giasone è riuscito a far sorridere un bambino cieco e

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giasone è riuscito a far sorridere un bambino cieco e
Giallo • Fascicolo 0034 • Anno 2013
animali
La commovente storia di un Golden Retriever che in provincia di Padova
giasone è riuscito a far s
un bambino cieco e sordo
Dice la padrona Maria Riello: «Gli si è avvicinato e ha messo il muso sotto al suo braccio. Il p
Limena (Padova)
V
ivo e lavoro con
i cani da sempre, ma non
hanno ancora
smesso di sorprendermi.
Mi commuovo quando vedo che uno dei miei animali
riesce a cambiare la vita di
un altro essere vivente. È
qualcosa di meraviglioso.
E lo diventa ancora di più
quando un cane riesce in
ciò che l’uomo non è stato
in grado di fare, come nel
caso del piccolo Roberto”.
A parlare è Maria Riello,
che tutti chiamano Edy, 59
anni, di Limena, un paese in
provincia di Padova. Maria,
istruttore e presidente di
“Cave Canem”, non riesce a
trattenere l’emozione quando racconta a Giallo l’ultimo capolavoro realizzato da
Giasone, uno dei cani della
sua associazione.
CANE E BAMBINO
COMUNICANO
Ci racconta, orgogliosa,
Edy: «Giasone è uno dei
nostri 30 cani. Ha 8 anni ed
è uno splendido Golden Retriever dorato. Vive nel nostro centro, a Limena, dove
gioca, si diverte e si riposa.
È un collaboratore davvero
prezioso. Giasone è capace
di cogliere tutte le sfumature del linguaggio del corpo,
e quindi anche la sofferenza
di chi sta accanto a lui. Per
questa ragione dobbiamo
limitare il tempo che il cane
trascorre con persone sofferenti fisicamente o psicologicamente, perché si tratta
di una forma di tutela per
l’animale. Ed è proprio con
le persone che non stanno
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bene che lui riesce a esprimere al meglio le sue capacità straordinarie. Poco tempo fa ha conosciuto Roberto, un ragazzino di 12 anni
con gravi problemi di salute.
E la scintilla, tra loro, è scattata immediatamente».
Un attimo di commozione,
e poi Edy riprende a raccontare: «Giasone, assieme a
una nostra operatrice, lo va
a trovare una volta alla settimana, nel centro in cui Roberto è inserito. Abbiamo
capito subito che tra i due
l’intesa era forte. Non appena arriva al centro, Giasone
si avvicina a Roberto e gli sta
accanto. Quando le condizioni di salute del ragazzo lo
permettono, gli operatori lo
fanno scendere dalla sedia a
rotelle. Ci sediamo insieme
su un grosso tappeto morbido, ed è proprio qui che è
avvenuto qualcosa di eccezionale. Giasone ha spinto
il suo muso sotto il braccio
di Roberto, lo ha sollevato
leggermente, e poi ha appoggiato il capo sul torace
del ragazzo. È stato in quel
momento che Roberto ha
sorriso, per la prima volta,
e ha iniziato ad accarezzarlo
dolcemente, con la mano».
Giasone, con la sua sola presenza, è riuscito a strappare
PROFESSORI
A 4 ZAMPE
Limena (Padova).
I cani con i volontari
dell’associazione
“Cave canem”,
di cui fa parte
Giasone. I cani
vengono utilizzati
nelle scuole per
stimolare i bambini
a studiare di più.
VUOLE TANTE COCCOLE
Limena (Padova). Giasone, Golden
Retriever di 8 anni, si rotola sul
tappeto. Dice l’istruttore Maria Riello:
«Giasone è riuscito a far sorridere un
bambino cieco e sordomuto. Soffre
tanto e non aveva mai sorriso prima».
un sorriso a un ragazzo che
non non aveva mai sorriso
prima, che non comunica,
che non può nemmeno frequentare la scuola perché
troppo cagionevole di salute. Continua Edy: «Il percorso è iniziato da poco, ma
il nostro obiettivo è quello
di continuare ad aiutare
Roberto. L’unico modo in
cui possiamo farlo è proprio
grazie a Giasone. Roberto
non vede, non parla, a volte
soffre molto anche fisicamente. Giasone l’ha compreso, grazie alla sensibilità
eccezionale tipica dei cani,
ed è riuscito a entrare in
contatto con lui». Quella di
questo meraviglioso Golden
Retriever non è un’impresa
unica: tutti i 30 cani dell’associazione “Cave Canem”,
che qualche settimana fa in
provincia di Trento è stata
premiata nell’ambito dell’iniziativa “100 Cani Eroi”
della Trainer Novafoods,
sono collaboratori preziosi
per attività terapeutiche anche negli ospedali. Conclude Edy: «La maggior parte
dei nostri cani sono Labrador e Golden Retriever, ma
abbiamo anche una simpati-
Giallo • Fascicolo 0034 • Anno 2013
La posta di
Settimanale giallo
fa luce sulla mente umana
assiste un bimbo disabile
sorridere
omuto
piccolo ha sorriso per la prima volta»
Limena (Padova).
Giasone dà la zampa
a una volontaria. Grazie
ai suoi cani eroi,
l’associazione di cui fa
parte è stata premiata.
ca banda di Bassotti e alcuni
meticci. Questo a conferma di quanto poco conti la
razza dell’animale. Alcuni
di loro sono impiegati in
un progetto che portiamo
avanti nel nostro centro come “professori a 4 zampe” e
aiutano, a modo loro, i bimbi a fare i compiti. Gli alunni alternano un esercizio
sul quaderno a una carezza
al cane. È un meccanismo
che li stimola a lavorare di
più e meglio. Sarebbe bello
se anche noi umani riuscissimo a comprendere quello
che gli animali comunicano
con il linguaggio del corpo.
Diventeremmo
persone
migliori».
Servizio di
Paola Strocchio
Mandateci le storie dei
vostri amici a 4 zampe
Potete inviare le vostre storie con le foto
in una busta a:
Settimanale GIALLO
Cairo Editore
Corso Magenta 55, 20123 Milano
Via fax al numero: 02/43313574
O per mail:
[email protected]
Il materiale inviato in redazione
non verrà restituito
La psicoanalista Vera Slepoj risponde alle vostre domande
sui fatti più sconvolgenti di questa settimana
di Vera Slepoj
Perché le persone
si fingono colpevoli?
C
osa spinge una persona ad autoaccusarsi di un crimine che non
ha commesso o a fingere di essere
stato testimone di un delitto quando invece non ne sa nulla?
Roberto Annone
Sicuramente questo comportamento
è indice di un meccanismo distruttivo: il
desiderio di farsi giudicare o di farsi incriminare può riguardare un qualche cosa legato a una colpa magari non dichiarata, inconscia e inconsapevole. Autoaccusarsi di
qualcosa che non si è commesso è indice
del desiderio di autoeliminarsi e di porsi in
una condizione di punizione. Altrimenti,
questi comportamenti sono testimonianza di un desiderio di emulazione e di una
visione inesatta della visibilità: esprimono
il bisogno di essere al centro dell’attenzione, legato spesso a una forma di egocentrismo. Pur di essere al centro dell’attenzione,
il soggetto accetta di passare anche per un
malvagio. L’autoaccusarsi di un delitto può,
infine, essere espressione di un soggetto
aggressivo e affetto anche da patologie
psichiatriche che desidererebbe mettere in
atto un certo tipo di reati, ma non ne ha né
la forza né il coraggio né forse le capacità.
QUA LA ZAMPA
Vera Slepoj
In gita sulla scena
di un delitto, perché?
T
urismo dell’orrore: perché tanta
gente si fa fotografare sui luoghi di
un delitto, come accaduto per l’omicidio di Cogne? Io la ritengo una cosa
davvero disgustosa.
Sara Crespini
Voler ripercorrere le tracce di un delitto
famoso è tutto sommato un voler entrare
in un mondo complesso come quello del
crimine che è fatto, per chi ha questo tipo
di curiosità, di un bisogno di controllo degli eventi, di spiegarli e nello stesso tempo
di guardare dentro a ciò che succede nella
vita umana. È sempre la paura di tutto ciò
che non è controllabile che porta l’individuo a interessarsi di ciò che teme e non c’è
nulla di più spaventoso dei delitti efferati
e della morte. Da sempre la collettività è
interessata a capire ciò che più teme e da
sempre eventi incomprensibili e che vanno oltre la razionalità affascinano le masse.
Basti pensare quanti ammiratori avesse
“Jack lo squartatore”: ci fu persino chi lo
voleva candidare a un ruolo istituzionale e
siamo nell’Inghilterra antica. I delitti sono
visti talvolta così gravi da divenire avvenimenti eccezionali e hanno sempre fascino.
Più recentemente ricordiamo quanti ammiratori, tra cui moltissime donne, abbia
Charles Manson, il santone che nel 1969
a Los Angeles uccise a coltellate la moglie
di Roman Polanski, Sharon Tate, incinta di
8 mesi. Sta scontando l’ergastolo, probabilmente non uscirà mai di prigione, eppure
c’è chi si ostina a scrivergli.
Ho sempre paura
di ammalarmi...
D
a quando mio marito è morto a
causa di una terribile malattia,
sono diventata ipocondriaca,
cioè ho il terrore di ammalarmi. Appena ho un piccolo dolore, mi sottopongo
a mille esami perché ho il sentore che
sia qualcosa di molto brutto. Perché mi
succede?
Felicita Catti
È già qualcosa che lei riconosca i sintomi di un malessere e faccia esami in modo
consapevole. L’ipocondriaco spesso non è
consapevole di avere un malessere o il sintomo di una malattia, vera e reale. Agisce
anche prima di averli. Egli investe energie
nel cercare di proteggersi dalle malattie
che non ha perché paradossalmente ama
la vita e ha una paura terribile di perderla,
ma non sa come viverla appieno. Ha una
visione pessimistica della vita, pensa che
tutto debba sempre andare male e con le
sue malattie immaginarie cerca di proteggersi dalla vita stessa. Tutte le analisi e le
visite mediche che gli ipocondriaci fanno
sono conseguenza della loro patologia.
Evitare le malattie, curarsi a dismisura li
rassicura perché la loro vita è legata all’insicurezza, al pessimismo e a un’esagerata
concentrazione sulle proprie capacità di
prevenzione. Non si preoccupi, dunque,
lei è probabilmente scioccata dall’aver
vissuto la malattia di suo marito e la sua
agonia: riprendersi da un grande dolore è
complicato.
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