numero 11 - Oltre Magazine

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numero 11 - Oltre Magazine
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in collaborazione con la
ANNO IV - N. 3 MARZO
Lettera del Presidente
legale, tributario, fiscale
Ancora sulla legge regionale della Lombardia
In seguito ad alcuni commenti apparsi su diversi organi di informazione dopo la promulgazione della Legge Regionale della Lombardia n. 22 del 18 novembre
2003, lo Studio Legale Zoppolato & Associati ha redatto, per conto di Federcofit, un commento scritto sui punti salienti della normativa che riteniamo utile
proporre alla attenzione di tutti gli Operatori.
PROFILI DI COSTITUZIONALITÀ DELLA LEGGE REGIONALE.
Pare il caso di soffermarsi in primo luogo sui contenuti della Legge Regionale
in oggetto alla luce del Titolo V della Costituzione. Come già evidenziato nel
nostro parere sul disegno di legge avente ad oggetto la riforma dei regolamento di polizia mortuaria, la materia funeraria, da sempre, viene ricompresa tra le norme di igiene e sanità. Ebbene, la “tutela della salute” è
espressamente indicata fra le materie “a legislazione concorrente” a mente
dell’articolo 117 della Costituzione (modificato dalla Legge costituzionale 18
ottobre 2001, n. 3); laddove è precisato che per le suddette materie “spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei
principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”; mentre ai
Comuni spetta la “potestà regolamentare in ordine alla disciplina dell’organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite”. A livello regionale (o provinciale, per le Province Autonome di Trento e Bolzano) deve,
dunque, esistere la normativa specifica dì settore (norme di dettaglio e di
programmazione), mentre a livello comunale devono adottarsi appositi
regolamenti attuativi. In tal quadro, la Legge Regionale 22/2003, ad una
prima valutazione, non sembra contrastare con le disposizioni della
Costituzione.
LE SALE DEL COMMIATO.
All’articolo 4, comma 6, della Legge Regionale 22/2003 è previsto che “a
richiesta dei congiunti, le salme possono essere riposte, per il periodo di
osservazione, presso strutture gestite da privati, denominate sale del commiato”. Non essendo ancora stato approvato il d.d.l. in materia funeraria,
quella offerta dalla Regione Lombardia è la prima definizione (pur opinabile) delle c.d. “sale del commiato”: vale a dire, strutture gestite da privati,
destinate all’osservazione delle salme.
L’osservazione è il periodo antecedente all’accertamento della morte (accertamento effettuato dal medico necroscopo), in cui è necessaria la sorveglianza diretta, ovvero la presenza di apparecchiature di segnalazione a
distanza, per la rilevazione di eventuali manifestazioni di vita della (presunta) salma.
Ora, secondo l’interpretazione proposta da SEFIT, le sale dei commiato (così
come definite nella Legge) potrebbero identificarsi soltanto con spazi all’interno di strutture sanitarie private accreditate, che operino in regime di ricovero: in altri termini, camere mortuarie delle strutture sanitarie private.
A nostro giudizio, tale tesi non pare del tutto condivisibile.
Al comma 5 dello stesso articolo 4 è previsto, ad esempio, che “le strutture
sanitarie pubbliche e private accreditate, che operano in regime di ricovero,
oltre alle salme di persone ivi decedute, ricevono i cadaveri di
persone decedute in luoghi pubblici o in abitazioni delle quali
l’ASL abbia certifìcato l’antigienicità (anche, ndr) … per il
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periodo di osservazione”.
Ebbene, qualora si aderisse alla tesi di SEFIT, diverrebbe invero difficile comprendere la formulazione prescelta dal legislatore regionale per il successivo comma 6, laddove sembra che si
sia voluta creare proprio una alternativa alle camere mortuarie
delle strutture sanitarie, pubbliche o private che siano1 (infatti, “a
richiesta dei congiunti, le salme possono essere riposte, per il periodo di
osservazione, presso strutture gestite da privati, denominate sale del commiato”).
A rafforzare tale tesi, il comma 7 precisa che “le sale del commiato devono
essere in possesso delle caratteristiche igienico-sanitarie previste per la
camera mortuaria, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997”2.
Non sarebbe necessario, si crede, inserire tale norma se le sale del commiato non costituissero, nell’intenzione del legislatore regionale, un tertius
genus rispetto alle camere mortuarie delle strutture sanitarie pubbliche e di
quelle private.
Qualcosa dunque apparentemente di diverso, pur se in possesso dei requisiti igienico-sanitari stabiliti dalla legge nazionale per le suddette camere mortuarie (si tratta, del resto, di requisiti minimi indispensabili); un luogo dove
- magari - sia possibile allestire veglie funebri a seconda dei diversi credi
religiosi dei defunti (realizzando, così, le finalità sancite all’articolo 1 della
stessa Legge Regionale 22/2003: “rispetto della dignità e delle diverse convinzioni religiose e culturali di ogni persona”).
In ogni caso, o almeno si auspica, sarà il regolamento alla Legge Regionale
(da emanarsi nei 180 giorni successivi all’entrata in vigore della medesima
legge) a fugare ogni dubbio in proposito, fissando ulteriori requisiti e precisando quelli già stabiliti3.
Infatti, a mente dell’articolo 10, comma 1, della Legge Regionale 22/2003,
“si definiscono con regolamento regionale:
a) i requisiti e le modalità per l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività
funebre e per la gestione di sale del commiato;
b) le strutture destinate alle funzioni di deposito per l’osservazione dei cadaveri, cui i comuni debbono fare riferimento ed i criteri per la ripartizione dei
relativi oneri sulla gestione.
L’ultima disposizione richiamata ci consente di introdurre un ulteriore
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aspetto della questione de qua: vale a dire, chi può gestire le “sale del
commiato”.
Secondo il parere di SEFIT “le sale del commiato non possono essere gestite
da esercenti l’attività funebre, visto che nelle sale del commiato si svolge
attività di deposito di osservazione”. Peraltro, neppure siffatta conclusione
ci sembra pienamente condivisibile. Essa, infatti, si fonda (a nostro giudizio)
su una restrittiva interpretazione dell’articolo 8 della Legge.Vero è che, al
comma I del citato articolo 8, il legislatore regionale ha definito l’attività
funebre come un “servizio che comprende ed assicura in forma congiunta le
seguenti prestazioni:
a) disbrigo delle pratiche amministrative inerenti il decesso, su mandato dei familiari;
b) vendita di casse ed altri articoli funebri, in occasione del funerale;
c)trasporto di cadavere, inteso come trasferimento della salma
dal luogo del decesso al luogo di osservazione, al luogo di
onoranze, al cimitero o crematorio”.
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Con l’esclusione espressa, dunque, della gestione delle sale
del commiato.
E vero è che, a mente del successivo comma 5, “l’autorizzazione allo svolgimento di attività funebre non può comprendere
funzioni di natura pubblica, quali la sorveglianza durante il periodo di osservazione in strutture sanitarie o l’accertamento di morte”.
Ma altrettanto vero è che tali disposizioni non paiono precludere in maniera assoluta agli operatori privati (autorizzati all’attività funebre) la possibilità di gestire le sale del commiato. Semplicemente sembra di potersi desumere che, per la suddetta gestione, sia necessario un altro titolo ampliativo
diverso dall’autorizzazione alla attività funebre e fondato su altri requisiti.
Tant’è che all’articolo 10, comma 1, si prevede che, “entro centottanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, si definiscono con regolamento regionale: a) i requisiti e le modalità per l’autorizzazione allo svolgimento di attività funebre e per la gestione di sale del commiato”.
Tra l’altro, essendo definita nella Legge Regionale in esame l’attività di sorveglianza quale “funzione di natura pubblica”, la forma più idonea che tale
titolo dovrebbe rivestire sembrerebbe quella della concessione.
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Un’altra disposizione della Legge Regionale sembra (seppur indirettamente)
interessare le sale del commiato.
Vale a dire, il comma 4 del citato articolo 8, il quale prevede che “il conferimento dell’incarico per il disbrigo delle pratiche amministrative, la vendita di
casse ed articoli funebri e ogni altra attività connessa al funerale, si svolge unicamente nella sede autorizzata o, eccezionalmente, su richiesta degli interessati, presso altro luogo, purché non all’interno di strutture sanitarie di ricovero e cura pubbliche e private, e locali di osservazione. Si tratta evidentemente di una norma posta a tutela dei dolenti. Le sale del commiato, tuttavia, non
vengono menzionate al riportato comma 4. In particolare, a differenza di quel
che ritiene SEFIT, non pare che i locali di osservazione possano in qualche modo
ricomprendere le strutture in parola. I locali di osservazione, infatti, sono previsti dal DPR 285/90 che, all’articolo 12, dispone che “i comuni devono disporre di un locale per ricevere e tenere in osservazione per il periodo prescritto
le salme” di soggetti morti in circostanze particolari. Sono, dunque, luoghi pubblici, di cui necessariamente (insieme agli obitori) i comuni debbono dotarsi4;
cosa ben diversa dalle strutture gestite dai privati e definite “sale del commiato” (almeno per quel che si riesce a desumere dalle scarne e fumose norme
della Legge).Anzi, si potrebbe sostenere che “l’altro luogo” previsto dal
comma 4, presso cui eccezionalmente e su istanza dei congiunti conferire mandato ad un operatore funebre, sia proprio da riferire alle sale del commiato.
Non sfuggono certo a chi scrive le implicazioni che una simile interpretazione
comporta in tema di tutela e della concorrenza e dei dolenti. È per tale ragione che riteniamo opportuno che la Regione chiarisca meglio le norme prese in
esame, soprattutto nell’ambito dell’atteso Regolamento esecutivo.
IL BLOCCO DELLE NUOVE AUTORIZZAZIONI.
Il citato Regolamento appare indispensabile anche per altro verso.
Al comma 3 dell’articolo 8 della Legge Regionale in esame è infatti statuito che
“per poter svolgere l’attività funebre è necessaria l’autorizzazione del Comune
ove ha sede commerciale la ditta individuale, società o altra persona giuridica, rilasciata sulla base del possesso dei requisiti stabiliti con il regolamento
regionale”.Allo stato, dunque, sembra preclusa la possibilità di rilasciare qualsivoglia autorizzazione all’attività funebre.Con una paralisi del mercato assolutamente ingiustificata.
oltre che alle abitazioni private, con sufficienti requisiti di igiene.
Il citato DPR stabilisce i requisiti minimi (strutturali, impiantistici e non solo igienico-sanitari) per il servizio mortuario, quali:
- disponibilità di spazi per la sosta e per la preparazione delle salme;
- accessibilità autonoma della camera mortuaria, senza interferenze rispetto al sistema generale dei percorsi interni della struttura e possibilità di accesso dall’esterno per i visitatori;
- presenza di un locale per la preparazione del personale;
- servizi igienici per il personale;
- servizi igienici per i parenti;
- presenza di un deposito per il materiale;
- temperatura interna invernale ed estiva non superiore a 18 °C per i locali con presenza di salme;
- umidità relativa 60 % 5;
- n. ricambi aria esterna /ora: 15 v/h;
- impianto illuminazione di emergenza.
Tali requisiti valgono ovviamente per le camere mortuarie sia delle strutture sanitarie pubbliche, sia per quelle delle strutture sanitarie private accreditate.
Ad esempio, sarebbe necessario chiarire, a nostro avviso, se la “sorveglianza diretta”nel periodo di osservazione della salma debba essere effettuata da personale specializzato o meno.
L’articolo 14 dei citato DPR, al comma 1. precisa poi che i depositi di osservazione e gli obitori possono essere muniti dal comune nell’ambito del cimitero o presso ospedali od altri istituti sanitari ovvero in particolare edificio rispondente allo scopo per ubicazione e requisiti igienici”.
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LEGALE, TRIBUTARIO, FISCALE
Nuove agevolazioni fiscali alle imprese
l'esame delle agevolazioni fiscali applicabili nel 2004
PREMESSA.
L'articolo 1 del decreto legge 30 settembre 2003 n. 269, convertito con modifiche dalla legge 24 novembre 2003 n. 326 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del
25 novembre 2003 numero 181, introduce delle nuove agevolazioni fiscali finalizzate a sostenere lo sviluppo e la modernizzazione delle imprese italiane. In
generale si può osservare che queste agevolazioni riguardano spese che non
erano agevolabili ai sensi dell'articolo 4 della legge 10 ottobre 2001 n. 383
(Tremonti-bis) ma che, ad un successivo esame, sono state considerate utili o
necessarie per conseguire le finalità sopra citate.
In particolare le agevolazioni introdotte riguardano:
1) i costi di ricerca e di sviluppo;
2) le spese per la partecipazione a fiere all'estero;
3) le spese per stage aziendali destinati a studenti;
4) le spese sostenute per la quotazione in borsa.
In attesa di una circolare da parte dell'Agenzia delle Entrate sull'argomento, che
potrà fornire ulteriori precisazioni, nel seguito si esaminano gli aspetti fondamentali delle singole agevolazioni.
pete in aggiunta all'ordinaria deduzione risultante dalla contabilizzazione delle spese citate, o se del caso dal loro ammortamento, ed è
applicabile mediante una variazione in diminuzione in sede di
dichiarazione dei redditi. Il funzionamento è quindi identico a quello della detassazione del reddito d'impresa già applicato nel caso
della Tremonti-bis di cui all'articolo 4 della legge 10 ottobre 2001
n. 383. Come nel caso della Tremonti-bis le agevolazioni in esame
non sono applicabili ai fini IRAP.
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PERIODO D'IMPOSTA AGEVOLATO.
Il periodo d'imposta per il quale sono applicabili le agevolazioni citate è quello che
inizia successivamente al 2 ottobre 2003, che è la data di entrata in vigore del
decreto legge del 30 settembre 2003 n. 269. Quindi per i soggetti con periodo di
imposta coincidente con l'anno solare le spese agevolabili sono quelle sostenute
nel corso dell'anno 2004.
AGEVOLAZIONE PER I COSTI DI RICERCA E SVILUPPO.
Definizione dei costi di ricerca e sviluppo.
L'agevolazione in esame, prevista dall'articolo 1 lettera a) del decreto
legge citato, riguarda i costi di ricerca e sviluppo. La norma fiscale, articolo
74 del TUIR, non prevede una definizione di tali costi. Infatti l'articolo citato si
basa sulla definizione civilistica di tali costi per regolarne solo le implicazioni fiscali in termini di deducibilità dal reddito imponibile. Anche il codice civile all'articolo 2426 si limita a fissare il trattamento di tali costi ai fini della loro iscrizione in
bilancio e del loro ammortamento, ma senza definire nel dettagli la tipologia dei
costi in esame. Conseguentemente per una definizione dei costi di ricerca e sviluppo occorre rifarsi ai principi contabili. In particolare al principio contabile
numero 24 titolato "Le immobilizzazioni immateriali nella legislazione civilistica e
fiscale" che distingue i costi in esame come segue:
1) costi per la ricerca di base;
2) costi per la ricerca applicata o finalizzata ad uno specifico prodotto;
3) costi per lo sviluppo.
In particolare i costi per la ricerca di base sono definibili come costi relativi a studi,
esperimenti, indagini e ricerche che non hanno una finalità definita con riferimento a un prodotto specifico ma sono di generale utilità per l'impresa. I costi per
la ricerca applicata sono definibili come costi relativi a studi, esperimenti, indagini e ricerche riguardanti la possibilità e l'utilità di realizzare uno specifico prodotto o un processo produttivo. I costi per lo sviluppo sono definibili come costi sostenuti per l'applicazione pratica dei risultati della ricerca per la produzione di materiali, strumenti, prodotti, servizi, nuovi o aggiornati, prima dell'inizio della loro
produzione commerciale. Dato che, come illustrato nel principio contabile citato, i
costi per la ricerca di base non sono mai iscrivibili tra le immobilizzazioni, ne deriva che l'agevolazione è applicabile unicamente alle restanti tipologie di costi.
Infine, in considerazione del fatto che la norma in esame si riferisce ai costi "iscrivibili" tra le Immobilizzazioni Immateriali, si ritiene che debbano essere rispettati
i criteri civilistici in materia di iscrivibilità dei costi in esame tra le
Immobilizzazioni. In mancanza di ciò l'agevolazione potrebbe non essere applicabile o successivamente contestata dall'Amministrazione finanziaria.
FUNZIONAMENTO DELL'AGEVOLAZIONE.
Tutte le agevolazioni citate sono riconosciute come ulteriore deduzione extracontabile ai fini dell'imposta sul reddito (IRPEF o IRPEG o IRES). Tale deduzione com-
FUNZIONAMENTO DELL'AGEVOLAZIONE.
L'agevolazione consiste nella detassazione del reddito di impresa di un importo:
- pari al 10% dei costi sostenuti nel periodo agevolato;
SOGGETTI INTERESSATI.
I soggetti interessati alle agevolazioni citate sono quelli che producono un reddito
di impresa. Cioè le imprese individuali, le società, gli enti commerciali e gli enti
non commerciali limitatamente alla attività d'impresa eventualmente esercitata.
Una ulteriore categoria di soggetti è individuata solo con riferimento alla agevolazione riguardante i costi di ricerca e sviluppo. Questa categoria comprende le
piccole e medie imprese, così come definite nella normativa europea, che nell'ambito di distretti industriali o filiere produttive si aggregano, in un numero non
inferiore a dieci, per realizzare sinergie in innovazioni informatiche. In tal caso
l'aggregazione può avvenire tramite la creazione di un consorzio o sulla base di
altri strumenti contrattuali (esempio associazione temporanea tra imprese). Una
ulteriore condizione richiesta è che tali soggetti siano in attività alla data del 2
ottobre 2003, data di entrata in vigore del decreto legge del 30 settembre 2003
n. 269. Non è condizione richiesta dalla norma la tenuta di una contabilità ordinaria. Conseguentemente anche i soggetti rientranti nelle categorie citate in regime di contabilità semplificata dovrebbero aver diritto alle agevolazioni in esame.
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- e, in aggiunta, del 30% dell'eccedenza rispetto alla media degli stessi costi
sostenuti nei tre periodi di imposta precedenti.
Esempio:
- 10% dei costi sostenuti pari a 10;
- 30% della media dei tre esercizi precedenti pari a 70 calcolati come segue:
ESERCIZIO 2001 ESERCIZIO 2002 ESERCIZIO 2003
MEDIA
50
70
90
50+70+90=210/3=70
- importo agevolabile pari a 80.
Tuttavia, il comma 5 dell'articolo 1 del decreto in esame, introduce un limite massimo all'importo agevolabile. Infatti l'agevolazione spetta nei limiti del 20% della
media dei redditi imponibili dei tre esercizi precedenti il periodo agevolabile. Nel
caso di esercizi in perdita fiscale questi devono essere esclusi dal calcolo della
media.
Esempio:
REDDITO 2001 REDDITO 2002 REDDITO 2003
-100
20
100
MEDIA LIMITE DEL 20%
120/2=60
12
Conseguentemente sulla base degli esempi sopra citati l'importo agevolabile, in
teoria pari a 80, spetta nella misura massima di 12.
Con riferimento a casi particolari che potrebbero verificarsi nei calcoli citati è lecito aspettarsi dei chiarimenti in merito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
AGEVOLAZIONE PER LE SPESE DI PARTECIPAZIONE
A FIERE ALL'ESTERO.
L'agevolazione in esame, prevista dall'articolo 1 lettera b) del decreto legge citato, riguarda il 100% delle spese direttamente sostenute per la partecipazione
espositiva di prodotti in fiere all'estero. L'importo dell'agevolazione è pari all'ammontare delle spese sostenute. Sono in ogni caso escluse le spese aventi ad oggetto sponsorizzazioni e le spese per fiere svolte in Italia. Una identificazione delle
spese direttamente sostenute ai fini in esame può variare a seconda dei casi.
Tuttavia, in linea generale, si ritiene che rientrino le spese per l'affitto degli stand
o spazi espositivi, le spese di trasporto dei prodotti, le spese di vitto, viaggio e
alloggio per il personale addetto alla esposizione. Utili precisazioni o conferme al
riguardo potrebbero essere fornite dall'Agenzia delle Entrate in una circolare di
prossima emanazione. Ciò anche in considerazione del requisito previsto dalla
norma che consiste nel considerare agevolabili solo per le spese "direttamente"
sostenute per la partecipazione a fiere.
AGEVOLAZIONE PER LA SPESE DI STAGE.
L'agevolazione in esame, prevista dall'articolo 1 lettera c) del decreto legge citato, riguarda il 100% delle spese sostenute per stage aziendali destinati a studenti di corsi d'istruzione secondaria, universitaria ovvero a diplomati o laureati per
i quali non sia trascorso più di un anno dal termine del relativo corso di studi.
Nella definizione di tali spese si ritiene che possano essere incluse eventuali spese
per docenti impegnati nell'attività pratico-didattica, quelle per eventuali corsi di
formazione, per materiale necessario allo svolgimento dello stage e le spese per
compensi erogati agli stagisti. Anche in questo caso utili precisazioni o conferme
al riguardo potrebbero essere fornite dall'Agenzia delle Entrate in una circolare
di prossima emanazione.
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AGEVOLAZIONE PER LA QUOTAZIONE IN BORSA.
L'agevolazione in esame, prevista dall'articolo 1 lettera d) del decreto legge citato, riguarda il 100% delle le spese sostenute per la quotazione in un mercato
regolamentato di uno stato membro dell'Unione europea. Nella definizione di tali
spese si ritiene rientrino tutte quelle sostenute per l'ottenimento della quotazione comprese a titolo di esempio le commissioni pagate agli istituti finanziari per
il collocamento, eventuali spese di negoziazione e quelle consistenti nei diritti
dovuti ai gestori dei mercati regolamentati. Anche in questo caso utili precisazioni o conferme al riguardo potrebbero essere fornite dall'Agenzia delle Entrate in
una circolare di prossima emanazione.
Infine, l'agevolazione in esame è da ritenersi aggiuntiva a quella introdotta dall'articolo 11 del decreto in esame che consiste in una riduzione dell'aliquota
IRPEG (o IRES) al 20% per le società ammesse alla quotazione in un mercato
regolamentato di uno stato dell'Unione europea successivamente alla data del 2
ottobre 2003, data di entrata in vigore del decreto in esame, e fino al 31 dicembre 2004.
ADEMPIMENTI E OBBLIGHI CONSEGUENTI.
L'applicazione delle agevolazioni sopra citate implica l'osservanza di alcuni
adempimenti e obblighi che possono essere riassunti come segue.
Prospetto sezionale.
Il comma 2-bis dell'articolo 1 richiede che le imprese, che applicano le agevolazioni in esame, devono rilevare i dati relativi alle spese sostenute su un apposito
prospetto definito "prospetto sezionale". Tale prospetto deve essere sottoscritto
dal legale rappresentante o dal titolare dell'impresa. L'Agenzia delle Entrate, con
un provvedimento da emanare, disciplinerà le modalità di comunicazione dei dati
relativi agli investimenti agevolabili.
Attestazione della effettività delle spese sostenute.
Analogamente a quanto previsto nella Tremonti-bis per le spese di formazione,
anche per le spese oggetto delle agevolazioni in esame è richiesta l'attestazione
della effettività del loro sostenimento da parte del presidente del collegio sindacale ovvero in mancanza da un revisore dei conti o ancora da un professionista
iscritto nell'albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri e periti commerciali o
dei consulenti del lavoro. L'attestazione da parte dei soggetti citati deve essere
resa nelle forme previste dall'articolo 13 comma 2 del decreto legge 28 marzo
1997 numero 79. L'attestazione in esame può essere fornita anche dal responsabile di un centro di assistenza fiscale. In questo ultimo caso la forma della attestazione sembra essere libera e a discrezione degli interessati. Con riferimento
alle spese per stage aziendali la loro effettività è comprovata dalla convenzione
stipulata con gli istituti scolastici o universitari degli studenti, da una attestazione
concernente l'effettiva partecipazione degli stessi studenti o da altra idonea documentazione.
Rideterminazione della misura dell'acconto.
Nel caso di applicazione delle agevolazioni citate sarà necessario effettuare un
ricalcolo dell'acconto di imposta dovuto per il secondo periodo d'imposta successivo a quello in corso al 2 ottobre 2003, data di entrata in vigore del decreto in
esame, che per i soggetti con periodo d'imposta coincidente con l'anno solare è
il 2005. In particolare l'acconto dovrà essere calcolato assumendo come imposta
di riferimento quella che sarebbe risultata come dovuta in assenza delle agevolazioni citate.
STEFANIA COLLARI