dalla polizia e
perdette sangue che si sparse al suolo. L’arcivescovo di Milano
riconsacrò la basilica contaminata dall’effusione di sangue. I giornali
diedero ampio spazio a questo fatto eccezionale. Il giovane,
minorenne, venne rimpatriato. L’evento indusse il Servas a limitare i
viaggi dei minorenni e poiché Maria Soresina aveva informato del
fatto vari segretari del Servas in Europa, alcuni di essi vennero a
Milano, molto sconcertati per l’episodio, per conoscerci e stabilimmo
ottimi rapporti.
Non mi fa un effetto particolare il lontano ricordo del seminario tenuto
in Danimarca nel 1949 durante il quale Luitweiler e altri studenti
scelsero il nome Servas.
Anch’io in età giovanile vissi la mia prima avventura nel campo
dell’ospitalità disinteressata. Ero sottotenente paracadutista della
divisione Folgore, prigioniero di guerra in un campo di
concentramento britannico vicino a Helouan in Egitto, dietro il
reticolato pur a guerra finita. Nell’agosto del 1945 scrissi a matita su
foglietti la mia offerta di ospitalità per il futuro: li distribuii ai miei
compagni dell’affollata ‘gabbia’ e a sottufficiali britannici e australiani
di custodia. L’autorità militare britannica del campo mi inflisse una
punizione di dieci giorni in cella d’isolamento a pane e acqua. Lì scrissi
ampie considerazioni sul problema posto da Immanuel Kant
sull’esistenza reale dell’ ‘altro’. Dopo il 1991 diedi copie degli inviti di
ospitalità e delle considerazioni filosofiche scritte in prigionia alle
riunioni Servas.
Mi riesce difficile precisare quali miglioramenti apportare per la
costruzione della pace perché penso che cambiamenti che appaiono
utili possono risultare catastrofici. Certo bisognerebbe seguire
strenuamente, anche a prezzo della vita, il principio gandhiano della
verità che il Mahatma chiamò Satyagraha.
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MARIA SORESINA, MILANO
Ho conosciuto il mondo Servas grazie a Piero Stoppani nel novembre
1967. Ho scritto a New York e Reva King mi ha inviato materiale da
tradurre e due elenchi, dei quali uno di sette, otto nominativi di
italiani che si erano messi in contatto con Servas venti anni prima. Tra
questi, due avevano aderito alla prima lista. Particolarmente
interessante era Mario Berruti, che aveva scritto una primissima
“lista” composta da una sola persona (lui) che non poteva neanche
ospitare perché faceva il seminarista a Roma. Ricordo che c’era scritto
in un inglese non proprio perfetto qualcosa tipo: splende il sole, per
cui venite! Nel frattempo era diventato pastore valdese in Sicilia. È
stato a lungo sulla lista.
L’altro elenco era il Peace Diary, con tutte le organizzazioni pacifiste
italiane, che contattai, ovviamente, ma senza risultato. In questi primi
tempi mi ha aiutato Pietro Stoppani. E anche un certo Mario Mazzanti
del MIR (movimento pacifista).
Ho partecipato a qualche riunione internazionale di Servas come
rappresentante dell’Italia in quegli anni. Nel 1970 a Vienna, nel 1972
a Wetzlar (Germania) dove è stato fondato Servas International (lo
Statuto porta infatti anche la mia firma), e nel 1974 a Locarno o poco
lontano (Svizzera). Poi ho partecipato, nel 1983, all’incontro in
Israele, dove sono stata eletta vice-presidente di Servas International.
Nei primissimi anni (parlo ovviamente dell’esperienza italiana, ovvero
degli anni dal 1968) chi aderiva al Servas lo faceva per ospitare, non
per viaggiare. Era molto più facile trovare ospitanti che viaggiatori.
Questo poneva anche problemi economici, perché all’epoca l’unico
contributo veniva richiesto ai viaggiatori. Ma anche le Porte Aperte
erano poche, perché all’epoca – e fino al 1972- i soci dovevano essere
pacifisti “militanti” (come si dice con un evidente, antipatico ossimoro)
e questo restringeva notevolmente la possibilità di trovare soci. Nella
riunione di Wetzlar proposi l’apertura a tutti (che venne accolta), ma
anche prima ero abbastanza “disubbidiente”, perché distribuivo
volantini davanti alle università e accolsi come socio (tra altri) lo
studente Luigi Uslenghi, che non era iscritto ad alcun movimento
pacifista.
Fin dall’inizio le impostazioni politiche erano varie, ma questa era una
variabile che non veniva presa in considerazione, né veniva richiesto
agli aspiranti soci di qualificarsi in tal senso. L’importante era
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l’apertura verso il diverso, fondamento ineludibile di ogni reale
“pacifismo”.
Sulle mie esperienze di viaggio o di ospitalità… potrei scrivere un
libro… sono troppi! Dirò solo che nel 1980 andai in Polonia con mia
figlia Caterina, che allora aveva dieci anni. Una famiglia usava
disegnare bandierine per ogni nuova nazionalità che ospitava. L’idea ci
piacque e, tornate a casa, costruimmo bandierine per tutte le nazioni
da cui provenivano gli ospiti finora avuti (una per ogni nazione):
erano trentaquattro. Era veramente avere il mondo in casa. E
l’apertura mentale che ciò ha comportato è impagabile!
Che effetto mi fa sapere che Servas quest’anno compie sessant’anni?
Mi fa più “effetto” sapere che fra un po’ io ne compirò settanta… Però,
se da un lato mi rallegra il fatto che ci sia ancora e che sia cresciuto,
dall’altro mi rattrista constatare che è cambiato, troppo cambiato. E
non sempre in meglio. In particolare lamento che l’aspetto
organizzativo, burocratico ha preso (sia a livello internazionale, sia
per quanto riguarda l’Italia) il sopravvento: è diventato un “potere”
mentre dovrebbe essere solo un “servizio”. Perché l’anima del Servas,
il suo cuore pulsante e il suo senso profondo è l’incontro che avviene
tra persone che non si conoscono, in una casa privata. Il nostro motto
“con ogni vera amicizia costruiamo le basi su cui poggia la pace nel
mondo” è assolutamente vero, ed è l’unico “impegno di costruttori di
pace” che ha senso e valore.
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LUIGI USLENGHI, NOVARA
Il primo impatto concreto con Servas fu il colloquio a casa di Maria
Soresina e Pietro Stoppani, con Maria intenta ad allattare la piccola
Caterina. Bella immagine che ricordo con un sorriso. Avevo ventotto
anni. Era il 1970. Da tempo avevo messo insieme una rete di contatti
amicali in Europa dopo qualche soggiorno in Germania e la
partecipazione ad attività dei Soci Costruttori
e di altri gruppi.
Quando quell’inverno- sempre curioso di scoprire nuove “cose”, sulla
scia di quel grande moto di rinnovamento e di reale “fermento”
comunemente definito “sessantotto”- mi imbattei in questa proposta
attraverso un ciclostilato di presentazione lasciato nell’interfacoltà
dell’Università Cattolica di Milano, non mi sembrò vero: qualcuno
aveva già “creato” una straordinaria rete di ospitalità. Non occorreva
più inventare altro. Era già tutto bello e pronto, scodellato e servito.
Bob Luitweiler ci aveva già pensato più di vent’anni prima. Grande
Bob e brava Maria a darsi da fare per diffondere l’idea.
Quello stesso anno uscì la prima lista di Servas Italia, con Maria
“Secretary”. Eravamo in tredici. Età media? Poco sopra i trenta. Due
paginette ciclostilate e - sul fondo pagina- la presenza di “Miss”
Alberta Balducci, di anni ventitre, da Rimini.
Che dire: era tale l’entusiasmo che cercai di diffondere ovunque
capitassi questa buona proposta. Il terreno era fertile. Gli ambienti
che frequentavo erano molto disponibili all’ascolto. Ricordo volentieriad esempio- le due estati che mi videro a Taizé insieme a un mare di
giovani da tutta Europa. Anche lì parlai di Servas e qualcuno degli
astanti di allora è tuttora presente in lista.
Poi ci fu l’impegno sempre più concreto per mandare avanti questa
proposta e farla conoscere. Se si ama qualche cosa o qualcuno, non li
si tiene nascosti: come la famosa lampada sotto il moggio. Era troppo
bella l’idea, troppo reale il valore dell’incontro con le persone
attraverso l’ospitalità, per tenere gelosamente per sé questo piccolo
tesoro. Il più bel tesoro scoperto con Servas è stato naturalmente
l’incontro con Alberta, la sua famiglia, le sue amiche a Rimini, in una
calda notte d’estate-1971- con tante belle pesche di Romagna sulla
terrazza: la mia prima straordinaria esperienza di ospitalità, che- oltre
ad aver segnato positivamente una vita- ha contribuito a dare una
spinta determinante a tutta l’attività futura in Servas e per Servas.
Quei primissimi anni hanno visto- con mia moglie Alberta- e
naturalmente con Maria Soresina, la presenza di Rosellina Alberton e
Lino Canepari e poi a mano a mano, con il passare degli anni, la
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presenza viva di tante altre care persone, alcune delle quali non più
tra di noi, quelle che sono andate “avanti” sul sentiero, per dirla con i
miei amici della montagna.
Importanti gli incontri. Innanzi tutto il primo nazionale in assoluto che
abbiamo organizzato nel ’79 a Camaldoli. E poi- sempre a Camaldoliquello dell’83, propedeutico alla fondazione legale dell’Associazione
Servas Porte Aperte del settembre ’84, quando peraltro eravamo già
oltre quattrocento in lista. Da allora ho partecipato a numerose
riunioni internazionali di Servas come rappresentate dell’Italia: a
Helsingor, Danimarca, con Alberta e Rosellina e Lino Canepari, nel
’78; presso l’Anand Niketan Ashram, Rangpur, India, 1980; a Naharia,
Israele, nell’83; a Roma, 1986; a Montreal, Canada, nell’89. Ma
anche, senza particolari incarichi, alle Conferenze di Chedigny,
Francia, nel ’92; a Barcellona, Spagna, 2004; infine, a Latina, 2006
(ma solo in parte). Tra gli altri incontri internazionali sottolineo quello
di Askov, in Danimarca, in occasione dei cinquant’ anni di Servas, nel
’99.
Quanto alle idee pacifiste, all’orientamento ai viaggi, alle impostazioni
politiche, ecc. dei soci Servas dei primi anni, posso dire che c’era
soprattutto voglia di incontro. Chi accettava di aprire l’uscio di casa
possedeva e possiede tutti i pregi e i difetti dei comuni mortali, con in
più qualche cosa, qualche buona qualità, che soprattutto i giovani
possedevano e possiedono in abbondanza: entusiasmo, curiosità,
voglia di conoscere, spirito di adattamento, fiducia nel prossimo,
coscienza di contribuire, anche con un piccolo gesto di vita quotidiana,
all’edificazione di un mondo più giusto e più pacifico. Le opzioni
politiche potevano essere diverse, ma- al di là delle etichette- questo
era ciò che contava e che conta. In un mondo farcito di manicheismi e
intolleranza quello che colpiva di più in Servas era l’esatto contrario:
la tolleranza, l’incontro per conoscere e crescere. Conta “essere” e
non “apparire”. Contano i fatti e non tante parole. Fatti come
accogliere e condividere una tavola imbandita, appunto.
Per i ricordi non basterebbero le pagine di un buon libro. L’incontro
con Miss Alberta Balducci, innanzi tutto, durante la mia prima
esperienza di viaggio Servas nella lontana riviera adriatica... E poi, tra
i moltissimi altri bei ricordi, l’incontro con Peter Benenson, fondatore
di Amnesty International e diventato grande amico di Servas.
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Bello, bello, è un gran piacere sapere che Servas nel 2009 compie
sessant’anni!... E pensare che avevo già sette anni quando Bob si è
messo in testa di inventare questa cosa.
Cosa si potrebbe fare per migliorare il nostro impegno di costruttori di
pace? Non pensare tanto ai sessant’anni quanto ai vent’anni dei nostri
giovani, che arriveranno anche loro prima o poi ai “sessanta” ma
intanto sono qui- come quel manipolo di noi allora- con il loro mondo,
che è molto diverso dal nostro di quarant’anni fa, il loro impatto con le
nuove tecnologie, il loro linguaggio, le loro speranze.
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ALBERTA BALDUCCI USLENGHI, NOVARA
Ho conosciuto Servas nel 1969, grazie a un’amica, Rosellina Alberton,
che aveva visto un annuncio nell’Interfacoltà dell’Università Cattolica
di Milano, che allora frequentavo. Siamo poi state intervistate tutte e
due da Maria Soresina, una figura storica di Servas Italia.
Chi ha creato le basi per lo sviluppo di Servas Italia è stato
soprattutto mio marito, Luigi Uslenghi. Io l’ho soltanto aiutato un po’.
Abbiamo partecipato insieme alla Conferenza Servas International del
1978 in Danimarca. In quell’anno la Segreteria di Servas Italia era
affidata a un Comitato, costituito da mio marito e me e dalla coppia
Rosellina e Lino Canepari. Ho partecipato anche alla Conferenza in
Israele del 1983, ma in quell’occasione non rivestivo alcun incarico
ufficiale.
In quegli anni l’ideale pacifista era molto forte, ma le impostazioni
politiche erano, come oggi, le più diverse. Comunque la maggior parte
dei membri Servas proveniva da associazioni, specialmente cattoliche
e di sinistra.
Il viaggio in Germania e Danimarca del 1978 è stato certamente il più
bello da me compiuto con il sistema Servas: abbiamo incontrato tanti
ospiti simpatici e cordiali, sia durante la marcia di avvicinamento sia
ad Helsingor, dove si è tenuta la Conferenza.
In quanto ai viaggiatori che abbiamo ospitato a casa nostra, si è
trattato di esperienze generalmente positive, anche se in alcuni casi
un po’ troppo brevi e tali da non lasciare il segno. Gli ospiti che
ricordo più volentieri sono americani e per lo più ebrei: Philip Dine da
New York, Ellen Silverberg pure da NY, Charlotte Simmons da
Indianapolis, la coppia Shenk- Foley da Boston, Michael, di cui non
ricordo né il cognome né la provenienza, ma di cui ricordo benissimo
la simpatia e la capacità di inserirsi nella nostra famiglia in modo
collaborativo e nel contempo non invadente. Naturalmente abbiamo
avuto incontri positivi anche con ospiti europei, australiani e asiatici.
Servas compie la mia stessa età e non può non farmi effetto! Me ne
compiaccio, e soprattutto mi fa piacere sapere che la famiglia Servas
Italia, da quel lontano 1969, si è più che centuplicata e che molte
persone giovani sono entrate a farne parte. Non ho consigli da dare,
perché non ci sono ricette per costruire la pace: penso che la cosa
migliore sia continuare tutti a impegnarci come abbiamo fatto finora,
con generosità e spirito di comprensione e tolleranza.
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LINO CANEPARI, POVE DEL GRAPPA (VICENZA)
Ho conosciuto il mondo Servas nel 1972 tramite mia moglie e sempre
con il contributo di mia moglie abbiamo contribuito a creare le basi di
Servas Italia. In quegli anni ho partecipato a due convegni, uno in
Svizzera e uno a Los Angeles, come rappresentante di Servas Italia.
Le “propensioni” erano varie, in particolare pacifismo e desiderio di
viaggiare in modo “alternativo” e magari a basso costo. Non mi pare
ci fosse un particolare orientamento politico
Ho un ricordo in particolare di alcuni viaggi, in Irlanda, negli USA. E di
alcuni personaggi storici (H. Parik, Masuo Amano, Reva King…).
Da tempo non partecipo più all’Associazione. Mi pare che il suo ideale
sia piuttosto generico. Oggi mi interessa di più un’esperienza
autenticamente religiosa che in Servas non mi pare esista. Noto anche
che ci sono diverse correnti e dispute. Forse la politica ha assunto un
peso che un tempo non aveva. Se è così me ne dispiaccio.
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LIANA GAVELLI E MASSIMO TESEI, FORLI’
Massimo e io abbiamo conosciuto Servas nel 1981, parlando con un
amico che aveva viaggiato negli USA. Ci siamo iscritti subito, andando
direttamente a Novara, da Luigi Uslenghi, in quanto non c’erano
ancora i coordinatori regionali, e chi si iscriveva doveva farlo,
ovviamente, facendosi conoscere di persona dal responsabile
nazionale.
Nel 1983, in occasione dell'incontro nazionale di Camaldoli, vennero
poste le basi per dotare Servas delle strutture necessarie, a livello
nazionale, regionale e locale, per favorire la diffusione delle idee e
dello spirito Servas, perché tutti eravamo concordi che un’idea così
bella non dovesse restare patrimonio di pochi, pur mantenendo
sempre rigorosamente uno spirito “militante”.
Nel settembre 1983, mi ricordo, oltre a Massimo e a me, c’erano Luigi
Uslenghi e Maria Soresina, Gianni Catania, Fabrizio Piccinini e Rita
Zaccarelli, Benito Lusenti, Janice e Paolo Dal Pra. Si sono poi aggiunti
Daniele e Luvi Passalacqua, Piera Hermann e Angelo Scorbatti,
Cristina Eghenter, Anna Maspero (non vorrei dimenticare qualcuno),
insomma tanti altri amici con cui abbiamo lavorato, parlato, condiviso
momenti intensi e divertenti, per cercare di costruire l'Associazione
che è formalmente stata costituita a Novara nel 1985.
Servas era nata come associazione molto militante in senso pacifista,
poi lo spirito originario si era un po’ “annacquato”, e forse negli anni
’80 prevaleva l’orientamento ai viaggi, anche se ci si è sempre
preoccupati molto che non si snaturasse al punto da farla conoscere
come una organizzazione di viaggi a buon mercato. Infatti si è sempre
privilegiata una diffusione molto mirata e graduale proprio per
salvaguardarne le idee qualificanti, principalmente l’importanza della
conoscenza e dell’amicizia fra persone di lingua, culture, idee politiche
e religiose diverse, visitando le case di persone sconosciute, oppure
accogliendo qualcuno con curiosità e fiducia, come strumenti per
favorire la pace e la convivenza.
Ogni viaggio, ogni persona ospitata costituiscono ricordi indelebili,
anche a distanza di quasi trent’anni, però quella che ricordiamo come
esperienza unica e veramente “formativa”, è sicuramente il viaggio,
durato quasi due mesi, negli USA, risalente all’ormai lontano 1982.
Era la nostra prima esperienza Servas, ed è stato una full immersion
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esaltante nel mondo Servas, tant’è vero che, con alcune Porte Aperte,
ci scriviamo ancora.
Ora che compie sessant’anni è evidente che l’idea Servas è ancora
valida ed attuale, a maggior ragione in questi momenti. Infatti,
sicuramente i viaggi sono sempre più alla portata di tutti, i giovani
conoscono meglio le lingue, internet e le nuove tecnologie favoriscono
gli scambi e la comunicazione a vari livelli, però ospitare qualcuno a
casa propria, o vivere in un altro paese la vita quotidiana e conoscere
abitudini e usanze diverse, è sempre più importante per abbattere i
nostri pregiudizi e farci sentire cittadini del mondo.
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PAOLA CREMONESI E FAMIGLIA, ZINGONIA (BERGAMO)
La mia famiglia ha conosciuto Servas nel 1978 leggendo un articolo
sul Corriere della Sera; all’epoca per impegni di lavoro, con i figli
ancora relativamente piccoli e non conoscendo una lingua straniera i
miei genitori non avevano occasione di viaggiare all’estero, allora
mia mamma si è detta: facciamo entrare il mondo in casa.
Con Luigi Uslenghi ci siamo subito intesi e così mio papà e mia
mamma hanno partecipato al loro primo incontro nazionale a
Camaldoli: ricordo che mio fratello Davide era il partecipante più
giovane.
Erano gli anni in cui Servas iniziava a darsi una organizzazione
territoriale: mio papà per molti anni è stato nel collegio dei Provibiri;
mia mamma è stata la prima coordinatrice provinciale per Bergamo
e ha contribuito moltissimo a far aumentare il numero dei viaggiatori
e delle Porte Aperte della provincia.
Ogni anno era appuntamento fisso partecipare agli incontri nazionali:
ritrovare vecchi amici e conoscerne di nuovi.
Nel 1986 ho partecipato all’incontro internazionale Servas di Roma e
insieme con gli altri giovani facevo parte del comitato organizzativo e
di accoglienza. Di quell’incontro ho un aneddoto in particolare che mi
fa sempre sorridere: facendo parte del comitato organizzativo
dovevo tenere in ordine le schede dei partecipanti e registrarne
l’arrivo e altre attività. La base logistica era in un posto leggermente
periferico rispetto a Roma città e in alcuni casi dovevamo
organizzare il viaggio per andare a prendere partecipanti stranieri
all’aeroporto.
Ricordo che sulla scheda di adesione oltre al nome e cognome
bisognava scrivere l’età e avevamo avuto indicazione di andare in
aeroporto a prendere una Servas americana. Poco male, salvo che ci
sembrava ingiusto che una persona di diciotto anni non potesse da
sola raggiungere il posto usando i mezzi pubblici… Piccolo
particolare: la persona in questione non aveva diciotto anni, ma era
del 1918 o giù di lì e si trattava della mitica Reva King, una persona
straordinaria che ho avuto la fortuna di incontrare altre due volte a
casa sua a New York dove mi ha ospitato.
L’altro incontro che ricordo con nostalgia è l’incontro nazionale del
settembre 1990 organizzato a Bergamo da mia mamma e da Vittorio
Scaravaggi: è stata una grossa fatica ma che soddisfazione alla fine
dei tre giorni vedere i volti sorridenti e grati di tutti i partecipanti.
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Credo che molti di quelli che hanno partecipato a quell’incontro si
ricordino ancora la visita guidata in Città Alta condotta dal nostro
amico Valerio detto “ragazzo poco serio”.
Ricordo che i temi di quegli anni erano le idee pacifiste e il modo per
far conoscere e diffondere Servas cercando però di evitare che
venisse “usato” come un modo per viaggiare a poco prezzo e a
“sbafo”. Devo dire che di tutti gli ospiti che sono passati da noi con
nessuno abbiamo avuto la sensazione di essere sfruttati ma tutti ci
hanno dato qualcosa e sento che hanno ricevuto qualcosa: di sicuro
tutti quelli che hanno vissuto un’esperienza Servas sia come
viaggiatori che come porte aperte sono d’accordo con me che
conoscere la lingua dell’altro aiuta a comprendersi meglio ma che ci
sono altri modi di comunicare, come disse all’incontro di Roma, il
presidente di Servas Israele a mia mamma che per mio tramite si
scusava per non conoscere l’inglese, “ci sono vari modi di
comunicare: con la lingua ma anche con le mani e con il cuore come
stiamo facendo noi in questo momento”.
Tanti sono stati gli ospiti che abbiamo avuto grazie anche al fatto
che la nostra casa era grande: nella maggior parte dei casi avremmo
voluto “adottarli” e non lasciarli mai partire.
Di tutti i ricordi più belli sono di Pedro, del Portogallo, il nostro primo
viaggiatore arrivato a piedi dalla stazione con un enorme zaino sulle
spalle; era tutto accaldato e siccome era ora di pranzo e lo stavamo
aspettando ci siamo messi subito a tavola; davanti a lui un enorme
piatto di spaghetti… se non gli è venuta una congestione è solo
perché era giovane e in buona salute…
Di Joyce e Nicole dall’Australia: madre e figlia con cui abbiamo
visitato la casa natale di Papa Giovanni e che quattro anni dopo sono
tornate in Italia e hanno passato il Natale con noi.
Di Donna e Domenic dall’Australia: una coppia di ragazzi che
abbiamo recuperato alla stazione dei treni la sera del 25 dicembre
del 1998; ormai senza più speranze di trovare qualcuno che li
ospitasse essendo Natale. Sono arrivati da noi nel bel mezzo del
nostro tradizionale festeggiamento: eravamo una tavolata di almeno
quaranta persone che dopo aver mangiato e ben bevuto stavano
giocando a tombola con tutto il trambusto del caso. La sera in cui
sono arrivati c’era una di quelle nebbie memorabili tipiche della
Pianura Padana degli anni passati; mi ricordo che il giorno dopo
quando era rimasta una lieve foschia i due ragazzi ci hanno
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comunicato la loro meraviglia nello scoprire che non erano finiti in un
posto isolato del mondo ma che c’erano altre case intorno a noi.
E di Cheryl del Vermont: arrivata in bicicletta dopo due mesi e
mezzo di girovagare per l’Europa e per il Nord Africa e che a trovato
da noi un’oasi di riposo e ristoro.
A distanza di anni devo proprio dire che l’intuizione di mia mamma di
“far entrare il mondo in casa nostra” si è davvero realizzata con
Servas.
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NUNZIO GIUBERTONI, VERDELLINO (BERGAMO)
Ho conosciuto Servas in occasione del Meeting dei Popoli di Rimini
nell’agosto 1985 allo stand dove c’era Luigi Uslenghi. E nella
primavera del 1986 ho partecipato all’incontro internazionale Servas
a Roma, dove ho conosciuto Paola Cremonesi che poi è diventata
mia moglie.
Nell’agosto di quell’anno ho fatto il primo viaggio Servas in Francia.
E non mi ricordo l’anno (credo il 1987) del matrimonio di Elena e
Giuseppe Sarzi Amadè di Quattrocase (Cremona), ma fu una festa
indimenticabile.
Negli anni Novanta- dopo l’esperienza di volontariato internazionale
in Rwanda con lo SVI di Brescia- ero sulla lista come Day Host
perché abitavo in famiglia; in quegli anni ho fatto opera di
sensibilizzazione per promuovere Servas nel mio territorio, la
provincia di Mantova; opera che ha dato i suoi frutti visto che
l’attuale coordinatore Servas Lombardia è uno degli amici che sono
riuscito a “contaminare”. Indimenticabile anche l’incontro nazionale
Servas a Bergamo con testimonianze di amici africani dello SVI.
A giugno 1992 matrimonio con Paola. Viaggio di nozze in Sicilia: in
tenda ma visitando anche dei Servas: un pomeriggio a Palermo con
un Day Host, due notti con una famiglia di Caltanisetta dove
abbiamo anche dormito e abbiamo condiviso la penuria di acqua
potabile.
I viaggi Servas e la partecipazione a incontri nazionali e
internazionali si sono susseguiti negli anni successivi. In Friuli
Venezia Giulia nella primavera del 1993, ospiti di Gabriella e Mauro
di Tarcento. A settembre 1994 l’incontro nazionale Servas sul lago di
Bolsena con Paola incinta della prima figlia. A settembre 1995
incontro Servas a Moena all’albergo di Lorenzo Galbusera, da noi
conosciuto a Roma in occasione dell’incontro internazionale del 1986
e soprannominato Mago G; in quella occasione abbiamo presentato
alla “comunità Servas” la nostra primogenita Giulia e abbiamo
conosciuto Alessandra Dell’Abate che da un po’ di anni vive e lavora
in India.
Nei primi anni di matrimonio in provincia di Brescia, Paola è
subentrata come coordinatrice provinciale alle carissime socie di
Botticino (Mariangela Scolari e Milena Fantoni).
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Abbiamo anche avuto vari ospiti e tutti hanno lasciato un buon
ricordo, ognuno con le sue originalità e la voglia di condividere. I
nostri preferiti e “invidiati” sono quelli che viaggiavano in bicicletta
come gli inglesi Paul e Susan e i francesi Jean Pascal e Siglinde.
Negli anni in cui avevamo già i bambini è stato bello ospitare i
Servas perché per i nostri bambini era strano avere gente “straniera”
per casa che parlava un’altra lingua, non conosceva il nostro cibo ma
era interessata a condividerlo e ci ha fatto dono di esperienze
preziose e anche di cose concrete: mi ricordo la felicità di Giulia
quando i nostri ospiti francesi Jean Pascal e Siglinde di ritorno da
una gita in bici sul Lago di Iseo le hanno portato una ghirlanda fatta
di erba e fiori di campo: la sua foto con la ghirlanda in testa è una
delle più belle che ho.
Nel 2001 siamo ritornati in provincia di Bergamo: con la famiglia
ormai al completo dei tre figli abbiamo trascorso una Pasqua
movimentata e internazionale con Dirk e i suoi tre figli dalla
Germania e una Servas israelo-palestinese, Fadia, ospite della
mamma di Paola, Giuseppina. All’epoca in giardino c’era una
sabbionaia e quindi tutti i bambini si sono messi a giocare con
secchiello e paletta… in breve alla fine c’era più sabbia in casa, nei
letti, sui divani, sul tappeto che non in spiaggia a Rimini !!!
Anche il periodo di Natale è stato spesso segnato da ospiti Servas
con cui abbiamo condiviso tradizioni religiose e culinarie.
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MILENA FANTONI-BOTTICINO, MATTINA (BRESCIA)
Cercherò di rispondere alle domande anche se i ricordi sono lontani e
anche consultando i vecchi amici alcuni particolari ci sono sfuggiti.
Mi chiamo Milena e facevo parte della Comune Fiore, nata nel 1971
come desiderio di una vita diversa, di condivisione di ideali, e la
necessità di uscire dalla famiglia che non coincideva con le nostre
scelte di vita. Ci ha fatto conoscere il movimento Nonviolento, il
volontariato presso la UILDM e un po’ di fortuna. All'inizio eravamo
in tre: io, Renata e Adriano; in seguito siamo cresciuti con l’arrivo di
altri amici e di tre figli. Abbiamo lottato per il riconoscimento
dell’obiezione di coscienza, abbiamo ospitato parecchi obiettori,
abbiamo lottato per i diritti dei (come vengono chiamati adesso)
portatori di handicap, partecipavamo alle marce antimilitariste e non
dimentichiamo
il femminismo.
Abbiamo conosciuto Servas
probabilmente tramite il movimento nonviolento ed è venuto Luigi
Uslenghi per l’approvazione. I nostri primi ospiti sono stati due
australiani ed è stata un’esperienza veramente piacevole.
Nel 1977 io sono uscita dalla comune e con altre due donne, Marcella
e Mariangela, e mio figlio Fiore abbiamo continuato l'esperienza
Servas non solo come ospitanti ma anche come viaggiatrici. Abbiamo
partecipato a convegni Servas italiani
e Marcella è andata al
congresso internazionale in India, ma a titolo personale. Io e
Mariangela siamo anche state per alcuni anni coordinatrici della
nostra provincia.
Ricordiamo con piacere alcune esperienze: l’arrivo di una coppia di
San Francisco che allora per noi erano vecchi… è stata un'esperienza
bellissima e appena abbiamo potuto siamo andati a trovarli; l’arrivo
inaspettato di una famiglia australiana con due figlie piccole alla
quale avevano rubato soldi e documenti, in quel momento c’erano da
noi due Servas americane, ci siamo stretti ma ci siamo dati tanto.
Cosa posso aggiungere… che continuiamo a credere con fatica che
questo mondo può trovare una pace ragionevole, che continuiamo a
indignarci verso le intolleranze, le atrocità e l’egoismo che ci
circonda, che vorremmo partecipare agli incontri Servas sia nazionali
che internazionali ma il piccolo ristorante che io e Mariangela
(Scolari) gestiamo non ce lo consente.
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LUVI E DANIELE PASSALACQUA, GENOVA
Ricordo che conobbi Servas attraverso la rivista “Azione Nonviolenta”
(chissà se esce ancora?) cui ero abbonato in quanto credevo e credo
tuttora nella nonviolenza così come venne introdotta in Italia da Aldo
Capitini. Nonviolenza come Satyagraha, neologismo di Gandhi.
Letteralmente significa forza della verità (Satya: verità, graha:
forza). Allora Servas coniugava ai miei occhi il viaggio con la
nonviolenza e per me e Luvi, mia moglie, grandi appassionati di
viaggi, ci sembrò un accostamento geniale.
Ci iscrivemmo nel lontanissimo 1981 quando Servas era solo un
breve indirizzario semi clandestino gestito in primo luogo da Luigi
Uslenghi. Andammo di persona a Novara, a casa di Luigi per
iscriverci come soci viaggiatori, ci propose subito di fare qualcosa di
più per diffondere a Genova e Liguria l’associazione.
Come dicevo sopra, i primi contatti avvennero tramite Luigi.
Entusiasti delle idee fondanti di Servas partecipammo a molte
assemblee regionali, nazionali e anche internazionali, non ricordo più
l’anno preciso in cui Servas divenne ufficialmente una associazione,
ma quando si arrivò a quell’evento eravamo già ben addentro sia
come soci che come membri del comitato esecutivo. Daniele ricoprì
per anni prima la carica di tesoriere, poi quella di presidente e infine
quella di segretario internazionale per la pace.
Mi pare fosse il 1997 quando io, Daniele, rappresentai Servas Italia a
Melbourne, Australia. Un ricordo fantastico, quell’incontro tra
numerosi rappresentanti dei vari Servas Nazionali.
Posso solo riferire della nostra personale esperienza riguardo alle
propensioni (idee pacifiste, orientamento ai viaggi, impostazioni
politiche, ecc.) dei soci Servas dei primi anni. Allora sia noi che i soci
che incontrammo durante i nostri viaggi eravamo molto vicini ai temi
pacifisti e nonviolenti, ma era soprattutto lo scambio profondo di
ospitalità sia materiale che intellettuale ad arricchire l’associazione.
Il nostro libro degli ospiti era pieno di testimonianze di viaggiatori
che volevano sinceramente entrare in contatto con gli ospiti.
Parliamo al passato perché ultimamente i nostri contatti si sono
molto diradati, manteniamo vive poche amicizie di lunga data e solo
ogni tanto ci capita di ospitare nuovi viaggiatori.
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Negli anni ’80 e ’90 abbiamo viaggiato soprattutto in Europa ed
ospitato viaggiatori da ogni parte del mondo, di tutti conserviamo
ricordi significativi. Bellissimo un capodanno a Hillerød Danimarca in
una comune abitata da quattro o cinque famiglie.
Credo che per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace
bisogna dare voce e spazio alle nuove generazioni. Ricordo che
quando mi impegnavo a diffondere l’idea Servas cercavo di parlarne
a gruppi che già operavano in quell’ambito, d’altronde noi stessi
conoscemmo Servas, come ho detto, attraverso la rivista “Azione
nonviolenta”.
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FRANZ E MARIA AMATO, NAPOLI
Abbiamo conosciuto il Servas nel 1978, informati da Tonino Drago,
importante rappresentante della nonviolenza in Italia, a cui aveva
parlato di questa bella idea di pace Shantidas, patriarca della
comunità dell'Arca in Francia, da noi conosciuto personalmente e a
cui dobbiamo tanto della nostra formazione di vita.
Essendo i primi a Napoli e in Campania, abbiamo inizialmente
allargato la rete locale, parlandone ai nostri amici che sapevamo ben
disposti ad accogliere i viaggiatori Servas senza alcun problema e
senza alcun pregiudizio. Tuttavia non abbiamo mai partecipato a
riunioni internazionali di Servas come rappresentanti dell’Italia in
quegli anni.
Essenzialmente l’humus del primo Servas Italia erano i movimenti
pacifisti e nonviolenti, prevalentemente in un'area politica di sinistra
illuminata.
Ricordi particolari ai quali siamo maggiormente legati ne abbiamo
tantissimi: tra i viaggiatori ci sono state persone che ci hanno
visitato più volte, a cui siamo legati tuttora da amicizia e che
abbiamo a volte visitato… per esempio Yuval Erlich da Israele,
venuto due volte da noi e che abbiamo rivisto con la sua famiglia a
casa loro; Robert l'australiano, Kevin il globe trotter americano, una
indiana parsi, una famiglia iraniana di New York... Insomma l'elenco
è lunghissimo e per noi l'ultimo viaggio effettuato a Praga ci ha
regalato due nuovi amici praghesi-italiani e ancora ricordiamo Gerda
Madl dall'Austria.... ecc. ecc.
Ci fa un effetto positivo sapere che Servas nel 2009 compie
sessant’anni nel senso che è bello pensare che una organizzazione
cosi’ informale possa essere vissuta cosi’ tanto tempo, ma oggi
confesso che l’atmosfera che si respira non è più la stessa, mi
sembra che ci sia più burocrazia e meno spirito di accoglienza; a noi
piace molto ospitare ma senza tutte le altre complicazioni.
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FRANCESCO STODUTO, LAURIA (POTENZA)
Devo precisare che non sono un socio fondatore, solo un socio
anziano… Non ricordo bene come ho conosciuto Servas,
probabilmente attraverso altre associazioni affini, come il Movimento
Cristiano per la Pace, che ho frequentato per alcuni anni. Mi sono
iscritto verso il 1976-77-78, non ricordo bene. Non essendo socio
fondatore e vivendo al sud, non ho partecipato per vari anni alla vita
associativa, né ho mai partecipato a riunioni internazionali di Servas
come rappresentante dell’ Italia in quegli anni.
Non posso parlare molto, per le ragioni suesposte, delle propensioni
pacifiste, di orientamento ai viaggi, e delle impostazioni politiche,
ecc., dei soci Servas dei primi anni. Le mie erano di cristianesimo
critico (vicino alle comunità di base).
Ricordo con molto piacere tutti i non numerosi ospiti, a partire dai
primi, due ragazzi danesi in giro per l’Europa fra la fine delle
superiori e l’inizio dell’università, cosa per me allora quasi
impensabile, o un simpatico ciclista inglese che andava in bici dal
Circolo Polare Artico al deserto del Sahara.
Ora che Servas compie sessant’anni, penso che può anche
continuare così, discutendo forse un po’ di più delle varie idee in
occasione di incontri e assemblee, con rispetto reciproco ma senza
mai trascurare l’idea di costruire la pace.
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PAOLO PINI, BOLOGNA
La testimonianza di Paolo Pini è la trascrizione parziale di un
intervista video effettuata da Morena Soatti e Riccardo Rinaldi nei
mesi di febbraio-marzo 2009 e che verrà presto caricata sul nuovo
sito di Servas Italia.
Ho partecipato ad una marcia per la pace e lì ho sentito parlare di
Servas, un’organizzazione che promuoveva il tema della pace in
modo originale per quei tempi. Mi iscrissi intorno al 1967, io e mia
moglie ci mettemmo in contatto con Uslenghi, uno dei fondatori.
Cominciammo ad avere bollettini e indicazioni. Abbiamo poi
cominciato ad ospitare, nonostante gli impegni di lavoro e il limite
della lingua (noi parliamo solo italiano).
Io e mia moglie abbiamo cominciato ad ospitare a Bologna, la nostra
casa era diventata una casa della pace, in quel periodo non c’erano
altri nella nostra città. Cominciarono ad arrivare persone straniere,
anche di colore, e la gente si stupiva. Partecipai a qualche riunione
internazionale di Servas Italia in quegli anni ma non come
rappresentante.
Se penso a quali erano le propensioni (idee pacifiste, orientamento ai
viaggi, impostazioni politiche etc.) dei soci Servas dei primi anni,
ricordo che alle marce per la Pace il motto era “gli uomini si fanno la
guerra perché non si conoscono”. Il proposito di pace era sostenuto
anche dal tentativo di diffondere una lingua comune, l’esperanto. Il
compito di una “Porta Aperta” era accogliere. Gli ospiti che
portavano le loro esperienze, erano soprattutto interessati a capire
cosa succedeva nel Paese. Obiettivo principale era promuovere la
pace.
Fra le esperienze di ospitalità che ricordo in modo particolare cito
una ragazza olandese, tra i primi ospiti, aveva un grande quaderno
con il quale girava, ci mostrava i Paesi in cui era stata. Rimaneva in
contatto con gli ospiti che mandavano cartoline.
Poi un attivista per la pace, originario dell’India, Ram Sakai Purui,
per il quale organizzammo una conferenza. La sua idea, che
proponeva ai governi e all’ONU, era di formare un esercito senza
armi che agisse per promuovere la pace. Sarebbe molto interessante
riuscire a contattarlo.
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Ricordo ancora un israeliano, scappato dall’America di Reagan, fu
ospite per un periodo più lungo, insegnava inglese. E un’americana,
Jennifer, voleva diventare ambasciatrice.
A sessant’anni dalla fondazione di Servas è importante che i
Viaggiatori continuino ad essere messaggeri di pace, chiedersi se
come membri Servas danno un contributo alla pace e continuare a
contribuire a conoscersi. E’ bene per Servas essere fedele al suo
impegno iniziale. Mi hanno spiegato che Servas è nata insieme ai
campi di lavoro. In Italia dopo la Seconda Guerra Mondiale, c’erano
molte case distrutte o danneggiate. Anche in altri Paesi c’erano
situazioni simili. Si crearono gruppi di persone che andavano ad
aiutare le persone a ricostruire le case. Credo che i primi elenchi
Servas venissero dall’America, e da altri paesi che avevano sofferto
per la guerra. Ci furono progetti per la ricostruzione, poi
terminarono, intorno al 1954, quando il processo di ricostruzione fu
completato. Non c’era più urgenza. Prima di sciogliersi fecero un
convegno, e pensarono di trasformarsi in un modo quotidiano,
casalingo, a cui tutti potessero aderire e contribuire, perciò nacque
Servas. Servas è una costola di quei campi.
Nell’attuale situazione italiana è bene stare attenti, perché nella
confusione possono arrivare uomini che si dichiarano “mandati da
Dio”.
Ora in Italia è tempo di una ricostruzione morale. E’ importante
capire come ci vedono quelli che vengono da noi. Ora qui ci sono
problemi di organizzazioni mafiose e occulte che stanno guidando la
crisi. Quindi è bene stare attenti a dove ci sta portando questo tipo
di cultura. Il rifiuto degli immigrati, le divisioni interne al paese.
Un obiettivo di Servas potrebbe essere quello di unire sul piano della
cultura e della morale, e contrastare tendenze pericolose. Quindi
comunicare con stranieri, parlare di cosa si è e come. E c’è una crisi
mondiale.
Consiglio ai viaggiatori, dovunque vadano, di cercare di capire, di
imparare. Ad esempio in America in questo periodo sta cambiando
qualcosa, sia per le persone di colore che per i diversi. I giovani
possono sostenere questa speranza mondiale e trovare il modo
perché questo progetto venga capito e aiutato dall’opinione pubblica,
non solo americana. Ad esempio l’economia di mercato ha promesso
miracoli. La cosa più importante è l’amicizia, ispirare fiducia,
raccogliere i messaggi senza essere prevenuti. Rendersi conto di
parlare con uomini veri. Uno dei compiti dell’umanità è sapere dove
andare e dove sperare in un mondo migliore.
36
FABRIZIO PICCININI, CORREGGIO (REGGIO EMILIA)
Ho saputo dell’esistenza di Servas nel 1980-1981, poco più che
ventenne, da un’amica di Reggio Emilia: una sua conoscente
reggiana aveva fatto uno straordinario viaggio in Giappone, vivendo
in famiglie grazie a un’associazione internazionale.
Chiesi un referente e mi fu indicato Luigi Uslenghi a Novara: gli
scrissi per avere informazioni, quindi con grande entusiasmo decisi di
aderire come day host.
Feci il mio primo viaggio nel 1982, in Gran Bretagna e Irlanda, e di
ritorno da quella formidabile esperienza chiesi ai miei genitori di
diventare anche noi porta aperta: gliene sono ancora oggi grato,
perché la vera “apertura mentale” fu soprattutto loro, appartenenti a
un’altra generazione e cresciuti in una realtà culturale e sociale ben
diversa dalla mia.
Uslenghi mi invitò a partecipare alle riunioni con le quali gettammo
le basi per un’associazione strutturata e legalmente costituita: infine
la “fondammo”, in rappresentanza dei soci italiani esistenti da anni e
più o meno collegati fra loro, davanti a un notaio novarese. Così
nacque l’associazione culturale Servas Italia, secondo le norme del
nostro Paese. Rammento ancora con simpatia e affetto, fra i tanti,
Piera e Angelo Scorbatti di Milano, Liana e Massimo Tesei di Forlì,
Cristina Eghenter di Trento, Andrea Cremonesi a Bergamo. Poi
c’erano i Dal Prà a Vicenza e altri ancora. Qualcuno in seguito ha
lasciato Servas, qualcun altro purtroppo ci ha lasciati per sempre,
prematuramente.
Fu all’epoca che, in quanto iscritto all’Ordine dei giornalisti, proposi a
Uslenghi di registrare una nostra testata in base alle leggi sulla
stampa, per trasformare la sua “lettera” periodica, preparata
artigianalmente e inviata agli iscritti per posta ordinaria, in un
notiziario vero e proprio. Ne sono stato direttore responsabile i primi
13 anni.
Ho partecipato alla Conferenza Internazionale del 1986 a Roma, che
come Comitato Esecutivo italiano contribuimmo a organizzare; e a
quella del 1989 a Montreal. Furono esperienze molto interessanti,
perché – oltre al piacere di incontrare gli ultimi fondatori stranieri
ancora in vita – permisero di confrontarci con modalità molto diverse
di essere soci e di intendere l’associazione: per esempio, l’Italia era
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una delle poche sezioni (di certo fra le prime) a distribuire ai propri
aderenti la lista, che negli altri Paesi era invece prodotta solo per i
viaggiatori stranieri (quindi poteva capitare che due vicini fossero
soci senza saperlo).
A Roma per me fu emozionante anche conoscere Peter Benenson,
l’avvocato inglese che nel 1961 aveva “inventato” Amnesty
International, cui mi ero iscritto alla metà degli anni ’70.
In quegli anni era ancora forte la presenza di attivisti del movimento
pacifista (io stesso mi avvicinai in quanto obiettore di coscienza al
servizio militare e alle spese militari) e in generale di persone
impegnate in associazioni di volontariato laico e confessionale
(«impegnate nel sociale», si direbbe oggi): non dimentichiamo che
fino al 1972 Servas era una cosa riservata a chi faceva parte di
organizzazioni antimilitariste. La svolta fu quell’anno, quando
decisero di aprirsi a chiunque condividesse la formula dell’ospitalità.
In Italia comunque si può dire che fin dall’inizio Servas sia stata
abbastanza rappresentativa della varie realtà culturali e ideali del
Paese. In sostanza, il confronto interno era fra i fautori di un
impegno diretto dell’associazione (aderire a manifestazioni, marce,
appelli ecc.) e chi invece pensava che Servas non si dovesse
schierare mai, essendo liberi di farlo i singoli associati. Per la cronaca
(per la Storia…) “vinsero” i secondi.
Ho ricordi molto positivi sia come viaggiatore sia come “porta
aperta”, con gli alti e i bassi propri di ogni organizzazione che si
fonda sulla disponibilità delle persone. Anche il nostro lungo viaggio
di nozze in Australia non sarebbe stato così indimenticabile se non
fosse stato in parte compiuto visitando alcune open doors.
Ma forse la cosa più bella per me è stata conoscere nel 1989 a
Montreal il creatore di Servas, lo statunitense Bob Luitweiler,
obiettore di coscienza durante la Seconda Guerra Mondiale, e perciò
incarcerato. Fu una grande emozione, ancora molto viva, difficile da
descrivere, conversare con chi è all’origine di un’idea meravigliosa –
un’idea che ha segnato positivamente la vita mia e di tante persone
nei cinque continenti.
Oggi più che mai c’è bisogno di Servas: il problema però è che,
diversamente da quasi tutte le associazioni, qui il fine coincide con il
mezzo, poiché il nostro agire si concretizza solo nel momento in cui
apriamo la porta di casa a uno “sconosciuto”. Questo – insieme al
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fatto che ospitare gratis, viaggiare e parlare altre lingue restano
ancora “privilegi” da Nord e Ovest del mondo – continuerà ad essere
un grande limite all’efficacia della nostra azione, e spiega, in parte,
perché Servas non ha avuto negli anni quello sviluppo e quella
“visibilità” planetari che dovrebbe secondo me avere – e che invece
tante altre associazioni di volontariato, in altri campi, hanno nel
frattempo avuto.
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TERESA MAZZELLA, ROMA
Vi era un’inserzione su un giornale.
Mi sono iscritta nell’anno 1983. Dopo un incontro con Luigi
[Uslenghi] a
Roma, ho iniziato a
lavorare attivamente
nell’associazione. In quell’anno gli iscritti a Roma erano solo cinque
di cui due americani.
Ho partecipato alla riunione internazionale tenuta a Roma nel 1984 e
1985 e a molte altre, sempre con spirito di collaborazione. Ho fatto
parte anche del Comitato Esecutivo.
I primi anni eravamo talmente pochi che si è pensato di aumentare il
numero dei soci incoraggiandoli a viaggiare e a dare un contributo
personale alla pace secondo l’idea di Gandhi.
Dal giorno della mia iscrizione ho ospitato a Roma circa 300 persone,
ho viaggiato in tutto il mondo, ho avuto esperienze bellissime e sono
particolarmente entusiasta dei viaggi Servas. Viaggiare diversamente
è un noia incredibile…
Oggi che Servas compie sessant’anni anch’io mi sento più vecchia,
anche se lo spirito è giovane. Ho conosciuto tante persone che hanno
contribuito alla diffusione del Servas e che sono scomparse, il mio
ricordo e il mio grazie va a loro. Vi auguro buon lavoro e grazie per
il vostro impegno.
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FILIPPO IERANO’ SERVIGLIANO, FERMO
Abbiamo conosciuto Servas attraverso degli amici napoletani nel
1977 e ci siamo iscritti quasi subito. Ricordo che facevamo delle
riunioni ogni mese ed erano occasioni per conoscersi meglio e
parlare anche di altri temi. Sicuramente la componente pacifista e
nonviolenta era la più evidente.
Purtroppo non abbiamo usato molto Servas per viaggiare, ma
abbiamo ospitato persone straordinarie.
Una ragazza americana che nell’85 era stata per circa tre mesi a
casa nostra è ritornata l'estate scorsa col marito e adesso ci è
arrivata la foto della loro prima bambina. Ci siamo ritrovati dopo
vent’anni come se fossimo dei parenti. Sì, abbiamo avuto la
sensazione di un legame parentale.
Il bello di Servas è che abbatte pregiudizi e formalità e quando si
accoglie o si è accolti si è semplicemente ‘di casa’.
Credo che per migliorare il nostro impegno di costruttori di pace
bisogna riproporre le riunioni mensili come momenti di condivisione
dei vissuti, anche perchè ci sono sempre meno viaggiatori e diventa
deludente inserirsi nelle liste senza ricevere ospiti.
L'incontro anche in piccoli gruppi locali aumenterebbe la coesione
dell'associazione e potrebbe rilanciarne anche un ruolo interno.
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MARINA BOCCIANTI BATTISTA, BARI
Non mi definirei “socia fondatrice” ma “vecchia socia” che si è molto
dedicata a Servas negli anni passati.
Ho conosciuto Servas nel lontano 1984 attraverso mia figlia (che
allora aveva 17 anni) e mi raccontava di una sua compagna di scuola
che aveva amici sparsi in tutta Europa che la ospitavano nei suoi
viaggi. La cosa mi parve un po’ strana e quando dopo mesi, alla fine
del liceo, mi chiese di andare a fare un viaggio in Europa usufruendo
di questi “amici” la cosa mi parve ancora più strana ma mi interessò
molto. In una lunga telefonata Luigi Uslenghi mi spiegò tutto: io non
capii proprio completamente il meccanismo ma mi fidai di lui ed
accettai di fare viaggiare mia figlia e da subito iscrissi la mia famiglia
come Porta Aperta. Il viaggio andò benissimo anche se con un certo
patema d’animo per noi (non esistevano i telefonini e dovevamo
aspettare che lei ci chiamasse per avere notizie).
Questo è l’esordio per me diciamo in secondo piano, poi mia figlia si
iscrisse all’Università di Trieste e quindi incominciai in prima persona
a gestire gli ospiti che arrivavano.
All’epoca a Bari eravamo forse solo noi ma c’erano già da alcuni anni
Emilia Sciancalepore a Molfetta e Nicola Melpignano a Ostuni.
Proprio Nicola mi pregò di collaborare con lui: era coordinatore
Servas ma anche Presidente della Provincia di Brindisi!
Lo aiutai a rappresentare la Puglia all’incontro internazionale di Roma
del 1986 e organizzai un viaggio in Puglia di alcuni delegati stranieri
venuti a Roma per il convegno. Fui nominata io stessa coordinatrice
per la Puglia e ancora Luigi mi chiese di candidarmi per il Comitato
Esecutivo. Fui poi Segretaria e Presidente Nazionale.
Nell’epoca in cui sono stata attiva in Servas la politica non è
assolutamente mai entrata a far parte della nostra associazione e
certamente erano rappresentati tutti gli schieramenti politici ma a
livello “intimo”. Nell’associazione eravamo tutti uguali, tutti
veramente amici e nessuno ha mai fatto pesare eventuali inclinazioni
di parte. Lavoravamo solo per sviluppare ma soprattutto migliorare
Servas, per diffondere le idee di “socialità” nel senso più puro del
termine e nel cercare di far sì che i nostri viaggiatori (in entrata ed
uscita) non avessero e non creassero problemi.
Come presidente nazionale ho partecipato ad un unico incontro
internazionale (meglio europeo) tenutosi a Bursa, vicino a Istanbul in
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Turchia. E’ stata un’esperienza indimenticabile! Toccare con mano la
vicinanza, pur nella diversità, dei popoli.
I ricordi di viaggio e ospitalità sono per me tutti ugualmente
importanti e vivi nella memoria. Tutte le persone incontrate mi
hanno enormemente arricchito. Alle volte mi è capitato di sentire, da
parte di qualche socio che aveva ospitato, lamentele per dei
comportamenti a loro dire poco “educati” ma andando a fondo si
scopriva essere delle cose molto secondarie. Non siamo tutti uguali
ed é proprio questo che ci arricchisce: dobbiamo cercare di prendere
sempre qualcosa dagli altri e non mettere solo in risalto cose che noi
riteniamo difetti. Servas è meraviglioso proprio per questo e mi
dispiace molto se qualcuno non riesce ad afferrare ciò.
Riguardo al sessantenario della fondazione di Servas è bellissimo
poter constatare che un’idea così bella – pur fra alti e bassi – riesca
a durare per tanti anni.
Cosa fare per migliorare? Non lo so bene, mi sembra solo di notare
che attualmente si badi molto di più alla burocrazia, si perda molto
tempo nel riempirsi la bocca di paroloni senza, mi sembra, migliorare
un gran che. Sarebbe meglio sviluppare, o cercare di farlo, la
spontaneità che è insita in ciascuno di noi.
Buon lavoro. Con affetto un abbraccio a tutti
PS: mi accorgo ora di festeggiare quest’anno le mie nozze d’argento
in Servas 1984-2009!
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AGATA GRECO, PALERMO
Sono socia Servas da più di venti anni e ho favorito la sua diffusione
a Palermo.
Ho conosciuto l'associazione grazie a una precedente associazione
locale, “Palermo Ospita”, per la quale ho lavorato attivamente per
circa dodici anni. Lo scopo di tale associazione non era l'ospitalità ma
il contatto con turisti o altri simili gruppi culturali e la visita di
monumenti artistici della Sicilia.
Anni fa ho partecipato a una riunione nazionale a Bologna. Sono
stata spinta ad associarmi perchè penso che i contatti umani
rendono il turismo più interessante e consentono una migliore
acquisizioni della vita e mentalità dei posti visitati.
Non ho spesso chiesto ospitalità ma le presenze Servas a casa mia
sono state
molto frequenti e sempre positive (con un’unica
eccezione tanti anni fa).
In Italia ho avuto rapporti molto amichevoli con tanti soci del
Piemonte, con alcuni dei quali ho stretto rapporti di vera amicizia.
Penso che Servas sia un movimento pacifista e ho sempre favorito
l'iscrizione di nuovi soci, quando ho scoperto in loro le qualità
necessarie.
Un caro saluto.
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LINA CHERCHI TIDORE, SASSARI
Sono stata incaricata da Andrea Careddu perché al questionario
rispondessi io, antica coordinatrice SERVAS per la Sardegna, dal
momento in cui ho dovuto privarmi per gravi motivi di famiglia
dell’appartenenza alla migliore associazione del mondo, come
considero SERVAS, ma non sono in grado di rispondere al
questionario. Perciò ti prego di scusarmi anche per il ritardo nella
risposta.
Ti prego però di porgere il mio saluto a tutte le Porte Aperte italiane
che mi ricordano… Non posso dimenticare SERVAS!
Vorrei poter dire in breve che mi manca tanto l’incontro con le
persone meravigliose che hanno arricchito la mia vita negli anni che
pur non erano più giovani, tanto da commuovermi al ricordo, tanti
ricordi!
Mi affollano alla mente nomi e vicende ed episodi, uno dei quali non
posso non esprimere: negli anni Ottanta, nel partecipare in gruppo
ad Assisi ad una marcia per la pace domandammo al nostro
carissimo presidente nazionale Luigi Uslenghi se portare in corteo un
nostro cartellone SERVAS, egli ci rispose di no, che era meglio
tenerci vicini, in gruppo, senza esibizioni, ma partecipi convinti di
volere la vera pace.
Quella lezione sarà servita di certo a capire veramente lo spirito
Servas a noi tutti partecipanti! SERVAS favorisce l’incontro nel
dialogo umile e rispettoso fra soci, Porte Aperte e visitatori,
compartecipazione che diviene spesso riconoscenza e affetto per i
nuovi amici delle culture più diverse, al di sopra di ogni altra
appartenenza religiosa o politica. Perciò posso solo incoraggiare le
Porte Aperte SERVAS a non lasciare l’impegno personale e della
propria famiglia assunto con l’ospitalità volontaria come la migliore
espressione di compartecipazione laica per la realizzazione della pace
nel mondo nello spirito autentico di SERVAS.
Vi saluto caramente.
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INTERVISTA AI SOCI PIU’ RECENTI DI SERVAS ITALIA
… e i “giovani”
VIVIANA SANTERCOLE, SASSARI
Ho conosciuto Servas tramite amici e mi sono iscritta credo nel
2001, o 2002! In casa mia posso ospitare, anche se in modo molto
precario, e preferisco ospitare solo donne.
Ho contatti con un paio di giovani Servas conosciuti tempo fa. Altri
contatti li ho persi negli anni…
Per promuovere Servas presso i più giovani credo ancora al
passaparola, che potrebbe essere più efficace senza alcune trafile
burocratiche che hanno alcune regioni come il Lazio (da quanto ne
so) [tutte, Nota della Curatrice]… ma forse ora è migliorata! Ho
partecipato a riunioni regionali, ma a volte non sono coincise con gli
impegni che avevo, mi è capitato anche (agli inizi) di essere avvisata
in ritardo. E’ un po’ che non ricevo notizie e sul forum non capito
spesso.
Servas mi affascina molto come sistema ma ormai il lavoro e la vita
indipendente mi assorbe la maggior parte del tempo. Me ne dispiace
ma non è per disinteresse!!! Di Servas mi interessa un po’ tutto lo
spirito… Si avvicina molto a percorsi da me già intrapresi (Servizio
Civile Internazionale).
Confesso di non avere un ricordo in particolare, di viaggio o di
ospitalità, al quale sono maggiormente legata. Tutte le esperienze
sono state molto positive ed interessanti, certo con alcuni Servas ho
legato più di altri ma è normale! La possibilità di essere stata
ospitata con un’amica è stata molto piacevole e molto più di
scambio!
Credo che continuare a coltivare la fiducia ed il rispetto in persone
apparentemente sconosciute sia un ottimo strumento per migliorare
il nostro impegno di costruttori di pace. Forse trovare più tempo per
essere ospiti e dare ospitalità sarebbe ancora più utile… ma alla fine
ciò dipende dai nostri stili di vita ed è una scelta che ognuno prende
per sé.
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SERGIO SAPORETTI, ROMA
Ho conosciuto Servas tramite un’ amica iscritta nel 2002 e mi sono
iscritto come Porta Aperta, avendo la possibilità di ospitare, e perché
interessato ai viaggi e allo scambio culturale con la gente del luogo.
Di rado ho contatti con altri giovani iscritti e non ho avuto modo di
partecipare a riunioni regionali e incontri Servas nel mio territorio,
né tanto meno entrare nel forum di discussione presente sul sito.
Idee per promuovere Servas presso i miei coetanei? Migliorare la
veste grafica del sito web e rendere accessibili le liste degli altri
Paesi.
Un ricordo di viaggio al quale sono legato è la mia tappa a Istanbul.
Ora che Servas compie sessant’ anni bisognerebbe rivalutarlo e farlo
conoscere ai giovanissimi spiegandone l’importanza. Per migliorare il
nostro impegno di costruttori di pace sarebbe utile creare dei
progetti appositi di scambio, ospitalità e dialogo coi Paesi
musulmani, ma non saprei bene come.
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MARZIA SALONI, ROMA- Ho conosciuto Servas nel 2006 tramite
una mia amica, ma non posso ospitare e compaio in lista come Day
Host.
Il piacere di conoscere altre persone e viaggiare condividendo anche
qualche ora con le persone del posto mi hanno spinto ad associarmi.
Sono in contatto con alcuni dei giovani del Lazio e ho conosciuto tre
ragazzi della Toscana.
Idee per promuovere Servas fra i miei coetanei? Organizzare incontri
nazionali o viaggi coinvolgendo il maggior numero di giovani Servas.
Non sono favorevole alla una pubblicità ma al passaparola per far
conoscer la realtà Servas.
Ho partecipato due anni fa a qualche riunione regionale all’incontro
giovani Servas Lazio- Toscana, ma non sono mai entrata nel forum
del sito.
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Durante il viaggio in Spagna l’unica persona che sono riuscita a
contattare e che mi ha ospitata, mi ha permesso di vedere una parte
della Spagna sotto un’ottica allegra e spensierata a base di
churros!!!
Servas compie sessant’anni ed é molto incoraggiante pensare che
siano tanti anni che la gente conosce altra gente prendendo un caffé,
mangiando una pizza o vivendo qualche momento della quotidianità
insieme e che età e culture diverse si mettono in contatto per
scambiare momenti e idee.
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FEDERICA MOSSETTI, SAINT- VINCENT (AOSTA)- Ho
conosciuto il mondo Servas tramite il passa parola, tre anni fa
credo… Avendo la possibilità di ospitare, ho avuto contatti con altri
giovani iscritti ma unicamente per questioni di ospitalità.
Per far conoscere Servas ai giovani bisognerebbe forse fare
“promozione”. Conosco pochissime persone che sono al corrente di
questa opportunità e che se informati aderirebbero volentieri.
Bisognerebbe forse fare rete con organizzazioni e associazioni che,
pur legate a contesti differenti, condividono il nostro stesso spirito e
stile di vita (ad esempio: Gas, circoli ARCI, rete degli orti di pace
etc.).
Personalmente non ho mai partecipato ad incontri regionali nel mio
territorio e pur avendo avuto modo di entrare nel forum di
discussione sul sito, devo confessare che lo frequento poco.
Mi sono iscritta e continuo a sostenere Servas perchè penso che sia
un efficace mezzo per viaggiare entrando in contatto veramente con
le persone e il mondo del Paese che si visita. Penso inoltre che sia
un bellissimo modo di conoscere persone disponibili e aperte e dare
un piccolo contributo per migliorare la nostra società.
Non ho un ricordo in particolare di viaggio o di ospitalità al quale
sono maggiormente legata. Essendo iscritta da pochi anni e non
abitando in città frequentatissime, le occasioni per ospitare non
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sono state numerosissime. Sono state comunque esperienze che
ricordo con grande soddisfazione.
Siamo stati ospitati poche volte perchè i nostri viaggi non sempre
hanno tempi e tappe predefinite, ma quelle occasioni ci hanno resi
entusiasti e siamo stati accolti benissimo.
Se penso che Servas nel 2009 compie sessant’ anni, sono contenta
e anche un po' stupita che questa organizzazione esista da così tanto
tempo.
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ELSA PETTINATO, ROMA- Ho conosciuto il mondo Servas nel 2008
tramite mia zia che era già socia da tempo. Ciò che mi ha spinto ad
aderire all’associazione sono stati il mio orientamento pacifista,
all’amicizia e ai viaggi.
Ho già ospitato e sono in contatto con quasi tutti i giovani del Lazio.
Qualche idea per promuovere Servas presso i miei coetanei ce l’ho,
ma avrei bisogno della collaborazione dei coordinatori… Ho
partecipato all’Assemblea dell’anno scorso e a due riunioni regionali.
Ho provato inoltre ad entrare nel forum del sito, ma non ci sono
riuscita.
Ho però un ricordo particolare dell’assemblea con la Toscana tenutasi
prima di Natale 2008.
Che effetto fa sapere che Servas compie sessant’ anni? Mi piace
l’idea che un’associazione pacifista duri così tanto, le idee come
costruttori di pace potrebbero essere tante: una tra queste riflettere
sulla guerra!!
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Nota di edizione:
… E non finisce qui! La storia di Servas continua!
E’ sempre possibile arricchire questo libretto e aggiungere le storie
delle socie e dei soci. Sul retro, le indicazioni di contatto.
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Ciclostilato in proprio, ad uso interno di soci e simpatizzanti di Servas
www.servas.it
Per informazioni su come avere altre copie di questo stampato,
o per ricevere il materiale in formato digitale, si può contattare il
Comitato Esecutivo di Servas Italia (e-mail: [email protected]).
ULTIMA EDIZIONE DI QUESTO LIBRETTO: NOVEMBRE 2010
Pensato per le socie, i soci e per ogni simpatizzante
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