A Se la vita dice «buongiorno», rispondere è un

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A Se la vita dice «buongiorno», rispondere è un
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testimonianza
APPUNTAMENTI
Così il giornalista agnostico narrò l’incontro con
la suora morta 10 anni fa. E la difese dalle accuse
IL TEMPO A FARFA
◆ Questa settimana sarà
interamente dedicata dall’antica
abbazia di Farfa, nella
campagna sabina (provincia di
Rieti) a un seminario incentrato
sul tema «Comprendere il
proprio tempo». Interverranno
poeti – tra gli altri, Giancarlo
Pontiggia, Gabriella Sica e Gino
Scartaghiande –, critici letterari
– tra cui Paolo Lagazzi –, filosofi,
teologi, biologi, pedagogisti ed
esperti in ricerca sociale. Tutti
gli incontri saranno animanti
dalla partecipazione degli
studenti degli ultimi anni dei
licei della zona. L’abbazia è
facilmente raggiungibile
dall’autostrada A1,
uscita di Fiano Romano;
per ulteriori informazioni,
telefonare allo 0765/277065.
Terzani: credo
a Madre Teresa
Nel decimo anniversario della
scomparsa di Madre Teresa, riproponiamo il reportage dell’incontro
che il giornalista e scrittore Tiziano
Terzani ebbe con lei a Calcutta nel
1996,poi confluito in gran parte nel
volume «In Asia» (Longanesi).
DI TIZIANO TERZANI
vevo appena spento il registratore e la stavo ringraziando per il tempo che mi
aveva dedicato, quando lei, guardandomi fissa coi suoi occhi azzurri arrossati dall’età, mi ha chiesto:
«Ma perché tutte queste domande?». «Perché voglio scrivere di lei,
Madre». «Non scriva di me. Scriva di
Lui...», ha detto, alzando gli occhi al
cielo. Poi s’è fermata, ha preso le mie
mani nelle sue – grandi, tozze e già
un po’ deformi – e, come volesse
confidarmi un gran segreto, ha continuato: «Anzi, la smetta di scrivere
e vada a lavorare in uno dei nostri
centri... Vada a lavorare un po’ nella casa dei morenti». Madre Teresa
era tutta lì.
Per due settimane non ho fatto altro che seguirla; ho passato ore nella Casa Madre sulla Circular Road,
ho visitato il centro per i lebbrosi,
quello per gli orfani, quello per i moribondi, la casa per i ritardati mentali e quella per le ragazze mezzo
impazzite nelle prigioni. L’ho accompagnata a Guwahati, nello Sta-
A
Parola e parole
di Gennaro Matino
Inizia oggi la rubrica
«Parola e parole» di
Gennaro Matino, sacerdote e scrittore,autore di volumi come
«Angelo per un giorno» (Feltrinelli) e (assieme a Erri De Luca)
«Mestieri all’aria aperta» (Feltrinelli) e «Sottosopra» (Mondadori). La rubrica uscirà per un anno
al martedì.
uongiorno vita!», ottima
frase per iniziare la giornata. L’ho scritta sul mio
cellulare, così che mi appare sul display
ogni volta che l’accendo. Non mi illu-
«B
to dell’Assam, dove Madre Teresa è
città di per sé disperante e tragica
andata a inaugurare il primo rifuche a volte sembra essere stata mesgio in India per le vittime dell’Aids,
sa da Dio sulla faccia della terra soun’altra categoria di disperati in
lo per provare che Lui non esiste
questo Paese in teoria così tolle(oppure che c’è bisogno che esista?).
rante, ma dove i pazienti che risulArrivarci a piedi, passando i due cretano sieropositivi vengono cacciati
matori municipali dove centinaia
via dagli ospedali, ostracizzati dai
di cadaveri vanno ogni giorno in fuvillaggi e, una volta morti, non venmo, soffermandosi davanti ai vari
gono neppure bruciati negli incetempli e tempietti, bordelli e negoneritori comunali, ma buttati via aszi, venditori di frutta e di amuleti è
sieme alle immondizie.
un perfetto esercizio spirituale per
Son venuto a Calspogliarsi dei propri
cutta, sulle tracce di
pregiudizi, per la«Se
c’è
grandezza
Madre Teresa, spinsciarsi dietro quella
è nella semplicità. «ragione» su cui noi
to da una vecchia
curiosità: quella per
contiaNon è intellettuale occidentali
la grandezza umamo così tanto per
e le cose che dice
na. Esiste ancora? E
spiegarci tutto.
come si esprime?
Oggi di queste case
sono
elementari,
Ho voluto farmi una
ce ne sono decine
ma hanno
mia idea della sua oin tutto il mondo;
pera; sapendo che,
ma è a questa che
un
fondo
di
verità
per capire Madre
Madre Teresa è lecome le parabole e gatissima. «Una
Teresa bisogna capire Kaligath, è da lì
mi capitò di
restano impresse» volta
che sono partito per
prendere un uomo
rifare a grandi tapcoperto di vermi»,
pe il suo straordinario cammino.
mi raccontò. «Mi ci vollero delle oGià alla porta uno potrebbe blocre per lavarlo e togliergli a uno a ucarsi, disgustato: casa per i derelitno tutti i vermi dalla carne. Alla fiti morenti dice un cartello sbiadito
ne disse: «Son vissuto come un anisulla porta. Ancora un passo e si legmale per le strade, ma muoio come
ge: il fine più alto della vita umana
un angelo» e, morendo, mi fece un
è quello di morire in pace con Dio.
bellissimo sorriso. Tutto qui. Questo
Ci si potrebbe voltare e tornare inè il nostro lavoro: amore in azione.
dietro in disaccordo con questa inSemplice».
terpretazione dell’esistenza, ma gli
Sì, semplice. Semplice com’è lei. A
occhi cadono su una brandina
incontrarla, come nel caso del Dadov’è disteso una sorta di fagotto
lai Lama, la prima cosa che colpisce
d’ossa e pelle: un vecchio, ormai
è appunto questa: che, se c’è gransenza età, con gli occhi lucidi e
dezza, è nella sua semplicità. Come
sbarrati, lotta per prendere le
il Dalai Lama, Madre Teresa non è
ultime boccate d’aria. Una
un’intellettuale, le cose che dice sosuora gli siede accanto e gli acno elementari, le storie che racconcarezza una mano. «L’hanno
ta sono sempre le stesse, ma, come
trovato ieri su un mucchio di
le parabole, hanno un fondo di vespazzatura. Fra poco sarà in
rità e restano impresse, accendono
paradiso».
la fantasia. Alla base di tutta la sua
Forse il senso di quella scritta
opera c’è un’idea sola: «Servire i più
sul fine della vita non è, tutto
poveri dei poveri» e su quell’idea ha
sommato, sbagliato. Kalifondato tutto, senza mai un dubbio,
gath, nella periferia mesenza mai un tentennamento. «Coridionale di Calcutta,
me si possono avere dubbi su quel
è
una
che si fa? Il lavoro è Suo», dice, sempre rivolgendosi al Cielo che sembra essere il suo vero interlocutore.
In tempi di liberalismo e di liberazione sessuale lei parla del senso
dell’amore, del valore della verginità. Ora che l’acquisizione di
beni materiali sembra la
grande, unica grande ossessione comune a tutta l’umanità, ora che la ricchezza
sembra il principale criterio
di successo e di moralità, lei
insiste sulla «santità dei poveri» e vuole che le sue suore
vivano come quelli. Tre sari, un
crocefisso, un rosario e una sporta
son le uniche cose che una missionaria della Carità può possedere.
Nel 1994 venne l’operazione «smitizzazione» guidata da Tariq Alì, un
ex leader studentesco dell’ultrasinistra di origine pakistana, e da Christopher Hitchens, uno scrittore già
noto per un suo velenosissimo libro contro la monarchia inglese.
Senza entrare nel mondo di miseria dell’India, né in quello di fede di
Madre Teresa, l’intera opera delle
Missionarie della Carità viene
smontata in nome della ragione,
dell’efficienza e di una moralità che
distingue fra benefattori buoni e
cattivi. Quanto al «miracolo», è una
bugia, scrive Hitchens.
Eppure basta andare a Kaligath e il
«miracolo» è davanti agli occhi di
tutti. Ogni mattina alle 7, una ven-
MARTEDÌ
4 SETTEMBRE 2007
SOCIETÀ
E CULTURA
«Civiltà cattolica»:
quei tre libri
contro la Chiesa
Qui sopra Madre Teresa di Calcutta. Sotto,Tiziano Terzani.
tina di volontari si presentano alla
ca, ma solo da una rivoluzione spi«Casa dei morenti» per aiutare le
rituale. Peccato che, anche in India,
suore. Per lo più sono occidentali,
quella rivoluzione non sia avvenuspesso studenti universitari, che, inta. E il messaggio di Madre Teresa fivece di passare le loro vacanze ad
nirà, come quello di Gandhi, per esabbronzarsi sulle spiagge di Goa,
sere dimenticato dopo la sua scomscelgono di andare a lavorare lì. La
parsa? «Il futuro non è affar mio»,
prima volta che ci sono arrivato, anmi ha risposto. «Nemmeno quello
ch’io per fare quell’esperienza, per
del suo ordine?». «No. Lui provvecercare di capire, c’erano un tedederà. Lui ha scelto me e allo stesso
sco impiegato di banca, una donna
modo sceglierà qualcuno che condel mondo della moda di New York,
tinuerà il lavoro».
alcune ragazze spagnole e una copLe ricordo un sogno che lei stessa ha
pia d’italiani in viaggio di nozze. Puraccontato. Madre Teresa si prelivano i pavimenti, facevano il basenta a san Pietro e quello, fermo
gno ai malati, toglievano, in un puzsulla porta, dice: «Via, via. Questo
zo rivoltante di escrementi, i lennon è un posto per te. In Paradiso
zuoli sporchi e lavavano, a mano, le
non ci sono i poveracci e i baraccacoperte e i materassini blu delle
ti». «Allora riempirò questo posto di
brande. «Questo è il
quella gente, così
posto più bello delpoi avrò anch’io il
«Nel
1994
un
libro
l’India», diceva Andiritto di venirci», gli
volle attaccarla
di, il tedesco.
risponde Madre Te«Una volta lei, Maresa. «Ora crede di
in
nome
della
dre, ha detto che, se
avercene mandati
ragione, eppure
ci fosse di nuovo da
abbastanza da aver
scegliere fra la Chieconquistato quel
basta
andare
alla
sa e Galileo, lei stadiritto, Madre? Si
"casa dei morenti" sente vicina?» le ho
rebbe ancora dalla
parte della Chiesa.
chiesto. «Aspetto
a Calcutta
Ma non è questo un
che mi chiami».
e il "miracolo" è
rifiuto della moder«Non ha paura delnità, un rifiuto delmorte?». «No. Perdavanti agli occhi» la
la scienza che oggi
ché dovrei? Ho visto
è invece la grande
tantissima gente
fede dell’Occidente?» ho chiesto.
morire e nessuno attorno a me è
«Allora perché l’Occidente lascia
morto male».
morire la gente per le strade? PerS’era fatto tardi e la campana era già
ché? Perché tocca a noi 135 a Wasuonata due volte per chiamare a
shington, a New York, in tutte queraccolta nella cappella al primo piaste grandi città, aprire dei posti per
no le suore e i volontari per la predar da mangiare ai poveri? Diamo
ghiera della sera e lei voleva andacibo, vestiti, rifugio, ma soprattutto
re a prendere il suo posto, inginocdiamo amore perché sentirsi rifiuchiata su un pezzo di balla. A guartati da tutti, sentirsi non amati è andarla quell’ultima volta, in mezzo
cor peggio che aver fame e freddo.
alla sua gente, mi pareva che le
Questa è oggi la grande malattia del
preoccupazioni che tanti «ragionemondo. Anche di quello occidentavoli» si fanno sul futuro delle Misle.»
sionarie della Carità fossero superPenso a Gandhi. Anche lui non creflue. Se il lavoro che lei e le suore
deva che i problemi dell’umanità
fanno non è il «loro», ma il Suo, quel
potessero essere risolti da una rivolavoro certo continuerà. Perché qui
luzione sociale, politica o scientifiquel che più conta è credere.
Odifreddi, Hitchens, Viano:
attenzione a questi tre libri
contro la Chiesa. Lo denuncia
«Civiltà Cattolica», la rivista della
Compagnia di Gesù che, in un
articolo firmato da padre
Giandomenico Mucci, mette in
guardia da una nuova strategia di
lotta, da parte dei poteri forti
della comunicazione, contro la
Chiesa cattolica. I tre libri, tre
pamphlet per la precisione, che
«con metodo differente ma con
unico stile di irrisione e disprezzo
si propongono come attacco
violento alla religione, alla
Chiesa, alla sua dottrina e agli
uomini che la rappresentano»
sarebbero i seguenti: «Perché
non possiamo essere cristiani (e
meno che mai cattolici)» del
matematico Piergiorgio
Odifreddi, «Dio non è grande.
Come la religione avvelena ogni
cosa» (Einaudi) dello scrittore
inglese Christopher Hitchens e
«Le imposture degli antichi e i
miracoli moderni» (Einaudi) del
filosofo Carlo Augusto Viano.
Cavalleri accusa:
«Brutto finale
per il Campiello»
Metti che un critico stronchi le
uniche due donne finaliste al
Campiello 2007 e metti che
arrivino, l’una prima e l’altra
seconda. Comunque sia, il
giudizio sui finalisti al premio più
popolare della letteratura (vota
una giuria di 300 lettori), non
cambia, per Cesare Cavalleri.
Che, sul numero di settembre
della rivista «Studi cattolici», non
le manda a dire e incorona suo
preferito il romanzo «erudito e
intelligente» di Alessandro
Zaccuri («Il signor figlio», su
Giacomo Leopardi), promuove il
giallo del sempreverde Carlo
Fruttero («Donne informate sui
fatti»), loda la «robusta moralità»
de «Il labirinto delle passioni
perdute» di Romolo Bugaro, e
boccia ex-aequo la vincitrice,
Mariolina Venezia, e la superfavorita Milena Agus. Della prima
e del suo «Mille anni che sto qui»,
traccia un ritratto impietoso
della saga familiare di Grottole,
dove, «della grande storia
giungono echi come in un
porcile». Della seconda,
partecipa il disagio nella lettura
di «Mal di pietre»: «pagine
pornografiche», per raccontare
l’adulterio della nonnina.
Se la vita dice «buongiorno», rispondere è un’emozione
do che mi vada sempre tutto bene. I
giorni li conosco, ci sono i neri e i rosa
e, per quel poco di esperienza di vita,
abituato all’ascolto, mi arrangio a decifrare il bello e il brutto che mi accade
intorno. Ma, a conti fatti, più vado avanti e più mi convinco che esserci è
meraviglioso, che partecipare al giro e
salire sulla macchina della storia ne valga sempre la pena. La vita è una straordinaria possibilità, un cantiere aperto
di incontri e di scontri, di passeggiate
tranquille o affannose, di salite verso
l’alto e di scivolate verso il basso. Uno
sguardo di conoscenza per scrutare
dentro e oltre, un ascolto di sorprese
per scoprirsi ogni volta, comunque e
irrimediabilmente, curioso. La vita ti
acchiappa, ti porta, ti culla, ti scuote, ti
rivolta, ti respira dentro fino a che il
vento ti gonfia di senso, fino al giorno
in cui quello stesso vento spirerà altrove, oltre, e tu ti lascerai acchiappare dalla Vita senza resisterle, libero di lasciarla
libera di essere Vita che non muore.
«Buongiorno vita» potrebbe essere
un’ottima frase per iniziare una conversazione, un percorso di scambio a
distanza, di gratuità gentile che passi
attraverso le parole che rendono uomo
gli uomini. Sì, perché senza parole non
saremmo quello che siamo, non saremmo storia, ognuno la sua, ognuno
con il suo da raccontare. Le parole riannodano diversi e lanciano ponti capaci di lasciar passare eredità e speranze,
passato e futuro. Le parole permettono
di conoscersi, aprono brecce nell’altro
e quelle dell’altro le nostre. Noi siamo
parole che ci sono state consegnate e
parole che sentiamo urgenti da passare ad altri. Somma di esperienze che si
comunica, la vita è parola che diventa
carne. E quando Dio ha scelto di visitare l’uomo, quando ha deciso che il
tempo era favorevole per costruire ponti tra l’Eterno e il tempo, la Parola ha
tracciato strade inimmaginabili alla
mente umana. Parola e parole, un racconto di strada, uno scambio di percorsi. Forse un tentativo, un po’ presuntuoso, di raccontare in sole 3600
battute alla settimana l’emozione di esserci, la gioia dell’appartenenza, il rischio dell’avventura, la proclamazione
della fede, lo sguardo appassionato sulla giustizia, l’ascolto degli inascoltati.
C’è nostalgia di parole di vita, oggi, nel
cuore dell’umanità. Anche se apparentemente tutto lascia credere che la
parola sia libera di correre, benché mai
come nel nostro tempo nessuno sembra voler imprigionare le parole, si ha
la sensazione che il suono della voce, la
potenza del verso non corrispondano
alla verità del cuore. Troppe parole uguali, scritte per tutti, costruite a tavolino per annullare il pensiero, così che
la disumanizzazione, senza che ce ne
rendiamo conto, passa attraverso la tirannia della parola standardizzata. Forse Parola e parole è un tentativo, tra altri più autorevoli, il più modesto ma
sincero, di far volare con il mezzo antico della scrittura la propria gioia della
vita, per condividerla e poter ripetere ad
altri, anche se andassi per valle tenebrosa: «Buongiorno Vita!». Tentare non
significa riuscire, è un sogno aperto sulla possibilità futura, è un mettersi in
gioco per provare se stessi. È un’avventura che stimola, che provoca, che
indirizza. Il rischio è il fallimento. Ma
sarebbe un fallimento sicuro non tentare e, presi dalla paura, far vincere il
disimpegno, costretto da quel «così fan
tutti» a mettere il talento ricevuto sotto terra. Sarebbe un tradimento dell’umanità se si scegliesse di tenersi solo
per sé quello che si è ricevuto per condividerlo con l’altro. Siamo somma di
scambi e fare quattro chiacchiere per
raccontarci aiuta la vita ad essere più vita. «Buongiorno vita» è una bella frase
per un inizio, un bell’inizio per scambiarsi parole. Io scriverò le mie e spero
che, benché povere, sappiano provocare altre, diverse, lontane da me, favorevoli o contrarie, ma comunque capaci di legare, di legarci.