verso la beatificazione pio alberto del corona

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verso la beatificazione pio alberto del corona
VERSO LA BEATIFICAZIONE
PIO ALBERTO DEL CORONA
DOMENICANO VESCOVO
(19 SETTEMBRE 2015)
Pio Alberto del Corona, fondatore del monastero domenicano
dello Spirito Santo nel 1872, divenuto nel 1972 Congregazione delle Suore domenicane dello Spirito Santo.
Mons. Pio con la Madre Elena e le prime suore
RITIRO - PELLEGRINAGGIO
presso la sua tomba a via bolognese 111 Firenze
condotto da fr. ANTONIO COCOLICCHIO O.P.
1 febbraio 2015
anniversario della sua vestizione religiosa
nell'Ordine dei Predicatori (Domenicani)
Fr. Pio Novizio Domenicano
Il 1 febbraio di ogni anno era per lui un giorno di festa. Lo ricordava con vivissima gioia, ed ecco cosa ne scriveva quarantasei anni dopo: “Oggi ho pensato ai miei verdi anni (ne avevo
18) quando il buon Padre Corsetto domandava a me
inginocchiato: Che chiedete voi? Ed io gli rispondevo: La misericordia di Dio e la vostra. Mi ricordo delle parole che mi
dirizzò e che erano vaticinio e programma.
Ebbi il bianco abito, i tre nomi e un sentimento nuovo di tenerezza per la Piena di grazia, sotto la cui ala mi ponevo incardinandomi alla famiglia Gusmana. Il giorno 2 mio padre
mi baciava in fronte piangendo ed io sentiva il vuoto di non
aver conosciuto la mamma, tesoro perduto quando io era incapace di fame stima”.
BREVI
CENNI BIOGRAFICI
Alberto, Francesco, Filomeno, nacque il 5 luglio 1837 a Livorno da Giuseppe Del Corona ed Ester Bucalossi, commercianti in generi di calzoleria. Quando ancora non aveva due
anni gli morì la madre. Era quarto ed ultimo figlio e la sorella
Teresa gli fece da mamma. Compì gli studi presso il collegio
S. Sebastiano dei Padri Barnabiti. A quattordici anni si iscrisse
alle Conferenze di S.Vincenzo de' Paoli e anche al Terz’Ordine
domenicano, in seguito, nella Chiesa di S. Caterina retta dai
Frati Predicatori. La conoscenza di S. Caterina da Siena, di cui
era fortemente innamorato lo fece propendere per la scelta
dell' Ordine Domenicano.Vesti l'abito il 1 febbraio 1855 nello
Il B. Pio Alberto con il B. Giacinto Cormier
storico convento di S.
Marco di Firenze, ove rimase nei suoi venti anni di
vita religiosa, prima di essere nominato vescovo ausiliare di s. Miniato dal b.
Pio IX mentre era priore
del convento all'età di 38
anni. Esercitò il ministero
sacerdotale insegnando,
predicando e confessando
e nella direzione spirituale
condivise il suo ideale di
costituire un nuovo monastero domenicano nel
quale, da vere domeniCappellina interna del Monastero
cane, le monache si sarebbero dedicate allo studio
delle Sacre Scritture come fece s. Paola romana nella sua casa
sull'Aventino a Roma, sotto la guida di s. Girolamo che poi
seguì a Betlemme fondandovi una comunità di studio letterale
della Bibbia e di Preghiera. Questa fu la “bellezza ispiratrice”
come lui stesso la chiamò e con la signore Elena vedova Bonaguidi fondò l'Asilo, cosi fu chiamato il Monastero, in quanto
asilo di anime, il 12 novembre 1872. Dopo il suo lungo ed intenso episcopato esercitato per 32 anni a s. Miniato, ottenne
di potersi ritirare nel convento domenicano di Fiesole e di
morire il 15 agosto 1912 nell'”Opera del suo Cuore” (il monastero), in cui è sepolto per suo espresso desiderio.
Testi:
MARIA SANTISSIMA
V
ogliamo contemplare Maria, la grazia, l’arte e la scienza,
per comporre un inno alla “Vergine Madre umile ed alta
più che creatura, termine fisso d'eterno consiglio”.
E lo faremo dimostrando che Maria è il tesoro della grazia,
ideale dell'arte, la chiave della scienza. L'amante della sapienza
ci segua e dietro la scorta della ragione teologica, trarrà, se non
dal cuore, almeno dal fondo della sua intelligenza, il tributo
della lode alla Vergine senza macchia che Dìo ebbe posta tra la
nostra miseria e la sua giustizia.
La grazia è la partecipazione e dell'essere e della vita di Dio,
trae seco il suo divino autore, che è lo Spirito Santo, è semenza
di eterna gloria.
Si chiama grazia perché è data senza debito e rende l'anima
piacente e a Dio grata; è l'effetto del divino amore che ove
raggia crea la bellezza: è la benedizione di Dio, il quale dicendo
fa e infonde il bene che vuole. Or questa grazia fu data e infusa
all'anima e al corpo di Maria con pienezza nel suo immacolato
concepimento. Dio l’amò, la benedisse, traricchì tutto in lei,
l’intelletto, la volontà, il cuore, il corpo e ogni fibra dei corpo.
Il sangue senza macchia e senza fomite, l’anima di tempra divina, creata per animare il cuore più puro, il corpo più bello
che fosse mai. Creando Maria, Iddio creava il verace Eden, che
Mons. Pio in meditazione
all'alito dello Spirito Santo avrebbe dato il fiore divino, Cristo
Gesù.Terra Vergine di Eden fu la Immacolata, paradiso di Dio,
fonte sigillato col sigillo della Trinità, orto chiuso alle fraudi
dell'antico serpente. L'Arcangelo dell'Annunziazione la saluta
piena di grazia, cioè come un impasto di grazia. La Trinità, dice
S. Metodio, volle aver bisogno di Maria per incarnare il suo
Verbo e rifare il genere umano nell'ordine della grazia. E la
Trinità venne in lei come in trono e talamo. Uno della Trinità
si fece consustanziale a lei in natura, frutto delle sue viscere,
vivente in lei e da lei. Il fantolino in seno alla madre è parto
di lei, respira con lei, vive del sangue di lei. Così il Verbo di
Dio umanato visse in Maria, la Trinità diede un amplesso d’infinito amore alla Vergine, creata già più pura della luce, più
bella degli angioli e colmandola di un germe divino effuse i
tesori della verità e della grazia nella umanità del Verbo ed altresì nella verginità della madre. Le virtù infuse, i doni dello
Spirito, i carismi della scienza e della potenza, tutto era in lei.
Il Padre le infuse la fecondità fontale a generare tutti gli eletti
di Dio; il Verbo infuse scienza di tutte le cose, le aperse il libro
della predestinazione dei Santi, sudditi e figli di lei; lo Spirito
Santo effuse le viscere della bontà, dell'amore eterno e dell'eterna dolcezza in lei. Amata più di tutte le creature, più di
tutte abbellita, più di tutte fatta ricca di doni, abisso e oceano
di grazia. In questo mare entrarono tutti i fiumi di grazia, il
fiume delle grazie degli angioli, il fiume delle grazie dei due
progenitori, il fiume delle grazie dei patriarchi e dei profeti, il
fiume delle grazie degli apostoli. Agli angioli non fu data grazia
se non perché fedeli al mistero del Cristo nascituro di lei; nessuna grazia agli angioli e agli uomini fu distribuita, che non
passasse per lei. Vello impinguato di rugiada, che irriga tutta
l'aia della Chiesa, è Maria; tramite d'immense acque, che santificano tutti gli eletti di Dio.Tutte le bellezze che risplendono
in cielo sono riverbero delle bellezze del Verbo, tutti raggi
della grazia effusa al mondo da Lei.Tutte le aureole dei vergini,
raggi della immensa virginità di amore che Dio pose in lei.
Dio la fece sì bella, da essere rapitrice dei cuori, anche del
cuore di Dio. Chi vorrebbe andare rattenuto e parco nell'amare, nell'esaltare Maria?
Non si dice mai quanto basta di Lei. De Maria nunquam satis;
cosi S. Bernardo.
Maria è arte. L’arte ha bisogno dell’ideale, per ritrarre nella
materia il bello di cui è studiosa contemplatrice. Or l’ideale di
ogni bellezza Dio lo pose in Maria. Dio stesso fin dall'inizio
fu sommo maestro di arte; l’adoprò in creando le cose belle,
l’adoperò plasmando l’uomo, fabbricando la donna. Nei cieli,
negli astri, nei fiori, nei viventi splende l'arte divina. L'argilla
animata dal soffio divino fu la prima statua che il mondo vide.
Nella soavità dei colori splendenti, nel volto di Adamo e di
Eva fu la prima dipintura di Dio. Lavorando a queste due sculture e dipinture, Dio mirava a Cristo e a Maria, mostrò nel
loto la grandezza dell'arte sua, in luto magnítudínem suae artis
ostendit. La creazione in questi due capi lavori ebbe il suo decoro, la sua corona, il suo compimento. Maria è dunque la ispirazione dell'arte.
L'arte avea mestieri di contrasti e di comunanze sconosciute
al mondo per esaltarsi, e Dio le fece splendere tutte in Maria:
la virginità nella fecondità, la innocenza nel dolore, la umiltà
nella gloria. Chi non ammira la Vergine che all'annunzio dell'angelo s’inchina, come giglio che apre il suo calice, e accoglie
Dio nel suo seno?
Chi non ammira la Vergine impallidita nello spasimo sotto la
croce, in vicinanza all'eterna bellezza, al cui oscurarsi il sole
cela i suoi raggi? Chi non ammira la Vergine dal seno della
tomba levarsi e salire di astro in astro, al bacio di Dio? Gli angioli la circondano, la Trinità viene a Lei, la prende al suo bacio
e al suo trono. Ecco il fonte delle ispirazioni dell'arte.
Il genio tace, adora, e rapito in una specie di estasi, vede come
Paolo arcane cose di lassù; si sveglia dall'estasi, e nella materia
morta scolpisce, effigia e ritrae a noi pellegrini bellezze vedute
in cielo. Ecco le Madonne di Raffaello, i volti dei B. Angelico.
Chi non ha veduto il baleno di lassù nella coronazione di
Maria dell'Angelico? Maria putibonda s'inchina e dalla mano
dell'Onnipotente prende il diadema di gloria.
Maria regina dell'arte che vive lì nella parete morta, è la bellezza che irradia la gioia e desta fremiti e amori ineffabili.
Maria ha ispirato l'arte cristiana, l'ha glorificata, l'ha consacrata,
l'ha resa magistero, parola viva d'amore!
Maria è la scienza, la scienza è nulla, se non giunge a conoscere
il mistero del male, che si agita sull'arena sanguinosa del
mondo. Non basta indagare e sapere le leggi degli astri che
fanno la lor corsa sotto il trono di Dio. Non basta studiare il
magistero della natura nelle bellezze degli esseri creati; non
basta raccogliere nell'anima le armonie di questo immenso
carme che è l'universo. Occorre conoscere il mistero dell'anima, il dissidio interno nell'uomo che ha le aspirazioni dell'angelo e gli istinti del bruto: il mistero della luce e delle
tenebre nel genere umano, delle adorazioni e delle bestemmie,
dei facili trionfi del vizio e delle sconfitte della virtù sulla terra;
ma la chiave di tutto questo si trova nel mistero di Gesù e di
Maria preordinato ab eterno, mostrato in visione agli angioli;
si trova nel peccato originale, commesso a istigazione di Satana; si trova nel mistero del Calvario, dove una donna e un
legno e un Uomo-Dio crocifisso rifanno il genere umano caduto nel primo Adamo; si trova nel mistero della Chiesa, regno
di Dio sulla terra, destinata, come il suo Divino Fondatore, ad
essere bersaglio all'errore essenzialmente tiranno, lasciata nell'oceano dei secoli quale arca salvatrice degli eletti, fino al
giorno in cui l'Uomo-Dio verrà a fulminare la menzogna e il
delitto, a prendere la Chiesa e addurla dalla milizia al trionfo.
Ah! senza il mistero di Gesù e di Maria, la creazione è un
enimma senza significato, l'arte senza ideale, la scienza senza
chiave, la società senza cardine, la virtù senza esemplare, il dolore senza conforti, l'esilio senza speranze. Ma con Gesù e con
Maria, l'Uomo-Dio e la Madre Vergine che ristorano disciolte
armonie e riportano la umanità e l'universo al primo disegno
dei Creatore, tutto splende, tutto parla, tutto rallegra. O Maria,
catena d'oro che leghi la terra al cielo, gli angioli e gli uomini
a Dio: ponte che metti dal tempo all'eternità: tesoro di grazia,
ideale dell'arte, chiave della scienza, sii benedetta!
S. DOMENICO
DI
GUSMAN
Iddio solo fa i Santi e li forma ad immagine sua secondo la
grazia. È impossibile delineare la figura del Santo Patriarca Domenico in tutti i suoi ammirabili tratti. Per cogliere qualcosa
di quella fisionomia di santo, tutta peculiare, conviene volgere
lo sguardo alla Santa Madre di Dio. Chi scompagna S. Domenico da Maria lo dimezza, perché egli è proprio una fattura di
lei e ne porta la effige santa. Investighiamo a una a una le armonie che sono state poste dalla grazia, tra l'uno e l’altra.
Maria, diede Domenico alla Chiesa. Quando il fango e l'odio
si agitavano quaggiù e i rifranti sprazzi della motosa nequizia
cadevano sulla veste della Chiesa e il figliuolo di Dio era per
lanciare i fulmini del suo sdegno sul mondo al secolo decimo
terzo, Maria offerse, allo sguardo del divino suo Figlio, due suoi
amici e servi che lo placarono, Francesco e Domenico, i quali
vennero a sposare la povertà, a predicare il Vangelo e la Croce
e corsero in guerra armati di penitenza e di pianto.
L'amore di Maria diede alla Chiesa Domenico, che vale uomo
del Signore per eccellenza, quasi viva effige di Lui, un altro
Lui per grazia, Maria, nell'ordine di natura genera Gesù a sua
immagine e somiglianza e secondo la grazia impresse la immagine e somiglianza sua in S. Domenico. Lo educò alla sua
scuola e lo allevò cherubico nel sapere. Domenico, il piccolo
Samuele, cresce all'ombra del santuario, studia la verità nei libri,
la contempla nel fonte, la cerca nella Scrittura Santa... È uno
splendore di cherubica luce.
Morte di Mons. Pio il 15 agosto 1912
Maria forma a lui un cuore serafico che si strugge amando e
si distilla in lacrime; gli infonde un amore di madre per le sciagure degli uomini che egli compassionando trae nell'anima
sua. Non troviamo santo che si appenasse così teneramente e
si disfacesse dentro per intima lacerazione ineffabile come Domenico.
La tenerezza di Maria, la pietosa corredentrice che fu trafitta
dalla spada sotto la croce parve trasfusa in Domenico. Questa
tenerezza si dispiega in lui celebrante il mistero dell'amore;
offre l'agnello santo e si dissolve in pianto; di notte ripensa alle
umane colpe e si flagella e mesce il pianto al sangue, ansando
guarda il cielo e abbraccia gli altari quasi persone viventi. Si
forma così atleta della fede di cui deve stendere l'impero sul
mondo.
Maria attira a Domenico i primi compagni; egli di notte prega
e la Vergine alla dimane guida a lui i santi figli che saranno astri
nel cielo domenicano; di questi figli singolarmente illustre è
Reginaldo, a cui la Vergine benedetta dà l'abito gusmano. Non
lo addita, non lo porge, se ne veste Ella medesima quasi per
addimostrarsi la prima Domenicana e Gusmana ella stessa. È
l'abito dal candore abbagliante, il colore della virginità, a cui
sarà poi aggiunto il nero in emblema dell'amore penitente che
si conserta e intreccia all'amore innocente nel caro Ordine che
va chiamato la famiglia della Madonna; e i frati di S. Domenico
furono infatti chiamati da principio i fratelli della Madonna.
Maria dà un farmaco o latte, che dir si voglia, a Domenico per
infondergli lena e ardimento alle pugne a cui lo destina. Delle
lodi di Maria, della contemplazione di Maria e del suo frutto
virginale e divino vive Domenico e spira alito e fragranza di
lei.
Maria dà a Domenico nuove armi per combattere gli Albigesi;
le sue Rose, cioè il culto delle sue gioie, de' suoi dolori, de'
suoi trionfi, Ella rivela al suo vergine amico il Rosario e Domenico come è scritto nell'Inno antico sparge le rose e commuove i popoli e col saluto angelico iterato e annodato ai
misteri della umana redenzione riconduce a Cristo i centomila
eretici. Lo spirito e la soavità di Maria è incarnata nel Gusmano, l'eloquente panegirista della virginità e della maternità
di Maria.
La Madonna dà a Domenico il raggio dei carismi apostolici
ed Egli spande fiumi di sapienza nella corte dei Pontefici e nei
Concilii. La Chiesa lo chiama uomo di petto apostolico, colonna della fede, tromba del Vangelo, secondo precursore di
Cristo, occhio del mondo.
La Regina degli Apostoli ha effuso in lui tutte le chiarezze e
le fiamme apostoliche, Domenico impera ai morbi, all'aere, alla
morte, a satana; e gli Angioli ministrano a lui e ai figli di lui,
come a Gesù nel deserto. È l'uomo senza labe e si chiama reo,
è pieno dei carismi celesti, e supplica Iddio che non le subissi
all'entrare nelle città. Questa mistura di sublime e di umile, è
l’impronta della piena di grazia, umile ed alta più che creatura,
che è fatta Madre di Dio e si chiama ancella.
Maria solleva un lembo del regale suo manto e mostra là dentro ascosi e al coperto i figli di S. Domenico. Si nasconde quel
che è caramente diletto, quel che è prezioso, quel che è tesoro.
La visione mostrò che Maria guarda come tesori i figli e le figlie di S. Domenico, Maria diede a Domenico una posterità
verginale. L'Ordine Gusmano è tale di natura che in esso i dottori sono vergini e le vergini sono maestre. Giacinto, Raimondo, Tommaso, Vincenzo, Pio V, Antonino sono dottori
vergini, altre fatture di Maria colla impronta di lei. Delle ver-
Cripta con la tomba del Beato
gini, guardiamo solo Caterina da Siena, la donna che pare Arcangelo armato. Essa ragiona in divinità con eloquio tutto suo;
in Conclave mette lena e ardimento nei Cardinali, va ambasciatrice delle Repubbliche ai Papi, temprando la penna nel
sangue del dolce agnello Gesù, detta lettere che mettono in
fuoco di amore le anime; è la donna forte che riconduce a
Roma il Pontefice, mette l'omero suo all'Arca santa dell'inci-
vilimento cristiano. Quale figura! quale grandezza! A questa
vergine, cherubica contemplatrice Dio Padre rivelò la bellezza
di S. Domenico: io generai due figli, uno nella natura, l'altro
secondo la grazia, disse l'Eterno nell'estasi a Caterina. Figlio
mio, secondo la grazia fu Domenico; egli fu l'uomo della mia
volontà non se ne scostò mai e compì nella Chiesa il mio beneplacito. La mia volontà in lui, disse il Padre celeste creandolo
e gli impresse le fatture del suo Cristo in volto.
E Domenico non fece mai le voglie della carne e del sangue.
La carne di Domenico manderà dalla tomba un vitale olezzo
e da quelle ossa un popolo di vergini, di martiri, di dottori
germoglierà. Le falangi gusmane non mancheranno, non porranno giù le armi, e accompagneranno la Chiesa nelle sue
pugne, nella sua corsa trionfale
sopra la terra.
Oggetti del B. Pio
O Famiglia Domenicana, tu
non sei misero avanzo di una
passata grandezza. Tu apparisci
stremata di numero e di forze
ma non di gloria. Tu sei ancora
vegeta ceppa che mandi fuori
nuovi polloni; tusei ancora la
greggia santa destinata alle conquiste della scienza e ai trionfi
dell'Amore.
(da una lettera inedita)
a cura di
FR. ANTONIO COCOLICCHIO O.P.
CHIESA DEL MONASTERO DELLE SUORE DOMENICANE
VIA BOLOGNESE, 111 - FIRENZE