Pasolini e la critica alla civiltà dei consumi Lavoro di
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Pasolini e la critica alla civiltà dei consumi Lavoro di
Video 1 Vincenzo Cerami Video 2 P.P. Pasolini Pasolini e la critica alla civiltà dei consumi Lavoro di gruppo PARTE A. LA MUTAZIONE ANTROPOLOGICA DEL POPOLO ITALIANO In cosa consiste la mutazione antropologica degli anni ’50 / ’60? Che differenza c’è tra il fascismo di Mussolini e la nuova forma di fascismo borghese degli anni ’60-70? Parte B LA POLEMICA CON I. CALVINO Leggerete un passo tratto da Scritti corsari (un’opera che riunisce gli «editoriali», gli articoli che Pasolini scrive per il Corriere della Sera e altre testate giornalistiche nel biennio che va dall’inizio del 1973 all’inizio del 1975) che testimonia l’aspra polemica condotta da Pasolini negli anni Settanta contro la società del benessere e dei consumi responsabile della fine della civiltà contadina con le sue culture particolari. PRIMA FASE L’articolo è scritto in forma di lettera indirizzata a un altro intellettuale di punta di quegli LA POLEMICA anni, Italo Calvino che aveva criticato la posizione di Pasolini in merito alla civiltà dei CALVINOconsumi. Ecco uno stralcio dell’intervista concessa a Il Messaggero il 18 giugno 1974: PASOLINI «Non condivido»- afferma Calvino - « il rimpianto di Pasolini per la sua Italietta contadina […]. Questa critica del presente che si volta indietro non porta a niente […]. Quei valori dell’Italietta contadina e paleocapitalistica comportavano aspetti detestabili per noi che la vivevamo in condizioni in qualche modo privilegiate; figuriamoci cos’erano per milioni di persone che erano contadini davvero e ne portavano tutto il peso. È strano dire queste cose in polemica con Pasolini, che le sa benissimo, ma lui […] ha finito per idealizzare un’immagine della nostra società che, se possiamo rallegrarci di qualche cosa, è di aver contribuito poco o tanto a farla scomparire». Qual è l’accusa che Calvino muove a Pasolini? 1 2 3 1 SECONDA FASE. LETTURA E ANALISI DELL’ARTICOLO DI PASOLINI 8 luglio 1974. Limitatezza della storia e immensità del mondo contadino' (articolo pubblicato su Paese sera col titolo Lettera aperta a Italo Calvino: P: quello che rimpiango) Io so bene, caro Calvino, come si svolge la vita di un intellettuale. Lo so perché, in parte, è anche la mia vita. Let-ture, solitudini al laboratorio, cerchie in genere di pochi amici e molti conoscenti, tutti intellettuali e borghesi. Una vita di lavoro e sostanzialmente perbene. Ma io, come il dottor Hyde, ho un'altra vita. Nel vivere questa vita, devo rompere le barriere naturali (e innocenti) di classe. Sfondare le pareti dell'Italietta, e sospingermi quindi in un altro mondo: il mondo contadino, il mondo sottoproletario e il mondo operaio. L'ordine in cui elenco questi mondi riguarda l'importanza della mia esperienza personale, non oggettiva. Fino a pochi anni fa questo era il mondo preborghese, il mondo della classe dominata. E questo illimitato mondo contadino prenazionale e preindustriale, sopravvissuto fino a solo pochi anni fa, che io rimpiango (non per nulla dimoro il più a lungo possibile, nei paesi del Terzo Mondo, dove esso sopravvive ancora, benché il Terzo Mondo stia anch'esso entrando nell'orbita del cosiddetto Sviluppo). Gli uomini di questo universo non vivevano un'età dell'oro, come non erano coinvolti, se non formalmente con l'Italietta. Essi vivevano quella che Chilanti1 ha chiamato l'età del pane. Erano cioè consumatori di beni estremamente necessari. Ed era questo, forse, che rendeva estremamente necessaria la loro povera e precaria vita. Mentre è chiaro che i beni superflui rendono superflua la vita (tanto per essere estremamente elementari, e concludere con questo argomento). […] Ho detto, e lo ripeto, che l'acculturazione del Centro consumistico, ha distrutto le varie culture del Terzo Mondo (parlo ancora su scala mondiale, e mi riferisco dunque appunto anche alle culture del Felice Chilanti, giornalista e autore del saggio L’età del pane. Terzo Mondo, cui le culture contadine italiane sono profondamente analoghe): il modello culturale offerto agli italiani (e a tutti gli uomini del globo, del resto) è unico. La conformazione a tale modello si ha prima di tutto nel vissuto, nell'esistenziale: e quindi nel corpo e nel comportamento. È qui che si vivono i va-lori, non ancora espressi, della nuova cultura della civiltà dei consumi, cioè del nuovo e del più repressivo totalitarismo che si sia mai visto. Dal punto di vista del linguaggio verbale, si ha la riduzione di tutta la lingua a lingua comunicativa, con un enorme impoverimento dell'espressività. I dialetti (gli idiomi materni!) sono allontanati nel tempo e nello spazio: i figli sono costretti a non parlarli più perché vivono a Torino, a Milano o in Germania. Là dove si parlano ancora, essi hanno totalmente perso ogni loro potenzialità inventiva. Nessun ragazzo delle borgate romane sarebbe più in grado, per esempio, di capire il gergo dei miei romanzi di dieci-quindici anni fa: e, ironia della sorte!, sarebbe costretto a consultare l'annesso glossario come un buon borghese del Nord. Pasolini risponde alle critiche di Italo Calvino puntando l’attenzione su tre aspetti: quali? Prova a ricavarli utilizzando le seguenti domande-guida sulla base delle quali dovrai elaborare un discorso organico: 1.com’è la vita dell’intellettuale secondo Pasolini? Cosa significa «sfondare le pareti dell’Italietta»? 2.Quale mondo rimpiange Pasolini? Sotto quali aspetti esso è vicino al cosiddetto Terzo mondo? Perché questo mondo è scomparso? 3) Cosa significa «acculturazione del Centro»? 4) Quali effetti ha prodotto tale processo dal punto di vista dei modelli e della lingua? 5) Tale processo è assimilabile alla globalizzazione di oggi? Motiva la tua risposta anche con esempi. Video Parte C. Pasolini contro la TV Prima fase (video) 1. Che differenza c’è tra progresso e sviluppo? 2. Cos’è la televisione per Pasolini Seconda fase (lettura e analisi dei testi) Leggerete alcuni estratti tratti da due articoli di P.P. Pasolini, ambedue raccolti nel volume Scritti corsari (una selezione di 25 articoli, pubblicati tra il 1973 e il 1975 sempre sul Corriere della Sera. Il titolo del volume allude al modo con cui Pasolini affronta i diversi temi: lo scrittore si muove controcorrente rispetto all’opinione pubblica, è come un corsaro che, sulle acque omologate della cultura di quegli anni, non ha paura di provocare i lettori su questioni scottanti. Lo scrittore è interessato soprattutto a denunciare i devastanti effetti del boom economico e dell’industrializzazione sulla cultura, sulla vita e sui costumi italiani a) il primo è “Sfida ai dirigenti della televisione”, apparso sulle pagine del Corriere della Sera il 9 dicembre 1973; b) il secondo dal titolo “11 luglio 1974. Ampliamento del bozzetto sulla rivoluzione antropologica in Italia”, contiene una riflessione sulla vittoria del No al referendum sull’abrogazione della legge sul divorzio del luglio del 1974. a) Primo articolo. “Sfida ai dirigenti della televisione” (CdS 9/12/73) Nessun centralismo fascista è riuscito a fare ciò che ha fatto il centralismo della civiltà dei consumi. Il fascismo proponeva un modello, reazionario e monumentale, che però restava lettera morta. Le varie culture particolari (contadine, sottoproletarie, operaie) continuavano imperturbabili a uniformarsi ai loro antichi modelli: la repressione si limitava ad ottenere la loro adesione a parole. Oggi, al contrario, l'adesione ai modelli imposti dal Centro è totale e incondizionata. I modelli culturali reali sono rinnegati. L'abiura è compiuta. Si può dunque affermare che la «tolleranza» della ideologia edonistica voluta dal nuovo potere, è la peggiore delle repressioni della storia umana. Come si è potuta esercitare tale repressione? Attraverso due rivoluzioni, interne all'organizzazione borghese: la rivoluzione delle infrastrutture e la rivoluzione del sistema d'informazioni. Le strade, la motorizzazione ecc. hanno ormai strettamente unito la periferia al Centro, abolendo ogni distanza materiale. Ma la rivoluzione del sistema d'informazioni è stata ancora più radicale e decisiva. Per mezzo della televisione, il Centro ha assimilato a sé l'intero paese, che era così storicamente differenziato e ricco di culture originali. Ha cominciato un'opera di omologazione distruttrice di ogni autenticità e concretezza. Ha imposto cioè — come dicevo — i suoi modelli: che sono i modelli voluti dalla nuova industrializzazione, la quale non si accontenta più di un «uomo che consuma», ma pretende che non siano concepibili altre ideologie che quella del consumo. Un edonismo neolaico, ciecamente dimentico di ogni valore umanistico e ciecamente estraneo alle scienze umane. 1.Centro e periferia: sono questi i due termini chiave della polemica di Pasolini contro l’omologazione e la massificazione culturale degli anni 60-70. Cosa rappresenta il centro? Cos’è la periferia? 2.In che modo il nuovo Potere, il Centro è riuscito laddove il fascismo ha fallito, azzerando le diversità della periferia, omologandola nella società dei consumi? […] La responsabilità della televisione, in tutto questo, è enorme. Non certo in quanto «mezzo tecnico», ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. È attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Il giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani2 fanno ridere3: come (con dolore) l'aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano: il nuovo fascismo4 attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto, la televisione), non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata5 per sempre... Pasolini porta alle estreme conseguenze il discorso sull’omologazione attraverso l’attacco contro il potere della televisione (nata in Italia nel 1954). Perché la televisione “non è un mezzo tecnico neutrale, ma strumento del potere e potere essa stessa”? b) Secondo articolo 11 luglio 1974. Ampliamento del bozzetto sulla rivoluzione antropologica in Italia 1 È stata la propaganda televisiva del nuovo tipo di vita «edonistico» che ha determinato il trionfo del «no» al referendum. Non c'è niente infatti di meno idealistico e religioso del mondo televisivo. È vero che in tutti questi anni la censura televisiva è stata una censura vaticana. Solo però che il Vaticano non ha capito che cosa doveva e cosa non doveva censurare. Doveva censurare per esempio «Carosello», perché è in «Carosello», onnipotente, che esplode in tutto il suo nitore, la sua assolutezza, la sua perentorietà, il nuovo tipo di vita che gli italiani «devono» vivere. E non mi si dirà che si tratta di un tipo di vita in cui la religione conti qualcosa: D'altra parte le trasmissioni di carattere specificamente religioso della Televisione sono di un tale tedio, di un tale spirito di repressività, che il Vaticano avrebbe fatto bene a censurarle tutte_ Il bombardamento ideologico televisivo non è esplicito: esso è tutto nelle cose, tutto indiretto. 2 2 Ma mai un «modello di vita» ha potuto essere propagandato con tanta efficacia che attraverso la televisione. Il tipo di uomo o di donna che conta, che è moderno, che è da imitare e da realizzare, non è descritto o decantato: è rappresentato! Il linguaggio della televisione è per sua natura il linguaggio fisico-mimico, il linguaggio del comportamento. Che viene dunque mimato di sana pianta, senza mediazioni, nel linguaggio fisico-mimico e nel linguaggio del comportamento nella realtà. Gli eroi della propaganda televisiva — giovani su motociclette, ragazze accanto a dentifrici — proliferano in milioni di eroi analoghi nella realtà. Appunto perché perfettamente pragmatica, la propaganda televisiva rappresenta il momento qualunquistico della nuova ideologia edonistica del consumo: e Sono le brevi frasi che Mussolini aveva fatto scrivere sulle facciate delle case di campagna, quale forma di persuasione e di propaganda. 3 Risultano del tutto superate e inefficaci. 4 Il nuovo fascismo: così Pasolini definisce il sistema neocapitalistico, proprio in riferimento alla reale mancanza di libertà e all’autoritarismo che lo caratterizza, benché i mezzi adoperati siano meno appariscenti (ma più efficaci) di quelli utilizzati dal fascismo propriamente detto. 5 Sporcata quindi è enormemente efficace. Se al livello della volontà e della consapevolezza la televisione in tutti questi anni è stata al servizio della democrazia cristiana e del Vaticano, al livello involontario e inconsapevole essa è stata invece al servizio di un nuovo potere, che non coincide più ideologicamente con la democrazia cristiana e non sa più che farsene del Vaticano. 1.Secondo Pasolini la vittoria dei No al referendum del 1974 contro l’abrogazione della legge sul divorzio è da attribuirsi a che cosa? 2. Cos’è la “censura vaticana”? 3. Perché la Chiesa, in un paese ultracattolico come l’Italia, non è riuscita a preservare il valore dell’indissolubilità del matrimonio nell’impianto legislativo dello Stato laico?