PRONUNCIA N.360/99

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PRONUNCIA N.360/99
PRONUNCIA N. 19/2013
Il Giurì, composto dai Signori:
Prof. Avv. Vincenzo Ferrari
Prof. Pasquale Barbella
Avv. Annamaria Bernardini de Pace
Prof. Maria Vita De Giorgi
Presidente
Relatore
ha pronunciato in data 9 aprile 2013 la seguente decisione nella causa promossa da:
Comitato di Controllo
contro
FIAT Group Automobiles S.p.A.
e nei confronti di
Publitalia ’80 S.p.A.
***...***...***
1. Il Comitato di Controllo, con provvedimento n. 19/13 del 14 febbraio 2013, ha
ingiunto a FIAT Group Automobile S.p.A. e Publitalia ’80 S.p.A. di desistere dalla diffusione, su
ogni mezzo, della pubblicità relativa a “Fiat 500S” diffusa sulle reti Mediaset nel febbraio
2013, in quanto manifestamente contraria all’art. 10 del CA.
Lo spot tv censurato ha per protagonista una donna che, con modi particolarmente
sensuali e provocanti, si sistema una scarpa, mentre un uomo non riesce a toglierle gli occhi di
dosso.
La donna prima aggredisce l’uomo, verbalmente e fisicamente, e poi “si trasforma” in
seduttrice, finché non viene “sostituita” dall’immagine della nuova 500. A quel punto appare il
claim “Nuova 500 S, irresistibile come la tentazione” e la S viene declinata in seductive, stylish,
sexy.
In particolare, ad avviso del Comitato, la decodifica del messaggio mette in evidenza
una rappresentazione svilente della donna, posta sullo stesso piano dell’automobile come
desiderio dell’uomo. Si verifica quindi una commistione tra donna e prodotto che conduce alla
mercificazione della persona.
2. Con atto del 25 febbraio 2013, FIAT Group Automobile S.p.A. si è opposta
all’ingiunzione di desistenza, in primis presentando la nuova 500, come un’utilitaria sui
generis, elegante e grintosa allo stesso tempo.
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Secondo l’inserzionista, questa particolarità dell’automobile ha orientato la scelta di
utilizzare una figura femminile positiva e forte diversamente dalla figura maschile che risulta
incerta, insicura e priva di iniziativa.
FIAT, pur riconoscendo la pacifica metafora tra donna e automobile, citando la
giurisprudenza del Giurì, evidenzia che la metafora non è di per sé svilente della dignità della
donna.
Nel caso concreto, anzi, viene rappresentata una donna di personalità, forte e
indipendente, e certamente non una figura femminile subalterna al maschio.
Piuttosto, secondo l’inserzionista, sono le qualità della figura della modella a essere
esaltate dalle caratteristiche dell’uomo coprotagonista dello spot, rappresentato impacciato,
insicuro, senza iniziativa.
3. Il Comitato ha trasmesso gli atti al Giurì, ritenendo non convincenti le ragioni di
opposizione.
Secondo l’Organo di Controllo, dalla valutazione complessiva del messaggio emerge
inequivocabilmente che lo scambio metaforico donna/auto si compie partendo dall’uomo che
vede nell’auto parcheggiata una splendida donna. Il fatto che la donna sia di forte personalità
non esclude certo la commistione donna/oggetto portando allo svilimento della figura
femminile.
Ad avviso del Comitato, la novità dell’uomo impacciato non porta a escludere la
violazione dell’articolo 10, perché resta pacifico l’atteggiamento seducente e provocante della
donna.
4. Il Presidente del Giurì, vista la nota del 14 marzo 2013, con la quale il Comitato di
Controllo ha considerato non convincenti le ragioni dell’opposizione all’ingiunzione di
desistenza n.19/13, esaminati gli atti, ha convocato le parti avanti a sé per la discussione in
contraddittorio all’udienza del 9 aprile 2013, revocando, nel frattempo, l’ingiunzione di
desistenza.
5. L’8 aprile 2013, sono pervenute le osservazioni difensive di Publitalia ’80, la quale,
citando la recente giurisprudenza del Giurì (114/2011, 304/01) proprio relativa alla pubblicità
di un’automobile Fiat e ribadito che la metafora donna/auto non è di per sé lesiva della dignità
femminile, ha evidenziato l’assenza, nello spot in questione, di qualsiasi elemento censurabile.
In particolare, secondo Pubitalia non vi è prevaricazione dell’uomo sulla donna, né
spersonalizzazione dell’identità femminile, né tantomeno la rappresentazione della donna
quale subalterna all’uomo.
Pertanto, ad avviso della concessionaria pubblicitaria per le reti Mediaset, censurare lo
spot tv della Fiat 500 S significherebbe riconoscere l’illegittimità generica e generale di
qualsiasi correlazione pubblicitaria tra donna e prodotto.
6. All’udienza del 9 aprile 2013 davanti al Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, sono
comparsi:
- per il Comitato di Controllo: Prof. Avv. Antonio Giovati;
- per Fiat Group Automobile S.p.A.: Avv. Paolina Testa e Dott. Elena Fantozzi;
- per Publitalia ’80 S.p.A.: Dott. Valeria Tosi e Dott. Alessandra Lucifora
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7. Dopo la relazione svolta dall’avvocato Bernardini de Pace, è stato proiettato lo
spot contestato.
Successivamente, il Presidente ha dato la parola all’Avvocato Giovati per il Comitato, il
quale, pur riconoscendo l’assenza di volgarità nella rappresentazione della donna, benché
indubbiamente sexy, ha illustrato perché il messaggio censurato lederebbe la dignità
femminile.
Secondo il rappresentante dell’organo di controllo, però, lo spot, pur essendo ben
costruito, rovesciando lo stereotipo di genere, presenta una declinazione comunicazionale che
lede la dignità della donna, in presenza di alcuni indicatori ben chiari ed espliciti.
In particolare, la donna rappresentata nello spot è l’esposizione di “come è vista”, di
come si vorrebbe che fosse.
Inoltre, non viene praticamente mostrata la faccia della donna, intesa come quella
parte del corpo che identifica l’individuo. Lo spot della Fiat 500, dunque, non racconta al
pubblico la ragazza protagonista, ma declina uno stereotipo di rappresentazione.
La donna in questione, infatti, ad avviso del Comitato personifica la tentazione
irresistibile, e non è sufficiente l’assenza di volgarità per riscattare la figura femminile agli
occhi del consumatore, giacché il messaggio decodifica un’idea vecchia, che, seppur espressa
in termini eleganti e raffinati, lede la dignità della donna.
Vi è, in più, una netta decontestualizzazione della ragazza dal resto dello spot. Ciò
porta a una comunicazione artificiale e costruttiva che vede la donna non protagonista, ma
appesa all’idea comunicativa.
Secondo il Professor Giovati, poi, la storia della pubblicità ha dimostrato che ci sono
varie forme per definire la tentazione, senza per forza creare, come in questo caso, un
transfert tra donna e oggetto che appiattisce il valore della donna.
Ulteriore elemento di criticità del messaggio, è da rinvenire nell’assenza di metafora,
dove non ci sarebbe sovrapposizione semantica tra donna e prodotto, e quindi riscatto della
dignità perduta della femmina.
Infine, ad avviso del Comitato non si comprende il perché, nello spot, vi sia
l’associazione tra ragazza e automobile. Forse perché la donna così rappresentata sarebbe
forte come l’auto? Oppure perché entrambe sarebbero capaci di resistere agli urti? Secondo il
rappresentate dell’Organo di controllo, l’associazione deriva solamente da un conformismo
comunicativo, che vede la combinazione donna-auto vincente ai fini commerciali.
8. Ha preso, a questo punto, la parola l’Avvocato Testa per Fiat Group, la quale ha in
primo luogo evidenziato che le caratteristiche positive della protagonista femminile dello spot
(sicura di sé, che non si cura delle reazioni dell’uomo) sono state espressamente sottolineate
non per rovesciare degli stereotipi, ma perché la donna così raccontata è l’esatto contrario
della donna – oggetto che, se rappresentata, lede la dignità del genere femminile.
L’Avvocato Testa, peraltro, pone l’attenzione sulle linee guida seguite da Fiat nella
realizzazione del messaggio censurato. L’inserzionista, infatti, nell’ideare il telecomunicato, ha
tenuto ben presenti i precedenti del Giurì, proprio per non ricadere negli stessi errori (ossia di
rappresentare la donna come subalterna all’uomo, spersonalizzata e che invita il pubblico a
“provarla”) e per evitare deleterie identificazioni.
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Il difensore di Fiat, inoltre, contesta la negatività dello scambio metaforico donna-auto
“perché parte dal desiderio dell’uomo”, come sostenuto dal Comitato. Infatti, nel desiderio del
maschio non c’è nulla di negativo, nel momento in cui c’è rispetto per la figura femminile.
In pratica, secondo Fiat, la lettura del messaggio che fa il Comitato non è corretta, né è
l’unica possibile.
Infatti, in questo caso la metafora donna-auto non è rivolta al pubblico maschile, ma a
quello femminile, al quale lo spot propone un modello di donna elegante e di carattere,
desiderata ma non succuba. Questa possibile lettura è rafforzata dal fatto che l’uomo non sale
mai sull’automobile, che viene invece guidata dalla ragazza. D’altra parte, la Fiat 500 è
acquistata prevalentemente da donne ed è a loro che si rivolge il telecomunicato.
9. E’ intervenuta a questo punto la Dottoressa Tosi, per Publitalia ’80, che propone il
paradosso per cui oggi, diventerebbe pericoloso utilizzare una figura femminile per
reclamizzare qualsiasi prodotto, e evidenzia l’assenza in questo caso di violazioni dell’articolo
10 del CA, non venendo denigrata la figura femminile.
10. Ha ripreso la parola, in replica, l’Avvocato Giovati ribadendo che la raffinatezza del
messaggio rende senz’altro più complicato, in questo caso, l’individuare la lesione della dignità
del genere femminile. Valutata, però, la decontestualizzazione della donna dal resto dello spot
e il ghigno, quasi malefico, con cui viene rappresentata, sembra pacifico che la pubblicità di
Fiat 500 travalichi il limite del rispetto e leda perciò la dignità della donna.
Il rappresentante del Comitato ha pertanto concluso chiedendo al Giurì di dichiarare lo
spot denunciato contrario all’articolo 10 del CA.
11. E’ intervenuta nuovamente l’Avvocato Testa, che ha ribadito la pertinenza della
donna forte di carattere con l’impianto complessivo del messaggio e, quindi, ha contestato
l’accusa di decontestualizzazione della figura femminile mossa dal Comitato.
Peraltro, secondo la difesa dell’inserzionista, se rappresentare la donna come
tentazione significa lederne la dignità, allora andrebbe rivista tutta la letteratura, e la
giurisprudenza, in materia pubblicitaria. Ha quindi concluso chiedendo al Giurì di dichiarare la
conformità dello spot tv di Fiat 500 S al CA.
12. Esaurita la discussione, il Presidente ha invitato le parti a ritirarsi per consentire
al Giurì di deliberare sulla vertenza.
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La pubblicità litigiosa portata all’attenzione del Giurì è dunque:
- lo spot tv della Fiat 500 S.
Ad avviso del Giurì la pubblicità censurata dal Comitato non lede la dignità umana e in
particolare quella femminile; quindi non viola l’articolo 10 del CA.
Innanzitutto, c’è da dire che la metafora donna-macchina, in questo caso, esiste
senz’altro, ma viene ribaltata la situazione ordinaria. Infatti, nello spot di Fiat 500 S è la
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macchina a rappresentare metaforicamente la donna, brillante, elegante e sicura di sé.
L’automobile viene in pratica “innalzata a donna”. E’ quindi la 500 S, e non la ragazza
protagonista del comunicato, che si può comperare, possedere, avere.
Forse in un mondo diverso da quello attuale, il solo accomunare donna e automobile
potrebbe essere certamente passibile, di per sé, di critiche e censure, tuttavia la scrittura
elegante dello spot e la lievità dei raccordi sociali lo escludono nella fattispecie.
D’altra parte, la pubblicità non può essere edificante e neutra, ma deve, per sua
natura e funzione, essere accattivante per invogliare il pubblico a scegliere.
Dunque, anche la metafora e la commistione tra essere umano (donna o uomo che
sia) e automobile è lecita, finché resta nel limite del rispetto della dignità dei soggetti coinvolti
nel racconto filmico.
Rispetto che il Giurì obiettivamente rileva nello spot in questione, dove in effetti la
figura della ragazza non è mai vista come succuba o subalterna all’uomo.
Peraltro, in questo caso, vi è una grande e significativa novità nell’impianto
comunicazionale. Infatti, si percepisce una metaforica rappresentazione della donna che non
solo non subisce (il che potrebbe anche accettarsi, con l’adeguato trattamento), ma anzi
mostra personalità e carattere, perché reagisce, irride persino e s’impone nella storia narrata.
Tutte caratteristiche positive che se forse non esaltano la dignità della protagonista, certo non
la ledono.
Lo spot tv, quindi, si propone come ironico, allegro e con script innovativo, rispettando
nella sostanza il dettato normativo dell’articolo 10 del CA.
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13. Dopo la discussione, riavutasi la presenza delle parti, il Presidente dà lettura del
dispositivo della decisione.
P.Q.M.
Il Giurì, esaminati gli atti e sentite le parti, dichiara che la pubblicità contestata non è
in contrasto con il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.
Milano, 9 aprile 2013
f.to Il Relatore
Avv. Annamaria Bernardini de Pace
f.to Il Presidente
Prof. Avv. Vincenzo Ferrari
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