Peggy Guggenheim bio Film x pubblicità

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Peggy Guggenheim bio Film x pubblicità
Casa Falconieri / Comune di Dolianova
Nell’ambito del progetto al D’arT che mostra in anteprima nazionale le INCISIONI e i
Premi Internazionali : FIG Bilbao International Print e Biennale di Acqui Terme per
l’Incisione, sabato 23 aprile 2016, verrà proiettato il documentario:
Peggy Guggenheim: Art Addict
Film al D’arT di Dolianova /
SABATO 23 APRILE 2016 ORE 20,45.
FILM AL D’ART
Peggy Guggenheim: Art Addict
Un film di Lisa Immordino Vreeland. Con Peggy Guggenheim, Marina
Abramovoc, Dore Asthon, Jacqueline B. Weld, Jeffrey Deitch.
Titolo originale Peggy Guggenheim: Art of This Century.
Documentario sulla vita di Peggy // durata 80 min. - Lingua Inglese (sottotitolato italiano) USA 2015
Erede delle fortune della
famiglia
Guggenheim,
Peggy è stata una figura
centrale per il mondo
dell’arte contemporanea:
non solo collezionista di
opere, ma anche di artisti.
Peggy Guggenheim: Art
Addict è un documentario
sulla
vita
dell’icona
dell’arte
Peggy
Guggenheim, basata sulla
sua biografia, nella sua
appassionante esistenza ha
vissuto
appuntamenti
segreti,
relazioni
e
matrimoni, e amicizie con
personaggi come Samuel
Beckett,
Max
Ernst,
Jackson Pollock, Marcel
Duchamp. Il film è anche
un
compendio
delle
correnti artistiche del
ventesimo
secolo,
mescolate
alla
vita
selvaggia e iconoclasta di una delle donne più potenti della storia dell’arte.
Erede delle ricchissime famiglie Guggenheim e Seligman, Peggy Guggenheim
(1898-1979), nei suoi avventurosi ottantun anni vissuti a cavallo tra Stati Uniti ed Europa
ha frequentato e supportato (quando non rivelato al mondo, come nel caso di Jackson
Pollock) svariati artisti e intellettuali: Man Ray, Costantin Brancusi, Salvador Dalì, Pablo
Picasso, Jean Cocteau, Samuel Beckett, Vasilij Kandinskij, Pete Mondrian, Alexander
Calder... alcuni di loro diventeranno compagni di vita e veri e propri mentori, come il
(secondo) marito Max Ernest, Marcel Duchamp, Herbert Read. Personaggi sospesi tra bel
mondo e vita bohémien, che qui sfilano in un vorticoso compendio della cultura del secolo
scorso. Già alle prese con un ritratto analogo di intraprendenza femminile Diana Vreeland,
sulla fashion editor di "Harper's Bazaar", la regista ha in questo caso dalla sua parte
materiale inedito, ovvero i nastri, riemersi durante la pre-produzione del film, dell'ultima
intervista concessa dalla Guggenheim a Jacqueline B. Weld, autrice della biografia
"Peggy: The Wayward Guggenheim". Il ritrovamento non è una rivelazione scioccante
quanto quella dei rullini riscoperti in Alla Ricerca di Vivian Maier, ma la voce secca della
collezionista - che ricorda fatti e opinioni più inerenti alla vita privata che alle scelte
"professionali" - dà un tocco di verità e freschezza a questa carrellata travolgente di
fruttuosi sodalizi tra celebrità. In parallelo, i rapidi, canonici e non sempre incisivi interventi
di galleristi, storici dell'arte e curatori di oggi puntellano un flusso di immagini davvero
cospicuo: foto private, filmati e una sequenza impressionante, al limite dell'overdose
(l'addiction del sottotitolo), di riprese di dipinti e sculture e di rare pellicole arthouse (Maya
Deren, Man Ray, Salvador Dalí, Hans Richter, tra gli altri). La "arte-dipendente" o art
addict, che si svela grazie a quella colonna audio e alle scelte di montaggio è una donna
fragile, che grazie ai suoi mezzi, una forte volontà di emanciparsi e un non trascurabile
fiuto per gli affari si inventò disinvolta mercante e collezionista imponente (non più privata
ma museale). Un'eccentrica sui generis che, ben consigliata da collaboratori d'eccezione,
contribuì a cambiare le modalità di fruizione dell'arte - quando ancora non era riconosciuta
come tale, se non addirittura giudicata "spazzatura" - rendendola più accessibile al grande
pubblico. Su tutto, come giustamente ricorda nel film il mercante d'arte e curatore Jeffrey
Ditch, Guggenheim è stata "il collegamento tra modernismo europeo e americano, tra
surrealismo ed espressionismo astratto": e il film infatti ne ripercorre la biografia tra New
York, Parigi, Londra, ancora Parigi e New York e infine Venezia (dove ricevette la
cittadinanza onoraria nel '62, molto dopo aver prestato le sue opere alla Biennale).
Sedotta da questa figura priva di istruzione universitaria, autodidatta, sedicente "ostetrica
dell'arte moderna", la regista suggerisce agenti e fattori esterni al raggiungimento di tale
successo personale (il più eclatante: la fuga degli artisti dall'Europa alla vigilia della
Seconda guerra); anche per questa ambiguità tra intenzioni e circostanze, dipendenza e
spirito di ricerca, il personaggio risulta ancora più intrigante. Pervade la narrazione un
certo voyeurismo riguardo gli aspetti più bizzarri della socialite newyorkese: l'ossessione
per il sesso (esibita nell'autobiografia "Out of This Century"), il narcisismo frustrato, il
senso di rivalsa verso un milieu asfissiante. C'è spazio anche per curiosità per cinefili,
come l'ospitata di Robert De Niro (qui in veste di figlio di due pittori entrambi esposti dalla
Guggenheim) o il prestito della testiera da letto di Calder. Un jazz elegante forza in
direzione gioiosa un privato segnato da molti lutti e sconfitte. I contrasti sono accentuati:
capitalismo vs anarchia della comunità artistica, maschilismo vs emancipazione,
accademia vs avanguardia; un forte gusto per il romanzesco lavora al giusto
riconoscimento di una figura determinante della cultura del Ventesimo secolo, in una
celebrazione stylish del diritto ad autodeterminarsi. (recensione tratta dalla rete web).