NEGARE OGNI RESIPISCENZA Senza un moto proprio di

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NEGARE OGNI RESIPISCENZA Senza un moto proprio di
NEGARE OGNI RESIPISCENZA
Senza un moto proprio di irriducibile volontà,siamo travolti dagli eventi che si parano davanti a noi,senza la capacità di tradurre in
termini di contrapposizione quello che viviamo.La paura la fa "da padrone" e annulla ogni minimo dubbio su quello che i tribunali
dell'ordine costituito erigono contro chi si rivolta:le condanne erogate prevedono e delineano la cruda realtà e le "chiavi" stabiliscono
la certezza della pena,che riduce un soggetto pensante in un soggetto soggiogato dalla condanna in una tetra cella.Le anguste pareti
con un limite senza più un orizzonte implementano la circoscrizione dei propri desideri in un incubo esistenziale.La rivolta interiore
che dimorava nel profondo della nostra interiorità viene distrutta e travolta in frammenti di una natura alienante.
Il veleno inoculato da una struttura repressiva si compone di elementi e fondamenti per ridurre,in termini di una volontaria
soggezione,gli individui,che del proprio libero arbitrio hanno fatto un'arma essenziale.
Questo "veleno" penetra a fondo andando a intaccare gradualmente,ma inesorabilmente il proprio "vissuto" esistenziale.
Giorno dopo giorno il "potere di rifiuto" insito dentro un soggetto rivoluzionario deteriora a vantaggio di un "cedere" in un continuo
ripiegare dei propri istinti vitali.
La caduta in mano al nemico sperimenta la repressione andando a destabilizzare quello che in un istante era la propria vita,fatta di
una lucida quanto insicura certezza.
Questa "certezza" composta da un fitto legame psico-attitudinale di statica emotività crolla quando la struttura che la compone e la
sorregge viene a contatto con un organismo che edifica il proprio dominio. Un incisione del "bisturi" della quieta acquiescenza
determina l'adattamento andando a condizionare in maniera coercitiva i reticolati della propria coscienza.
Il corso degli eventi chiude come in una morsa le scelte di affermazioni di se stessi,come le manette stringono i polsi.
Questo "solco" fa sprofondare la propria consapevolezza in una brutale negazione del percorso univoco nelle scelte del proprio agire
politico.Più il solco è profondo,maggiore è la caduta in un vortice di schizofrenica trasposizione del valore rivoluzionario soggettivo:
"reagire" a quello che giunge contro,in termini di repressione,serve solo a reprimere i propri atti e delimita il proprio vissuto
esistenziale.La mente fagocita nel momento in cui il corpo è diventato prigioniero,tutto quello che la vista inquadra,in un turbinio di
pensieri che crollano a contatto con le strutture del potere che vanno a occludere i nostri spazi vitali.
"Agire" inverso scardina questa "reazione"e travolge/stravolge i punti deboli che limitano un percorso rivoluzionario,annullando ogni
accondiscendenza data dalla convivenza civile.
Agire significa essere dotato di una soggettività intrinseca di potenzialità offensiva.La potenza sprigionata espande il proprio essere
in contrapposizione alle norme dominanti e nel superamento e nel rifiuto di riconoscere le dottrine fondanti del potere imposto.
Quando si "cade" in mano il nemico,gli strumenti di cui si è fatta esperienza servono in maniera propulsiva per non cedere ai tentativi
del nemico di subordinare l'individuo.Non cedere a ricatti quando si è prigionieri è e deve essere l'elemento fondamentale per
proseguire,pur nei limiti fisici mentali della propria prigionia,un percorso rivoluzionario.
"Non sottostare ad un interrogatorio,rifiutare radicalmente tutta la prassi giuridico-pedissequa
incriminatoria,significa rifiutarsi non solo di avallare le regole del gioco democratico evidenziando
cos'è lo Stato,ma rifiutare di farsi edipizzare dal magistrato di turno
Ristabilire le giuste distanze fra lo Stato e noi,suoi irriducibili nemici."
P.Porcu
Essere irriducibili nemici di chi si erige a giudice,a chi si considera il nostro accusatore e a tutti quelli che ne fanno le "veci" del
sistema dominio massificante,spezza con l'insita debolezza di attaccamento in maniera consenziente a un modo
di intendere i rapporti con la "società dell'ordine",la quale si avvale di un dottrina basata sulle leggi premiali e sulla attenuazione del
percorso soggettivo rivoluzionario e non sulla sua contrapposizione in maniera di negazione.
Sperimentare l'attacco verso l'ordine costituito significa spingersi un passo oltre in una continua ricerca di irruenta radicalità.
Rendere pratica questa negazione e prospettare la continua e intransigente azione rivoluzionaria nel presente senza esitazioni e
prevaricazioni,anche davanti a una lugubre aula di tribunale.
"Ci avventiamo di fronte al nemico capovolgendo la clessidra del tempo,
aspettando il momento dell’esplosione e il congedo del nostro tempo antiautoritario.
Inaspriamo la guerra seguendo l’evoluzione del nostro nemico e proviamo a cercare i suoi punti
vulnerabili preparando il prossimo colpo.
Questo è il modo che abbiamo scelto per muoverci e vivere."
Stravolgere ogni punto di contatto con il nostro nemico,significa non cedere alle costrizioni imposte e non farsi subordinare
nell'accettazione del proprio ruolo imposto di vittima sacrificale.
Declinare la visione dualistica sancita da regole comportamentali di accettazione stabilita dai tribunali dell'ordine suppone di essere
in un continuo incedere in rivolta permanente contro ogni forma di democratica presa di posizione.
Il negare ogni "resipiscenza" stabilisce nell'atto di questa negazione,qual'è il significato recondito che determina le scelte in ambito
rivoluzionario che si attuano nella società del dominio zombie-massificante.
Mattia e Fede