la resistenza al fuoco delle strutture con i metodi dell`ingegneria

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la resistenza al fuoco delle strutture con i metodi dell`ingegneria
QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
LA RESISTENZA AL FUOCO DELLE STRUTTURE
CON I METODI DELL’INGEGNERIA
DELLA SICUREZZA ANTINCENDIO
di Antonio La Malfa
GLI EFFETTI DEL FUOCO
SUGLI ELEMENTI
STRUTTURALI
L’incendio standard, viene descritto dalla curva nominale ISO 834 ed è rappresentato con una temperatura media dei gas di combustione che cresce continuamente nel tempo in modo logaritmico secondo la relazione:
Tg = 20 + 345 · log10 (8·t + 1), dove t è il tempo espresso in minuti e Tg la temperatura in °C.
Tale curva d’incendio standard fornisce valori della temperatura che nella
maggior parte dei casi sono più elevati di quelli che effettivamente si riscontrano durante un incendio naturale; infatti, nella fase finale di decadimento la temperatura decresce nel tempo a causa dell’esaurimento del combustibile (se non interviene prima
un’azione di spegnimento da parte dei soccorritori).
È proprio per tale motivo che, cautelativamente, le prestazioni dei materiali e
degli elementi strutturali che devono possedere determinate caratteristiche di resistenza al
fuoco, poiché si trovano all’interno di attività soggette ai controlli di prevenzioni incendi, oppure perché tanto è stato stabilito a seguito di una analisi di rischio incendio eseguita sul
luogo di lavoro, vengono attualmente verificate sottoponendoli all’azione del suddetto incendio standard; deve però rilevarsi che tale impostazione nella maggior parte dei casi risulta
conservativa perché richiede agli elementi strutturali prestazioni superiori di quelle minime
necessarie in relazione all’incendio naturale che realmente può svilupparsi in un determinato locale.
Gli effetti del fuoco sugli elementi strutturali sono dovuti al calore che si
produce durante l’incendio; essi dipendono principalmente dai seguenti fattori:
- distribuzione della temperatura nei vari punti della sezione degli elementi strutturali;
- degrado delle proprietà dei materiali con l’aumentare della temperatura,
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con conseguente diminuzione della resistenza degli elementi ed aumento della loro deformabilità;
- variazioni dello stato di sollecitazione per effetto di dilatazioni termiche
impedite.
L’incremento di temperatura in un elemento strutturale dipende dalle modalità di sviluppo dell’incendio ed è tanto più elevato quanto minore è la sua inerzia termica.
La variazione della temperatura all’interno della sezione resistente dipende
essenzialmente dalla forma e dalla conduttività termica dei materiali: negli elementi di acciaio, caratterizzati da sezioni sottili e da un materiale con conducibilità elevata, la distribuzione della temperatura è in pratica uniforme; al contrario, negli elementi con sezioni più
grandi e realizzati con materiali relativamente isolanti, come il calcestruzzo, si hanno grandi variazioni tra la parte esterna a contatto dei gas caldi di combustione e quella centrale
che si riscalda molto più lentamente.
Il pericolo maggiore per gli elementi strutturali è il degrado indotto dall’aumento di temperatura che riduce la resistenza dei materiali (limiti di rottura, di proporzionalità, ecc.) ed il modulo elastico; conseguentemente, si ha una diminuzione della loro capacità portante ed il possibile apparire di fenomeni d’instabilità.
Le azioni indirette dell’incendio prodotte dalle dilatazioni termiche impedite e le
deformazioni dovute alla variazione di temperatura, conseguenti all’esposizione al fuoco, originano forze e momenti aggiuntivi. Per la loro valutazione devono essere presi in considerazione i seguenti casi:
1. dilatazione termica impedita dagli elementi stessi, per esempio pilastri
nelle strutture multipiano a telaio con pareti rigide;
2. dilatazioni termiche diverse all’interno di elementi originate da materiali aventi coefficienti di allungamento differenti;
3. gradienti termici nelle sezioni trasversali che determinano sollecitazioni interne;
4. dilatazioni termiche di elementi adiacenti, per esempio spostamenti dei
nodi dei solai dovuti alla spinta dei solai;
5. dilatazione termica di elementi che influenzano elementi esterni al
compartimento.
Relativamente alle azioni meccaniche che si esercitano sugli elementi
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strutturali si rileva che nelle varie procedure indicate nelle specifiche norme sono elencate le relative azioni di calcolo agenti che devono essere considerate e che riguardano:
- azioni permanenti, per esempio peso proprio delle strutture, finiture,
attrezzature fisse ed ausiliarie;
- azioni variabili, per esempio carichi di esercizio, effetti indotti dal vento o dalla neve;
- azioni eccezionali, per esempio incendi, esplosioni, urti di veicoli, ecc..
Nella valutazione della resistenza a temperatura ordinaria di un dato elemento strutturale deve verificarsi se esso sia in grado di resistere alle azioni massime
che lo sollecitano; la capacità portante a freddo può essere, pertanto, compromessa solo
in presenza di un aumento della sollecitazione agente.
Il calcolo della resistenza degli elementi strutturali a caldo è, invece, più
complesso poiché l’azione termica dell’incendio, come già affermato, oltre a produrre un
incremento delle sollecitazioni agenti a causa del contrasto delle dilatazioni termiche,
provoca un degrado delle caratteristiche di resistenza dell’elemento strutturale.
È allora necessaria una buona modellazione dell’incendio naturale se si
vuole condurre una analisi di sicurezza degli elementi strutturali contro gli effetti dell’incendio con procedimenti analoghi a quelli eseguiti a freddo; a tal proposito, bisogna
notare che la quantificazione degli effetti provocati da un incendio che si sviluppa all’interno di un locale è abbastanza complessa a causa della grande quantità di parametri,
alcuni dei quali sono ancora oggi in fase di studio, dai quali dipende il fenomeno.
Per consentire una valutazione quantitativa degli effetti deleteri prodotti
da un incendio sugli elementi strutturali (calcolo della resistenza al fuoco) si fa ricorso
alla variazione nel tempo del valore medio della temperatura dei gas caldi di combustione presenti all’interno del locale; si ipotizza, quindi, che la temperatura nei vari punti
dell’ambiente sia uniforme e tale assunzione è tanto più corretta quanto più l’incendio
si è sviluppato.
È opportuno precisare che per un determinato elemento strutturale occorre:
• individuare la prestazione di resistenza al fuoco che viene ritenuta necessaria per il raggiungimento nell’attività a rischio degli obiettivi di sicurezza antincendio;
• valutare, in relazione alle caratteristiche ed alle condizioni di installazione, il valore di resistenza al fuoco effettivamente posseduto.
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LE PRESTAZIONI
DI RESISTENZA
AL FUOCO DA RICHIEDERE
AGLI ELEMENTI
STRUTTURALI PRESENTI
IN UN COMPARTIMENTO
Attività a rischio d’incendio regolamentate da una specifica regola
tecnica di prevenzione incendi
In presenza di attività per le quali esistono specifiche regole tecniche di
prevenzione incendi emanate dal ministero dell’Interno, i valori della resistenza al fuoco degli elementi strutturali devono osservare le prescrizioni in esse contenute; al riguardo, è importante osservare che, il ministero dell’Interno per determinare i requisiti di resistenza al fuoco degli elementi strutturali in edifici adibiti ad uso “civile” (locali
di pubblico spettacolo, scuole, alberghi, ecc.) ha sempre espressamente richiesto l’applicazione dei criteri contenuti nella circ. MISA. n° 91 del 14/09/61 prescindendo dal tipo
di materiale costituente gli elementi, nonostante che essa all’epoca della sua emanazione avesse un campo di applicazione limitato solamente ai fabbricati civili con strutture
in acciaio.
Si ritiene di dover rilevare che la circ. MI.SA. n° 91 del 14/09/61, oltre a permettere di determinare le prestazioni di resistenza al fuoco che un elemento strutturale presente in un compartimento deve avere in funzione del carico d’incendio, delle caratteristiche del locale, delle misure di protezione attiva e passiva antincendio e di quelle gestionali di emergenza, consente anche di verificare il valore di resistenza al fuoco
che effettivamente esso possiede; tuttavia, è opportuno chiarire che tale verifica è possibile soltanto in determinate situazioni ed, in particolare, quando l’elemento strutturale
è precisamente individuato nelle specifiche tabelle contenute nella circolare.
Attività a rischio d’incendio non regolamentate da una specifica
regola tecnica di prevenzione incendi - I limiti di applicazione della circolare
MI.SA. 14/09/1961 n° 91
In tale circostanza nel caso che le attività possano assimilarsi a quelle di tipo civile (uffici, ecc.), per la determinazione dei valori di resistenza al fuoco che gli elementi strutturali devono possedere, può ancora applicarsi il procedimento individuato
dalla circ. MI.SA. n° 91/61, in analogia a quanto previsto dal ministero dell’Interno per
le attività dotate di specifica regola tecnica di prevenzione incendi; tuttavia, qualora il
valore che scaturisce dall’applicazione di tale circolare non venga ritenuto sufficiente,
può essere richiesto dal locale comando provinciale dei vigili del fuoco un diverso valore
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di resistenza al fuoco in relazione alle condizioni globali di sicurezza antincendio presenti nell’attività (misure di protezione attiva e passiva antincendio, gestione della sicurezza, ecc.), anche per tenere conto della possibilità di garantire alle squadre di soccorso di
operare in condizioni di sicurezza.
In caso contrario (attività non assimilabili a quelle di tipo civile), ritengo
che il procedimento individuato dalla circ. MI.SA. n° 91/61 non possa trovare applicazione poiché in queste attività generalmente la distribuzione del combustibile è spesso non
omogenea ed anche frequentemente variabile nell’intero compartimento e, quindi, ha
poco senso parlare di carico d’incendio; a tal proposito, si rileva anche che la circolare
del ministero dell’Interno n° 37 del 15/03/63 espressamente recita “ .... le norme emanate dalla circ. MI.SA. n° 91 del 14/09/61 devono essere osservate soltanto nel caso di edifici adibiti ad uso civile e, pertanto, è del tutto arbitraria la loro estensione ai fabbricati
ad uso industriale che presentano, rispetto a quelli civili ed ai fini dell’incolumità delle
persone, caratteristiche di impiego e quindi di pericolosità profondamente diverse.”.
La Circ. MI.SA. n° 91/61, inoltre, indicando che il carico d’incendio è in relazione con la durata in minuti dell’incendio, ammette implicitamente che il pavimento
del compartimento antincendio sia tutto interessato contemporaneamente da un incendio pienamente sviluppato caratterizzato da una velocità di combustione massima, di
valore costante, pari a 1 kg/min di legna per ogni metro quadrato di superficie a pavimento.
Ne consegue, ipotizzando un potere calorifico H del legno pari a 17500
kJ/kg, un valore della potenza termica massima RHRs rilasciata per unità di superficie
a pavimento che viene interessata dall’incendio di:
RHRs = mc · H = 1/60 · 17500 = 292 kW/m2
Pertanto, all’aumentare della superficie del pavimento del compartimento
cresce il valore della potenza termica totale massima rilasciata dall’incendio nel locale;
ad esempio, per una superficie del pavimento del compartimento antincendio di 1000 m2,
si avrebbe un valore di RHR max pari a 292 MW che risulta particolarmente elevato e
difficilmente riscontrabile in pratica.
In concreto, non può sostenersi la generica supposizione adottata dalla
Circ. MI.SA. n° 91/61 in quanto prescinde dalle condizioni di ventilazione esistenti che
influenzano il valore della potenza termica massima che effettivamente si determinerà
nel compartimento antincendio in relazione alla superficie di ventilazione presente.
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Metodo indicato nella norma tecnica contenuta nella parte IV del
bollettino ufficiale del Consiglio nazionale delle ricerche n° 192 del 28/12/1999
Preliminarmente, occorre evidenziare che, in ottemperanza alle prescrizioni contenute nell’allegato A al DPR. 21/04/93 n° 246, una costruzione deve essere concepita e realizzata anche in modo da prevedere, in caso d’incendio, la possibilità per le
squadre di soccorso di operare in condizioni di sicurezza.
Si rammenta che il DPR. 29/07/82 n° 577 recita: “La prevenzione incendi costituisce servizio di interesse pubblico per il conseguimento di obiettivi di sicurezza della
vita umana e incolumità delle persone .........”; pertanto, le disposizioni del DPR. 21/04/93
n° 246, integrando esplicitamente gli obiettivi individuati dal DPR. 29/07/82 n° 577, forniscono ulteriori ed importanti indicazioni che devono essere osservate nell’espletamento dell’attività di prevenzione incendi.
È stata, al riguardo, pubblicata nel bollettino ufficiale del Consiglio nazionale delle ricerche N. 192 del 28/12/1999 – parte IV, la norma tecnica “istruzioni per la
progettazione di costruzioni resistenti al fuoco” che al paragrafo 2.3 indica alcuni criteri per individuare le prestazioni da richiedere agli elementi strutturali e prevede cinque livelli di prestazione a seconda dell’obbiettivo strategico che si intende perseguire
(collasso strutturale accettabile, stabilità delle strutture per un periodo limitato all’esodo degli occupanti, stabilità delle strutture per tutta la durata dell’incendio, limitato danneggiamento delle strutture dopo l’incendio, piena funzionalità delle strutture
dopo l’incendio); ogni livello comporta una precisa classe di capacità portante dell’elemento strutturale che dovrà essere mantenuta per tutto il tempo necessario a garantire le prestazioni associate allo specifico livello.
Per un livello III di prestazione è espressamente indicato che le strutture
devono possedere “requisiti di resistenza al fuoco tali da evitare, per tutta la durata dell’incendio, il collasso delle strutture stesse”; a mio parere , tale livello consente di raggiungere gli obiettivi contenuti nel citato allegato A al DPR. 21/04/93 n° 246, soprattutto per quanto concerne la possibilità per le squadre di soccorso di poter operare in condizioni di sicurezza.
Si rappresenta che, a parità di carico d’incendio specifico a pavimento, la
norma tecnica del Consiglio nazionale delle ricerche risulta più conservativa della circ.
MI.SA. n° 91/61 giacché richiede agli elementi strutturali valori maggiori di resistenza
al fuoco in termini di capacità portante.
Deve, comunque, tenersi presente la facoltà del locale comando provinciale
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dei vigili del fuoco di prescrivere determinati valori di resistenza al fuoco agli elementi
strutturali presenti nel compartimento, valutate le condizioni di sicurezza antincendio
presenti complessivamente nell’attività, in applicazione dei criteri generali contenuti
nel DPR. 29/07/82 n° 577.
Occorre altresì sottolineare che l’installazione di un idoneo impianto di rivelazione automatica d’incendio in un’attività nella quale sono state anche correttamente attuate le misure di gestione dell’emergenza stabilite dal DM. 10/03/98 consente di
ottenere positivi risultati per garantire in modo ottimale la sicurezza delle persone in
caso d’incendio; deve osservarsi che tale circostanza comporta anche benefici alla sicurezza degli elementi strutturali poiché, in caso d’incendio, l’intervento dei soccorritori
potrà essere più tempestivo e, quindi, essi subiranno una minore sollecitazione termica.
LA VALUTAZIONE
DELLA RESISTENZA
AL FUOCO
DEGLI ELEMENTI
STRUTTURALI
Tale valutazione, secondo quanto indicato nel DM. 04/05/98 ed alle precisazioni fornite dal ministero dell’Interno – Dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso
pubblico e della difesa civile con lett. prot. n° P 130/4101 sott. 72/E del 31/01/2001, può
eseguirsi a seconda dei casi mediante:
1. le tabelle contenute nella circolare MI.SA. n° 91 del 14/09/61 se l’elemento
strutturale è in esse precisamente individuato;
2. il procedimento individuato dalla norma UNI. - CNVVF. 9502, per gli
elementi costruttivi di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso;
3. il procedimento individuato dalla norma UNI. - CNVVF. 9503, per gli
elementi costruttivi in acciaio;
4. il procedimento individuato dalla norma UNI. - CNVVF. 9504 o dal DM.
06/03/86, per gli elementi costruttivi in legno;
5. il procedimento individuato dalla norma tecnica contenuta nel bollettino ufficiale del Consiglio nazionale delle ricerche n° 192 del 28/12/99 – parte IV, per tutte le tipologie costruttive di elementi strutturali.
Si rileva che la maggior parte di tali procedure di valutazione prevedono
che gli elementi strutturali vengano sollecitati dall’azione termica dell’incendio standard indicato nella norma ISO 834.
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Si sottolinea, però, che nella norma tecnica del Consiglio nazionale delle ricerche al punto 2.3.3 è, inoltre, affermato che “in alternativa ai metodi che fanno riferimento alle classi, la capacità portante può essere verificata rispetto all’azione termica del
cosiddetto incendio naturale, applicata per l’intervallo di tempo necessario al ritorno alla temperatura ordinaria. Le curve da adottare per rappresentare gli incendi naturali sono quelle parametriche o quelle ottenute con modelli di calcolo di comprovata attendibilità che tengano conto delle caratteristiche del combustibile e di quelle del compartimento. I valori del carico d’incendio e delle caratteristiche del compartimento adottati per
l’applicazione del metodo costituiscono un vincolo d’esercizio per le attività da svolgere
all’interno della costruzione ”.
Occorre subito affermare che rappresentando l’incendio naturale mediante
dei modelli di calcolo di comprovata attendibilità è possibile tenere anche conto dell’effetto prodotto dall’azione degli impianti di estinzione e valutare la variazione della temperatura dei gas caldi nell’ambiente in modo più puntuale rispetto alle curve parametriche nelle quali tale possibilità non è consentita.
Tale azione si esegue modificando opportunamente la curva di variazione
nel tempo della potenza termica rilasciata dall’incendio in un determinato ambiente e
permettendo così di calcolare nel modo più realistico possibile, in relazione alle attuali
conoscenze, la quantità di calore che effettivamente interessa gli elementi strutturali,
nonché di stimare con sufficiente accuratezza il valore di resistenza al fuoco che essi offrono.
Si aggiunge che anche la circ. MISA. n° 91/61, attraverso il calcolo del coefficiente K di riduzione del carico d’incendio, permette di stabilire le prestazioni di resistenza al fuoco che devono avere gli elementi strutturali in presenza di impianti di estinzione, ma non consente di valutare l’influenza che tali sistemi di protezione attiva antincendio hanno ai fini del calcolo del valore della resistenza al fuoco realmente offerto
dagli elementi strutturali nel corso dell’incendio naturale che si sviluppa in un determinato ambiente.
Tale norma CNR prevede anche che “in alternativa la classe di capacità
portante richiesta può essere determinata, caso per caso, con il metodo riportato nell’appendice C” che è quello del tempo equivalente di esposizione all’incendio standard.
Sono, quindi, espliciti i richiami all’applicazione delle procedure di ingegneria della sicurezza antincendio.
È importante evidenziare che analizzare la sicurezza strutturale in caso
d’incendio con la curva temperatura-tempo dell’incendio naturale anziché con quelle no-
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QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
minali appare realistico e razionale e comporta un beneficio economico perché potrebbero essere più efficacemente impiegate le risorse finanziare che il responsabile dell’attività deve dedicare alla sicurezza antincendio; infatti, con il risparmio derivante dalla esecuzione mirata delle misure di protezione passiva antincendio, verrebbero attuate più incisive misure di protezione attiva antincendio (ad esempio, l’installazione di un impianto di rivelazione automatica d’incendio) che consentirebbero comunque il raggiungimento di un sufficiente grado di sicurezza così come richiesto dalla legislazione vigente (ottimizzazione degli investimenti devoluti alla sicurezza antincendio per individuare nell’attività a rischio il valore minimo che, compatibilmente con il raggiungimento degli obiettivi di sicurezza stabiliti dalle vigenti disposizioni legislative, può assumere il rapporto
costi/benefici).
È anche rilevante che vengano stabilite con oculatezza l’entità delle protezioni, qualora necessarie, da applicare agli elementi strutturali che devono garantire determinate prestazioni di resistenza al fuoco; inoltre, è conveniente effettuare sempre appropriate valutazioni analitiche di resistenza al fuoco e ricorrere alle verifiche tabellari
solamente in casi particolari.
Si osserva che sia la norma UNI 9502 che quella CNR indicano esplicitamente che il tecnico abilitato deve valutare l’idoneità dell’intero sistema strutturale del
compartimento antincendio; tale azione potrà eseguirsi verificando la capacità portante
di singoli elementi strutturali e controllando il comportamento delle reazioni vincolari,
degli schemi parziali e dei vari dettagli costruttivi per tutta la durata prevista dell’incendio.
Bisogna notare che i risultati ottenuti effettuando una valutazione analitica della resistenza al fuoco dovrebbero mantenere immutata la loro validità nel tempo
in quanto dipendono dalle caratteristiche dell’elemento strutturale (geometria, materiali costituenti, ecc.) e dalle sollecitazioni su esso agenti; in ogni caso, mediante appropriati calcoli, possono essere previste le varie situazioni che potrebbero riscontrarsi durante l’esercizio dell’attività (ad esempio, possibile aumento delle sollecitazioni termiche a
causa di un cambio di destinazione d’uso dei locali che comporta un maggiore rilascio di
potenza termica nell’ambiente e, conseguentemente, una crescita dei valori della temperatura rispetto a quelli inizialmente attesi) e dimensionare opportunamente gli elementi strutturali al fine di evitare in futuro costose opere di adeguamento.
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QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
IL TEMPO EQUIVALENTE
DI ESPOSIZIONE
ALL’INCENDIO STANDARD
Gli elementi strutturali sottoposti all’azione di un incendio si danneggiano
in quanto vengono investiti da grandi quantità di energia termica; infatti, nella fase successiva al flashover vengono raggiunte all’interno di un locale elevate temperature e,
pertanto, la quantità di calore assorbita dagli elementi strutturali è notevole considerando che è principalmente dovuta all’irraggiamento che dipende dalla quarta potenza
del valore della temperatura assoluta.
Generalmente, per verificare le prestazioni che è in grado di offrire durante un incendio, un elemento strutturale viene sottoposto all’interno di un forno di prova
all’azione dall’incendio standard nel quale la temperatura dei gas caldi di combustione
varia nel tempo con l’espressione indicata nella norma ISO 834.
Nel campo dell’ingegneria della sicurezza antincendio, per determinare il
valore di resistenza al fuoco da attribuire in fase di progettazione ad un elemento strutturale, occorre preventivamente stabilire, in modo attendibile, come esso sarà termicamente sollecitato nel corso dell’incendio naturale che si svilupperà nel locale nel quale è
installato.
È importante, quindi, individuare dei criteri che consentano di confrontare, caso per caso e nel modo più realistico possibile, gli effetti provocati sugli elementi
strutturali dall’azione dell’incendio naturale con quelli che si verificano in un forno sperimentale nel corso della prova con l’incendio standard.
Il tempo equivalente di esposizione all’incendio standard può essere allora
definito come quello dopo il quale un elemento strutturale, sottoposto all’azione termica della curva nominale temperatura-tempo della norma ISO 834, subirebbe, in prima
approssimazione, lo stesso danno nel caso che esso fosse soggetto all’azione di un determinato incendio naturale.
In passato sono stati proposti vari metodi per confrontare le azioni indotte
sugli elementi strutturali dall’incendio standard e da un incendio naturale; al riguardo,
per valutare il tempo equivalente di esposizione all’incendio standard sono state svolte le
seguenti considerazioni:
1. due incendi possono essere considerati fra loro “equivalenti” se le aree
sottese dalle due curve temperatura-tempo che li descrivono sono uguali. Si rileva che
in questo modo non si tiene effettivamente conto della quantità di energia termica che
effettivamente investe un elemento strutturale, poiché curve temperature-tempo fra loro diverse originano, specie a temperatura elevata, flussi termici radianti sensibilmente diversi fra loro. Infatti, la quantità di calore trasferita ad un elemento strutturale da
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due incendi nei quali le relative curve temperatura-tempo sottendono la stessa area può
essere molto più grande nel corso di incendi di breve durata e nei quali vengono raggiunte elevate temperature rispetto a quelli di maggiore durata e nei quali si hanno minori
temperature (a parità di energia termica disponibile nei due casi si ha una notevole differenza della potenza termica rilasciata nell’ambiente). In sostanza, tale procedimento
non appare idoneo a valutare il tempo equivalente di esposizione all’incendio standard;
2. il tempo equivalente di esposizione all’incendio standard è quello che produrrebbe la stessa temperatura massima in un elemento strutturale di acciaio che sulle
varie superfici esposte al fuoco viene protetto con materiale isolante (in letteratura viene
frequentemente indicato per l’acciaio una temperatura critica di circa 550 °C poiché a tale temperatura si ha una drastica riduzione del modulo di elasticità) termicamente spesso (all’interno dello spessore di materiale isolante a seguito dell’esposizione ad una sorgente di calore la temperatura non risulta uniforme come invece può considerarsi nel caso di
spessori sottili). È significativo notare che tale procedimento conduce a risultati che, in
molti casi, sono in accordo con quelli riscontrati nel corso di incendi naturali.
Tutte le espressioni analitiche che, a seguito di numerose prove sperimentali eseguite con incendi naturali di diversa evoluzione che si sviluppavano in locali
aventi differenti caratteristiche, nel tempo sono state proposte prendono in considerazione i seguenti parametri:
•
•
•
•
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geometria del locale;
proprietà termiche delle pareti che delimitano il locale;
carico d’incendio presente nel locale;
superficie di ventilazione del locale.
QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
Calcolo del tempo
equivalente di esposizione
all’incendio standard
ISO 834.
Il calcolo del tempo equivalente di esposizione all’incendio standard con il metodo indicato nella norma tecnica contenuta nella parte IV del
bollettino ufficiale del Consiglio nazionale delle ricerche n° 192 del 28/12/1999
Questo metodo consente di valutare il tempo di esposizione all'incendio
standard che viene considerato equivalente, ai fini della determinazione della classe, all'incendio naturale che può interessare il compartimento quando viene descritto attraverso le curv”e parametriche”; esso è indicato nell'appendice C della norma tecnica contenuta nella parte IV del bollettino ufficiale del Consiglio nazionale delle ricerche n° 192
del 28/12/99 “Istruzioni per la progettazione di costruzioni resistenti al fuoco”.
Il tempo equivalente te,d di esposizione all'incendio standard di progetto
espresso in minuti è dato da:
te,d = qd · Kb · W
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QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
in cui:
• qd rappresenta il carico d'incendio specifico di progetto, espresso in
2
MJ/m , riferito alla superficie netta A del pavimento; esso si calcola con la seguente
espressione:
qd = γq · γn · qK ; dove γq e γn sono due fattori parziali di sicurezza che tengono conto rispettivamente della pericolosità dell’attività svolta nella costruzione e dell’eventuale presenza in essa di sistemi di protezione antincendio; essi possono così valutarsi: per rischio d'incendio basso γq = 1,0, per rischio medio γq = 1,2 e per rischio alto
γq = 1,5. Inoltre, in assenza di evacuatori di fumo e calore ed impianti antincendio ad
attivazione automatica γn = 1,0, mentre in presenza di evacuatori di fumo e calore ad
attivazione automatica di comprovata efficacia γn = 0,85; infine,in presenza di impianti di estinzione ad attivazione automatica di comprovata efficacia γn = 0,70. In pratica,
la riduzione della temperatura dei gas caldi di combustione all’interno di un compartimento che si ottiene, ad esempio, a seguito del funzionamento di un impianto sprinkler,
viene quantificata in una richiesta di prestazione di resistenza al fuoco degli elementi
strutturali pari al 70% di quella che essi avrebbero dovuto possedere in assenza di tale
sistema di protezione attiva antincendio.
qK è il valore caratteristico del carico d'incendio specifico, espresso in MJ/m2
e riferito alla superficie del pavimento; esso viene calcolato con la seguente formula:
qK =
Σi Mi · Hi · mi · Ψi
A
dove, Mi è la quantità del singolo materiale espressa in kg ed Hi il relativo
potere calorifico inferiore in MJ/kg, mi un fattore che descrive la partecipazione alla
combustione del singolo materiale, che viene usualmente posto pari ad 1 e Ψi un fattore
che generalmente assume il valore 1, oppure di 0,85 quando i materiali combustibili sono contenuti in contenitori incombustibili.
2,3
• Kb è un fattore espresso in min·m /MJ che dipende dalle caratteristiche delle pareti perimetrali di delimitazione del compartimento ed, in particolare, dal
valore dell’inerzia termica b = (ρ·cp·λ)1/2; i valori della densità ρ sono espressi in kg/m3,
il calore specifico cp in J/(kg·K) e la conduttività termica λ in W/(m·K).
Qualora non siano note con precisione le proprietà delle pareti di delimitazione è opportuno assumere Kb = 0,07 min·m2/MJ; in caso contrario, Kb può valutarsi
dalla seguente tabella rilevando che, in ogni caso, b deve avere valore compreso fra 1000
e 2000 J/(m2 · s1/2 · K).
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QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
Tabella
Valori del fattore Kb
indicati dall’Eurocodice 1
al variare dell’inerzia termica
delle pareti che delimitano
il locale
Nel caso di pareti composte da diversi strati di materiali l’inerzia termica
deve essere così valutata:
b = (Σi si · cpi · λi)1/2/(Σ si · cpi · λi/bi2)1/2
dove: si è lo spessore dello strato imo, cpi è il calore specifico dello strato imo
e λi è la conduttività termica dello strato imo. Invece, in presenza di una parete di superficie totale At formata da materiali di differente natura, ognuno avente superficie
Atj, l’inerzia termica si calcola nel seguente modo:
b = Σj (bj · Atj/At)
-0,3
• Il fattore di ventilazione W è espresso in m ; esso si calcola con la seguente espressione:
W = (6,0/H)0,3 · [0,62 + 90 · (0,4 – αv)4/(1 + bv · αh)]
W deve avere valore superiore a 0,5 m-0,3. Nella suddetta espressione i termini sono:
αv = Av/A; dove Av è la superficie di ventilazione ricavata sulle pareti, entre A è la superficie netta del pavimento del locale. Il valore di αv deve essere compreso tra 0,025 e 0,25.
αh = Ah/A; Ah è la superficie delle aperture di ventilazione ricavate nel soffitto del locale.
Le superfici sono espresse in m2.
bv = 12,5 · (1 + 10 · αv – αv2); bv deve avere valore superiore a 10.
H è l'altezza media del compartimento espressa in metri.
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QUADERNI DI SCIENZA & TECNICA
È importante precisare che adottando questo metodo la classe di capacità portante da richiedere agli elementi strutturali dovrà in ogni caso risultare non inferiore ai valori minimi indicati nella seguente tabella; al riguardo, si precisa che la
norma CNR individua, in determinati casi, con una valutazione tabellare la classe di
capacità portante che, di regola, dovrà possedere un dato elemento strutturale e che,
a tal scopo, il presente metodo può essere utilizzato in alternativa.
Tabella
Valori minimi della classe
di capacità portante
in funzione del carico
d’incendio specifico
di progetto
NOTA
DEL COMITATO
SCIENTIFICO
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Gli argomenti trattati rappresentano la base sulla quale sono stati sviluppati, in quest’ultimo anno, importanti aggiornamenti normativi. Il Ministero dell’Interno è attualmente impegnato a regolamentare un settore nel
quale confluiscono differenti specifiche tecniche quali il Testo Unico delle Norme Tecniche sulle Costruzioni, gli Eurocodici strutturali completi delle appendici nazionali e le euroclassi previste dalla decisione della Commissione dell’Unione europea n. 2000/367/CE del 3/5/2000 con le relative modalità di prova
EN, tenendo anche conto dell’ingresso sul mercato dei primi prodotti marcati
CE aventi il requisito di resistenza al fuoco.