Ottobre - Mogli Marina Militare
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Ottobre - Mogli Marina Militare
CLUB TRE EMME Mogli degli ufficiali della Marina Militare Sede di Livorno DIARIO DI BORDO ottobre 2015 2015 1 aÉà|é|tÜ|É WxÄ VÄâu gÜx XÅÅx Calendario ................................................................................................... 3 Editoriale Rosetta ....................................................................................... 4 Un saluto da Paola Favaro……………………………….………………5 Le Donne nell’Arte……………………………………………………….6 Gherardo Della Notte ............................................................................... 13 Io all’ EXPO……………………………………………………....……..15 Auguri……………………………………………………………………17 2 CALENDARIO DI OTTOBRE – NOVEMBRE martedì 13 ottobre Assemblea delle Socie alle 16,30 giovedì 15 ottobre Pranzo sociale ore 12.45 Per comunicare con noi telefonare a: Rosetta Rossi tel. 0586-578827 Paola Favaro tel. 0586- 813704; Diana Perrone tel.0586-813028; Anna Rossi tel. 0586-889032; Patrizia Bella tel. 0586-891620 A proposito dei Corsi… I Corsi, o gruppi di incontro, come mi piace considerarli, non sono stati ancora definiti. C’è la disponibilità di Diana Perrone a continuare il gruppo di Punto a croce, con la possibilità di inserire degli incontri di lavori di perline (bigiotteria, addobbi ec..) per i quali mi rendo disponibile se ci sono persone interessate con modalità da accordare. (potremmo tenere lo stesso pomeriggio del punto a croce e alternarci con Diana quando Lei non è disponibile). Sono sollecitate e saranno ben accolte tutte le proposte che vorrete farci, anche solo per un gruppo di lavoro per preparare il mercatino di Natale. Patrizia 3 EDITORIALE PER IL GIORNALINO Care amiche del nostro Club, bentornate a tutte, ricomincia un’altra stagione. Dal punto di vista climatico direi che l’estate appena finita è stata buona, ci ha regalato tante belle giornate di sole, e ora che siamo di nuovo in vista del lungo inverno dobbiamo inventarci qualche nuova attività per allontanare la malinconia del cielo grigio e dei giorni che si fanno sempre più brevi. Ho indugiato un po’ con le banalità perché non sapevo come affrontare un triste argomento; l’ennesima perdita di una nostra socia, e per me amica di vecchia data, Paola Faraglia. La notizia della sua morte ci è arrivata in una calda giornata di Luglio, mentre alcune di noi , me compresa, si rilassavano serenamente al sole dei “bagnetti”. Subito ho cercato di ricordare quando l’avevo vista per l’ultima volta, ed era stato proprio là, in pineta, verso la fine di Agosto dell’anno scorso, mentre giocava a burraco con alcune amiche. Strano come a volte ci si dica “Ciao” senza immaginare che quello è un addio. Per quelle di noi che la conoscono da tempo Paola è una figura storica del Club Tre Emme. Nel 1993 tornavo a Roma da Brindisi e fui subito catturata dalla novità: era nata un’associazione delle mogli di Marina e fu proprio lei a darmene notizia per prima. Il suo entusiasmo, il suo spirito intraprendente mi trascinò fin dall’inizio e la mia, dopo la sua, fu una delle prime adesioni a questa nuova avventura. Frequentare il Club di Roma non fu, per me e molte altre neo socie, un’impresa facile. Chi conosce ed ha vissuto in una caotica e dispersiva metropoli come la nostra capitale sa cosa significa spostarsi per partecipare a qualsiasi attività. Personalmente, se non potevo avere l’auto, ero costretta a prendere una metro e due autobus per raggiungere il Circolo ufficiali da casa. Eppure lo facevo, lo facevamo in tante, perché questo progetto ci aveva galvanizzate: finalmente qualcuno si era preso la briga di organizzare in modo mirato quello spirito di solidarietà, quel senso di appartenenza che da sempre si era sperimentato sul campo, dopo anni di problemi e disagi al seguito del marito marinaio. Quanti buoni propositi, quanto impegno, quante speranze, Paola! 4 E quante delusioni…Ma è la vita; il tempo passa, le situazioni cambiano, e non possiamo farci nulla. Ecco. Conoscendoti non credo che tu avresti voluto una commemorazione formale, di quelle magari un po’ pompose. Sei sempre stata una donna pratica, intelligente, a tratti perfino dura. Ma eri una persona straordinaria, con un carattere forte e generoso, tenera con i tuoi cari a cui ti sei dedicata sempre, senza mai pensare a te stessa. Una cosa che mi piace ricordare di te: il tuo eclettismo. Con te si poteva parlare di tutto, dalla politica alla cucina, dal ricamo alla letteratura, dall’uso del computer ai figli in crisi di adolescenza. Per te, come per me ed altre della stessa generazione, il ruolo di casalinga non era esattamente in cima alle aspirazioni personali. Era stata una scelta obbligata dalla tenace volontà di mantenere una famiglia unita, a dispetto di quella Marina Militare che, quasi inconsciamente, avevamo sposato. Ma non ti sei mai arresa a questa condizione che ti stava stretta ed hai declinato la tua energia ed il tuo talento in tanti modi diversi, flessibile ma determinata come solo le persone di carattere riescono ad essere. Ci mancherai Paola, mi mancherai. A te il Club Tre Emme di Livorno dedica questo primo notiziario d’autunno 2015 Rosetta UN PO’ DI CHIACCHERE CON VOI Ho molta voglia che il nostro Club Tre Emme ricominci a vivere, e perciò avrò la gioia di rivedervi presto. Spero con tanto entusiasmo e voglia di sorprendere le socie, e questo è rivolto naturalmente a noi del Direttivo, ma faccio un appello a tutte le socie. Vogliamo vedervi attive, desiderose di portare avanti con entusiasmo questo Club, tutto nostro, che forse in tanti ci invidiano. Desidero soprattutto vedervi presenti e partecipi alle Assemblee e con tante nuove idee e iniziative, che se vengono da voi, noi porteremo avanti con gioia. A presto care amiche mie, abbiate con noi ottantenni un po’ di pazienza, con noi che ormai forse ripetiamo 5 sempre le stesse cose, ma abbiamo sempre più bisogno di voi. Un abbraccio a presto PAOLA FAVARO Le donne nell’arte A cura di Patrizia Baroni Bella La scorsa settimana mi sono imbattuta su Rai 5 in un nuovo programma dedicato all’arte, o meglio all’ “ Altra metà dell’Arte “ ovvero le artiste donne nella storia. Nessuna meraviglia che il programma partisse da alcune artiste italiane del rinascimento, non possiamo pensare ad un periodo come quello in cui sono fioriti così tanti geni al maschile senza pensare che ci fossero anche figure femminili anche se la morale del tempo le relegava in ambiti domestici o conventuali. Sono andata in internet a cercare qualche notizia e ve ne segnalo tre, suggerendo per chi, come me, è interessata all’argomento di guardare le prossime puntate che saranno programmate su Rai 5. Con la speranza di ridare un posto anche nelle nostre conoscenze alle artiste donne. Properzia de’ Rossi 1490 - 1530 Figlia di un notaio, studia disegno con l’incisore Marcantonio Raimondi a Bologna, da quale apprende l’arte della miniatura e della scultura in marmo e terracotta. Nella Vita a lei dedicata Giorgio Vasari racconta della sua grande abilità a incidere noccioli di ciliegie o pesche con scene affollate di figure. Nel Museo Civico Medievale di Bologna è conservata una sua aquila a due teste in filigrana d’argento con incastonati undici noccioli di pesca, ciascuno dei quali presenta una figura per lato: un apostolo e una santa. Ma Properzia esegue anche figure tradizionali per il baldacchino e l’altare maggiore della chiesa di Santa Maria del Baraccano, attirandosi per questo l’invidia dei rivali. Successivamente vince il concorso per la realizzazione di due formelle in marmo sul tema della castità di Giuseppe per la basilica bolognese di San Petronio, eseguite tra il 1525 e il 1526. Secondo Vasari la formella con Giuseppe e la moglie di Putifarre sarebbe stata dettata all’avvenente Properzia dalla passione non ricambiata per un giovane bolognese, forse il collega Anton Galeazzo Malvasia, con il quale sembra comunque convivesse. Nel 1520 è citata in giudizio per aver danneggiato la proprietà di un vicino e nel 1525 per aver graffiato la faccia del pittore Vincenzo Miola. Testimone d’accusa in quest’ultimo processo è il collega Amico Aspertini, forse determinato a stroncare col Miola la carriera della pericolosa rivale. Sotto la supervisione del Tribolo esegue diversi lavori. Un bassorilievo marmoreo del conte Guido Pepoli a lei attribuito testimonia della protezione che ella avrebbe ricevuto da tale famiglia. Le si attribuiscono anche alcuni rilievi e capitelli in Palazzo Salina-Amorini e, sempre a Bologna, gli 6 intagli del cortile di Palazzo Grassi. Muore di peste nel 1530, alla probabile età di 39 anni. Vasari racconta che Clemente VII, trovandosi a Bologna per incoronare Carlo V, apprese con rammarico la scomparsa della scultrice che avrebbe voluto incontrare. 7 Suor Plautilla Nelli 8 Plautilla Nelli, che, in realtà, si chiamava Polissena de’ Nelli, nacque a Firenze nel 1524 nella antica e nobile famiglia fiorentina di Piero di Luca Nelli. Prese il velo alla età di 13 anni, abbandonando il nome della martire laica Polissena per assumere quello di Plautilla. Oltre a diventare «veneranda e virtuosa suora» del Convento domenicano di Santa Caterina in Cafaggio sulla Via Larga (oggi non più esistente), Plautilla iniziò a dipingere precocemente da autodidatta ed è, oggi, conosciuta per essere stata la “prima donna pittrice di Firenze”. Dei suoi dipinti, soprattutto a soggetto sacro e animati da mistico fervore savonaroliano, ci restano oggi solo 7 tavole e una tela, anche se, come riferisce il Vasari nel 1586, Plautilla dipinse «per le case de’ gentiluomini di Firenze tanti quadri che troppo sarei lungo a volere di tutti ragionare», aggiungendo, nell’elogio che ne fa della pittrice, che suor Plautilla «fu la prima pittrice a Firenze, nonché monaca e priora nel monastero domenicano di Santa Caterina in Cafaggio su piazza di San Marco». Suor Plautilla : Madonna con bambino e quattro angeli 9 Sulla sua attività artistica sicuramente gravarono i dettami e i provvedimenti restrittivi del Concilio di Trento, che esigevano la clausura e che presumibilmente condizionarono e ridussero la sua produzione artistica, in qualità e quantità, pur essendo lei personalmente trattata con un occhio di riguardo e una certa Iiberalità”. In proposito il Vasari, sostenitore della prima accademia a Firenze, dice che la pittrice suor Plautilla Nelli “avrebbe fatto cose meravigliose se, come fanno gl’uomini, avesse avuto commodo di studiare et attendere al disegno e ritrarre cose vive e naturali”. Allieva, secondo la testimonianza del Vasari, di fra’ Paolino da Pistoia, la produzione artistica di Plausilla si colloca all’interno del filone di pittura fiorentina cinquecentesca, rimasta estranea alla sperimentazione formale ed espressiva del manierismo, pittura che aveva trovato espressione nelle opere dei maestri della “Scuola di San Marco”, Fra’ Bartolomeo, Mariotto Albertinelli, Lorenzo di Credi, Giovanni Antonio Sogliani ed altri ancora. Oltre che pittrice convenzionale di soggetti ovviamente religiosi, esercitò anche la ritrattistica, fu ottima miniatrice e tenne una scuola con numerose apprezzate “discepole”. Riferisce, ancora, curiosamente il Vasari che “i volti e fattezze delle donne, per averne veduto a suo piacimento, sono assai migliori che le teste degli uomini”. L’inciso, in particolare, si riferisce al fatto che nel dipinto “Ultima Cena”, che in origine era conservato nel refettorio del Monastero di S.Caterina, i volti e le fattezze degli Apostoli, hanno un qualcosa di “femmineo”. Due grandi lunette su tavola con San Domenico e Santa Caterina sono opere inedite appena riscoperte, restaurate da Rossella Lari, che sono state esposte al Cenacolo di San Salvi,mentre sono esposte una Pentecoste nelle chiesa di San Domenico a Perugia, un Compianto a San Marco. Una Madonna addolorata è custodita nei depositi di Palazzo Pitti e una Crocefissione alla Certosa di Firenze. Plautilla visse fino al 1588 all’ interno del convento domenicano di S. Caterina, che fu fucina di ingegni femminili., Altre monache, di cui molte allieve di Plautilla, si dedicarono alla scultura di figure sacre in terracotta, alle miniatura e ad altre forme d’ arte.. 10 Sofonisba Anguissola Cremona 1535 ca. - Palermo 1626 1551: una ragazza dipinge il ritratto della sorella appena entrata in convento, colta con finezza nella sua delicata spiritualità, velata da un’ombra di malinconia. Oggi quel ritratto è esposto nella Southampton City Art Gallery a testimoniare l’inizio della lunga, e per certi versi straordinaria, carriera artistica di una delle più famose pittrici italiane, la cremonese Sofonisba Anguissola, la prima donna pittrice a conoscere un’autentica fama internazionale, in particolare nell’ambito della ritrattistica, che sembra essere stato il genere pittorico prediletto in antico dalle artiste. Cosa ha reso proprio questa donna capace di superare le barriere del tempo e dello spazio, conquistandosi un posto d’onore nelle pagine dei libri d’arte? In che modo è riuscita a vincere i pregiudizi sociali e culturali della sua epoca, elevandosi al di sopra di molti artisti uomini? Perché re e regine volevano essere ritratti da lei e non da altri? Cosa c’era di così speciale in questa ragazza dai grandi occhi chiari e dalla fronte spaziosa, che amava ritrarsi con abiti semplici ma dignitosi e severi (Autoritratto al cavalletto, Lancut, Muzeum Zamek; Autoritratto alla spinetta, Napoli, Capodimonte), bella con semplicità? Speciale fu innanzitutto la famiglia (Ritratto di famiglia: il padre Amilcare, la sorella Minerva e il fratello Asdrubale, Nivaa, Nivaagards Malerisamling) di Sofonisba, prima di sette figli (di cui uno solo maschio) di Amilcare Anguissola e Bianca Ponzoni, entrambi di famiglie nobili di Cremona, all’epoca della dominazione spagnola seconda città dello Stato di Milano per importanza e ricchezza. Speciale fu in particolare il padre, egli stesso amante dell’arte e disegnatore dilettante; superando i pregiudizi dei contemporanei, egli non solo concesse alle figlie la possibilità di studiare letteratura, pittura e musica, secondo quanto suggerito dagli umanisti più illuminati, come Baldassarre Castiglione, ma fece di più promuovendone la notorietà (la Biblioteca Laurenziana di Firenze conserva ancora sue lettere indirizzate tra il 1557 ed il 1558 al grande Michelangelo). A Sofonisba fu tuttavia precluso lo studio della matematica, della prospettiva e dell’impegnativa tecnica dell’affresco, ben nota invece ai suoi maestri, Bernardino Campi, prima – ritratto in Bernardino Campi ritrae Sofonisba (Siena, Pinacoteca Nazionale) – e Bernardino Gatti poi, dai quali la sua pittura deriverà 11 evidenti echi della raffinata arte emiliana. Speciali furono le sorelle, di Sofonisba, talentuose anch’esse: Elena, Lucia, Minerva, Europa ed anche la più piccola, Anna Maria si dimostrarono abili disegnatrici e pittrici di buon livello, pur senza raggiungere mai la fama della sorella maggiore. Speciale fu soprattutto l’approccio di Sofonisba alla ritrattistica nella quale introdusse vari elementi di novità, trasformandola talvolta in pittura di genere, come nella Partita a scacchi (Poznan, Muzeum Narodowe), che ritrae con vivezza tre delle sorelle Anguissola con la fantesca. Con Sofonisba il ritratto non è solo l’immagine della persona, ma accenna alla sua storia; infatti, accanto ai volti straordinariamente somiglianti («tanto ben fatti che pare che spirino e siano vivissimi» scrisse il Vasari in persona dopo aver visto nel 1566 i ritratti di famiglia in casa Anguissola), la pittrice dipinge spesso con minuzia descrittiva elementi che, come pezzi di un puzzle, aiutano a ricomporre la personalità del soggetto raffigurato: un medaglione, un libro aperto, un guanto, un gioiello, uno spadino, secondo l’approccio tipico della ritrattistica cinquecentesca, ma con un naturalismo diretto che presuppone anche la conoscenza della pittura bresciana del Moretto e di quella bergamasca del Moroni. Notevole soprattutto l’intensità degli sguardi e la capacità espressiva dei visi, sui quali Sofonisba si esercitò molto, come testimoniano vari disegni ritrovati, studiando in particolar modo, sulla scorta della teoria leonardesca dei moti dell’animo, il riso ed il pianto, fino ad allora poco considerati in ambito ritrattistico. Significativo a questo proposito il disegno di un bimbo che piange perché morso da un gambero (Napoli, Capodimonte), al quale molto probabilmente si sarebbe ispirato Caravaggio per il suo Ragazzo morso da un ramarro. Grazie alle sue capacità ed alla promozione che ne seppe fare il padre, Sofonisba riuscì in breve tempo a farsi conoscere nelle corti italiane ed europee – Annibal Caro in una lettera del 14 luglio 1556 scrisse «le cose sue son da principi» – a cominciare da quella spagnola dove arrivò nel 1559, per il tramite del duca d’Alba e del duca di Sessa, presso cui aveva soggiornato a Milano. A Madrid conquistò subito il favore dei sovrani grazie ai ritratti che eseguì della regina Isabella di Valois prima e dell’imperatore Filippo II poi, entrambi al Prado di Madrid; il sovrano fu così impressionato dalla somiglianza di entrambi i ritratti da premiare la pittrice con una rendita annua di 200 scudi. Col tempo però Sofonisba seppe farsi apprezzare non solo per il talento artistico, ma anche per le doti umane, quelle doti che la spinsero a restare alla corte anche dopo la morte 12 della regina Isabella per prendersi cura delle due figlie di lei. Per trattenerla in Spagna il più a lungo possibile, Filippo II cercò di maritarla con un nobile spagnolo, ma dovette arrendersi di fronte alla volontà di Sofonisba che preferiva invece un consorte italiano. Il prescelto fu dunque un nobile siciliano, Fabrizio Moncada, fratello del viceré di Sicilia, che la ritrattista cremonese sposò nel 1573, anno in cui lasciò la Spagna per trasferirsi a Palermo. L’unione durò solo cinque anni a causa della tragica ed improvvisa morte di Fabrizio, annegato nei pressi di Capri, nel corso di un attacco piratesco ed in memoria del marito, del quale non fu mai trovato il corpo, Sofonisba dipinse, come attesta un atto notarile del 1579, una pala d’altare per la chiesa dell’Annunziata di Paternò raffigurante la Madonna dell’Itria, cui il casato dei Moncada era molto devoto, con la Vergine col Bambino sopra una grande bara. La pittrice, però, non rimase sola a lungo poiché dopo un anno, durante un viaggio via mare verso Genova, conobbe il nobile Orazio Lomellini e si risposò, ancora una volta imponendo la propria volontà contro il parere di tutti. Per oltre trent’anni la pittrice visse con il marito a Genova continuando la sua opera di ritrattista per le famiglie aristocratiche della città e facendo registrare nei suoi dipinti le influenze del genovese Luca Cambiaso (Sacra Famiglia con Sant’Anna e San Giovannino, Coral Gables, Florida, The Lowe Art Museum). Morì a Palermo, dove si era trasferita col marito, ormai ultranovantenne e dove fu visitata, addirittura, da un ammirato Anton Van Dyck che ne schizzò la figura in un disegno (Londra, British Museum) e che ebbe a dire: «ho ricevuto maggiori lumi da una donna cieca che dallo studiare le opere dei più insigni maestri». Fu sepolta a Palermo nella chiesa di S. Giorgio. Nonostante la lunga carriera artistica, Sofonisba non fu mai pagata in contanti, a differenza dei suoi colleghi maschi, ma solo con doni o rendite, mentre sono documentati i pagamenti che per lei ricevettero prima il padre Amilcare e poi il fratello Asdrubale. Fonti, risorse bibliografiche, siti G. Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori ed architettori, Firenze, 1568, vol. III; ed. anastatica, Firenze, 1906 A. Campi, Cremona fedelissima, Cremona, 1585, p. 192 13 UN ANNO AD ARTE: Firenze 2015 Gherardo delle Notti a cura di M. Grazia De Palo Anche quest’anno è stato presentato il programma completo di "Un anno ad arte: Firenze 2015 ": cioè le mostre che saranno ospitate nei musei del Polo Museale Fiorentino. Apre la stagione espositiva il pittore olandese Gerrit van Honthorst (1592-1656), più noto come Gherardo delle Notti1con la mostra "Quadri bizzarrissimi e scene allegre" ospitata dal 10 febbraio al 24 maggio presso la Galleria degli Uffizi. Si tratta della prima monografia dedicata a questo particolare artista di Utrecht: esponente del Seicento olandese era ammirato dai contemporanei per le sue scene notturne. La mostra raccoglie le opere dell’intera carriera dell’artista, circa 40 dipinti: sia della fase iniziale olandese, sia della produzione italiana realizzata a metà del XVII secolo. Il periodo dell’attività italiana del pittore è quello più ricco di novità stilistiche influenzate anche dalla pittura di Caravaggio: il suo accostamento alla rivoluzione caravaggesca fu pressoché immediato tanto da essere indicato come pittore caravaggista.2 1 Detto "Gherardo delle notti" per le sue scene notturne rischiarate da lucerne e candele 2 In mostra è presente anche il celebre Cavadenti eseguito da Caravaggio Le opere più suggestive di Gherardo sono spesso scene di taverne con musicisti, giocatori d'azzardo e persone che mangiano: molto abile nell’uso della tecnica del chiaroscuro, spesso dipingeva scene illuminate anche da una sola candela. Il pittore diventò in poco tempo un grande protagonista e le sue opere ebbero l’onore di occupare altari importanti delle chiese romane e genovesi. 14 Ben presto fu ricercato da prestigiosi collezionisti come il marchese Vincenzo Giustiniani di Roma e il Granduca di Toscana Cosimo II de' Medici. E’ proprio grazie alla passione del granduca per Gherardo se oggi la Galleria degli Uffizi possiede cinque bellissime tele del pittore: "Adorazione del Bambino", "Cena con suonatore di liuto", "Cena con sponsali", "La buona ventura"; oltre a queste il pittore dipinse per Piero Guicciardini3 la pala per l’altare della cappella di famiglia in Santa Felicita: quella «Adorazione dei pastori» che fu vittima del tragico attentato mafioso agli Uffizi nella notte del 26 maggio 1993. A quest’opera è stata dedicata una sala dove proiezioni di luce e video restituiscono (o tentano di restituire) alla tela terribilmente sfregiata la sua originaria bellezza e luce. Cena con suonatori di liuto 15 Io all’EXPO Care Socie, in questi ultimi sei mesi si è fatto un gran parlare dell’EXPO di Milano. Essendo io milanese di nascita ho ne seguito un po’ le vicende sin da quando la candidatura per l’expo 2015 è stata assegnata a Milano. Per chi di Voi è stato a Milano negli ultimi anni avrà sicuramente avuto modo di vedere in giro per la città manifesti, orologi indicanti i conti alla rovescia dei giorni prima dell’apertura, padiglioni espositivi… Le aspettative erano tante, le cose da fare pure, i lavori di infrastruttura gestiti all’italica maniera, ma in qualche modo e con molte critiche sono riusciti a farlo. E… sorpresa! Nonostante le code, il caldo e gli imprevisti; le opinioni delle persone che ci sono state prima di me sono state favorevoli. Ero intenzionata ad andarci a giugno, lasciando passare un mesetto dall’apertura per dare modo di finire i padiglioni non ancora ultimati e per godere delle giornate lunghe. Complici il clima rovente e varie vicende familiari sono riuscita ad approdarci solo a metà settembre. Ci sono andata senza prima aver consultato siti internet o visto programmi sull’argomento, sono andata per così dire “a naso” non volendo sentirmi obbligata a vedere per forza un padiglione piuttosto di un altro. Nonostante la camminata, dalla stazione del metrò di Rho ( che serve la fiera di Milano) ci vogliono più di venti minuti a piedi per raggiungere l’ingresso, grazie anche ad un biglietto acquistato on-line e un accesso preferenziale non ho dovuto fare molta coda per entrare. Discorso diverso per le code per entrare nei padiglioni, alcune erano davvero lunghe e hanno messo a dura prova i miei piedi. Molto variegati ed interessanti a volte davvero fantasiosi i padiglioni all’esterno, all’interno di quelli che ho visitato io è stato fatto un uso massiccio delle nuove tecnologie , grandi schermi, proiezioni , robot, effetti visivi e sonori. Poco spazio al lavoro manuale, che rappresenta invece tuttora una grossa componente di tutto ciò che al cibo è correlato; considerando che l’ Expo è 16 orientato soprattutto alle scuole e ai giovani ho trovato fuorviante questa scelta. Anche i cosiddetti “cluster”, padiglioni tematici sui prodotti, dove sono ospitati i paesi che non hanno padiglioni propri mi sono sembrati una versione spesso scadente di una fiera dell’artigianato o del turismo; mi è stato detto però che per le scuole sono stati organizzati dei laboratori, e per i giovani delle conferenze. Ben organizzata la distribuzione delle fontanine per l’acqua e di diverse postazione dove potersi sedere per riposare; il cibo era davvero molto caro e mi è stato detto che in questo ultimo mese, dove l’affluenza è stata maggiore, i prezzi sono persino aumentati a fronte invece di offerte scontate per i biglietti. Ovviamente non ho voluto, ne potuto (per ragioni di tempo) provare uno dei tanti ristoranti tematici, anche quelli, mi è stato detto, molto costosi. Essendo rimasta a Milano alcuni giorni ho potuto restare fino a tardi e questo mi ha permesso di godere degli spettacoli serali, primo fra tutti quello di suoni e luci dell’ “albero della vita”, davvero bello e suggestivo anche se stancante vista la mancanza quasi assoluta di posti a sedere. A parte le agevolazioni per gli handicappati e per le famiglie con bimbi piccoli e passeggini, le distanze da coprire e le scale hanno messo a dura prova anche una come me abituata a muovermi e a visitare esposizioni e di sicuro non ci sarei tornata il giorno successivo , forse è per questo che il biglietto per due giorni consecutivi costa poco di più di un giorno solo; ma la voglia di farci un altro giretto magari con un ingresso pomeridiano, decisamente conveniente, mi è venuta. Nulla di ciò che ho visto mi ha lasciato un ricordo indelebile, forse anche perché ho già visitato diversi paesi tra quelli presenti alla manifestazione, ma la creatività nella realizzazione dei padiglioni e l’atmosfera giovane aiuta a sperare in un futuro , sicuramente più correlato o, come si usa dire ora, più connesso, più cosciente degli sprechi alimentari anche se non so quanto più attento ad evitarli. Morale ! Sono contenta di esserci andata ! Per chi non ci è riuscito niente paura, sono sicura che alla chiusura ci bombarderanno di servizi televisivi e vorrà dire che ciò che non ho visto me lo vedrò allora. Patrizia 17 L’angolo degli Auguri Auguri a tutte le socie che compiono gli anni nei mesi di Ottobre e Novembre, tra cui vorrei ricordare con particolare affetto Luciana Grill che il prossimo 5 novembre spegnerà 90 candeline, un gran bel traguardo soprattutto per come ci è arrivata e che sia di augurio ed esempio a tutte noi. Un Augurio anche a Giannina Ferraro che festeggerà il suo compleanno il 14 novembre. Purtroppo ho le date di compleanno solo di alcune di Voi quindi mi scuso se ho rivolto un saluto speciale solo alle due di cui ero a conoscenza. Patrizia Baroni Bella 18