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Eleonora Belloni
Progetto di ricerca - Associazione Infine Onlus
CORPI CHE CURANO.
Esplorazione dei significati della relazione di cura confrontando il punto di vista delle lavoratrici
straniere e delle caregiver primarie che assistono una persona malata di demenza
1.INTRODUZIONE
Una delle conseguenze del progressivo invecchiamento della popolazione è l’aumento esponenziale
delle patologie strettamente correlate a questo fenomeno, in primis le demenze. Finora i modelli
organizzativi delle aziende sanitarie e delle reti di servizi sono stati spesso inadeguati e impreparati di
fronte a una malattia cronica, il cui decorso progressivo e disabilitante coinvolge pesantemente le
risorse delle famiglie (Matera & Ciulli, 2004; Tognetti, 2004). La famiglia infatti è in Italia ancora il
luogo privilegiato della cura e per questi motivi la demenza è spesso definita come una “malattia
familiare” (Spadin, 2008; Tognetti, 2004).
Dall’indagine AIMA Censis (2007) emerge che oltre l’80% dei malati vive nella propria abitazione ed
è curato da un parente, definito primary caregiver. L’attività dei caregiver primari è affiancata sempre
più da un vasto numero di lavoratrici, nella grande maggioranza dei casi straniere, comunemente
definite “badanti”, che spesso condividono con la persona malata e il suo familiare lo spazio domestico
e di cura (Catanzaro & Colombo, 2009; Pasquinelli & Rusmini, 2008). In Italia sono state stimate
774.000 “badanti” (di cui 700.000 straniere) principalmente donne (circa 90%) e nel 77,8% dei casi
provenienti dall’Est Europa (soprattutto Romania e Ucraina). In Italia il 66% delle lavoratrici straniere
non gode di un contratto di lavoro regolare costituendo gran parte del welfare sommerso del Paese
(ibidem).
Le lavoratrici straniere ricevono un salario per il loro lavoro di cura mentre i caregiver primari si
occupano di quello che è definito informal care, ovvero il lavoro di cura non specializzato e gratuito.
Negli ultimi vent’anni alcune misure del welfare rivolte alle famiglie (come assegni o sussidi statali) e
l’avvento delle lavoratrici straniere hanno reso meno netta la distinzione tra lavoro pagato e non pagato
e i confini tra care e work sono diventati via via sempre più ibridi (Ungerson, 2005).
Per quanto riguarda le persone con demenza, dunque, familiari e badanti restano i principali attori della
cura, tuttavia gran parte della letteratura si è focalizzata sull’indagine delle ripercussioni negative della
cura sullo stato di salute del caregiver (soprattutto di familiari e caregiver professionali) riscontrando
alti livelli di depressione, stress, burnout, ansia e isolamento (Salvo et al. 2007; Sansoni et al., 2004).
Molti di questi lavori si inscrivono nella cornice del modello “medico – positivista” per cui viene
enfatizzato il deficit cognitivo e gli effetti negativi “osservabili” e quantificabili che si riscontrano nella
vita del caregiver (D’Anastasio et al., 2008), trascurando i significati personali che la cura può avere,
soprattutto in relazione alle diverse culture di origine e alla relazione che si ha con la persona malata. In
particolare il punto di vista delle lavoratrici straniere occupa ancora un posto periferico negli studi
sociali, benché si tratti di un fenomeno molto diffuso e caratteristico del nostro Paese. Negli ultimi
decenni si è assistito ad un cambiamento di prospettiva per cui è cresciuto l’interesse verso gli aspetti
culturali e sociali del caring (Fine and Glendinning 2005; Kittay 2005; Baltes 1996), permettendo così
di restituire la dovuta complessità all’esperienza delle persone che convivono con questa malattia.
2. APPROCCIO TEORICO-EPISTEMOLOGICO E DOMANDE DI RICERCA
In un’ottica socio-costruzionista gli attori coinvolti nella relazione di cura (compreso lo stesso malato)
sono intesi come soggetti attivi che, in interazione con le altre persone, generano significati, li
trasmettono, li modificano e agiscono a partire da essi (Harrè, 1991; Mead 1966; Kelly, 1955).
Familiari e lavoratrici straniere creerebbero quindi delle teorie personali sulla cura della persona malata
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e sulla reciproca relazione a partire dai significati attribuiti alla loro esperienza: le norme culturali e le
credenze condivise influenzano i significati attribuiti alla cura, che, a loro volta, avranno significative
ripercussioni nella relazione con il malato e gli altri caregiver (Lawrence et al., 2011).
Sulla base di queste premesse alcuni autori (Fine and Glendinning 2005; Kittay 2005; Baltes 1996;
Kelly, 1969) hanno iniziato a costruire la cura come un’attività relazionale basata sulla costante e
reciproca interazione, mettendo così in luce le connotazioni positive del rapporto di dipendenza come
la reciprocità e il mutuo legame. Questa prospettiva si colloca in opposizione a quella ampiamente
condivisa nelle culture occidentali che connota la cura e la dipendenza come delle condizioni negative
e detestabili. Da un punto di vista costruttivista invece, la dipendenza è qualcosa di imprescindibile al
nostro vivere in società poiché si presume che la persona viva in una rete di relazioni e interdipendenze
(Minissi 2003; Kelly, 1969).
Alla luce di queste riflessioni, questo progetto si propone di esplorare le costruzioni che caregiver
primari e lavoratrici straniere hanno del concetto di cura e come questi attori si costruiscano
reciprocamente rispetto a questa dimensione, al fine di meglio comprendere i significati e le
attribuzioni che guidano il loro quotidiano lavoro con la persona malata. Si vuole così analizzare quali
somiglianze e differenze intercorrano tra le diverse costruzioni, ipotizzando che il ruolo rivestito nei
confronti del malato (se familiare o lavoratrice straniera), nonché il contesto culturale di origine
(regione italiana o specifico Paese straniero) siano variabili influenti. Specifichiamo che secondo una
prospettiva socio-costruzionista e interculturale, la “cultura” non è intesa come un’entità rigida e
stabile, esterna all’individuo che l’assume, ma è essa stessa una costruzione quindi mutevole e
plurisfaccettata definibile come un insieme di significati ampiamente condivisi da un gruppo
(Mantovani, 2004, 1998).
Il lavoro propone due principali domande di ricerca articolate nei seguenti obiettivi specifici:
1) Come familiari e lavoratrici straniere costruiscono la cura di una persona malata di demenza?
 Esplorare i significati personali relativi al costrutto di cura elicitati dai caregiver primari e dalle
lavoratrici straniere (coppie che curano la stessa persona malata).
 Analizzare e confrontare tali significati personali relativi al costrutto di cura in base al tipo di
relazione con il malato (se familiare o lavoratrice) e in base al contesto culturale di origine
(regione italiana o specifico Paese straniero).
2) Come familiari e lavoratrici straniere costruiscono se stessi e gli altri attori della relazione di
cura?
 Esplorare come caregiver primari e lavoratrici straniere costruiscono se stessi, l’altro caregiver e
la persona malata.
 Analizzare e confrontare le reciproche costruzioni in base al tipo di relazione con il malato e in
base al contesto culturale di origine.
 Indagare se e come queste costruzioni sono in relazione con le costruzioni di cura
precedentemente esplorate.
3. METODOLOGIA
Partecipanti
I partecipanti sono 30: 15 per ognuno dei 2 gruppi (familiari e lavoratrici straniere) che si prendono
cura una persona con demenza ad uno stato intermedio di malattia. Per esplorare le reciproche
costruzioni di sé e rendere quanto più confrontabili i due gruppi, si intende contattare coppie composte
da un familiare e una “badante”, che quindi si prendono cura della stessa persona. Per gli stessi motivi
preferiamo selezionare lavoratrici provenienti dallo stesso Paese straniero di cui c’è una maggiore
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rappresentanza sul territorio (la conoscenza della lingua italiana sarà un altro criterio di scelta). Per
quanto riguarda i familiari si selezioneranno le figlie (che siano anche caregiver primari) di una persona
con demenza così da rendere più omogeneo il gruppo: presupponiamo infatti che le figlie possano
appartenere ad una generazione simile a quella delle lavoratrici e sarà possibile operare un confronto
tra donne (ricordiamo infatti che il caregiver del malato di demenza è prevalentemente di genere
femminile, dato che rende lampante l’influenza esercitata dalle aspettative sociali e culturali che
assegnano pressoché totalmente alla donna il ruolo di cura e assistenza).
Attraverso un “campionamento intenzionale” (Cicognani, 2002) i partecipanti verranno reclutati
rivolgendosi direttamente alle Associazioni o ai Centri medici che nel loro lavoro incontrano i familiari
e le assistenti domestiche dei malati. Analizzato il contesto e stabilita una base di conoscenza e fiducia
con i referenti e i potenziali partecipanti, si esporrà il progetto di ricerca al fine di raccogliere i
nominativi delle persone interessate a partecipare.
Tecniche di rilevazione
Una volta ottenuto il consenso informato verrà sottoposta ad ogni partecipante una scheda di
presentazione per raccogliere i dati anagrafici e alcune informazioni utili ai fini della ricerca e alla
creazione dei gruppi. Verrà poi utilizzata una tecnica specifica per ognuna delle domande di ricerca.
Per la rilevazione delle costruzioni della cura riteniamo opportuno l’uso di interviste semi-strutturate,
viste le finalità esplorative della ricerca e il focus posto sulle costruzioni e sui significati personali.
Questa forma d’intervista permette infatti di lasciare sufficiente spazio e libertà all’intervistato pur
all’interno di uno specifico tema (esempi di domande: “Come definirebbe la cura?” / “Cosa pensa della
cura di una persona con demenza?” / “Ha sempre avuto questa idea?” / “Secondo lei chi dovrebbe
occuparsi della cura di una persona con demenza? Come mai?”). Per la conduzione dell’intervista ci si
rifarà alle indicazioni di Kvale (1996) e Flick (2014). Le interviste saranno svolte individualmente
faccia a faccia in un contesto familiare per l’intervistato e verranno audio registrate per raccogliere il
materiale da analizzare.
Per la rilevazione delle rispettive costruzioni tra gli attori implicati nella cura (persona malata,
caregiver primario e lavoratrice straniera), riteniamo possa essere molto interessante e idoneo l’uso
delle Perception Element Grid (PEG) di Procter (2014). Si tratta di griglie qualitative composte da una
tabella a doppia entrata dove nelle righe e nelle colonne vengono posti gli elementi d’interesse (v.
esempio). Alla partecipante si chiede di scrivere, in ogni incrocio, come lei pensi che l’elemento posto
in riga pensi/descriva l’elemento posto in colonna. Seguendo l’esempio, chiederemo a Ines
(l’intervistata) di dirci come descrive o come descriverebbe se stessa, Paula o Svevo, rispetto alla
relazione di cura, poi si chiederà a Ines come secondo lei Paula descriverebbe o parlerebbe di Ines, di
Svevo e di se stessa e così via.
Ines (familiare)
Esempio di PEG
Paula (badante)
Svevo (malato)
Ines (familiare)
Paula (badante)
Svevo (malato)
Strumenti di analisi
Per rilevare somiglianze e differenze tra le diverse interviste si effettuerà un’analisi del contenuto
attraverso il metodo classico di analisi (Tuzzi, 2005, 2003), pertanto i testi saranno strutturati in
categorie concettuali. Per la creazione delle categorie concettuali ci si rifà ai criteri delineati da Marradi
(1984) e Losito (1993). Possiamo ipotizzare di supportare questa fase utilizzando anche un software per
l’analisi testuale dei dati (SPAD o Alceste). Un’analisi di questo tipo ci può fornire infatti utili
informazioni sulla ricchezza lessicale e sulle corrispondenze tra i temi trattati.
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Per l’analisi delle PEG ci si rifà ad un’analisi qualitativo-tematica (Braun e Clarke 2006) sulla base del
contenuto semantico di quanto elicitato.
Analizzato il materiale, si potranno svolgere dei confronti tra i gruppi in base alle variabili prima
descritte. Particolare attenzione verrà posta infine alle eventuali relazioni tra il modo di costruire la cura
e il modo di costruire se stessi e gli altri nella relazione di cura (dialogo tra i dati delle interviste e
quelli delle PEG).
TIMELINE E FASI DELLA RICERCA
Mesi
1
2
3
4
5
6
7
8
9
10
12
14
16
18
20
22
24
Fasi
1
2
3
4
5
(Fase 1) Literature review e revisione del progetto. (Fase 2) Scelta del contesto empirico e
negoziazione dell’accesso al campo. (Fase 3) Interviste e raccolta delle perceiver element grids. (Fase
4) Analisi dei dati. (Fase 5) Scrittura dell’elaborato.
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