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Sezione Prima
Fondamenti di tecnica bancaria
Capitolo 1
L’attività bancaria
1.Il mercato dei capitali
Il mercato dei capitali (capital market) è il mercato dove si realizza l’incontro dei flussi di domanda e dei flussi di offerta di strumenti finanziari, mediante i quali i settori dell’economia in avanzo di risorse finanziarie (ossia
con risparmi superiori agli investimenti) trasferiscono fondi a quelli in disavanzo (cioè quelli a cui non è sufficiente il proprio risparmio per coprire i
propri investimenti), direttamente o per il tramite di intermediari finanziari.
Esso è articolato in diversi comparti; una prima distinzione è tra mercati
diretti e mercati aperti.
I mercati diretti sono quelli in cui debitore e creditore si scambiano direttamente gli strumenti finanziari, concordando le condizioni di negoziazione. Tipico mercato diretto è quello delle operazioni bancarie, in cui
si hanno contrattazioni dirette fra banca e cliente. Generalmente i mercati diretti hanno carattere locale.
I mercati aperti sono quelli in cui gli scambi vengono effettuati secondo
regole standardizzate in maniera impersonale, in base a prezzi noti a
tutti i potenziali partecipanti. Tipico mercato aperto è la Borsa valori. I
mercati aperti sono soprattutto a livello nazionale o internazionale.
Il mercato aperto è suddiviso, a sua volta, nei seguenti comparti: mercato monetario, mercato finanziario, mercato dei cambi.
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
Il mercato monetario identifica il mercato nel quale si negoziano gli strumenti finanziari a breve termine (ad esempio, buoni ordinari del Tesoro,
accettazioni bancarie ecc.).
Un comparto del mercato monetario è il cosiddetto mercato interbancario, costituito dai
depositi effettuati da una banca presso un’altra, per un definito periodo di tempo o a vista,
ad un prefissato tasso di interesse.
Il mercato finanziario rappresenta il complesso delle negoziazioni relative a strumenti finanziari a medio-lungo termine, che includono sia le
azioni sia le obbligazioni emesse dalle imprese, dal settore pubblico e
dagli intermediari che operano nel campo degli strumenti finanziari a
medio e lungo termine (mercato azionario, mercato obbligazionario,
mercato dei buoni del Tesoro poliennali, mercato dei contratti futures,
mercato delle opzioni ecc.).
Il mercato dei cambi è il mercato delle banconote estere e delle divise
estere; le prime sono utilizzate per i pagamenti nei viaggi all’estero, le
seconde per le operazioni commerciali.
Le operazioni che avvengono nel mercato dei cambi si distinguono in
operazioni a pronti e operazioni a termine, dando così vita ai rispettivi:
mercato dei cambi a pronti e mercato dei cambi a termine.
Nel mercato a pronti il regolamento delle contrattazioni è immediato e
avviene di norma il secondo giorno lavorativo successivo a quello di
stipulazione in base al cambio spot, cioè al cambio del giorno in cui si è
definita la negoziazione.
Nel mercato a termine al momento della stipulazione del contratto vengono stabiliti il quantitativo di valuta estera e la data di regolamento del
prezzo che avverrà al cambio forward, cioè a quello della consegna effettiva.
Come si suddividono i mercati finanziari?
I mercati finanziari si distinguono in mercati primari e mercati secondari.
Il termine mercato primario identifica il complesso delle domande e delle offerte di titoli di
nuova emissione che successivamente verranno scambiati sul mercato secondario. L’attività di emissione e di collocamento viene svolta direttamente dall’emittente o da altro soggetto incaricato del collocamento dall’ente emittente; la sua funzione tipica è quella di procurare risorse finanziarie agli operatori in disavanzo.
Il mercato secondario rappresenta, invece, il complesso delle negoziazioni di titoli già in
circolazione presso il pubblico dei risparmiatori, originate dalla volontà degli operatori di
effettuare nuovi investimenti ovvero dall’intento di procedere allo smobilizzo di investimenti realizzati in epoche precedenti.
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Capitolo 1: L’attività bancaria
L’Articolazione del mercato dei capitali
mercato
dei capitali
mercati diretti
o creditizi
mercato monetario
primario
mercati aperti
mercato finanziario
secondario
mercato dei cambi
2.Il credito e le banche
In senso economico, il credito consiste in uno scambio di ricchezza attualmente disponibile contro la promessa di una prestazione futura (controprestazione), quasi sempre con il pagamento di un interesse.
In relazione alla natura delle prestazioni che sono oggetto di scambio,
si distingue normalmente il credito monetario dal credito in natura.
Il credito monetario è quello in cui la prestazione attuale e la controprestazione futura sono costituite da una quantità di denaro o di altri mezzi
di pagamento.
Il credito in natura, invece, è quello in cui la prestazione attuale e la
controprestazione futura hanno per oggetto beni diversi dal denaro e
dagli altri mezzi di pagamento.
Una distinzione di particolare rilevanza è quella tra credito diretto e credito indiretto.
Sono operazioni di credito diretto quelle che si realizzano direttamente
fra le parti interessate, ossia tra il creditore (operatore in surplus) ed il
debitore (operatore in deficit).
Sono operazioni di credito indiretto quelle che si realizzano per il tramite di operatori che vengono definiti intermediari finanziari.
Nei moderni sistemi economici la mobilitazione delle risorse dalle unità
in surplus alle unità in deficit avviene di regola tramite organizzazioni
che hanno lo scopo di raccogliere e trasferire il credito.
Queste organizzazioni sono le banche, la cui attività principale consiste
nel raccogliere fondi, prevalentemente in forma di depositi, e nell’erogarli soprattutto mediante prestiti.
Le banche sono intermediari finanziari, ossia sono organismi che hanno
come obiettivo dichiarato quello di facilitare l’incontro fra la domanda e
l’offerta di capitali.
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
In generale, gli intermediari vengono distinti come segue:
—istituzioni creditizie (Banca d’Italia ed enti creditizi che svolgono attività bancaria, banche);
—società di leasing e di factoring;
—investitori istituzionali (fondi comuni di investimento, gestioni fiduciarie di patrimoni mobiliari, società di investimento a capitale variabile, compagnie di assicurazione ecc.);
—altri intermediari specializzati e di professione.
Quali sono le funzioni degli intermediari finanziari?
Agli intermediari finanziari vengono tradizionalmente riconosciute le seguenti funzioni:
— mobilizzazione del risparmio: gli intermediari finanziari attuano operazioni (passive) di
raccolta fondi presso gli operatori in surplus (ossia con risparmi superiori agli investimenti), trasferendo poi le risorse finanziarie così ottenute agli operatori in deficit (cioè a
quelli cui non è sufficiente il proprio risparmio per coprire i propri investimenti), mediante operazioni (attive) di impiego;
— riduzione del rischio attraverso la diversificazione degli investimenti effettuati;
— trasformazione delle scadenze delle attività finanziarie assunte ed emesse: gli intermediari
finanziari hanno la capacità di effettuare, sia pure entro certi limiti, operazioni di impiego
con scadenza diversa (più lunga) da quelle di raccolta.
Le banche svolgono, accanto alle funzioni sopraindicate, un’ulteriore funzione: la funzione
monetaria, che si concreta nella capacità di questi organismi di mettere a disposizione del
pubblico proprie passività (in particolare i depositi in conto corrente) aventi la funzione di
mezzi di pagamento.
3.Origini e sviluppo dell’attività bancaria
Il diritto bancario viene, generalmente, definito come il complesso di
norme che regolano la costituzione, l’organizzazione e l’esercizio dell’impresa di credito.
Le origini dell’attività bancaria sono molto antiche, in quanto si ricollegano allo sviluppo degli scambi commerciali ed all’introduzione della
moneta come mezzo di pagamento. Nel quadro dell’attività commerciale, la figura del banchiere si caratterizza, fin dall’inizio, per la sua funzione di custodia del denaro e di concessione di prestiti.
Nello sviluppo storico della legislazione bancaria italiana si possono
distinguere, approssimativamente, quattro periodi:
—il periodo che va dal 1861 (unità d’Italia) al 1926 (emanazione della
prima legge bancaria);
—il periodo compreso tra la prima e la seconda legge bancaria (1936);
—il periodo che va dalla seconda legge bancaria ai primi anni ’80;
Capitolo 1: L’attività bancaria
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—il periodo che va dai primi anni ’80 ai nostri giorni (emanazione del
Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia - T.U.B.).
A)Dall’unità d’Italia alla prima legge bancaria
Il primo periodo è caratterizzato dall’assenza di una disciplina speciale
dell’attività bancaria: le imprese bancarie, infatti, erano assoggettate, come
le altre imprese commerciali, al diritto comune.
L’unica nota caratteristica era costituita dall’obbligo, imposto dall’art. 177
del Codice di Commercio del 1882, di depositare presso il Tribunale di
Commercio una situazione mensile esposta secondo un modello predisposto con decreto governativo. L’attività bancaria in quanto tale non era
sottoposta a particolari controlli da parte dell’autorità governativa.
Negli ultimi anni dell’ottocento si era venuta a creare una diversificazione tra le imprese bancarie, a seconda che finanziassero principalmente
attività industriali, commerciali o di altro tipo.
B)Dalla prima legge bancaria (1926) alla seconda legge bancaria
(1936)
Il moltiplicarsi dei dissesti bancari rese impellente e necessaria l’emanazione di una disciplina speciale che avesse come obiettivo la tutela del
risparmio ed il risanamento del settore.
Un primo risultato fu il R.D.L. 6-5-1926, n. 812 il quale attribuì il potere
di emettere biglietti di banca esclusivamente alla Banca d’Italia (istituita
nel 1893), che in tal modo divenne l’unico istituto di emissione.
La ristrutturazione del sistema bancario fu attuata con il R.D.L. 7-9-1926,
n. 154 (c.d. prima legge bancaria) che introdusse un sistema di controlli
sull’attività e sulle imprese bancarie.
C)Dalla seconda legge bancaria (1936) agli anni ’80
La crisi economica internazionale degli anni ’30 si ripercosse anche sul
sistema economico italiano determinando l’esigenza di una riforma integrale dell’attività bancaria.
Fu questo il clima politico-economico che condusse all’emanazione del
R.D.L. 12-3-1936, n. 375 (conv. con L. 7-3-1938, n. 141), meglio noto
come seconda legge bancaria.
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
Quali furono le novità della seconda legge bancaria?
Le principali novità furono:
— distinzione tra «enti raccoglitori di risparmio a breve termine» (detti anche aziende di
credito) ed «enti raccoglitori di risparmio a medio e lungo termine» (o istituti di credito),
cui corrispondeva una diversa disciplina;
— attribuzione del controllo sull’attività bancaria ad un Comitato di ministri, alle cui dipendenze venne posto un organo burocratico denominato «Ispettorato per la difesa del risparmio e per l’esercizio del credito», a capo del quale era il Governatore della Banca d’Italia,
con poteri ampiamente discrezionali;
— riconoscimento alla Banca d’Italia della natura di ente pubblico.
La caduta del regime fascista non condusse ad una radicale modificazione del sistema bancario italiano. Gli interventi legislativi si limitarono ad
una redistribuzione dei poteri di controllo sull’attività bancaria tra gli
organi di governo.
L’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che pure enunciava agli artt. 41 e 47
nuovi e fondamentali principi in materia economica e bancaria, non determinò un mutamento d’indirizzo nella politica legislativa in materia bancaria.
4.Il TUB e la nozione di attività bancaria
Con il Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (TUB),
approvato con decreto legislativo del 1° settembre 1993, n. 385, si è
provveduto al riassetto, alla codificazione e alla delegificazione dell’enorme mole di produzione normativa prodotta in materia dalla legge bancaria del 1936 in poi. I 162 articoli del TUB (di questi alcuni abrogati) ne
sostituiscono oltre 1.400 delle disposizioni precedenti.
Rispetto alla precedente legge bancaria — la quale constava di 105 articoli
— il TUB allarga il proprio raggio di azione ricomprendendo gli intermediari finanziari non bancari (artt. 106-114), il funzionamento dei sistemi di
pagamento (art. 146), la trasparenza delle condizioni contrattuali (artt.
115-120quater), il credito al consumo (artt. 121-126). L’ingresso di queste
due ultime (e connesse) materie autorizza ad inserire tra le finalità perseguite dal TUB anche quella di proteggere i soggetti contrattualmente deboli.
Per espressa esclusione della delega del Parlamento non sono comprese nel
D.Lgs. n. 385/1993 le norme in materia di intermediazione mobiliare (contenute oggi negli artt. 5-60 del Testo Unico della Finanza – D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58) e di tutela della concorrenza (previste dalla legge antitrust).
Il legislatore ha conferito al TUB la natura di legge quadro, indicando,
quindi, i principi guida e rinviando alle autorità creditizie, nell’ambito
della normativa secondaria, la regolamentazione degli aspetti più tecnici.
Capitolo 1: L’attività bancaria
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Il TUB non contiene, infatti, disposizioni analitiche, che per la loro intrinseca complessità richiedono una regolamentazione minuziosa, data la
mutevole realtà dei mercati finanziari.
Il riordino della materia, necessario al fine di adeguarla alla nuova realtà
in cui operano le banche e alle direttive europee, è stato realizzato intorno a tre principi fondamentali:
1) la libera concorrenza;
2) il rispetto delle regole di mercato;
3) il collocamento dell’attività bancaria nell’ambito dell’attività d’impresa.
Con l’introduzione nel nostro ordinamento giuridico del principio di despecializzazione
gli artt. 10, 11 e 12 del TUB rappresentano il nucleo fondamentale di norme per l’individuazione della concreta operatività delle banche.
Ai sensi del comma 1 dell’art. 10 del TUB «la raccolta del risparmio tra il pubblico e
l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria. Essa ha carattere d’impresa».
L’art. 11, comma 1, del TUB precisa che «è raccolta del risparmio l’acquisizione di fondi
con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi, sia sotto altra forma». Pertanto, nella
raccolta del risparmio, tutte le operazioni mediante le quali la banca acquista la disponibilità di risorse monetarie assumendo l’obbligo di restituire una quantità di moneta almeno pari a quella ricevuta sono, ad esempio, le tradizionali forme di deposito, l’emissione
di obbligazioni, i contratti con i quali la banca riceve denaro a fronte della vendita di titoli che si impegna a riacquistare a scadenza fissa ad un prezzo superiore predeterminato.
L’art. 10, comma 2, del TUB stabilisce che l’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle
banche. Con questa norma il legislatore pone un’esplicita riserva in favore delle banche,
da intendersi nel senso che l’esercizio congiunto della raccolta del risparmio fra il pubblico e l’esercizio del credito spetta in via esclusiva alle imprese bancarie.
Per delineare con chiarezza i confini del regime di esclusiva dell’attività bancaria, il legislatore all’art. 11, comma 2, del TUB vieta espressamente la raccolta del risparmio tra il
pubblico ai soggetti diversi dalle banche, fatte salve le eccezioni previste dallo stesso TUB.
Il collegamento funzionale tra la raccolta del risparmio tra il pubblico e l’esercizio del
credito definisce l’attività tipicamente riservata alle banche, ma non esaurisce l’attività
delle banche. L’art. 10, comma 3, del TUB precisa, infatti, che «le banche esercitano,
oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di
ciascuna, nonché attività connesse o strumentali», fatte salve le riserve di attività previste
dalla legge.
Ai sensi dell’art. 12, comma 1, del TUB «le banche, in qualunque forma costituite, possono emettere obbligazioni, anche convertibili, nominative o al portatore».
Il D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 11 ha profondamente modificato il TUB, introducendo, tra
l’altro, il Titolo Vter, dedicato agli Istituti di pagamento il capo IIbis, titolato Servizi di
pagamento; il D.Lgs. 13 agosto 2010, n. 141 ha inserito i nuovi articoli 120bis, ter e
quater, relativi rispettivamente, al recesso, all’estinzione anticipata dei mutui immobiliari e alla portabilità, e il titolo VIbis, dedicato agli agenti in attività finanziaria e ai mediatori creditizi.
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
5.Le funzioni delle banche e la gestione bancaria
La banca è una azienda di produzione indiretta che svolge professionalmente un’attività di intermediazione nel campo del credito a breve, medio
e lungo termine, interviene nel regolamento monetario degli scambi,
concorre a trasformare risorse finanziarie liquide in forme durevoli di
impiego e fornisce numerosi servizi collegati alle funzioni tipiche che
esercita all’interno del sistema finanziario.
Quali sono le funzioni esercitate dalle banche?
Si possono distinguere, principalmente, quattro funzioni:
— la funzione creditizia, che si concreta nell’esercizio congiunto della raccolta del risparmio
tra il pubblico e nell’erogazione del credito;
— la funzione monetaria, che consiste nell’offerta al pubblico di titoli rappresentativi della
moneta, utilizzabili in sua sostituzione nel regolamento monetario degli scambi;
— la funzione di investimento, ossia l’effettuazione da parte della banca di cospicui investimenti in titoli di breve e di non breve durata, che contribuisce al finanziamento delle
società e degli enti emittenti i titoli;
— la funzione di prestazione di servizi, che consiste nel fornire alla clientela i numerosi
servizi collegati alle funzioni tipiche, esercitate dalla banca all’interno del sistema finanziario. I servizi forniti sono di diversa natura: monetaria, di consulenza, di custodia, finanziari ecc.
Oltre alle suddette funzioni, la banca svolge anche una funzione di trasmissione al mercato
delle decisioni in materia di politica economica, ossia si occupa del trasferimento sulla clientela degli effetti che discendono dalle decisioni assunte dalla BCE per la regolazione della
moneta e del credito sia in termini di volumi che di prezzi (tassi di interesse e tassi di cambio).
Nello svolgimento della sua attività, la banca deve tendere al conseguimento contemporaneo dei seguenti obiettivi:
—operare in condizioni di sufficiente liquidità (equilibrio finanziario);
—mantenersi in stato di solvibilità (equilibrio patrimoniale);
—realizzare una soddisfacente redditività (equilibrio economico).
La liquidità è la capacità della banca di far fronte tempestivamente ed
economicamente alle richieste di rimborso delle passività in essere, ossia
ai propri impegni di pagamento.
Il principio che guida le scelte di liquidità è la sincronizzazione delle
scadenze.
Gli impegni di pagamento che provocano un deflusso di liquidità sono costituiti essenzialmente da:
— richieste di rimborso da parte dei depositanti;
— richieste di utilizzo dei margini di fido disponibili da parte delle imprese affidate;
— scadenza delle poste del passivo.
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La liquidità bancaria può essere garantita mediante:
—la creazione di adeguate riserve di liquidità primaria e secondaria;
—la limitazione del fido ad un singolo cliente;
—il frazionamento dei rischi (in senso quantitativo, qualitativo e settoriale.
La solvibilità viene, generalmente, intesa come la capacità della banca di
assicurare il rimborso di tutte le passività attraverso la liquidazione delle
attività patrimoniali.
La redditività è la condizione fondamentale per la sopravvivenza e lo
sviluppo di una banca e si manifesta in una combinazione di operazioni
che, nel rispetto delle condizioni di liquidità e di solvibilità, consentono
il conseguimento di un flusso di ricavi che coprano tutti i costi consumati per la loro realizzazione e che lascino un adeguato compenso al capitale proprio investito.
Tra liquidità e redditività può esistere una correlazione inversa. Un accumulo eccessivo
di riserve di liquidità, al fine di realizzare un superfluo margine di sicurezza può, infatti,
limitare la possibilità di conseguire redditi adeguati. Di contro, la ricerca di una elevata
redditività, attraverso, ad esempio, l’aumento dei prestiti più remunerativi, può comportare un maggior rischio di liquidità.
A)La gestione della liquidità
La gestione di ogni impresa è caratterizzata da un fitto intrecciarsi di afflussi e deflussi monetari e dalla necessità di armonizzare l’avvicendarsi
di tali fenomeni, in guisa che il flusso delle entrate favorisca tempestivamente ed economicamente mezzi di pagamento in quantità sufficiente a
fronteggiare i flussi monetari in uscita.
La capacità dell’impresa, ed in particolare della banca, di far fronte tempestivamente ed economicamente alle richieste di rimborso delle passività in essere suole qualificarsi con il termine di liquidità.
Le riserve di liquidità vengono distinte in riserve di liquidità primaria e
riserve di liquidità secondaria.
Le riserve di liquidità primaria sono quelle la cui trasformazione in base
monetaria è praticamente immediata e senza ostacoli (la cassa contanti,
i saldi liquidi dei conti correnti di corrispondenza con banche, i depositi a vista presso il Tesoro, i crediti a vista riferiti ad assegni circolari o a
cedole già pronte per la presentazione all’incasso presso la stanza di
compensazione ecc.).
Le riserve di liquidità secondaria sono, invece, rappresentate dal complesso delle attività di bilancio che si trasformano naturalmente (liquidità
naturale) o possono essere trasformate in base monetaria in tempi brevi
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
(liquidità artificiale). Rientrano in questa categoria di riserve i depositi
interbancari in euro e in valuta ad esigibilità differita ma a breve termine,
il portafoglio titoli agevolmente negoziabile nei mercati secondari ecc.
B)La classificazione delle operazioni bancarie
Le operazioni che vengono poste in essere da una banca devono consentire di realizzare il miglior trinomio «liquidità — solvibilità — redditività».
Tali operazioni vengono solitamente suddivise nelle seguenti macro-categorie:
—operazioni di intermediazione creditizia, ossia quelle attraverso le
quali la banca, in qualità di intermediaria del credito, svolge la funzione creditizia;
—operazioni dirette di investimento finanziario, che consistono in acquisti in proprio di valori mobiliari e di valute estere, oltre che nella
gestione di partecipazioni azionarie (in società: di leasing, di factoring,
di credito al consumo ecc.);
—operazioni di intermediazione mobiliare e valutaria, ossia quelle operazioni con cui la banca acquista e vende titoli di Stato o garantiti dallo
Stato e titoli non quotati nei mercati regolamentati, banconote e divise
estere ed esercita, inoltre, le attività che le sono consentite dal TUF;
—operazioni complementari, che comprendono numerosi servizi non
creditizi di tipo tradizionale (come i servizi: di custodia, di incasso, di
pagamento ecc.);
—operazioni collaterali, che consistono in attività con cui la banca
presta alla clientela, direttamente o tramite società controllate e collegate (es.: leasing, factoring, carat di credito ecc.).
6.L’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria ed iscrizione all’albo
Secondo l’art. 14 del Tub è compito della Banca d’Italia autorizzare l’esercizio dell’attività bancaria quando ricorrono le condizioni elencate nel
citato articolo, così come spetta sempre all’istituto di vigilanza negare
tale autorizzazione nell’ipotesi in cui, dalla verifica ­di tali condizioni, non
risulti garantita la sana e prudente gestione della banca.
Il rilascio dell’autorizzazione a svolgere l’attività bancaria è subordinata
all’esistenza dei seguenti requisiti:
—adozione della forma di società per azioni o di società cooperativa
per azioni a responsabilità limitata;
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—il capitale versato deve essere di ammontare non inferiore a quello
determinato in via generale dalla Banca d’Italia, in armonia con le
disposizioni comunitarie;
—presentazione di un programma, concernente l’attività iniziale, unitamente all’atto costitutivo e allo statuto;
—il possesso da parte dei partecipanti al capitale della banca dei requisiti di onorabilità e la sussistenza dei presupposti per il rilascio dell’autorizzazione prevista per la partecipazione al capitale delle banche;
—il possesso da parte degli esponenti bancari (soggetti che svolgono
funzioni di amministrazione, direzione e controllo in banche) di requisiti di onorabilità e di professionalità.
Restano, infine, da ricordare le modifiche all’art. 14 apportate dal D.Lgs.
333/99, che introducono come ulteriori requisiti per l’autorizzazione
all’attività bancaria:
—la localizzazione in Italia della sede legale e della direzione generale;
—l’assenza di stretti legami (definiti all’art. 1 Tub, così come modificato
dallo stesso D.Lgs. 333/99) che ostacolino l’effettivo esercizio della
vigilanza, tra la banca o i soggetti del gruppo di appartenenza e altri
soggetti.
Inoltre, a seguito delle modifiche apportate al Tub dal D.Lgs. 4-12-96, n.
659, è attualmente obbligatoria l’adesione da parte delle banche ad un
sistema di garanzia dei depositanti. Ciò costituisce, pertanto, un ulteriore
requisito necessario per l’esercizio dell’attività bancaria, benché non
espressamente previsto dall’art. 14 Tub.
L’art. 13 del Tub prevede che per le banche autorizzate si proceda all’iscrizione in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia.
Tale albo deve contenere le seguenti indicazioni:
— la denominazione;
— la forma giuridica assunta, la data di costituzione della banca e gli estremi delle pubblicazioni richieste dalle vigenti disposizioni;
— il capitale o fondo di dotazione e le riserve, secondo le risultanze dell’ultimo bilancio;
— la sede centrale della banca e quella delle sedi e filiali.
In conformità alle disposizioni contenute nel Tub, la Banca d’Italia iscrive
in tale albo anche le succursali delle banche comunitarie stabilite nel territorio della Repubblica italiana.
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
Quali sono i requisiti per l’autorizzazione?
A) Il capitale minimo
La Banca d’Italia ha stabilito che l’ammontare minimo del capitale iniziale necessario per ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria deve essere pari a:
— 6,3 milioni di euro per le banche costituite in forma di società per azioni e per le banche
popolari;
— 2 milioni di euro per le banche di credito cooperativo.
B) Il programma di attività
Per poter ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’attività bancaria gli amministratori della
banca devono presentare un programma nel quale vanno indicati:
— i settori di intervento, le operazioni ed i servizi che la banca intende svolgere tra quelle
ammesse al mutuo riconoscimento. Vanno anche specificati le aree economiche e territoriali di intervento, la tipologia di clientela cui ci si rivolge nella raccolta di fondi (mercato al dettaglio, all’ingrosso, interbancario etc.) e quella da tener presente nell’attività di
impiego dei fondi così raccolti (famiglie, imprese etc.);
— la struttura tecnica, organizzativa e territoriale, nonché il sistema dei controlli interni che
la banca intende adottare per conseguire gli obiettivi prefissati e raggiungere le caratteristiche dimensionali previste;
— le caratteristiche del sistema informativo che la banca utilizzerà per tenere sotto controllo la propria situazione tecnica e per effettuare le segnalazioni di vigilanza.
C) Requisiti di esperienza e di onorabilità degli esponenti bancari
Secondo quanto stabilito dall’art. 26 del Tub, gli esponenti aziendali della banca, ovvero i
soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso le banche,
devono possedere specifici requisiti di esperienza e di onorabilità.
La mancanza dei requisiti richiesti determina la decadenza dall’ufficio che viene dichiarata
dal consiglio di amministrazione, dal consiglio di sorveglianza o dal consiglio di gestione
entro trenta giorni dalla nomina o, in caso di difetto sopravvenuto, entro trenta giorni dal
momento in cui ne abbia avuto conoscenza. In caso di inerzia la decadenza è pronunciata
dalla Banca d’Italia.
Lo stesso regolamento, che stabilisce i requisiti di esperienza ed onorabilità, individua le
cause che comportano la sospensione temporanea dalla carica e la sua durata.
D) Requisiti di onorabilità degli azionisti
I requisiti di onorabilità dei partecipanti al capitale delle banche devono essere determinati,
ai sensi dell’art. 14 Tub, con regolamento emanato dal Ministro del Tesoro sentita la Banca
d’Italia; con lo stesso regolamento sono stabilite le quote del capitale che devono essere
possedute affinché possano trovare applicazione le disposizioni concernenti tali requisiti.
7.I rischi dell’attività bancaria e il loro contenimento
La normativa bancaria non pone limiti particolari alle forme d’impiego
del denaro raccolto dalle banche.
Tuttavia la vigilanza regolamentare esercitata dalla Banca d’Italia concerne non solo l’adeguatezza patrimoniale che le banche devono presentare all’atto della costituzione, ma anche il mantenimento di una certa
Capitolo 1: L’attività bancaria
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consistenza patrimoniale della banca durante lo svolgimento della sua
attività.
Pertanto, le autorità creditizie hanno posto tutta una serie di limiti agli
impieghi ed agli investimenti delle banche, allo scopo di garantire la liquidità necessaria per far fronte alle richieste di restituzione dei risparmiatori.
A)La riserva obbligatoria
Le Banche hanno l’obbligo di detenere una riserva obbligatoria, finalizzata a coprire il
rischio di liquidità. Essa è costituita da un deposito in contante costituito presso la banca
centrale. Da un punto di vista contabile, essa risulterà nell’attivo dello stato patrimoniale
della banca e nel passivo della banca centrale. Dal 1° gennaio 1999 tutte le banche
dell’area euro sono tenute ad accantonare riserva obbligatoria. L’aggregato soggetto a
riserva è definito dalla Banca Centrale Europea.
Esso comprende le passività, in qualsiasi valuta e sotto forma di titoli di debito, titoli di
mercato monetario e pronti contro termine.
Dal 15 dicembre 1998, l’aliquota di riserva è stata uniformata ed è attualmente pari al
2% di tale aggregato.
B)L’adeguatezza patrimoniale
La vigilanza esercitata dalla Banca d’Italia si estende al controllo del mantenimento da
parte delle banche di una certa consistenza patrimoniale, attraverso la definizione di
opportuni rapporti minimi tra: il patrimonio della banca e il complesso dei fidi, ponderati in relazione alla loro solvibilità; il complesso dei fidi per cassa erogati dalle dipendenze operanti in Italia (cd. coefficienti patrimoniali minimi obbligatori).
La Banca d’Italia nel 1987, in attuazione di tale previsione, ha elaborato i seguenti parametri:
— il coefficiente dimensionale volto a fissare un rapporto tra la crescita degli spazi operativi della banca e entità del patrimonio;
— il coefficiente di solvibilità volto a far conservare alla banca la capacità di far fronte
con il proprio patrimonio ai rischi derivanti dalle operazioni di fido effettuate.
Successivamente, però, il CICR ha abrogato (delib. del 2-8-1996) la delibera relativa al
coefficiente dimensionale delle banche.
Resta, invece, ancora applicabile la delib. CICR del 12-1-1994 con cui si stabilisce la necessità di un livello minimo di patrimonio di vigilanza per le banche italiane, che viene fissato in misura non inferiore a quello richiesto per l’autorizzazione all’inizio della attività.
C)La limitazione dei rischi
La vigilanza sulle imprese bancarie assicura la stabilità del sistema bancario non solo
attraverso strumenti diretti a garantire la liquidità degli impieghi, ma anche mediante
strumenti diretti a circoscrivere i rischi derivanti dalle operazioni di credito effettuate con
la clientela. La limitazione dei rischi viene conseguita in due modi:
— imponendo limiti quantitativi alle operazioni di credito;
— garantendo alla banca l’acquisizione d’informazioni che le permettono di valutare i
rischi dell’operazione.
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
Quanto ai vincoli quantitativi agli impieghi degli operatori bancari rilevano:
— il limite di fido che consiste nel divieto di concedere credito ad uno stesso soggetto in
misura superiore a quella fissata dall’organo di vigilanza: esso ha lo scopo di tutelare
i depositanti contro l’assunzione, da parte della banca, di rischi eccessivi rispetto alla
propria consistenza patrimoniale, cd. frazionamento dei rischi;
— il massimale sugli impieghi che consiste nell’imposizione di un limite all’incremento
degli affidamenti bancari a favore di determinati soggetti, allo scopo di contenere la
liquidità del sistema economico e di indirizzare i finanziamenti verso determinati
settori produttivi. Esso è stato, tuttavia, soppresso nel 1988.
Va, infine, osservato che l’espletamento dell’operatività delle banche nel
campo dei servizi d’investimento può comportare un aumento dei rischi
diversi dal rischio di credito (cioè il tipico rischio connesso all’attività
bancaria).
Tali rischi sono, in particolare, connessi alla probabilità che si verifichino
sfavorevoli variazioni dei prezzi di mercato (tassi d’interesse, tassi di
cambio e corsi azionari).
Nell’ambito dell’attività bancaria:
—il rischio di credito si riferisce al rischio che le controparti della
banca non rispettino i propri impegni e non rimborsino i prestiti
ottenuti;
—il rischio di interesse, si riferisce al rischio di perdite connesse a variazioni inattese dei tassi di interesse che si verificano quando le scadenze di attività e passività non sono bilanciate;
—il rischio di liquidità corrisponde al rischio di non essere in grado di
far fronte ai propri obblighi contrattuali connessi al regolamento di
operazioni in titoli o derivati, al rimborso di passività o all’impegno a
effettuare finanziamenti.
Per misurare il rischio di interesse le banche fanno ricorso a modelli di
misurazione del gap fra le scadenze di attività e passività.
Il rischio di mercato, infine, è il rischio che il valore di mercato di attività e passività di una banca cambi in seguito a cambiamenti di valore dei
tassi di interesse, di cambio e altri prezzi.
Corrisponde al rischio che una variazione sfavorevole dei fattori di mercato determini una riduzione del valore di mercato di una posizione o di
un portafoglio di posizioni della banca.
Capitolo 1: L’attività bancaria
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8.Il bilancio bancario
A)Aspetti generali
Nella sua attuale configurazione, il bilancio delle banche è composto
dagli schemi del bilancio, dalla nota integrativa nonché dalla relazione
sulla gestione.
I nuovi schemi di bilancio di esercizio e bilancio consolidato sono costituiti da: stato patrimoniale, conto economico, prospetto delle variazioni
del patrimonio netto, rendiconto finanziario.
Essi sono corredati dalla nota integrativa e dalla relazione degli amministratori sulla gestione.
Il bilancio bancario prevede l’iscrizione di voci definite «operazioni fuori bilancio», quali ad esempio: le accettazioni bancarie, le fideiussioni,
gli avalli, le transazioni in prodotti derivati.
B)Gli schemi di bilancio
Gli schemi di bilancio definiti dalle Istruzioni della Banca d’Italia prevedono voci (contrassegnati da numeri), sottovoci (contrassegnati da lettere) e dettagli informativi (i «di cui»
delle voci e delle sottovoci), che rappresentano i conti di bilancio.
È ammessa l’aggiunta di nuove voci, a condizione che il loro contenuto non sia riconducibile ad alcuna delle voci già previste dagli schemi e solo se si tratti di importi di rilievo.
Ulteriori informazioni possono essere fornite nella nota integrativa.
Per ogni conto dello stato patrimoniale e del conto economico occorre indicare anche
l’importo dell’esercizio precedente. Se i conti non sono comparabili, quelli relativi all’esercizio precedente devono essere adattati; la non comparabilità e l’adattamento o l’impossibilità di questo sono segnalati e commentati nella nota integrative.
Lo stato patrimoniale deve assumere la forma delle sezioni divise con l’indicazione in
calce delle garanzie e degli impegni. Le sue voci sono esposte seguendo una distinzione
fondata sulla natura dell’operazione sottostante o sulla controparte. Salvo alcune eccezioni, le voci sono ordinate seguendo un criterio decrescente di liquidità per l’attivo e di
esigibilità per il passivo (ad es. i crediti verso la clientela o la riserva obbligatoria sono
poste attive dello stato patrimoniale).
Nello stato patrimoniale delle banche le poste rettificate dell’attivo (ad es. fondo svalutazione crediti o fondo svalutazione titoli) non sono iscritte al passivo, ma sono esposte in
riduzione delle corrispondenti voci dell’attivo.
Il conto economico assume, invece, la forma scalare e progressiva: i componenti di reddito sono proposti, infatti, in successione, indipendentemente dal loro segno, ma affiancati in base alla loro natura.
In passato, pur non essendo prevista l’evidenziazione di risultati intermedi, il conto economico presentava la separata indicazione dell’attività ordinaria da quella straordinaria.
Nell’area ordinaria erano ricompresi i componenti di reddito (proventi e oneri operativi)
connessi all’attività caratteristica della banca, quelli cioè generati dall’effettivo svolgimento delle operazioni quotidiane della banca. La loro somma algebrica conduceva alla
determinazione dell’utile delle attività ordinarie.
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Parte Seconda - Il colloquio tecnico-professionale - Sezione Prima
Nell’area straordinaria erano inseriti i componenti estranei all’attività caratteristica della
banca, derivanti da operazioni considerate straordinarie per la loro natura e/o per essersi
verificate in via del tutto eccezionale.
Con l’attuale schema proposto dalla Banca d’Italia, che tiene conto delle esigenze di
applicazione dei principi contabili internazionali, la struttura del Conto Economico prevede l’evidenziazione di risultati intermedi.
Innanzitutto, viene fornita una delle misure fondamentali per calcolare la redditività di
un’impresa bancaria: il margine netto di interesse. Esso è dato dalla differenza tra gli
interessi attivi ottenuti sugli impieghi e gli interessi passivi sostenuti per la raccolta dei
risparmi. Partendo da quest’ultimo, e sommando algebricamente le commissioni nette e
gli esiti dell’attività di intermediazione effettuata dalla banca, si giunge all’individuazione
del margine di intermediazione.
Un aumento del margine di intermediazione di una banca può essere provocato da un
incremento dello spread tra tassi medi attivi e tassi medi passivi.
La somma algebrica di tale margine con i saldi, positivi o negativi, tra gli utili e le perdite realizzati con la vendita delle attività finanziarie, conduce al risultato netto della gestione finanziaria; questo, al netto dei costi operativi e sommato algebricamente ai saldi,
positivi o negativi, tra proventi e oneri relativi a partecipazioni, nonché tra utili e perdite
da realizzo di investimenti, determina l’utile (o la perdita) della operatività corrente al
lordo delle imposte.
Il prospetto delle variazioni del patrimonio netto è un ulteriore documento che evidenzia, secondo lo schema riportato di seguito, le movimentazioni relative a tale importante
sezione del passivo patrimoniale.
Infine, gli schemi di bilancio si completano con la redazione del rendiconto finanziario,
che permette uno studio dinamico dello stato di salute aziendale. Attraverso l’analisi dei
flussi finanziari è possibile individuare la provenienza e la destinazione delle risorse
movimentate nel corso dell’esercizio, scomponendo la gestione aziendale essenzialmente in tre aree: attività operative, attività di investimento e attività di provvista.