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Intervista rilasciata su videocassetta dalla Sig.ra Augustina BELLETTATI il 6 maggio 2003 presso
la nuova sede dell’ANPI di Rivoli – Palazzo Comunale di Via Capra
Intervistatrice: Prof.ssa Marina Bellò. Addetto alla registrazione: Prof. Alberto Farina
2° parte
Senta durante
il periodo del fascismo, lei si ricorda quando hanno
cominciato a perseguitare gli ebrei? Voi sapevate qualcosa? Si diceva
qualcosa, o non si sapeva niente?
No, non sapevamo perché come dico noi andavamo a lavorare, partivi al mattino e
tornavi alle sera. Mia mamma diceva fate attenzione, non parlate non fermatevi per le
strade perché non si sa mai chi si incontra, ci può essere il bravo, in mezzo al bravo ci
può essere anche il cattivo. E allora non sapevamo certe cose. Certe cose le abbiamo
sapute quando poi abbiamo sentito le parole che avevamo già un’altra età, ma ormai ho
detto, a me tutto quello che succede non interessava più. Avevamo perso tutto il
nostro bene; non l’avevamo più.
•
E del lavoro in fabbrica, come si lavorava, c’erano dei diritti, non c’era
niente…
Bisognava lavorare, bisognava lavorare e stare zitti; a parte che io avevo un bravo
datore di lavoro, perché io avevo mio papà che era malato e gli ho detto guardi mio
papà ha una paralisi e mia mamma, poverina lei era 130 chili, malgrado che non c’era da
mangiare da mangiare non è venuta magra, la costituzione era quella. Gli ho detto non
può portarci da mangiare, se permette io esco da lavorare un’ora prima, ma vengo
un’ora prima al mattino, e lui i ha detto nessuno mi ha mai chiesto una cosa del genere,
,ma dato il caso Bellettati, se lei mi chiede una cosa del genere, senz’altro può uscire
alle 11. andavo all’ospedale, gli davo da mangiare e poi andavo a casa, mangiavo e poi
andavo in fabbrica. Andavo un’ora prima e così mettevo a posto l’ora che perdevo. E
l’ho fatto per un periodo di tempo abbastanza. . . ecco io posso dire quello, che per me
sono state persone molto molto per bene..
•
• In quale fabbrica?
Sempre alla Saiwa di Borgo Nuovo. Posso proprio dire che non avrei potuto lamentarmi.
E mi ha detto facciamo il possibile, perché sa anche noi abbiamo bisogno, il lavoro, una
cosa e l’altra. Si, gli ho detto, il lavoro, vengo il mattino alle sette o alla sera. Lui mi ha
detto: a me basta così . Allora io all’una andavo in fabbrica e allora facevo il lavoro che
dovevo fare e mettevo a posto quell’ora che perdevo alle 11 per uscire. Ecco per me
sono sempre state persone per bene e anche quando mi sono licenziata hanno detto,
ma no signora, non stia a casa, venga a lavorare con noi (c’era il figlio). Io ho detto,
guardi mio marito ha detto per i bambini che abbiamo da mantenere, che io non ho
potuto averne bambini…, e allora dico sto a casa. Mi dispiace proprio perché è una di
quelle poche persone che potevamo darci in mano qualunque cosa. Sono stata 33 anni…
•
Quindi lei si è poi risposata?
Mi sono risposata con il fratello, con il fratello di mio marito. Che io non mi sarei
risposata, ma mio suocero ha cominciato a dire: sei giovane e se un domani dovessi
sposarti, se uno ti vede la fotografia di mio figlio lì , leva quella fotografia, cosa fai?
Perché è bravo ma io non volevo, no, non mi sento e invece lui mi ha detto: so che mio
fratello ti voleva tanto bene e col tempo mi vorrai bene. E adesso sono 25 che sono
vedova. Era destino che dovevo stare da sola. Poche parole….
Certo…. E durante la guerra, qui a Rivoli, lei si ricorda dei bombardamenti,
la vita che si faceva, i problemi per trovare da mangiare, ci racconta
qualcosa, qualche episodio..
Cose neanche da credere. Qui se uno non l’ha passato non può credere. Con la cosa che
mio marito, il primo poverino che faceva il calzolaio, allora molta gente veniva là e c’era
anche gente di campagna, dei contadini, e dicevano guarda io non ti do i soldi ma ti
porto da mangiare. Allora chi portava il pane, chi portava il salame, chi … allora lui mi
diceva: guarda noi lavoriamo e mangiare non ce ne manca e allora portane anche un po’
a tuo papà e a tua mamma che sono là e non hanno niente. Avevamo la tessera, ma la
tessera, una pagnottina così e via. E niente, abbiamo tirato avanti, ma ce ne sono stati
tanti che proprio… è stata una cosa incredibile, impossibile.. Già dove lavoravano, la
situazione di famiglia, se uno non aveva, non era benestante o non aveva la possibilità
di qualche cosa, ha tribulato le pene dell’inferno.
•
• E lei ha visto qualche bombardamento…
Bombardamenti? Bombardamenti… eravamo sotto i bombardamenti. Perché quando mio
papà era infermo che era casa malato, una notte, tutta la notte, è stato un
bombardamento, mamma mia senti che roba, ma dico andiamo a vedere Giuseppe,
andiamo a vedere e c’era anche mia cugina con suo marito, andiamo a vedere perché ho
paura che ci sia qualche cosa. Arrivo là, mamma, mamma, la casa vuota. E ho sentito
come un lamento. Guardo in camera e mio papà poverino era nel letto, perché lui non
poteva alzarsi, perché era paralizzato, e l’ho visto che aveva tutte le mani tagliate e i
pezzi di vetro della porta che sono andati giù, gli erano andati addosso. E allora era
tagliuzzato nelle mani e nella faccia. Papà, papà e lui ha detto: io non ho potuto
scappare, mamma è in cantina. E di fatti poi sono andata giù in cantina e c’era la
signora Simioli con i suoi figli, e c’era anche altra gente perché nella casa Tavolata
c’erano quaranta famiglie. Npn era una casa piccola. Insomma hanno detto cosa c’è.
Uno strazio, vedere Rivoli faceva paura. Lei vedeva solo un fuoco da dove inizia Rivoli,
Piazza Aldo Moro (?) al Castello era tutto un fuoco dappertutto. E3 uno non sapeva
che strade prendere, dove girare e come fare per poter… cose neanche da credere. E
sotto i bombardamenti ci siamo stati un bel periodo, fin che poi è finito tutto, ma
l’abbiamo passata brutta. Noi poi tra il papà, tra la mamma, fratelli che erano via,
perché i fratelli allora erano militari, quando sono venuti a casa lui poverino era morto,
e noi sono andati in montagna, perché a casa non potevano stare. E infatti erano
diversi famiglie. C’erano i Riccardi i Peretti, c’erano i Simioli, erano tante famiglie con
tutti sti ragazzi di 20, 22 anni e allora loro sono andati via tutti. Hanno avuto tutti la
fortuna di arrivare a casa. Invece i miei poverini sono rimasti lì ….ecco quello faccia
grossa (indica un quadro con le fotografie di tutti i caduti di Rivoli) vicino ai Piol è
Decimo, mancavano 12 giorni a fare 23 anni e invece l’altro sopra, vicino a Leone, ecco
Alvaro, quello lì mancavano pochi giorni a fare 25 anni. Mio marito aveva 30 anni. Mio
marito aveva 30 anni e il povero Simioli aveva 42 anni perché era del 1902. sono stati
fucilati nel ’44..
Senta, dell’occupazione fascista cosa ricorda? Dove erano i fascisti, si
vedevano per la strada, cosa facevano..
Si vedevano ma loro erano sempre in squadroni.. ma loro quando erano partigiani, io
andavo su delle volte, perché facevo la staffetta e avevo persone che mi dicevano:
ricordati di portare i. … ai tuoi fratelli .. perché al mulino di Villarbasse tanti sono
andati perché lì portavano lo zucchero, portavano la pasta; allora io avevo il Geom.
Rosa diceva: di ai tuoi fratelli che si trovino al tal posto il tal giorno alla tal ora e c’è il
camion che passa e porta la roba. Altre persone abbiamo avuto anche dei contadini che
sono stati… ad esempio io avevo Giovanni Ranello che è stata una persona, non so dirle,
baciare dove camminava, un contadino e aveva i tedeschi in casa sua e diceva: devo
andare in campagna altrimenti lascio andare in malora il grano e loro:sì , sì . Perché
avevano fiducia e invece ci portava i fucili su ai partigiani, a Villarbasse, per andare a
Villarbasse, nella vigna che avevano là. E io dicevo Giovanni capita così , così , va bene,
stai tranquilla. E di fatti quando suo figlio, che era come si dice, gli italiani che si sono
messi con i tedeschi…
•
• Collaborazionista
e lui era militare, l’avevano preso e poi lui è andato diciamo nelle SS. Era venuto a casa
in licenza. Quando ha finito la licenza ha detto: io parto e ha salutato i tedesche che
erano nella cascina dove era lui. Allora c’era la cascina che adesso non c’è più…e lui
invece di partire e andare.. è andato su assieme ai partigiani, e lui andava nella vigna,
dove avevano una casettina, e suo figlio era lì assieme agli altri partigiani quando
venivano a prendere, che io dicevo dovete andare qua, dovete andare là, allora loro
dicevano vieni su. Perché facevo proprio la staffetta, andavo a lavorare ma avevo
anche quello, che il padrone mi lasciava, io dicevo mi assento ma pio recupero. Allora
lui mi diceva: vai, devi andare, di che facciano il loro dovere…
• quindi sapeva che i suoi fratelli erano partigiani?
Lo sapeva che erano partigiani. Del padrone della fabbrica dove lavoravo non posso
dire tanto così . Posso dire che sono stati sempre persone per bene, perché c’era
anche il dottor. Tomaio (?) e mi diceva ma glielo dica ai suoi fratelli. Ma dato che lui
abitava nella villa proprio vicino ai tedeschi. Io non so, diceva, che idea abbia lui, di
Girono sapevo perché, ma di quello non sapevo… no dicevo io, non so.. con quella scusa lì
lui dice io lo so che sono partigiani; ma guardi dottore non so cosa dire. Ho capito
tutto, ma stai tranquilla che io non sono di quelli che vanno a fare la spia. Però io non
ho mai detto: sì , sono partigiani.
• E come staffetta lei cosa faceva?
Lavoravo, lavoravo in fabbrica e poi andavo in bicicletta con mio fratello, il più piccolo,
che era anche lui un ragazzo, dicevo vieni con me, sai da solo non si sa mai, mamma ha
paura, e andavamo e ci trovavamo… ma quanta strada abbiamo fatto…. Avanti e
indietro, andavamo su a Coazze, e sono andata su anche dove erano loro. Dato che i
tedeschi avevano fatto un prelevamento a Rivoli, hanno preso anche mio fratello
assieme a tutta sta gente; lui era bambino. E ho detto io ai miei fratelli, guarda che
hanno preso anche Giovanni, ma come, se è un bambino! I tedeschi l’hanno preso e poi
l’hanno portato fino a Orbassano; ne hanno fucilati tanti, e si vede che loro sapevano,
io non lo so, non posso dire niente… e gli altri li hanno lasciati venire a casa. E così han
detto: la prossima volta portalo su con noi. E l’hanno tenuto là con loro fin tanto che
sono venuti a casa. E lui l’hanno mandato a casa, invece loro…. È stata una vita brutta..
E le è capitato qualche volta di incontrare i tedeschi mentre portava
qualcosa?
Di stare tre ore dentro un fosso, tre ore dentro un fosso. Perché passava, come si
dice, non mi vengono le parole, erano come non so, per tre ore sempre camion e via via..
•
• ..una colonna..
ecco una colonna di tedeschi, e io che arrivavo da là mi sono buttata dentro quel fosso
lì, vada come vada. Ero un po’ profondo, sono andate dentro con la bicicletta, sono
stata lì fino alla sera che poi c’era il coprifuoco, e poi non ho più sentito rumore e
sentivo che erano molto lontani, dico adesso vado a casa. Sono arrivata a casa che
erano, tra la strada che va ai Tetti e l’altra che viene a Rivoli, al fondo di via xxv
Aprile , lì c’era un prato e c’era mio fratello, che era sposato, era coricato là in mezzo
al grano. Mi fa sono io; quando ho sentito così dico ma come mai? Come mai, hai
sentito? Sì ho sentito. Sono passati e dico: io ero dentro un fosso. Non ti hanno vista
perché avevano proprio dei riflettori che…. Ma il fosso come dico un po’ profondo,
sotto c’era acqua, poca, e sono sempre stata là fino a quando non ho più sentito nessun
rumore, allora sono venuta su con la bicicletta e sono venuta a casa. Sono arrivata a
casa alle nove e mezza, alla sera, che mia mamma mi ha detto: mi fai morire. Ma
mamma, se mi trovavano potevano ammazzarmi. Sono ancora arrivata. Però ne abbiamo
passate, ne abbiamo passate… e dovessi dire noi sgarberie non ne abbiamo avute, però
quel disgraziato lì , e pensare che c’era un signore, che lui abitava al primo piano e noi
al pianterreno, un signore al secondo piano e ha ascoltato e ha detto, questo che ha
fatto la spia, ha detto: guarda sono partigiani sai, dobbiamo farli prendere, con un
altro che era anche lui fascista però gli ha detto: guarda ti hanno mai fatto niente a
te, dice no, neanche a me, lascia che vadano per la loro strada, ha detto questa altra
persona. E lui fa: no, no, no, ormai proprio sono qua e io li faccio prendere. E di fatti
hanno circondato la casa e Tavolada mi ha detto, ma potevano saltare qua da me. Ma
come facevano a saltare di là che hanno circondato completamente la casa davanti e
dietro? e se mentre andavano fuori dalla finestra li vedevano li ammazzavano lì , nella
casa… e così li hanno poi ammazzati dopo.
• Senta, e quindi il 25 aprile, la Liberazione, per lei cosa è stata?
A guardi, per me è stato un gran piangere. Perché pensavo tante cose e non c’era più
niente di niente. … allora ero capace a camminare, facciamo il corteo, andavo a tutte le
cose che c’erano e poi ho detto…. adesso sono arrivata proprio a destinazione, perché
ho fatto un’infarto, poi ne ho fatti altri due; ho fatto tre infarti. Sono stata… ho
dettoo al mio dottore, bravo dottore anche quello, che mio fratello ha detto: io gli
faccio levare la licenza… lascia perdere,per carità, ne abbiamo passate tante nella
vita, lascia perdere. Sono andata dal dottore e gli ho detto: ho tanto male, ho tanto
male. Lui mi ha visitato e mi fa signora, vada a casa e poi chiami la Croce Rossa che la
porti al Pronto Soccorso. Ma mentre che ero là, poteva lui telefonare e dire ho una
mia paziente… sono andata a casa ma non ero capace a camminare, e pensare che era a
cinque minuti di strada da dove abita il dottore. E poi ho visto una signora che era
impiegata là alla Saiwa e mi fa signora Bellettati… Dico ho tanto male, non ce la
faccio.. e mi ha accompagnato fino a casa. E le ho detto cosa faccio. Ho detto a
questa signora, telefoni a mia nipote, che abita a Orbassano. Ha telefonato. Sono
venuti su in picchiata, e mi hanno portata all’ospedale; sono stata otto giorni alla
riabilitazione e poi altri due infarti; sono stata un mese ecco in ospedale…..
• Ma poi si è ripresa bene?
Sì , mi sono ripresa bene. Ma mi sono ripresa in modo che non sono più capace a
camminare. Guardi che piedi che ho; e poi ho i dolori, poi le gambe… le caviglie sempre
gonfie; prendo le pastiglie. Per i dolori non posso prendere niente, perché una volta ho
detto:dottoressa non sono capace ad alzarmi e camminare. Ha detto: facciamo tre
punture. Oh, quella roba lì mi ha messo tutto fuori fase, con tutte le pastiglie, perché
prendo otto qualità di pastiglie. E allora ho detto basta, basta, se anche hai dolori
dalla testa ai piedi non posso darti niente, altrimenti ti faccio andare prima. Morir
giovani dispiace, ma diventar vecchi e non essere più capaci di fare niente….. sai
ancora quello che dici. Sì , magari alle volte vado da una cosa all’altra, comunque…
• ..lei ricorda tutto bene..
Sì ! Quello sì .
• Quello è importante; la mente è la cosa più importante..
Quello sì . Come le dico, io quando andavo passavo in Piazza per me non Banca, vedevo
niente, vedevo solo loro che erano là e poi li hanno fucilati.
•
Quanti fratelli aveva in tutto?
In tutto eravamo cinque sorelle e sette fratelli. E si può dire che uno è morto nel suo
letto, altrimenti gli altri, uno è morto per disgrazia nel ’35, sotto un camion, un altro è
morto, poverino anche lui, andavano a Castel Passerino a parlare, bere, ballare, mentre
veniva a casa in Tir francese, lui era in macchina, mio fratello è rimasto là così . Gli
altri fratelli sono stati fucilati, e così insomma. Di buona morte, che poi è stata una
morte molto brutta, uno solo di sette fratelli, uno solo nel suo letto. Gli altri tutti.. e
le sorelle sono rimasta io, che sono del ’18, che poi ad agosto faccio 85 anni, e un'altra
sorella che fa 88 anni, e il più giovane di tutti che ha … Giovanni lui è del ’28, ha 10
anni meno di me, compie poi 75 anni in giugno.
Senta, e lei se dovesse dire qualcosa ai giovani, in base alla sua
esperienza, in base a quello che ha passato, cosa direbbe ai giovani di
oggi?
Potrei dire, guardate con chi andate, fate attenzione. Non pensate di dire intanto….
Ho parlato con dei ragazzi …eh ma signora son cose vecchie quelle, eh ma son cose…
non bisogna nemmeno più pensarci.
Avete ragione. Voi altri non pensate perché siete giovani, ma io che ho passato quello
che ho passato, non è che io ho dimenticato, purtroppo, e ogni giorno..perché io ci dico
un requiem alla sera ed un requiem al mattino, e poi dico ciao Giuseppe, ciao Ultimo,
ciao mamma, ciao papà. Dico ciao a tutti.
Eh.. ma signora quelle cose lì non ci preoccupiamo. Ho detto, se è così fate bene a non
preoccuparvi, però fate bene attenzione con chi andate e poi fate quello che volete
•
• Con chi andate in che senso…
Perché delle volte sembrano dei bravi ragazzi e poi sono quelli che ti mettono alla
rovina. Io per fortuna ho dei nipoti, no nipoti, sono dei pronipoti a dire la verità, figli
di fratelli e sorelle che hanno tutti la testa attaccata al collo, che non vanno in
discoteca, che non fumano, che non bevono e non è che hanno… diciamo….
Matusalemme, uno ha 30 anni, l’altro ne ha 29, l’altro ne ha 32, l’altro ne ha 40. Uno ha
due bambini, gli altri non ne hanno ma però: zia, guarda che noi non fumiamo, non
beviamo, non andiamo neanche in discoteca, perciò la vita che facciamo, andiamo al
lavoro e a casa, casa e lavoro. Delle volte andiamo in montagna, perché ci piace andare
in montagna, o al mare per passare una giornata. Stai tranquilla che non dovrai mai
dire che i miei nipoti non sono persone degne, perché sappiamo quello che hai passato.
Loro sanno perché hanno fatto anche una cassetta di tutto… e ogni tanto l’attacco
… e di fatti a Pasqua ho detto; zia, guarda che noi ogni tanto la ascoltiamo. Gli ho
detto; meno male, che avete in buon senso di voler sapere cosa hanno passato gli zii. E
non posso lamentarmi. Però ce ne sono di quelli che mi hanno detto… eh ma lei
matusalemme, noi quelle cose lì non le abbiamo passate e neanche ci pensiamo, poi sono
cose vecchie; non sarebbe neanche più da parlare. Gli ho detto e invece sono sempre
da parlare, voi dite di non parlare e io vi dico che non si può dimenticare. Si potrà
perdonare, ma non si può dimenticare. Tutto quello. E mi hanno detto ma sa signora noi
siamo giovani, un’altra mentalità…
• …ma le hanno detto questo nelle scuole..
No dei ragazzi che avevano già finito le scuole.
•
Sì
Possiamo chiudere qui l’intervista
A questo punto la Sig.ra Bellettati vuole aggiungere un altro ricordo personale
all’intervista.
Guardi io sono andata a trovare mio marito, era dalle parti di Viù, era la Brigata 19°
Eusebio Zerboni. È rimasto là più di sei mesi, sono andata a trovarlo, sono passata in
mezzo ai tedeschi, in mezzo ai fascisti. Ho detto che avevo una bambina, ero da
sposare, la bambina era malata e l’avevano mandata in colonia a Viù, dove c’era una
colonia per bambini che non stavano tanto bene. Con quella scusa li sono passata. Sono
stata otto giorni, poi ho dovuto venire via perché loro sono scappati e andati in Francia
perché cercavano tutti i partigiani per ammazzarli tutti, perché loro dicevano che
avevano bisogno di vedere scorrere il sangue per le strade di Viù. Sono poi andata a
prenderlo; ho dovuto ancora passare un’altra volta al posto di blocco dei fascisti. Pensi
che avevo la rivoltella negli scarponi, avevo quattro paia di calze, la rivoltella negli
scarponi; avevo tre camicie addosso per poterle dare anche a mio marito, e loro han
detto: ma signora…. Guardi che ho i parenti ammalati e non ho più visto quelli… erano
altre persone. Insomma gli ho detto vieni a casa, guarda se poi….. si è fatto dare un
taglio ai pantaloni da una famiglia là che ci volevano veramente bene e io mi sono tirata
fuori le camicie che avevo una addosso all’altra, mi sono cambiata e siamo arrivati a
Torino, lui non… la camicia non ci toccava la pelle dalla gran paura. Gli ho detto io, fai
finta di niente e siamo arrivati finalmente a Rivoli. Siamo arrivati a casa nostra. Se
l’avessi lasciato là forse si salvava, che dopo un mese è successo quello che è successo.
• Quindi è stata lei che lo ha riportato giù?
L’ho riportato a casa. Ma come hai fatto. Gli dico: guarda, come son vestita, mi vedi,
proprio da montanara, che allora non si guardava tanto per il sottile, con tre o quattro
paia di calzettoni messi uno dentro l’altro. Insomma sono andata su, camicia rossa
sotto, l’altra camicia, poi un’altra camicia ancora, insomma sembravo…. Ho detto vado a
trovare i parenti .. così , così ..
• E non l’hanno perquisita..
E non mi hanno perquisita, perché se per caso mi perquisivano, mi ammazzavano dove
mi trovavo. Perché il posto di blocco era molto più in sù di Ciriè. Quando sono andata
sù, che ho potuto passare, hanno visto che c’erano dei tedeschi che venivano su e c’era
un russo assieme sulla corriera che andava su. Li hanno persi, però lui è sempre stato
attaccato alla corriera fuori della corriera, fuori e agganciato con un braccio.. e noi
dentro che non sapevamo che fine facevamo.. a tutto andare. Siamo arrivati a Viù,
oltre Viù perché siamo andati su a Usseglio, insomma eravamo sfiniti, un po’ dallo
spavento, un po’ tutto insieme, comunque siamo arrivati sani e salvi. Però abbiamo
potuto dire quella volta, grazie a quel russo lì che conosceva le strade, altrimenti …..
• E il russo era con i partigiani?
Era coi partigiani. Erano in diversi con i partigiani. Parlava bene l’italiano. Così parlando
gli dico: c’è mio marito, allora mio marito, mi ha detto il nome che adesso non ricordo,
e allora mi ha detto è un russo. Ma come fa? E lui mi ha detto: io ero militare Italia,
militare Italia, e poi tutto questo susseguirsi, partito partigiani su in montagna e non
vedere più… poi non so che fine abbiano fatto sti ragazzi, povera gente, erano proprio
sbandati. Tanti sono morti. Tanti erano poi in casa di famiglie che lavoravano,
aiutavano in campagna. Mio marito l’ho portato a casa e sono andata in quelle condizioni
lì. E lui diceva: guarda, non ti conosco, non ti conosco, non ti conoscevo a questo punto..
• per il coraggio
Per il coraggio, e invece bisognava, bisognava. Dicevo, mio fratello e qua e tu sei qua.
Almeno se siamo uniti è tutta un’altra cosa. Se vado a vedere uno, vedo anche gli altri
..
• E i suoi fratelli, in che Brigata erano?
Erano nella 41° Carlo Carli, se non sbaglio. Erano assieme Bruno. Invece il papà era
andato con mio marito e di là si è poi spostato perché aveva tutti i figli… invece mio
marito che era assieme a quelli che andavano e venivano da una parte all’altra, ha
detto sono qui e resto qui. E sono poi andata io a portarlo a casa di là..
• E come avete fatto a portarlo giù senza che venisse scoperto?
Siamo venuti giù come se niente fosse. Gli ho detto tu fai finta di niente, ma lui era
terrorizzato. Io non ho neanche parole; siamo venuti giù a braccetto, come se niente
fosse. Quando siamo arrivati alla stazione Torino io ho detto: se riusciamo a prendere
il trenino per rivoli, siamo salvi ed invece è stata la sua fine. Se stava là poteva anche
salvarsi, o forse non l’avrei più neanche visto. Ad ogni modo…….
Questo mi ero dimenticata di dire…