Tribunale Treviso, 5 aprile 2016

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Tribunale Treviso, 5 aprile 2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI TREVISO SEZIONE
PRIMA CIVILE
Il Tribunale, in composizione Collegiale in persona dei seguenti magistrati:
dott.ssa
Laura Ceccon
Presidente
dott.ssa
Clarice Di Tullio
Giudice
dott.
Alberto Barbazza
Giudice rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa portante il n. 12258/2014 R.G. promossa da
CAVALCANTI ANDREA,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Silvia Prearo e Aldo Agostinacchio con domicilio
eletto presso lo studio dell’avv. Silvia Prearo in Treviso, come da mandato in calce al
ricorso introduttivo;
-
RICORRENTE -
contro
ZIMOVA ANNA,
- RESISTENTE CONTUMACE -
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Tribunale di Treviso – Sezione Prima Civile – R.G. n.
e con l’intervento del
PUBBLICO MINISTERO nella persona del Procuratore della Repubblica presso il
Tribunale di Treviso
- INTERVENUTO EX LEGE Conclusioni delle parti
Per parte ricorrente:
Che l’Ill.mo Tribunale voglia accogliere le seguenti conclusioni:
1) pronunciare lo scioglimento del matrimonio civile contratto dai coniugi Cavalcanti
Andrea e Zimova Anna in data 23.8.2003 e trascritto nei registri di stato civile del
Comune di Preganziol (TV), anno 2003 al numero 17 Parte 1 Serie;
2) confermare l’affidamento del minore Cavalcanti Samuel in via esclusiva al padre con
collocazione del bambino presso lo stesso, confermare quindi l’ordine di ritorno
immediato in Italia, presso il padre, del minore;
3) confermare l’assegnazione della casa coniugale sita in Carbonera (TV), Via Giotto n.
7 int. 3 al ricorrente con tutti i beni mobili ivi contenuti;
4) disporre a carico della madre l’obbligo di contribuzione al mantenimento ordinario
del figlio minore Samuel nella misura di almeno € 400,00 mensili o nella diversa
maggiore somma ritenuta di giustizia, importo rivalutabile annualmente in base agli
indici ISTAT da versarsi entro il giorno 5 di ogni mese nel conto corrente indicato dal
padre, disporsi inoltre l’obbligo per la madre di contribuire nella misura del 50% delle
spese straordinarie quali, a mero titolo esemplificativo, quelle mediche non
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mutualistiche, odontoiatriche, di carattere specialistico, scolastiche, sportive, ricreative,
assicurative ecc..;
5) accertare e statuire che nessun assegno divorzile è da corrispondere in favore della
signora Zimova.
6) condannare la signora Anna Zimova ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 709 ter,
secondo comma n. 2 e 3 c.p.c., al pagamento di un importo a titolo di risarcimento dei
danni nei confronti del minore Samuel Cavalcanti nonché nei confronti del signor
Andrea Cavalcanti, nella misura ritenuta equa e di giustizia considerata l’estrema
gravità dei fatti;
7) condannare la signora Anna Zimova, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 614 bis
c.p.c. al pagamento di una somma di denaro per ogni violazione ovvero per ogni mese di
ritardo nell’esecuzione dell’emanando provvedimento giudiziale così come indicato in
narrativa.
Spese, onorari di lite e spese generali integralmente rifusi e con ogni più ampia riserva
di merito ed anche di carattere istruttorio.
Per il Pubblico Ministero:
Dichiararsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio.
CONCISA ESPOSIZIONE DEI MOTIVI DELLA DECISIONE
ex art.132 cod. proc. civ., così come modificato dalla legge 18 giugno 2009 n. 69
Con ricorso depositato il 3 dicembre 2014 e notificato il 20 ottobre 2015 Andrea
Cavalcanti adiva l’intestato Tribunale al fine di ottenere lo scioglimento del matrimonio
contratto in data 23 agosto 2003 con Anna Zimova, nata in Repubblica Slovacca.
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Il 24 agosto 2005 dall’unione nasceva il figlio Samuel ed il ricorrente esponeva che il 2
febbraio 2008 Anna Zimova comunicava al marito la propria volontà di andare a fare
visita alla madre in patria assieme al figlio e che, una volta giunta lì, contattava
telefonicamente il marito informandolo di non voler più fare ritorno in Italia.
Cavalcanti evidenzia che, da allora, “a causa della illegittima e tenace opposizione della
moglie, non ha più potuto abbracciare il proprio figlio (se non in occasione di due
brevissimi incontri, avvenuti in Slovacchia, la prima volta nell’anno 2009 la seconda
nell’anno 2011)” (cfr. ricorso introduttivo).
Con sentenza n. 542/2011 del 28 marzo 2011 il Tribunale di Treviso dichiarava la
separazione personale tra i coniugi Cavalcanti e Zimova, disponeva l’affidamento del
figlio minore Samuel in via esclusiva al padre con la facoltà per la madre di vederlo e
intrattenersi con lui quando lo desiderasse, previo avviso ed in presenza di personale dei
servizi sociali del Comune di Carbonera, poneva a carico della madre un assegno a titolo
di mantenimento in favore del figlio minore, determinato in € 300,00 mensili decorrente
dalla data di rientro in Italia del minore, annualmente rivalutabili secondo gli indici
ISTAT oltre al 50% delle spese straordinarie sostenute nell’interesse del minore.
La Zimova proponeva appello avverso la citata sentenza e con sentenza n. 496/2012 del 1
marzo 2012 la Corte di Appello di Venezia rigettava l’appello della odierna resistente e,
in accoglimento dell’appello incidentale proposta dal Cavalcanti, dichiarava l’addebito
della separazione in capo alla moglie assegnando al padre la casa coniugale, confermando
per il resto la sentenza di primo grado.
Con istanza del 20 giugno 2008 il Cavalcanti chiedeva al Dipartimento Giustizia
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Minorile del Ministero della Giustizia l’attivazione della procedura prevista dalla
Convenzione dell’Aja del 25.10.1980 per l’illegittima sottrazione internazionale di
minori, e l’Autorità Centrale Slovacca, rappresentata per competenza dal Tribunale
Distrettuale di Topolcany, con sentenza del 21 ottobre 2008, ordinava il rimpatrio del
minore Samuel in Italia.
In seguito, dinanzi al Tribunale di Topolcany i coniugi raggiungevano un accordo che
prevedeva il rimpatrio del bimbo entro la data del 31 maggio 2009 ed il Tribunale
recepiva tale accordo, ma la Zimova proponeva appello alla Corte Suprema di Nitra
chiedendo il differimento dell’esecuzione della sentenza. La Corte Suprema slovacca
rigettava il ricorso e confermava la definitiva esecutività della sentenza.
La Zimova, tuttavia, non dava esecuzione alla sentenza e rifiutava il rimpatrio del figlio.
A seguito di procedimento ex art. 330 cod. civ., con decreto del 12 ottobre 2012, il
Tribunale dei Minori di Venezia dichiarava Zimova Anna decaduta dalla potestà
genitoriale sul minore Cavalcanti Samuel
Inoltre, la resistente Zimova subiva anche due condanne dal Tribunale penale di Treviso
il 23 novembre 2010 ed il 14 maggio 2014.
Nonostante la regolare notifica del ricorso, Anna Zimova non compariva all’udienza
fissata avanti il Presidente f.f., il quale confermava le condizioni di separazione in essere.
Il ricorrente provvedeva quindi alla notifica del verbale di udienza e del provvedimento
presidenziale a mezzo Ufficiali Giudiziari, tramite servizio postale, il 2 aprile 2015, ma
l’atto ritornava al mittente per mancato ritiro da parte della signora Zimova, la quale va
dichiarata contumace. Infatti, l’atto non è stato ritirato dalla Zimova con attestazione di
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ritorno del 29 aprile 2014 ed udienza di comparizione fissata per il 10 settembre 2015.
Pertanto, considerato il termine abbreviato ex art. 163 bis, comma secondo, cod. proc.
civ. di giorni 75 (essendo il luogo della notificazione all’estero) ed il periodo di
sospensione feriale individuato per l’anno 2015 in giorni 31, deve ritenersi rispettato il
termine a comparire posto in favore della resistente.
Ciò posto, la domanda di scioglimento del matrimonio va accolta per le ragioni di cui
appresso.
In via preliminare, va osservato che sussiste la giurisdizione del giudice italiano a
conoscere della presente domanda in quanto, essendo l’ultima residenza abituale dei
coniugi, nonché l’attuale del ricorrente nel territorio dello Stato italiano, ricorrono i
presupposti di cui all’art.3 lett. a) del Regolamento (CE) 2201/03.
Per quanto attiene alla legge sostanziale applicabile alla presente fattispecie, poiché il
presente giudizio è stato radicato successivamente al 21 giugno 2012, trova applicazione
il Regolamento (UE) n. 1259/2010 ed, in mancanza di scelta delle parti sulla legge
applicabile, il divorzio deve essere disciplinato dalla legge sostanziale italiana a mente
dell’art. 8 lett. d) del citato Regolamento, essendo stata adita l’autorità giurisdizionale
italiana e non sussistendo le diverse ipotesi previste dalla disposizione, stante la
cessazione della residenza abituale dei coniugi ancora nell’anno 2008 e non essendo stata
documentata la cittadinanza italiana della resistente.
Ciò premesso, dalle stesse motivazioni addotte dal ricorrente, nonché dalla condotta
processuale della resistente che, rimasta contumace, ha dimostrato totale disinteresse per
la procedura azionata dal Cavalcanti, è emerso che la prosecuzione della convivenza dei
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coniugi è divenuta intollerabile e che la comunione spirituale e materiale tra gli stessi non
può essere ricostituita.
La separazione personale dura ininterrottamente da oltre tre anni, a far data dal verbale di
comparizione dei coniugi avanti al Presidente del Tribunale di Treviso del 11 giugno
2009, ed è stata pronunciata sentenza di separazione il 24 marzo 2011.
In ordine alle condizioni di divorzio, va precisato che, dall’unione delle parti in causa, è
nato il 24 agosto 2005 Samuel. Relativamente alla questione sull’affidamento della
stesso, sussiste la giurisdizione del giudice italiano ai sensi dell’art. 37 legge 31 maggio
1995, n. 218, in quanto il ricorrente è cittadino italiano e residente in Italia. In relazione
alla legge sostanziale applicabile al caso de quo è poi la legge italiana a mente dell’art. 36
bis, lett. a) e b), legge 31 maggio 1995, n. 218, così come modificato dal D. Lgs. 28
dicembre 2013, n.154 (entrato in vigore il 7 febbraio 2014), il quale prevede che si
applichino, in ogni caso, nonostante il richiamo ad altra legge, le norme del diritto
italiano che attribuiscono ad entrambi i genitori la responsabilità genitoriale e che
stabiliscono il dovere di entrambi i genitori di provvedere al mantenimento dei figli.
Nel merito, il comportamento illegittimo della Zimova che ha sottratto ed arbitrariamente
deciso di portare con sé in Slovacchia il figlio minore quando aveva ancora solo 33 mesi,
impedendo da allora al padre di vederlo se non per brevi momenti nel 2009 e nel 2011, il
danno che con tale comportamento la Zimova ha causato al figlio privandolo della
possibilità di crescere avendo a fianco la figura del padre, la decadenza dalla
responsabilità genitoriale dichiarata dal Tribunale per i Minorenni di Venezia il 12
ottobre 2012, il totale disinteresse della resistente al rispetto delle sentenze sia italiane
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che slovacche, induce a ritenere sussistenti i presupposti per l’applicazione
dell’affidamento esclusivo al padre.
Per quanto attiene alla possibilità di visita del minore con la madre, circostanza
subordinata all’effettivo ritorno in Italia del figlio, allo stato è impossibile ipotizzare un
qualche programma e si ritiene che tale evento debba avvenire alla presenza dei Servizi
Sociali e previo accordo con il ricorrente e tenuto conto delle esigenze del minore e dei
suoi “desiderata”.
In conseguenza di tale decisone, deve essere assegnata al Cavalcanti la casa coniugale sita
in Carbonera (TV) via Giotto n. 7 int. 3, unitamente ai mobili che la arredano e
corredano.
Sotto il profilo economico, premessa l’applicazione del Regolamento CE n. 4/2009 del
Consiglio del 18 dicembre 2008, va confermata la giurisdizione del giudice italiano ex
art. 3 lett. b) del predetto Regolamento, nonché l’applicazione della legge sostanziale
italiana, ex art. 15, stesso Regolamento che richiama il protocollo dell’Aja del 23
novembre 2007, avuto riguardo alla residenza del creditore alimentare.
Ritiene il Collegio che, in considerazione dell’esiguo lasso temporale fra la sentenza di
separazione ed il presente provvedimento, non siano modificate le esigenze di vita del
minore, desumibili anche in via presuntiva, e che si imponga, pertanto, la necessità di
confermare l’importo di € 300,00 dell’assegno di mantenimento stabilito dalla pronuncia
del Tribunale di Treviso del 24 marzo 2011, confemata sul punto dalla Corte di Appello
di Venezia, oltre al 50% delle spese straordinarie scolastiche (tasse di iscrizione, rette,
libri di testo, gite scolastiche di istruzione), mediche (spese sanitarie non coperte dal
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Servizio Sanitario Nazionale, visite specialistiche in genere), ludiche e sportive (costi per
l’iscrizione all’attività sportiva, relativa attrezzatura).
A fronte dell’assenza di domanda della Zimova volta alla determinazione di un assegno
di contributo al suo mantenimento e di qualsiasi informazione in merito ai redditi ed al
patrimonio della stessa, non vi è luogo a provvedere sulla relativa domanda di
accertamento negativo proposta dal Cavalcanti.
Il ricorrente propone altresì domanda di condanna della resistente ex art. 709 ter, comma
secondo, nn. 2 e 3, cod. proc. civ.
La possibilità per il Giudice di condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei
danni in favore dell’altro genitore o del figlio rappresenta, fra le misure contemplate
nell’art. 709 ter, comma secondo, cod. proc. civ., quella sicuramente meno agevole da
definire, in quanto risulta particolarmente controversa la natura del provvedimento in
questione ed il modo in cui si colloca rispetto all’ordinaria azione di responsabilità civile.
Mentre appare pacifica la natura sanzionatoria del provvedimento di ammonizione e di
pagamento della pena amministrativa pecuniaria ex art. 709 ter, comma secondo, nn. 1 e
4, cod. proc. civ., sussitono orientamenti contrastanti sia in dottrina che in giurisprudenza
circa la funzione compensativa – riparatoria (diretta a risarcire il genitore ed il figlio del
pregiudizio effettivamente subito) ovvero punitiva (diretta a sanzionare il comportamento
illecito ed a dissuadere il genitore inadempiente dalla sua prosecuzione) anche delle
disposizioni di cui ai nn. 2 e 3 dell’articolo citato.
Una considerazione a favore della tesi volta ad attribuire al provvedimento in questione
una funzione pubblicistica di deterrenza e di punizione quale mezzo di coercizione volto
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a far cessare un comportamento illecito, tuttavia, andrebbe desunta dalla funzione
primaria della norma in esame, volta a trovare una soluzione all’incoercibilità dei
provvedimenti in ordine all’affidamento ed all’esercizio della potestà, attraverso misure
capaci di indurre il genitore ad adempiere spontaneamente, e non tanto quella di fornire
una compensazione per la lesione del bene protetto, che eventualmente la parte potrà
separatamente domandare con apposita azione.
La questione riveste grande rilevanza in quanto, come corollario di tale presa di
posizione, chi propende per quest’ultima qualificazione, configura il risarcimento del
danno de quo quale danno punitivo che, pertanto, non si sovrappone ma si aggiunge alle
ulteriori eventuali voci di responsabilità, con la conseguenza che la riparazione del
pregiudizio non discende automaticamente dal danno sofferto e dalla relativa prova,
mentre qualificando la fattispecie quale istituto con funzione compensativa – riparatoria,
sarà necessaria l’allegazione e la dimostrazione dell’effettiva sussistenza di un danno in
capo al genitore che invoca la misura o al figlio minore, se questi agisce nel suo interesse,
in quanto la riparazione per il pregiudizio concretamente subito non potrà discendere
automaticamente dalla gravità della condotta ascritta al genitore ma dovrà essere
condizionato all’assolvimento dell’onere della prova del pregiudizio subito ed
all’esistenza dei presupposti del fatto illecito.
Quanto alla difficile questione della determinazione dei parametri risarcitori, nel caso in
cui si propenda per una funzione sanzionatoria della disposizione citata, occorrerebbe
fare riferimento esclusivamente alla gravità della condotta ed all’efficacia deterrente della
sanzione, prescindendo dagli ordinari parametri risarcitori. In tale prospettiva, perciò,
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l’accertamento e la quantificazione del danno da risarcire risulterebbe rimesso alla
determinazione equitativa del giudicie in un’ottica sanzionatoria in cui il parametro di
riferimento risulta costituito unicamente dalla gravità della condotta del genitore.
Nel caso di specie, il pregiudizio cagionato dalla Zimova sia al ricorrente per averlo
privato del rapporto affettivo e della frequentazione con il figlio dal 2008 ad oggi (ossia
per ben otto anni) che al figlio Samuel per averlo privato della figura paterna e della
possibilità di crescere a fianco del padre per lo stesso periodo, rappresenta un pregiudizio
di portata talmente elevata che, a prescindere dall’adesione del Tribunale ad una o
all’altra delle tesi indicate, deve ritenersi abbia cagionato un danno da individuarsi in re
ipsa nella illegittimità e gravità del comportamento della resistente e da liquidarsi, con
valutazione equitativa, nella somma di € 20.000,00 a favore del ricorrente e di €
20.000,00 a favore del figlio Samuel.
Quanto alla domanda del ricorrente di condanna ex art. 614 bis cod. proc. civ. al
pagamento di una somma di denaro per ogni violazione ovvero per ogni mese di ritardo
nell’esecuzione
dell’emanando
provvedimento
giudiziale,
deve
preliminarmente
osservarsi che la Corte Suprema di Cassazione, con sentenza 15 aprile 2015, n. 7613, ha
ritenuto che non sia in contrasto con l’ordine pubblico, cioè con un principio
fondamentale desumibile dalla Costituzione o da fonti equiparate, il provvedimento di
condanna
al
pagamento
di
una
somma
che
si
accresce
con
il
protrarsi
dell’inadempimento, impartito da un giudice al fine di coazione all’adempimento di un
obbligo infungibile in quanto la misura comminata tutela il diritto del creditore alla
prestazione principale accertata con provvedimento giudiziale, dunque mira ad assicurare
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il rispetto di fondamentali e condivisi principi, quali il giusto processo civile, inteso come
attuazione in tempi ragionevoli e con effettività delle situazioni di vantaggio, ed il diritto
alla libera iniziativa economica.
Tale principio di conformità all’ordine pubblico deve ritenersi riguardi ogni disposizione
che si ricollega a questo modello di sanzione coercitiva indiretta, ed in particolare per
quello che attiene il presente giudizio, l’art. 709 ter, comma secondo, nn. 2 e 3, cod. proc.
civ. L’opinione espressa dalla Corte Suprema, pertanto, apparte orientata, da un lato, a
confermare l’orientamento volto a ritenere la misura risarcitoria prevista nell’art. 709 ter
cod. proc. civ. una vera e propria sanzione punitiva, e, dall’altro, a ritenere che
l’introduzione dell’art. 614 bis cod. proc. civ. ad opera della legge 69 del 2009 attui una
misura di carattere generale, astrattamente applicabile a diverse fattispecie, fra le quali
anche l’inottemperanza ad obblighi di natura familiare, senza che fra i rimedi di cui
all’art. 709 ter, comma secondo, nn. 2 e 3 cod. proc. civ. ed all’art. 614 bis cod. proc. civ.
possa ravvisarsi alternatività, traducendosi entrambi in provvedimenti che il Giudice ha la
possibilità di emettere nei casi opportuni a tutela della prole.
Nel caso di specie, considerato il persistente e reiterato inadempimento della Zimova alle
decisioni giudiziarie che l’hanno vista soccombente e condannata in conseguenza
dell’illegittima sottrazione del figlio minore Samuel, la resistente deve essere condannata
al pagamento della somma di denaro di € 500,00 per ogni mese di ritardo nell’esecuzione
della presente sentenza.
Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e vanno liquidate come da
dispositivo in considerazione della limitata attività processuale.
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P.Q.M.
Il Tribunale di Treviso in composizione collegiale, definitivamente pronunciando,
disattesa e respinta ogni diversa istanza, eccezione e conclusione,
1) Dichiara lo scioglimento del matrimonio contratto il 23 agosto 2003 tra
ANDREA CAVALCANTI nato a Treviso il 31 gennaio 1972 e ANNA
ZIMOVA nata in Repubblica Slovacca il 17 maggio 1975 trascritto al n. 17, Parte
I, Serie /, Anno 2003 del registro degli atti di matrimonio del Comune di
Preganziol;
2) tenuto conto del preminente interesse del minore Samuel Cavalcanti, affida lo
stesso in via esclusiva al padre;
3) la madre potrà far visita al figlio previo accordo con il padre e tenuto conto delle
esigenze e dei “desiderata” del minore, alla presenza dei Servizi Sociali e
subordinatamente all’effettivo ritorno in Italia del figlio;
4) assegna al ricorrente la casa coniugale sita in Carbonera (TV) via Giotto n. 7 int.
3, unitamente ai mobili che la arredano;
5) pone a carico della resistente l’obbligo di corrispondere al ricorrente a titolo di
concorso nel mantenimento del figlio minore, subordinatamente all’effettivo
ritorno in Italia di Samuel, l’assegno mensile di € 300,00, rivalutabile
annualmente secondo gli indici ISTAT, oltre al 50% delle spese straordinarie
scolastiche (tasse di iscrizione, rette, libri di testo, gite scolastiche di istruzione),
mediche (spese sanitarie non coperte dal Servizio Sanitario Nazionale, visite
specialistiche in genere), ludiche e sportive (costi per l’iscrizione all’attività
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sportiva, relativa attrezzatura), con decorrenza dalla data della presente sentenza,
entro il giorno 10 di ogni mese;
6) non luogo a provvedere sulla domanda del ricorrente di accertamento negativo
dell’insuissistenza dei presupposti per la determinazione di un assegno a titolo di
contributo al mantenimento della resistente;
7) accertata la condotta pregiudizievole di Anna Zimova nei confronti del figlio
minore Samuel Cavalcanti, condanna la resistente, ex art. 709 ter, comma
secondo, n. 2) cod. proc. civ., al risarcimento dei danni in favore del figlio minore
che liquida nella somma di € 20.000,00;
8) accertata la condotta pregiudizievole di Anna Zimova nei confronti di Andrea
Cavalcanti in qualità di padre del minore Samuel Cavalcanti, condanna la
resistente, ex art. 709 ter, comma secondo, n. 3) cod. proc. civ., al risarcimento
dei danni in favore di Andrea Cavalcanti che liquida nella somma di € 20.000,00;
9) accertato il persistente e reiterato inadempimento di Anna Zimova alle decisioni
giudiziarie che l’hanno vista soccombente e condannata in conseguenza
dell’illegittima sottrazione del figlio minore Samuel, condanna la resistente al
pagamento della somma di denaro di € 500,00 per ogni mese di ritardo
nell’esecuzione della presente sentenza.
10) Condanna la resistente a rifondere al ricorrente le spese di lite che liquida nella
complessiva somma di € 2.500,00, oltre spese generali, IVA e cp.
Ordina all’Ufficiale di Stato Civile del Comune di Preganziol di procedere
all’annotazione della presente sentenza.
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Così deciso nella camera di consiglio del 5 aprile 2016.
IL PRESIDENTE
Dott.ssa Laura Ceccon
IL GIUDICE ESTENSORE
Dott. Alberto Barbazza
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