la ricostruzione mammaria
Transcript
la ricostruzione mammaria
LA RICOSTRUZIONE MAMMARIA Il tumore della mammella non ha origini, come molti credono, nell’epoca moderna ma già nei papiri egiziani (3000 a.C.) o negli antichi testi di medicina persiana si trovano i primi riferimenti. Altrettanto non si può dire per la ricostruzione mammaria che solo oggi è considerata parte integrante nel trattamento, avendo studi clinici internazionali dimostrato che i rischi e le difficoltà oncologiche ad essa correlati risultano essere infondati. Il trattamento ricostruttivo riduce il durissimo impatto psicologico cui vanno incontro al momento della diagnosi le pazienti, trovandosi a dover affrontare contemporaneamente la malattia ed il timore di vedere irrimediabilmente modificata la propria immagine corporea. Il trattamento chirurgico demolitivo viene scelto ed eseguito dal chirurgo oncologo. La ricostruzione può essere compiuta dopo interventi demolitivi quali la mastectomia, la mastectomia sottocutanea o la quadrantectomia ed essere immediata (ossia contestuale all’intervento demolitivo) o differita (ossia a distanza di tempo). Le tecniche utilizzabili sono numerose ma si possono schematicamente dividere in 3 gruppi: 1) Ricostruzione con materiale eterologo (con impianti protesici). 2) Ricostruzione con tessuti autologhi (ossia appartenti alla paziente). 3) Ricostruzione con tessuti autologhi e materiale eterologo (con l’associazione d’entrambe le metodiche ). Nella maggioranza dei casi la ricostruzione mammaria in prima istanza è eseguibile con materiale eterologo per la semplicità e la rapidità della metodica consentendo alle pazienti di iniziare in tempi brevi le eventuali terapie oncologiche (chemioterapia, radioterapia). Al contrario nelle pazienti che presentano delle condizioni precarie dei tessuti o che hanno eseguito radioterapia o che rifiutino l’utilizzo di protesi mammarie la scelta della tecnica ricostruttiva ricade nella maggioranza dei casi nella ricostruzione con tessuti autologhi. Ricostruzione con materiale eterologo Il primo tempo chirurgico prevede l’inserimento di un espansore mammario temporaneo il cui compito è quello espandere la cute ed i tessuti molli della regione mammaria residua mediante riempimenti con soluzione fisiologica fino al raggiungimento del volume desiderato. Il secondo tempo consiste nella rimozione dell’espansore temporaneo e nell’inserimento di una protesi definitiva a base di gel di silicone posizionata nella loggia sottomuscolare già creata nel primo tempo e l’adeguamento della mammella controlaterale per cercare di ottenere la migliore simmetria possibile. Ricostruzione con tessuti autologhi Questa tecnica prevede l’utilizzo di tessuti cutanei e muscolari (lembi muscolocutanei) della paziente prelevati da altre regioni anatomiche quali il dorso e l’addome, regioni più comunemente utilizzate come aree donatrici. Nei casi in cui i tessuti prelevati restino collegati alla loro sede originaria e solo mobilizzati si parla di “lembo peduncolato”; altre volte quando non è possibile mantenere la connessione tra area donatrice ed area ricevente (regione mammaria) si rende necessario ristabilire l’apporto vascolare mediante tecnica microchirurgica “lembo libero”. Raramente un solo intervento è sufficiente a completare la procedura ricostruttiva con tessuti autologhi . Ricostruzione complesso areola-capezzolo Indipendentemente dalla tecnica utilizzata l’ultimo tempo chirurgico eseguito in anestesia locale prevede la ricostruzione dell’areola e del capezzolo. L’areola nella maggior parte viene ricostruita con una dermopigmentazione mediante tatuaggio, metodica semplice, rapida che non aggiunge altre cicatrici. La ricostruzione del capezzolo si esegue con lembi locali della cute precedentemente tatuata o utilizzando porzione del capezzolo controlaterale se di dimensioni adeguate e qualora la paziente lo desiderasse. Dr Paolo Persichetti Responsabile dell’Unità Funzionale di Chirurgia Plastica Università Campus Bio-Medico Rome American Hospital