13 - CeSPI

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13 - CeSPI
PRIMO ROUND: SOSTENIBILITÀ DELL’ATTUALE MODELLO DI INTERNAZIONALZZAZIONE DEL
WELFARE E IMPATTO CHE ESSO PRODUCE SUL NOSTRO SISTEMA DI WELFARE
A) Andamento della domanda di lavoro straniero in differenti settori del welfare italiano
A.1 Rispetto alla situazione attuale, di che entità ritiene che sarà, nei prossimi 5/10 anni, l’andamento
del fabbisogno di lavoro straniero nei seguenti settori? (si prega utilizzare un gradiente da 1 a 3: 1=
più ridotto di quello attuale; 2=stabile; 3=in crescita; 4=in forte crescita):
Settore
Medi
ci
Infermie
ri
Operatori
socioassistenziali
e sociosanitari
Assistente
familiare
(“badante”)
a ore
Orizzonte
temporale
Assistente familiare
(“badante”) coresidente
Per
anziani
autosuffici
enti
Per
anziani
non
autosuff
icienti
Baby
sitter
Colf
Altro
(specificare
)
Tra 5 anni
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3
3
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2
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Tra 10 anni
2
3
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4
4
3
2
3
A.2 Quali sono le principali considerazioni che motivano le previsioni sopra riportate?
A mio avviso la domanda di lavoro immigrato nel settore di cura è destinata a crescere ulteriormente nel
prossimo decennio. I fattori che ne sono all’origine continueranno infatti ad esercitare la loro azione,
possibilmente con impatto anche maggiore di quanto sia accaduto fino ad oggi. Tra questi vale la pena di
ricordare che:
ƒ
Il numero assoluto di anziani e gli indici di invecchiamento demografico continueranno a crescere
rapidamente nel prossimo decennio. Le tendenze in atto non consentono di fare ipotesi molto ottimistiche
in merito ad una diminuzione dei livelli di disabilità tra gli anziani, che appaiono relativamente stabili.
La crescita del numero di anziani comporterà dunque un aumento grosso modo proporzionale del numero
di persone non autosufficienti. Le mie ipotesi su un aumento differenziato della domanda di cura per
anziani autosufficienti e non autosufficienti si basano sull’osservazione dei diversi tassi di crescita dei
sottogruppi di anziani tra i 65-79 anni e con più 80 anni: mentre gli ultraottantenni aumenteranno con
maggiore intensità nel quinquennio 2007-2012 (+555 mila unità secondo le previsioni ufficiali), il
gruppo tra i 65 e i 79 anni crescerà di numero specialmente tra il 2012 e il 2017 (+410 mila).
Contestualmente, nel secondo quinquennio potrebbe anche verificarsi una crescita più significativa della
domanda di servizi di cura a ore.
ƒ
In Italia c’è una diffusa ‘cultura della domiciliarità’, che fa preferire il ricorso ad una ‘badante’ piuttosto
che l’istituzionalizzazione dell’anziano in una casa di riposo. A motivazioni culturali si associano fattori
economici – secondo la gran parte delle stime le rette delle Residenze sanitarie assistenziali al netto dei
contributi statali sono almeno il 50% in più di quello di un assistente domiciliare – ed infrastrutturali –
l’Italia è il paese con il minor numero di posti-letto in residenze protette per anziani (20 ogni mille ultrasessantacinquenni, quando nessun altro paese industrializzato scende sotto la media dei 60). Tale
situazione lascia difficilmente immaginare che in futuro un ricorso all’istituzionalizzazione su vasta scala
possa rappresentare una soluzione alternativa alle cure domiciliari per ampie fasce della popolazione
anziana.
ƒ
Il cosiddetto welfare invisibile, ossia il lavoro di cura effettuato soprattutto dalle donne che all’interno
delle famiglie si sono pressoché da sempre fatte carico delle esigenze degli anziani, va man mano
sparendo, soprattutto a seguito dell’aumento dell’occupazione femminile. Poiché le prospettive di
crescita di tale segmento occupazionale sono ancora ampie – l’Italia ha tra i più bassi tassi di
occupazione femminile d’Europa e gli obiettivi di Lisbona sono ancora lontani, l’età pensionabile è in
aumento – c’è ragione di credere che il vuoto lasciato tenderà ad ampliarsi. Un ulteriore fenomeno che
interessa il calo di disponibilità di coloro che tradizionalmente si occupavano degli anziani è il
cambiamento delle condizioni abitative, con un numero crescente di anziani che vivono da soli e una
diminuzione del numero di famiglie multigenerazionali.
ƒ
La presenza di un ampio bacino di offerta di lavoro da parte della popolazione immigrata contribuisce a
limitare le retribuzioni e ridefinire al ribasso le condizioni di lavoro, sopratutto nel Mezzogiorno dove ciò
si interseca con un contesto di irregolarità diffusa. Parallelamente, le famiglie mostrano elevati livelli di
gradimento per i servizi domestici o di cura agli anziani prestati da lavoratori immigrati in virtù della
flessibilità di tale manodopera (multifunzionalità dei ruoli, disponibilità alla coresidenza). Così come
avvenuto per molte altre professioni, queste circostanze hanno avuto l’effetto di rafforzare stereotipi in
ordine alla particolare idoneità dei lavoratori immigrati a svolgere determinate mansioni – fenomeno
noto in letteratura come “etnicizzazione” del mercato del lavoro. Il basso status economico e sociale di
tali lavori continuerà con ogni probabilità a renderli poco appetibili per la forza lavoro locale, nonostante
l’introduzione del nuovo contratto nazionale per colf e assistenti domiciliari (i cui effetti sono discussi al
punto D2).
Nelle professioni sanitarie qualificate la situazione sembra essere diversa per infermieri e medici. Tra i primi
si osserva già una considerevole crescita dell’occupazione straniera. Alcuni segnali sembrano indicare che le
carenze di personale italiano diventeranno strutturali nel prossimo futuro – ad es. l’indagine Excelsior
evidenzia che gli infermieri sono attualmente tra le professioni con maggiori difficoltà di reperimento di
personale (65% di difficile reperimento tra le previste assunzioni nel 2007). Alcune regioni Italiane hanno
già firmato accordi bilaterali con province della Romania (ad es. il Veneto con Timis). Più in generale il
panorama internazionale, con la crescente internazionalizzazione della forza lavoro in questa professione in
un numero sempre maggiore di paesi, lascia presupporre che anche l’Italia sarà in futuro più interessata dal
fenomeno. Tra i medici, al contrario, non sembra esserci allo stato attuale un aumento significativo della
domanda di lavoratori stranieri. Sebbene il numero di laureati in medicina sia attualmente in calo (-18% nel
quinquennio 2006-2010 secondo stime Istat) ciò è in gran parte riconducibile ad un’abbondanza di offerta nel
settore (l’Italia, insieme al Belgio e alla Grecia, è tra i paesi OCSE con maggior numero di medici per
abitante).
Per quanto riguarda le baby sitter non sussistono a mio modo di vedere le condizioni per un aumento
significativo della domanda di lavoro immigrato – al di là della già ricordata multifunzionalità dei ruoli dei
lavoratori occupati presso le famiglie. Le tendenze demografiche, pur in presenza di una lieve ripresa della
fecondità, non presuppongono un aumento del carico demografico dei bambini sulla generazione delle madri.
L’aumento della partecipazione lavorativa femminile potrebbe determinare un lieve aumento della domanda
di assistenza per i bambini ma il suo impatto rimarrà quantitativamente limitato.
B) Andamento del rapporto tra domanda e offerta di lavoro nel mercato socio-sanitario e della cura in
Italia
B.1 Ritiene che in Italia, nei prossimi 5/10 anni, l’attuale flusso migratorio diretto al settore sociosanitario e della cura in provenienza dall’Europa dell’Est si ridurrà, rimarrà stabile o aumenterà?
Dal lato dell’offerta, ci sono ragioni di varia natura che suggeriscono che i flussi di emigrazione provenienti
dall’Europa Orientale tenderanno a diminuire.
ƒ Le analisi economiche mostrano che nei paesi Est-Europei esiste una elevata correlazione tra
propensione ad emigrare e livelli di reddito pro-capite. Se il processo di convergenza economica tra Est e
Ovest europeo, già in atto, continuerà come è legittimo prevedere (anche e soprattutto in virtù del
progressivo allargamento ad Est dell’UE) l’azione dei fattori economici di attrazione e di spinta sarà
attenuata.
ƒ Le previsioni demografiche mostrano che i paesi Est-Europei andranno incontro ad una diminuzione
della popolazione in età lavorativa nelle classi di età più giovani, le più esposte al rischio di emigrazione.
Questo potrebbe anche incidere positivamente sui livelli di disoccupazione giovanile.
ƒ Gli elevati livelli di istruzione degli Est-Europei lasciano presupporre che, in presenza di opportunità di
lavoro più qualificato, coloro che avranno comunque un’elevata propensione ad emigrare sceglieranno
altri poli – geografici o economici – della domanda. L’ampliamento del mercato globale di lavoratori ad
elevata qualifica che si sta registrando in molti settori economici sembra supportare questa ipotesi.
Quali potrebbero essere i principali bacini di reclutamento alternativi?
Grandi incertezze – particolarmente in termini di dimensioni dei flussi – restano sul futuro dell’emigrazione
dall’Asia e soprattutto dall’Africa sub-Sahariana, che attualmente – con la sola eccezione del Senegal –
rimane la grande assente nel panorama della presenza straniera in Italia. In termini generali molti paesi
africani non hanno ancora raggiunto livelli di “sviluppo” che innescano migrazioni economiche di larga scala
e i mercati del lavoro locali non sembrano assolutamente in grado di assorbire l’enorme surplus di offerta che
si verificherà a seguito delle attuali tendenze demografiche. Difficile dire se questi fattori di spinta daranno
effettivamente luogo a significativi flussi di emigrazione ed in quale direzione. Fino ad oggi una netta
maggioranza dei migranti africani si è spostata all’interno del continente, ma sembra essere in aumento la
quota che si dirige verso gli Stati Uniti e l’Europa ed il progressivo miglioramento dei mezzi di
comunicazione lascia presupporre che tale tendenza continuerà in futuro. Va detto però che numerosi paesi
africani già esportano enormi risorse umane con elevati livelli di formazione massicciamente impiegate sia in
ambito medico sia, in misura minore, nei servizi di assistenza degli anziani (ad es. in Francia, Inghilterra,
Stati Uniti). Poiché in molti di questi paesi gli elevatissimi tassi di emigrazione di dottori ed infermieri
(secondo dati OCSE spesso superiori al 30%) aggravano le già drammatiche carenze di personale nel settore,
le attuali politiche di reclutamento messe in atto da alcuni paesi (primo fra tutti il Regno Unito) non possono
essere considerate sostenibili nel medio-lungo termine.
Si possono prevedere, e quali sono, le difficoltà di ordine sociale connesse a un eventuale cambiamento
delle aree di reclutamento?
Gli immigrati che fino a questo momento hanno avuto accesso al lavoro domestico e di cura provengono in
larga maggioranza dai paesi culturalmente più vicini a noi – l’Europa dell’Est, le Filippine, l’America Latina.
Ciononostante, indagini presso le famiglie italiane evidenziano che le differenze culturali siano considerate
di gran lunga il principale svantaggio del lavoro immigrato1. In un eventuale futuro in cui la disponibilità di
manodopera proveniente da questi paesi non dovesse essere più sufficiente a soddisfare la domanda di servizi
domestici e alla persona, importanti problematiche di ordine sociale potrebbe emergere se la società italiana
non acquisirà una consapevolezza della propria inevitabile diversità e non saprà sradicare le sacche di
razzismo e xenofobia purtroppo ancora presenti in varie forme e a vari livelli nel nostro tessuto sociale.
B.2 Tenendo conto degli scenari sopra descritti, ma anche delle tendenze che, ad oggi, cominciano a
profilarsi, ritiene che ci sarà, nei prossimi 5/10 anni, un divario significativo tra domanda e offerta di
lavoro nei settori indicati? (si o no):
Settore
Medi
ci
Infermie
ri
Operatori
socioassistenziali
e sociosanitari
Assistente
familiare
(“badante”)
a ore
Orizzonte
temporale
Assistente familiare
(“badante”) coresidente
Per
anziani
autosuffici
enti
Per
anziani
non
autosuff
icienti
Baby
sitter
Colf
(specificare
)
Tra 5 anni
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Si
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Tra 10 anni
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Altro
Bichi R., Zanfrini L. e Zucchetti E. (cur.) 2006, Il Mezzogiorno dopo la grande regolarizzazione. La domanda di
lavoro immigrato e il ruolo degli attori locali, Franco Angeli.
B.3 Quali sono i fattori (ad esempio, di ordine demografico, socio-lavorativo, culturale, etc.) che
possono contribuire a determinare il divario tra domanda e offerta nei segmenti indicati?
L’offerta di manodopera nei vari settori dell’economia è tra variabili più difficili da prevedere, in primo
luogo perché non è possibile prevedere l’evoluzione degli scenari politico-istituzionali che determineranno
l’accesso al mercato e la remuneratività – intesa in senso lato – delle diverse professioni. Premesso ciò,
alcuni processi potrebbero determinare squilibri tra domanda e offerta di lavoro nei settori considerati.
ƒ L’elevato livello di dipendenza del lavoro domestico e di cura dalla disponibilità di manodopera
immigrata sembra destinato a continuare. È difficile infatti prevedere un sostanziale miglioramento dei
salari e delle condizioni lavorative in tali mestieri che possa renderli appetibili alla forza di lavoro locale,
specie in presenza di una manodopera molto adattabile che esercita una spinta al ribasso e il cui incontro
con la domanda avviene spesso con le modalità del lavoro sommerso. Se, allo stato attuale,
l’immigrazione sembra essere una risorsa sufficiente per soddisfare la domanda, questo potrebbe non
essere più così vero nel medio termine – se ad esempio dovesse verificarsi la già discussa possibile
riduzione delle migrazioni in provenienza dall’Europa dell’Est.
ƒ È rilevabile in diversi territori una diminuzione della disponibilità delle assistenti familiari alla coresidenza. È una tendenza difficilmente quantificabile ma in via di affermazione e segnala un processo di
integrazione delle assistenti familiari nel tessuto sociale che inizia con la ricerca di un alloggio autonomo
con i ricongiungimenti familiari. Ne segue una crescente preferenza per il lavoro a ore che rischia di
lasciare scoperta la domanda di assistenza sulle 24 ore.
ƒ È possibile che aumentino i flussi di ritorno e/o di emigrazione verso altri paesi. Questo potrebbe
riguardare soprattutto i lavoratori migranti che accettano di co-risiedere con le famiglie presso cui
prestano servizio, poiché essi nella maggior parte dei casi non intraprendono passi fondamentali del
processo di radicamento sul territorio (ad es. formazione di una famiglia o ricongiungimento famigliare)
che ne incrementano la probabilità di soggiorno di lungo periodo.
ƒ Gli immigrati che arrivano con titoli di studio più elevati e/o intraprendono percorsi formativi nel nostro
paese potrebbero sperimentare un processo di mobilità socio-economica. Il lavoro domestico e di cura è
infatti percepito come il gradino più basso del mercato dei servizi ed è dunque lecito aspettarsi che, tra
coloro che decideranno di stabilirsi a lungo nel nostro paese, le fasce più erudite ed intraprendenti
cercheranno di affrancarsene – come sta avvenendo ad esempio nel Regno Unito, dove i livelli di
permanenza nel settore sono tra i più bassi del mercato del lavoro e il turn-over tra i più elevati. Il fatto
che la stragrande maggioranza degli stranieri impiegati nel settore dell’assistenza domiciliare non
dispone di specifiche qualifiche circa il lavoro di cura, è un ulteriore elemento che lascia intravedere forti
livelli di abbandono del settore. Va però detto che il mercato del lavoro italiano non sembra affatto
pronto ad accettare una spinta concorrenziale del lavoro immigrato in professioni più ambite, per cui un
sostanziale processo di mobilità sociale dei lavoratori stranieri potrebbe verificarsi su un orizzonte
temporale più lungo di quello considerato.
ƒ Una carenza di personale infermieristico si sta verificando come risultato dell’aumento del fabbisogno di
cure e dell’invecchiamento della forza lavoro in questo settore (aumento dei pensionamenti), fenomeni ai
quale non corrisponde attualmente un’offerta formativa in grado di garantire l’ingresso nel mercato di un
numero sufficiente di nuove leve – sottodimensionata di circa il 50%. Inoltre, la capacità di espansione
del settore è limitata dall’assenza di adeguate risorse di bilancio per le nuove assunzioni. Pur essendo il
ricorso a manodopera straniera in forte aumento anche in questo segmento della forza lavoro, questa
soluzione presenta maggiori difficoltà rispetto al caso delle cure socio-assistenziali perché il mercato è
più regolamentato e le competenze richieste più elevate (titoli di studio specialistici, test di lingua
italiana).
C) Impatto del ricorso a manodopera straniera nel settore dei servizi alla persona, alle famiglie e sociosanitario, sul sistema di welfare in Italia e nei paesi di origine
C.1 Potete evidenziare l’impatto che il ricorso a manodopera straniera nel settore dei servizi alla
persona, alla famiglia e socio-sanitario genera sul sistema di welfare italiano (principali
trasformazioni; nuove opportunità; nuove problematicità/costi diretti e indiretti)? [Chi lo desidera può
riferirsi esclusivamente al livello locale e/o a un settore specifico: i.e. settore infermieristico o
cooperazione sociale].
Il ricorso a manodopera straniera ha avuto il principale effetto di trasferire parzialmente il lavoro di cura dai
caregivers informali – soprattutto donne che assistevano i propri famigliari – ad una manodopera che in larga
parte opera sempre a livello informale ma retribuito. Tale ‘privatizzazione dal basso’ dei servizi di cura è
stata agevolata da un sistema di welfare pubblico che privilegia le erogazioni monetarie (pensioni, indennità
di accompagnamento) rispetto alla fornitura di servizi, incoraggiando quindi il ricorso a servizi privati. In
aggiunta, si può sostenere che la disponibilità di lavoratori immigrati ha rafforzato una già radicata cultura
della domiciliarità, limitando ulteriormente la bassa propensione all’istituzionalizzazione degli anziani.
La rapidità con cui il fenomeno si è affermato dipende dal fatto che esso appare vantaggioso per tutti i
soggetti coinvolti: per le famiglie, che trovano nei lavoratori immigrati una risorsa ad un prezzo
relativamente contenuto, soprattutto grazie alla diffusa irregolarità dei rapporti di lavoro ed alla non piena
valorizzazione dell’orario che spesso richiede un impegno effettivo sulle 24 ore; per i lavoratori immigrati,
che si inseriscono nel mercato del lavoro e scegliendo la co-residenza possono trovare una soluzione anche al
complicato problema dell’abitazione (e del vitto), minimizzando così i consumi durante il loro soggiorno in
Italia; per i servizi pubblici, che vedono ridursi la pressione della domanda.
Questo nuovo mercato presenta tuttavia numerosi elementi di problematicità: il suo carattere in gran parte
sommerso (dunque evasione sia fiscale sia contributiva); la qualità variabile dei servizi prestati (la gran parte
di immigrati occupati nel settore non ha formazione specifica); il rischio di sfruttamento del lavoro, specie ai
danni di immigrati irregolari conviventi; il basso livello di integrazione sociale di questi ultimi; la tendenza a
sfuggire al sistema dei servizi sociali; la dipendenza del settore da un’offerta di lavoro esogena.
C.2 Sulla base della vostra esperienza, ritenete che l’emigrazione femminile orientata ai settori della
cura e socio-sanitario possa avere un impatto sui paesi di origine? Se sì, di che natura?
Pur non avendo sufficienti elementi conoscitivi in materia posso ipotizzare che l’emigrazione femminile
vada ad intaccare profondamente il sistema relazionale e la fornitura di assistenza ai soggetti deboli
(bambini, anziani) all’interno delle famiglie interessate. In gran parte dei casi (65% secondo la già richiamata
indagine di Bichi et al. 2006) i figli vengono infatti lasciati nel paese di origine anche per periodi lunghi,
affidati a parenti o amici e sostentati a distanza tramite l’invio di rimesse. Un caso peculiare in tal senso è
quella delle donne ucraine, la maggior parte delle quali è emigrata in età avanzata (dopo i 40 anni) a seguito
di una separazione o divorzio ma lasciandosi alle spalle figli già grandi – e la loro sostanziale indipendenza
da legami ne ha certamente favorito la disponibilità alla co-residenza, tanto apprezzata dalle famiglie
italiane.
Implicazioni importanti ci sono certamente state anche per le modalità di assistenza degli anziani, dal
momento che nei paesi di origine generalmente non esiste un’ampia fornitura di servizi alle persone non
autosufficienti – tanto meno nell’Europa dell’Est, dove il grado di copertura dei sistemi pubblici di welfare si
è ridotto dopo la caduta dei regimi comunisti. Il problema dell’assistenza degli anziani si presenterà in
misura sempre maggiore nel prossimo futuro, visto il rapido invecchiamento cui questi paesi sono soggetti.
D) L’impatto delle politiche sulle trasformazioni del mercato internazionale dei servizi alla persona,
alla famiglia e socio-sanitario
D.1 Potete evidenziare i fattori di forza e di debolezza delle principali politiche dirette a gestire il
mercato internazionale dei servizi alla persona, alla famiglia e socio-sanitari?
In Italia è mancata totalmente una programmazione politica adeguata a gestire l’immigrazione nel settore di
cura. Il modello del decreto flussi ha manifestato tutti i suoi limiti, stabilendo quote mai rispondenti ai
bisogni reali. Nonostante la grande regolarizzazione del 2002 avesse fatto emergere chiaramente il
fenomeno, i flussi di ingresso per lavoro domestico e di cura sono stati largamente sottostimati anche negli
anni successivi. Inoltre, i criteri per i ricongiungimenti famigliari e le chiamate nominative sono stati fissati
in modo restrittivo, limitando gli altri possibili canali di ingresso regolare. Tutto ciò ha determinato
nuovamente la formazione di un ampio bacino di irregolarità. Di conseguenza, i recenti decreti flussi sono
stati in larga misura utilizzati per regolarizzare rapporti di lavoro già in essere con immigrati che da tempo
lavoravano irregolarmente, molti dei quali (circa il 50%) sono stati comunque esclusi dal provvedimento.
La Bossi-Fini non è solamente risultata inefficace nella gestione dei flussi di ingresso attraverso i canali della
regolarità, ma ha anche contribuito a far ricadere nell’irregolarità coloro che avevano un permesso di
soggiorno introducendo legami più stretti tra la durata del permesso di soggiorno e la durata del contratto di
lavoro, vincoli abbastanza problematici nel settore del lavoro di cura che è di per sé un’attività ‘a termine’.
Non mi pare si possa parlare di punti di forza, a meno di non considerare tale il fatto che l’assenza di
regolamentazione adeguata a gestire il fenomeno contribuisce ad alleviare parzialmente gli oneri dello Stato
nell’erogazione di servizi di cura ed assistenza.
D.2 Nel futuro, quali scenari politico-istituzionali - nazionali e internazionali - possono influenzare lo
sviluppo del mercato internazionale dei servizi alla persona, alla famiglia e socio-sanitari (si prega di
evidenziare rischi e opportunità)?
Nell’immediato futuro le principali incognite derivanti dagli attuali assetti politico-istituzionali riguardano
l’urgenza di modificare i meccanismi di regolamentazione dei flussi migratori nell’ambito del settore di cura
(oltre che dell’economica e della società nel loro insieme) e gli effetti del nuovo contratto nazionale per le
assistenti domiciliari approvato nel 2007 e a regime da gennaio di quest’anno.
Le carenze dell’attuale legge sull’immigrazione sono state già evidenziate al punto precedente. Purtroppo lo
scenario politico rende altamente improbabile l’approvazione di una riforma in tempi brevi, per cui è facile
prevedere che il sistema dovrà continuare a sanare periodicamente l’irregolarità endemica con provvedimenti
di regolarizzazione formali o sostanziali.
Introducendo un innalzamento considerevole dei minimi retributivi (circa il 30%) ed importanti modifiche
delle condizioni contrattuali a tutela del lavoratore (tra cui riduzioni dell’orario di lavoro e possibilità di jobsharing), il nuovo contratto nazionale è ovviamente da considerarsi un importante passo avanti poiché
consente un più corretto inquadramento del lavoratore. Tuttavia, esso potrebbe incentivare il ricorso al
sommerso. Aumenta infatti il divario di costi tra la ‘badante’ in nero, senza formazione ma più economica, e
chi è qualificata ed in regola. Un altro effetto potrebbe essere una crescita del ricorso ai servizi pubblici
(residenziali e non) dal momento che le differenze di costo per chi vuole operare nei canali della regolarità si
riducono mentre la qualità dei servizi è in media superiore.
Nel medio-lungo termine, le maggiori incertezze riguardano la possibilità che il settore pubblico intervenga
in modo più sostanziale nella gestione del lavoro di cura garantendo più elevati standard di qualità ed
efficienza attraverso meccanismi di finanziamento, erogazione dei servizi o appalti al terzo settore. Sebbene
l’assistenza domiciliare sia generalmente considerata la miglior soluzione per il problema
dell’autosufficienza degli anziani, attualmente lo Stato e gli enti locali non forniscono un adeguato sostegno
alle famiglie per svolgere tale compito. E in tal senso i futuri scenari di bilancio rappresentano un vincolo
rilevante. Le previsioni della spesa pubblica mostrano infatti che nel prossimo decennio si dovrà sostenere un
incremento dell’ordine del 15% del rapporto tra spesa per Long Term Care e PIL dovuto esclusivamente a
fattori di natura demografica, senza cioè modificare l’ammontare di trasferimenti pro-capite alla popolazione
anziana – e questo senza contare l’aumento ben più consistente in termini assoluti della spesa pensionistica e
sanitaria. Non sembra pertanto realistico ipotizzare, per il prossimo futuro, una crescita del grado di
copertura dei servizi pubblici, in quanto, a fronte del progressivo aumento della popolazione anziana, un
considerevole incremento di risorse sarà necessario soltanto per mantenere i livelli attuali.
D.3 Ci sono ulteriori elementi che ritiene utile evidenziare e che non sono stati messi in luce dalle
domande precedenti?