LA DAMA DI COMPAGNIA Ancora un enigma

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LA DAMA DI COMPAGNIA Ancora un enigma
Cascina Macondo
Centro Nazionale per la Promozione della Lettura Creativa ad Alta Voce e Poetica Haiku
Borgata Madonna della Rovere, 4 - 10020 Riva Presso Chieri - Torino - Italy
[email protected] - www.cascinamacondo.com
LA DAMA DI COMPAGNIA
Ancora un enigma per Sherlock Holmes
(seconda parte)
di Antonella Filippi
Cascina Macondo - Scritturalia, domenica 21 aprile 2013
Quella sera faceva freddo, nella sala da pranzo del Dinsford Arms, l’unico albergo
del villaggio, in cui Holmes e Watson avevano deciso di fermarsi, mentre
Lestrade tornava a Londra per l’incontro stabilito con il capo della polizia e per
alcuni fatti che Holmes gli aveva chiesto di verificare. La pioggia primaverile
aveva iniziato a cadere poco dopo il loro arrivo, innervosendo alquanto Watson,
che a ogni goccia sentiva riacutizzarsi il dolore della vecchia ferita che gli era
stata inferta alla spalla nella battaglia di Maiwand, nella seconda guerra angloafghana.
Anche vicino al camino acceso sentiva la schiena gelata e si irritava vedendo
Holmes affrontare la cena con lo stesso entusiasmo che metteva nel risolvere un
caso. Nonostante la sua figura quasi ascetica, che avrebbe fatto pensare a un
derviscio penitente, Holmes amava il buon cibo, specialmente la varietà che si
trova a colazione in terra inglese: rognone, uova strapazzate e prosciutto, pollo o
pesce con riso al curry, pesce affumicato con cipolla e prezzemolo, uova sode con
burro fresco, porridge d’avena, eglefino o merluzzo o aringa. A questo pensiero
Watson si stizzì ancora di più. La preoccupazione gli chiudeva lo stomaco.
“Cosa avete, caro amico?” interloquì Holmes, riscuotendo il dottore dai suoi
pensieri tetri. “Non apprezzate la cena che il nostro buon oste ci ha servito?”
“Non abbiamo fatto un solo passo avanti, non un indizio, un’idea…”
“A dire il vero di idee ce ne sono almeno quattro, ma…”
Watson strabuzzò gli occhi “Come quattro?”
“Per il momento non abbiamo dati certi, ma ognuna delle persone con cui
abbiamo parlato oggi pomeriggio poteva avere un motivo per procurare la morte
di Lady Helen: Sir Robert per risposarsi con la giovane Amelia Waterford, cugina
della defunta e dama di compagnia; quest’ultima per consolidare la sua posizione
sociale e accedere alla ricchezza dei Burton; Mr. Vance e la figlia per far soffrire
Sir Robert, anche se il baronetto è di sentimenti piuttosto coriacei. Per il momento
lascerei da parte solo il figlio, Mr. Thomas è un debole e mi sembra veramente
devoto alla madre e alla sua memoria. Avrebbe più facilmente e più volentieri
tolto di mezzo il padre, non crede?”
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“Certamente, in questo modo sarebbe diventato il capo famiglia e avrebbe risolto
ogni suo problema.”
“E non credo possa essere stato qualcuno della servitù, dove avrebbero potuto
procurarsi un tossico così insolito? No, questo delitto mi sembra troppo
personale.”
Gli occhi grigi di Holmes guardavano la tazzina del caffè, come se il liquido
marrone fosse il velo che nascondeva moventi e opportunità. In certi casi viveva
di caffè, tabacco, droga e nervi, ma in quel momento sembrava pacificamente
assorto nelle sue valutazioni, tanto che Watson proruppe: “Faremmo meglio a
verificare se nel parco si trovino arbusti o erbe che contengono ioscina e se
qualcuno sa come usarle!”
“Caro Watson, come medico dovrebbe sapere che i boschi inglesi sono un invito a
delinquere per chiunque abbia una minima conoscenza delle piante… Molti si
curano ancora con impiastri e decotti insegnati loro da nonne e curatrici di paese e
in questa farmacopea ci sono senz’altro ricette segrete per procurare aborti, moria
di animali e insospettabili dipartite. Come scriveva Paracelso, “Omnia venenum
sunt”. Le stesse patate, che ormai da due secoli vengono a trovarsi nei solidi piatti
britannici, possono essere tacciate di veneficio. Quello che dobbiamo accertare
non è “cosa”, ma “come”: questo ci porterà a “chi” e “perché”. E adesso, caro
amico, la prego di finire il suo pasto, il nostro anfitrione la sta guardando da un
po’ con aria perplessa, certamente chiedendosi perché il signore londinese non
apprezzi la sua cucina.”
Watson lanciò un rapido sguardo verso l’oste e si dispose a finire la cena.
“Quando avrà terminato potremo trasferirci nel salotto, che pare un po’ più caldo
e silenzioso, e raccogliere i fili di quanto abbiamo sentito oggi.”
Watson annuì, pensando con gratitudine al calore del fuoco e al sigaro che teneva
in tasca.
Quando si trovarono comodamente installati nelle capienti poltrone che
fronteggiavano il grande camino della sala da fumo, opportunamente soli, dato
che quasi tutti gli ospiti si erano ritirati nelle loro stanze, spesero qualche minuto
ad accendere rispettivamente la vecchia pipa di argilla nera e il profumato sigaro
di tabacco bengalese. Watson, che per una volta aveva lasciato da parte il solito
trinciato, assaporò lentamente il sigaro prima di accenderlo, poi disse a Holmes:
“Caro amico, vuole illuminarmi circa le sue deduzioni? Di quanto ho sentito oggi,
nulla mi pare in grado di fare luce sulla morte di Lady Helen.”
Dopo un lungo silenzio, Holmes espose: “Sir Robert è pletorico e iracondo, ma la
sua costituzione sanguigna e il suo aspetto florido contrastano con labbra e unghie
dalla leggera sfumatura blu, indice di una tendenza cardiaca.”
Watson guardò allungarsi la cenere scura e compatta del sigaro e disse, scuotendo
la testa: “Non l’avevo notato. Le cause possono essere molte, e non solo
cardiache..”
Holmes proseguì, come se non l’avesse udito: “Forse l’avvicinarsi della soglia
fatale ha fatto sentire a Sir Robert il desiderio di riprovare le sensazioni della
giovinezza, di essere gaio e leggero, ma la morte di Lady Helen contrasta con
l’attitudine del baronetto, così diretta e aggressiva. Non posso escluderlo ancora,
ma penso che, se avesse voluto rimanere provvidenzialmente vedovo, avrebbe
scelto un modo più consono al suo genere.”
“Allora non restano molte persone, ma anche l’attuale Lady Burton…”
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Holmes lo interruppe: “La signora ha una peculiare carnagione, sospetto che
faccia uso di preparati all’arsenico per migliorare l’aspetto del volto e avere il
pallore sentimentale che va tanto di moda. Forse usa altri composti che
contengono scopolamina…”
Watson interloquì: “Adesso che ricordo, la signora aveva le pupille dilatate e
fisse, l’occhio brillante… so che ancora si fa uso di colliri che allargano la pupilla
e rendono più attraente e sognante lo sguardo, ma sono a base di estratti di
belladonna o giusquiamo oppure stramonio, piante velenose molto diffuse lungo
le strade campestri e ai margini dei boschi, e non dubito ci sia chi ne raccoglie per
scopi non solo leciti.”
Holmes lo guardò con un lieve sorriso e riprese: “Allora vede che per ora non
possiamo escludere nessuno? E anche la nuora di Sir Robert e suo padre sono
annoverati tra i sospetti: lei perché frequentava la casa e lui perché avrebbe potuto
fornirle la sostanza con cui avvelenare Lady Helen.”
Watson arricciò i baffi in uno sbadiglio: “Mi pare non ci sia molto su cui basarsi,
forse dovremmo saperne un po’ di più sul passato di queste persone, che possa
illuminare sui possibili moventi…”
“Certamente, ma anche del presente sappiamo ben poco, e questo deve bastarci
per ora. Vedo che è stanco, caro amico. Rimandiamo a domani mattina ulteriori
esercizi di osservazione e speculazione.”
La mattina seguente, anche se non era per niente mattiniero, Holmes scese a
colazione molto presto. Dopo il pasto voleva fare una visita a Mr. Thomas e alla
moglie e poi anche a Mr. Vance. Senza attendere Watson si dedicò a decimare
uova, salsicce, rognoni, funghi e fagioli in salsa di pomodoro per terminare con
porridge, formaggio, una fetta di torta e un’ampia scelta di pasticcini, innaffiati da
tè e caffè.
Piacevolmente ristorato, si fece spiegare dall’oste compiacente la strada per
recarsi alle sue visite.
La casa di Mr. Thomas e consorte era un cottage a due piani in mattoni rossi e
pietra arenaria, circondato da un muro e costruito nello stile imperante in quegli
ultimi anni, con la porta incorniciata da rose e un ampio giardino pieno di erbe e
fiori ben disposti in aiuole simmetriche, con uno stagno –quasi un giardino
d’acqua, vista la presenza di numerose piante acquatiche e pesci rossi– e una
voliera. La domestica dei Burton lo fece entrare in casa e Holmes notò le travi a
vista in rovere, l’elegante camino e il bel paravento cinese laccato, ma fu colpito
negativamente dall’abbondanza di fiori recisi e di quelle che definiva le
“cianfrusaglie della prosperità”. In un vaso erano disposti trifoglio bianco,
achillea, lobelia, aconito e un papavero viola scuro, quasi nero; in un altro, posto
di fronte alla fotografia di una giovane donna, delle calendule, un ramo di
rosmarino e uno di ruta; in un altro ancora foglie di castagno, una peonia, rose e
garofani gialli, e papaveri dello stesso colore.
Mrs. Burton lo salutò con voce allegra: “Buongiorno, Mr. Holmes, vedo che
anche lei è un amante delle prime ore del mattino! Se è venuto a trovare Mr.
Thomas non lo troverà, è partito per Londra molto presto, come tutti i giorni,
d’altronde. Non penso sia passato di qua per caso, non è vero? Si accomodi,
faccio portare del tè e dei muffin, la cuoca è davvero formidabile, sarebbe degna
di servire la nostra regina, anche se immagino che lei abbia stuoli di cuochi nelle
sue cucine…”
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Holmes si intromise nella conversazione a senso unico dicendo: “Ne sono certo,
ma sono venuto solo per farle alcune domande. Suo padre ha detto che lei ha visto
Lady Helen il giorno prima della sua morte, ma che, durante la visita, si è sentita
male…”
“Sì, che sciocca, stavo per svenire, a volte mi spavento per un nonnulla, sono così
sensibile… Lady Helen mi ha fatto sdraiare sul divano del suo salottino e con i
sali ammoniacali mi sono ripresa dal capogiro in men che non si dica. Certo, se
fosse stato per Amelia mi avrebbe lasciata per terra, se ne stava lì con le labbra
strette e lo sguardo corrucciato, e come guardava Lady Helen! E adesso mia
suocera è morta e quella virago l’ha sostituita…”
Holmes riprese: “Ha notato qualcosa di particolare?”
“Lady Helen sembrava davvero preoccupata per me e richiamò duramente Amelia
per la sua insensibilità e superbia, ma lei uscì dalla stanza così sdegnosamente e
dicendo cose talmente poco comme il faut, che… bah, non voglio pensarci più!”
Holmes depose la tazza e si alzò: “Non voglio risvegliare ricordi spiacevoli,
signora. Devo tornare in albergo, il dottor Watson sicuramente mi aspetta, ma
prima passerò da suo padre.” E con un rapido “Buongiorno” si allontanò da Mrs.
Burton.
Poche case più in là si trovava la dimora di Mr. Vance, più discreta e meno
moderna, costruita durante l’epoca precedente, in cui i giardini erano liberi di
crescere in modo meno curato. L’uomo lo accolse in casa con rude gentilezza e lo
invitò ad assaggiare un distillato di frutta e spezie, preparato da lui stesso.
“Quell’alambicco mi aveva seguito per anni, mentre servivo nelle Colonie” disse,
raddrizzando le spalle, come in ricordo degli anni militari “ma l’anno scorso è
andato in mille pezzi e questa è l’ultima “acqua beata” che ha prodotto.”
Holmes si guardò attorno. Il cottage aveva un solo piano e la stanza in cui si
trovavano era arredata in modo molto spartano, ma sul tavolo e su alcune mensole
facevano mostra di sé dei vasi pieni di fiori, gli stessi che si trovavano a casa di
Mrs. Burton.
“Sua figlia ieri ha detto di essere orfana di madre da molti anni…”
“Sì, mia moglie non ebbe mai una gran salute, dopo la caduta dalle scale…
Lavorava come cameriera e in quel periodo io ero lontano e anche quando venni a
saperlo non potei tornare in Inghilterra…” Scosse la testa, come per allontanare
un pensiero doloroso. “Se fossi stato qui forse… e lei dovette cavarsela da sola
con Marion, io mandavo loro quello che potevo, ma lei morì prima che...”
Rendendosi conto di aver risvegliato una sofferenza forse mai sopita, Holmes si
alzò e prese congedo da Mr. Vance, che lo invitò a tornare a trovarlo, fino a
quando si fosse fermato a Dinsford.
Ritornato sui suoi passi e camminando sui suoi pensieri, Holmes arrivò presto
all’albergo. Watson stava uscendo in quel momento e, mentre erano sulla soglia
del Dinsford Arms, videro arrivare un calessino, dal quale scese un lacchè
mandato da Burton Commons. Lady Burton chiedeva all’investigatore e al dottor
Watson di raggiungerla subito.
Sir Robert era morto.
(fine della seconda parte)
Cascina Macondo
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