Il prossimo progetto - Ordine Architetti Pescara
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Il prossimo progetto - Ordine Architetti Pescara
Il prossimo progetto Probabilmente avrei dovuto usare una pietra più chiara per il pavimento. Avrebbe sottolineato la dimensione naturale della hall di ingresso, o forse è sbagliato il legno, anche se non avrei mai rinunciato a questo magnifico rovere. Ma forse sono troppo critico, nessuno se ne lamenta. Chissà quanto avrei potuto essere critico, ma la determinazione ha sempre caratterizzato il mio lavoro, il mio carattere. In effetti la pietra del pavimento si accorda con il legno. Adesso che sono qua mi pento di non esserci venuto più spesso. Mi hanno lusingato a lungo parlando di questo progetto e forse non si sbagliano. La luce zenitale che entra nell’ingresso modella lo spazio e i doppi volumi rendono armonioso l’ambiente. Sono stato bravo, ma non si impara dalla bravura, cosa ho sbagliato, forse avrei dovuto essere più critico. Vorrei fare un giro nel teatro prima che arrivi il direttore, vorrei fare un giro da solo, voglio scoprire se la mia immaginazione ha davvero brillato oppure se mi sono fatto forviare dalle mille questioni, suggestioni che accompagnano il lavoro. Ieri ho visto un bel progetto, il rivestimento non è male, forse un po’ eccentrico per i miei standard, me lo devo ricordare, chissà se anche Alberto lo ha visto se no bisogna che glielo mostro, magari lo studiamo per il prossimo progetto. Il prossimo progetto.. Mi devo sbrigare. Bello questo dettaglio, aveva ragione, la scala con lo spigolo non avrebbe avuto la stessa immagine, il raccordo circolare funziona bene, sono stati bravi i ragazzi dell’impresa devo ricordarmelo per il prossimo progetto. Potrebbe essere casa mia, lo rimando da troppo tempo e chi la sente mia moglie, insiste che lo faccia. Ma come si fa, un dubbio nasce sempre quando ho la matita in mano, potrei provare con la penna, mi da sicurezza. Tante idee, tanti studi, tanti maestri, tante suggestioni, forse dovrei semplicemente lasciarmi andare, o forse mi piace troppo il mio appartamento. A proposito le sedie nuove per la sala. Tante idee in testa, tante ore di schizzi e adesso devo rilassarmi ed evitare di creare un ensamble caotico, non sono il tipo, la semplicità mi emoziona, mi tranquillizza e bisogna che sia tranquilla casa mia. Uno spazio neutro potrebbe rilassarmi ed evitare le ansie ed il desiderio di voler cambiare. Oddio ecco di nuovo la Segretaria che arriva, forse mi cercano. Quanto parla questa ragazza, vai al sodo ti prego. Bene ho un po’ più di tempo il Direttore è in ritardo, lo capisco ho sempre avuto problemi anche io con la puntualità. Sbrighiamoci comunque. Eccolo il foyer, non credo sia stata la scelta migliore, ma hanno insistito. Devo farglielo presente, oppure no, magari la tengo per me questa riflessione e ne approfitto nel prossimo progetto. Odio i divani in tessuto, ma devo ammettere che non sono male, mi fermo un attimo, sono comodi. Dov’è la ragazza di prima, chissà se ha un buon caffè da portarmi. Il foyer.. il corridoio.. eccolo! Mi ricordo le mille ore di lavoro, la carta, il profumo della matita, le litigate con l’Ingegnere e il mio assistente, devo dargli un aumento, sì mi sopporta. Mi ricordo il motivo per il quale faccio questo mestiere, ho sempre voluto costruire, ho sempre costruito. Mi ricordo di mio padre e delle giornate spese a giocare coi Lego, non eleganti come il Froebel dei Maestri, ma comunque un gioco bellissimo. Mi ricordo il mio primo progetto, credo di aver cercato in ogni progetto le emozioni della prima volta, ma i grandi amori non sono destinati a ripetersi. Devo telefonare a mia figlia. Mi potrei innamorare di questo spazio, chissà quanta gente verrà. Dovrei memoria, poi ripassare meglio il mio discorso, improvvisare. no Speriamo lo so a rimangano affascinati dal mio discorso, non fare il presuntuoso, dal mio progetto, non fare il presuntuoso. La sensazione, voglio ricordarmelo questo momento, le luci soffuse, il leggero odore degli edifici nuovi, prima che le signore portino i loro prima che il tempo ne raffinati profumi nello spazio, cambi l’odore. Le poltrone sono calde, il pavimento è lucido, il palco profuma ancora di rovere, una meravigliosa essenza. La salita è comoda, i palchi sono intimi. Mi è sempre piaciuto lo spazio pubblico, difficile da realizzare ma nell’armonia della confusione l’ambiente si modella e la critica si estende. Chissà se rivedrò mai questo spazio, forse sì, le ore di volo rendono la cosa improbabile, ma non lo rivedrò, non lo rivivrò mai più cosi. L’emozione mi fa straparlare, devo rilassarmi o se no farò una brutta figura come l’ultima volta. Ho fatto bene a portarmi gli appunti, anche se non credo li userò. Ho ancora un po’ di tranquillizzarmi. Mi hanno tempo, il patio potrebbe sempre affascinato le corti, ricordo ancora la casa di mia nonna, le ore spese nel patio. Mi sorprende la memoria, mi trovo in un attimo a ricordare la mia infanzia e i suoi odori, dei flashback delle estati della mia gioventù. È difficile immaginare l’Architettura senza memoria, lo spazio si modella nella mia testa e mi trovo a pensare a tutti gli spazi visti, tutti gli odori. Avrei davvero bisogno di un caffè. La mia immaginazione questa volta non mi ha tradito, le mille immagini prodotte hanno avuto il risultato sperato, la corte è tranquilla, lo spazio è armonioso, la facciata continua, la luce affolla le mie sensazioni. Vorrei togliermi le scarpe e rilassarmi sull’erba, forse un po’ troppo. Troppo eccentrico in uno spazio così sobrio. Cosa ne penseranno, cosa ne pensano. La responsabilità non mi ha mai preoccupato, ma malgrado le dicerie la responsabilità degli Architetti oggi, più che mai, mi è chiara. Uno spazio collettivo fruitore, piacerà, ha ed una unico dovrei responsabilità è il suo chiedermelo unica, desiderio. più spesso, unico è Lo spazio ma le il gli scelte, seppur difficili devono essere perseguite. Voglio assumermi le mie responsabilità. Voglio fare l’Architetto, questo era il mio desiderio ormai dieci anni fa, ed oggi si rinnova qui, immerso nello stupore del mio progetto. Mi ricordo il mio maestro, dovrei fargli una telefonata. Mi ha già fatto i complimenti, prima ancora dell’inaugurazione, cara persona, ha sempre creduto in me. Invidio ancora i suoi disegni. Come per lui i disegni sono la mia fonte ispirazione. Non riesco a fare a meno della creazione, un momento nel quale gli elementi dialogano, suonano e risuonano tra loro. Dei suoni che brillano, delle linee che si accordano tra loro e riempiono il foglio, in un momento di contatto tra immaginazione e forma. Un attimo prima, ed un attimo dopo, che la mente faccia lo sforzo più grande e bello di creare un oggetto al suo interno. Un momento per me, il mio segreto. L’Architettura rimane per me un mistero, mi interrogo spesso su di essa e spesso ritrovo il tempo in essa. La creazione, la costruzione, la permanenza, la fruizione, la rovina o il restauro e la memoria. Il dialogo col tempo lo ritrovo qui oggi mentre vago nello spazio immaginato, infine costruito per poi essere vissuto. Un sentimento erratico mi accompagna attraverso la mia creazione. Forse dovrei smettere di pensarla come una mia architettura, ma la vedo crescere e affollarsi, la sento mia e la desidero. Spero diventi una architettura per tutti. E se non piacesse. Se non piacesse la critica mi servirà. Spesso sottovalutata la critica trova in se il rispetto per l’Architettura. Una riflessione non è mai negativa. La tendenza a spostare il nostro interesse verso ciò che viene creato, ciò che di nuovo affolla il nostro spazio. Il prossimo progetto, il prossimo spazio, la prossima critica, la prossima prossima Architettura Architettura. impegnerà la La mia ricerca della giornata di domani per adesso è meglio se mi concentro, fra poco dovrebbe arrivare il Direttore, non voglio fare brutta figura. Meglio se mi incammino verso la hall, magari ritrovo la ragazza, come aveva detto che si chiamava, Asia credo, mi serve un buon caffè mentre aspetto. Mi manca la mia matita adesso, ho voglia di ritrovare il momento della creazione. Mi piace questa Architettura.