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Te pido un taxi | 1
Per gentile concessione di Tanoka dalla stupenda Argentina, tratto dal sito www.largentina.org, pubblichiamo questo
bell’articolo su quel mondo tanto lontano quanto affascinante.
“Hay cinco tipos de taxistas odiosos: el 504 (un viejo oloroso
que tiene un auto destruido), el pistero (un mocoso con delirios de corredor de fórmula uno que le dice “la
nave” a su auto), el galán (el que todas las mujeres acosan arriba del taxi), el empresario (que antes de tener
un taxi fue empresario, presidente, astronauta y puede opinar sobre todo) y el morboso (que disfruta
únicamente mirando accidentes y contando anécdotas de motochorros hasta hacerte llorar).”
Nunca Taxi, La Peleadora.
Per parlare dei tassisti di Buenos Aires, los tacheros, non basta un post, ci vorrebbe un libro. Amati e odiati, è impossibile
ignorarli. Amati soprattutto dai turisti per il fatto che trovano sempre un tema di conversazione, un aneddoto, una bufala
da rifilarti. Odiati dagli argentini, per lo stesso motivo: non tacciono mai. Non si è obbligati a far conversazione con il
tassista. La dinamica è semplice, quando sali lui ti butta lì una frase strozzata sul tempo, sul Boca o sul traffico. Roba tipo
“Como está Callao hoy!”. Tu puoi decidere se abboccare, ma se rispondi sappi che non lo fermi più. Ho amici che per
evitare la conversazione aprono il giornale o ascoltano l’mp3, ma a me piace parlare con i tassisti, anche se poi ogni tanto
ci scappa la discussione. Ricordo ancora la faccia del tassista del giorno in cui nacque mio figlio. Ricordo che mi
raccontava dei suoi figli, della ex moglie, della nuova fidanzata.
Il motivo fondamentale per cui molti li odiano è che il tassista porteño normalmente è portatore della peggio ideologia. È
assolutamente normale che la conversazione con lui finisca su temi destrorsi, nel migliore dei casi. A me propinano sempre
la tiritera de “questo paese l’hanno costruito gli italiani e gli spagnoli” “gente che aveva voglia di lavorare” “non come
questi negros di adesso”. Io non penso che i tassisti siano cattive persone, penso solo che passino troppo tempo da soli, in
macchina. Lavorano nel posto in cui noi ci stressiamo, ci incazziamo, sbraitiamo. È come lavorare in miniera, non può
essere gente equilibrata. I tassisti hanno certi pensieri torbidi e bui perché passano un sacco di tempo in strada, di notte e
di giorno. E in strada, in una cittá come questa, difficilmente succedono belle cose. Non è un’eslusiva argentina. C’era quel
film spagnolo, “Taxi” di Carlos Saura, dove i tassisti nazisti passavano all’azione e incominciavano a sprangare immigrati,
omosessuali e prostitute.
E poi c’è la radio. Il rapporto carnale del tassista con la radio. La radio ufficiale dei tassisti di Buenos Aires è Radio 10, una
radio recalcitrante, con personaggi di spicco come Oscar González “el negro” Oro o Baby Etchecopar. La radio informativa,
parlata, martellante, l’idea assoluta che il paese è allo sbando, todo mal, todo terrible, non si può andare avanti così, che
sto paese sta per esplodere, bla bla bla. Quel tipo di radio che ispira a Peter Capusotto la parodia “Hasta cuando”,
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Te pido un taxi | 2
Ma l’altra sera tornavo a casa verso mezzanotte e sono salito su un taxi guidato da un signore silenzioso. Dai tratti
sembrava peruviano, ma poteva anche essere argentino. Un omone gigantesco cui avevano costruito il taxi intorno.
La cosa splendida è che guidava ascoltando una di quelle radio notturne, con una voce di donna sensuale, calda, che
parlava di oroscopi, di superarsi, di vita. Nei dieci minuti del viaggio hanno messo una ballata di Ricardo Arjona, un bolero
di una cantante a me sconosciuta e una canzone triste di Maná. Io mi sono immaginato il peruviano silenzioso che
attraversava la cittá tutta la notte, tutte le notti, senza ascoltare mai le notizie, ascoltando sempre quei boleros, quella voce
calda che lo accompagna sempre. E chissá che cosa pensa. Se è triste o felice. Magari pensa al perú, magari pensa alla sua
famiglia che lo aspetta a casa o magari in perú. Sono sceso dal taxi con una malinconia immensa, che prima o poi
dovevo riversare qui. Ecco, adesso mi sento molto meglio.
Quando hai qualcosa di nuovo mandacelo a questo indirizzo: [email protected]. Ciao Tanoka.
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