IL DESTINO EUROPEO DELLA GERMANIA E LA TRAGEDIA
Transcript
IL DESTINO EUROPEO DELLA GERMANIA E LA TRAGEDIA
GERMANIA ANALISI Marzo-Aprile 2010 www.europressresearch.eu a cura di Massimo Faggioli IL “DESTINO” EUROPEO DELLA GERMANIA E LA TRAGEDIA GRECA La primavera del 2010 è stata una delle più convulse nella storia dell’europeismo tedesco. Neppure le fasi più acute del dibattito sulla riforma delle istituzioni europee, che ha condotto al Trattato di Lisbona tra 2005 e 2009, ha toccato i livelli di intensità scatenati dalla crisi finanziaria greca e dai timori delle ripercussioni sull’Euro, e, in ultima analisi, su un’economia tedesca che non sa se rimpiangere per davvero il D-Mark. Ma il periodo era iniziato sotto auspici in parte diversi, anche se non meno preoccupanti. 1. Tra Islanda, Olanda e Ungheria: l’Europa delle isole Tra la metà di marzo e la metà di aprile 2010 due Stati membri, Olanda e Ungheria, e uno stato aspirante membro della Ue, Islanda, erano andati alle urne, dando spunti di riflessioni all’opinione pubblica tedesca circa la fisionomia politica attuale degli estremi lembi del continente. Quanto alle elezioni comunali olandesi, che hanno visto la vittoria della destra di Wilders, la vicina Germania guardava con preoccupazione ai fenomeni di rigetto dell’immigrazione e della montata del populismo di destra, specialmente in considerazione delle elezioni anticipate del giugno prossimo, dopo la caduta del governo sulla questione afgana. Se da una parte il confronto con l’Olanda dava alla Germania la sensazione di vivere in un’isola felice, ancora al sicuro dal populismo, dall’altra parte era evidente il timore di un allargarsi della macchia populista nell’Europa continentale (1). Ma lo sguardo al continente allargato, col risultato del referendum islandese sulla modalità di restituzione dei debiti, dava occasione all’europeismo progressista tedesco di avvocare la necessità di una maggiore coesione tra i paesi europei, nella buona come nella cattiva sorte (2). Maggiori preoccupazioni sollevava la vittoria delle destre e delle destre estreme in Ungheria (3), che però si ritrovava mediaticamente sovrastato dalla visita del cancelliere Merkel in Turchia: visita importante non solo per l’annosa questione della richiesta turca di membership della Ue, ma anche per la specifica posizione politica del cancelliere Merkel e dei riflessi della sua azione politica sugli equilibri politici di partito (tra una CDU temporeggiatrice e una CSU fermamente contraria all’entrata della Turchia) e di coalizione (tra CDU-CSU da una parte, e la FDP dei liberali del ministro degli esteri Westerwelle dall’altra). La stampa liberal-progressista è stata molto più attiva, sulla questione, di quella conservatrice. La Süddeutsche Zeitung ha appoggiato la richiesta turca per una maggiore chiarezza del governo tedesco sulla questione della membership turca, che risale ormai, nella sua forma ufficiale, a sette anni fa (4). In particolare, il quotidiano di Monaco avvertiva come, per una Turchia ormai disillusa nei confronto degli attendismi europei, l’offerta del governo tedesco di una “partnership privilegiata” sia un vero e proprio insulto rivolto ai politici turchi ancora filo-occidentali, anche perché la paura tedesca si basa sulla scelta del vecchio continente di fare della Turchia un capro espiatorio (5). In un modo simile, la Rundschau vicina alla SPD proseguiva nella sua ormai storica linea di evidenziare i possibili vantaggi economici e geopolitici per l’Europa di un’entrata di Ankara nella Ue, anche al fine di fare dell’Europa una vera potenza mondiale (6). Di vera e propria “provocazione” parlava anche il quotidiano di Berlino, il Tagesspiegel, che metteva in risalto le contraddizioni interne alla politica estera tedesca circa la posizione sulla Turchia, e che chiedeva al cancelliere di esplicitare una posizione negativa finora espressa solo con formule diplomatiche attendiste (7). Ma la preoccupazioni tedesche per gli equilibri politici e diplomatici della Ue sono stati presto oscurati dall’esplosione della crisi finanziaria della Grecia. 2. La crisi greca e gli 80 anni di Kohl La stampa tedesca si è divisa sulla questione su linee precise. I maggiori cinque quotidiani hanno rappresentato linee diverse all’interno dell’opinione pubblica, di fronte alla paura di un cataclisma finanziario che venga ad agitare di nuovo le ansie da separazione dal Marco tedesco. Il quotidiano principale tedesco, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, ha sposato la linea del rigore nei confronti della Grecia fin dall’inizio. Nel corso dei due mesi la FAZ ha illustrato la gravità della situazione, riuscendo con efficacia a mostrare il nesso tra crisi dell’Euro e crisi del progetto europeo, dovuto al fatto che l’Euro ha sempre rappresentato solo “hard power” a disposizione dell’Europa (8). La FAZ non si è risparmiata l’audacia di ventilare, più di una volta e a chiare lettere (9) , la possibilità di una “uscita” della Grecia dall’Euro, sulla base della considerazione che la Germania “non può trainare da sola l’Europa” e che – considerazione ancora più interessante – la Germania non può ridursi a diventare una potenza antieuropeista come una Gran Bretagna qualunque (10). La FAZ parlava dunque di “nuove regole del gioco” inaugurate dalla crisi greca: crisi che ha spinto il cancelliere Merkel ad una posizione di cautela di fronte al montare dell’antieuropeismo tedesco da una parte, e di fronte alla constatazione che ormai la Germania è un paese “normale” che onora i suoi impegni internazionali, anche militari, come gli altri paesi, e che quindi non deve pagare i suoi debiti di coscienza (11). In breve, il principale quotidiano politico ed economico-finanziario della Germania riassumeva la crisi greca in una “crisi esistenziale per l’Europa”: una crisi che va ben al di là delle dimensioni finanziarie per assumere i connotati di una crisi che cambia la natura dell’Europa come progetto per paesi non solo in entrata, ma anche in uscita. In questo senso la FAZ archiviava l’idea di Helmut Kohl di un’Europa come “destino irreversibile”, e chiedeva una pausa di riflessione rispetto a tutti i grandi progetti della Ue (12). Sul versante politico opposto, ma sempre sulle rive del Meno, il quotidiano vicino alla SPD sposava una linea assai diversa. La Frankfurter Rundschau, infatti, da una parte riconosceva l’impossibilità per la Germania di pagare i debiti greci, a rischio di scatenare il risentimento antieuropeo dei tedeschi (13), ma dall’altra parte vedeva nelle lentezze dell’Europa nella risposta all’emergenza greca la difficoltà di Francia e Germania di creare un consenso attorno ai meccanismi di controllo sulla gestione dell’economia e della finanza europea, anche a causa degli stretti limiti costituzionali imposti dalla corte di Karlsruhe sul contributo tedesco all’Europa (14). Diversamente da altri quotidiani, la Rundschau puntava anche il dito contro la voglia tedesca di trovare un capro espiatorio ai mali dell’Europa, attaccando quanti chiedono l’uscita della Grecia dall’Euro, non consci dei danni che questa decisione porterebbe anche all’economia tedesca (15). Più fortemente di altri, la Rundschau accusava l’Europa di inazione (16), ma più in particolare accusava il governo tedesco di alimentare la confusione sulla base di una politica estera divisa e di una politica interna con una coalizione giallo-nera che finora non ha dato prova brillante di sé (17). Diametralmente opposta la lettura della situazione da parte del secondo quotidiano economico di Germania, Die Welt, che esaminava la crisi greca come una crisi di sistema europeo, ma anche come una crisi che ha radici profonde nel sistema politico-economico della Grecia, paese che però è essenziale all’Europa per i suoi rapporti geopolitici con il Medio Oriente e il Mediterraneo (18). Se da Die Welt era lecito aspettarsi una posizione dura nei confronti della Grecia, è invece chiaro come la linea editoriale ha teso a vedere nella questione greca la prova del discorso portato avanti dal giornale ormai da tempo, vale a dire la necessità di valutare attentamente la continuità storico-istituzionale tra politica economica tedesca e politica del progetto europeo, e sotto questa luce, la necessità di frenare una incontrollata espansione del progetto europeo, noncuranti dei limiti di capacità del progetto europeo. In particolare Die Welt illustrava le radici della crisi attuale sulla base delle tre contraddizioni dell’Euro: la contraddizione tra l’interesse del governo ad una moneta forte e dell’industria ad una moneta flessibile, tra la visione dell’economia dei francesi e di quella dei tedeschi, e tra la salute della moneta e quella dell’economia (19). Il maggiore quotidiano di Berlino, il Tagesspiegel, indicava nelle contraddizioni tra Germania e Francia una delle cause di questa crisi europea (20), ma in particolare evidenziava l’incapacità del governo federale tedesco di articolare una chiara politica europea della Germania (21). In definitiva anche da Berlino si vedeva come il destino politico di Angela Merkel è legato a due questioni, quella dell’Afghanistan e quella dell’Euro, sulla quale per il momento il cancelliere si era presentato al mondo nelle vesti di “Madame No” (22). Il quotidiano di Monaco ha analizzato la crisi con un’acutezza maggiore rispetto agli altri quotidiani, in quanto rappresentante del nuovo europeismo tedesco liberal-progressista. La Süddeutsche Zeitung ha seguito l’evoluzione del caso greco, inizialmente avvocando una linea dura nei confronti di Atene (23). Col passare delle settimane anche la SZ ha iniziato una linea dura anche nei confronti del governo tedesco e della sua politica europea: ora riscoprendo la vecchia idea di Wolfgang Schäuble (ora ministro delle finanze) di un’Europa con un “nocciolo duro” di paesi virtuosi (24), ora mettendo in guardia i tedeschi dal neo-nazionalismo contro la Grecia (25), ora avvisando dei costi enormi di una rottura dell’unità dei paesi attorno all’Euro e criticando le richieste provenienti dalla CSU per un’uscita della Grecia dalla moneta unica (26). La Süddeutsche Zeitung era la voce più equilibrata ed efficace, assieme alla Frankfurter Allgemeine Zeitung, nel mostrare all’opinione pubblica tedesca la connessione tra crisi greca, crisi dell’Euro, e crisi del progetto europeo, cioè per una comunità che “troppo spesso definito la sua unione come un destino ineluttabile” (27). Ma la Germania ha così festeggiato gli 80 anni di Kohl nelle stesse settimane in cui metteva a nudo, in un destino quasi tragico per uno dei padri della patria tedesca, i dubbi sui meriti storici dell’europeismo preallargamento e dei suoi artefici. La crisi greca sembra infliggere alla vecchia generazione di europeisti una nuova dose di scetticismo, di inazione, e di ansie che attanaglia la Germania forse come nessun altro paese europeo. (1) Dirk Schümer, Ein Rechtsruck geht durch Europa, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 05-03-2010. (2) Hannes Gamillscheg, Island unterwirft sich nicht , Frankfurter Rundschau, 08-032010. (3) Karl Grobe, Rabauken im Aufwind, Frankfurter Rundschau, 19-04-2010; Hermann Rudolph, Gefahren in der Mehrheit, Der Tagesspiegel, 18-04 2010; Peter Steinke, Die rechte Wende, Frankfurter Rundschau, 13-04-2010. (4) Signal an EU und Athen, Süddeutsche Zeitung, 12-03-2010. (5) Kai Strittmatter, Ein Platz für die Türkei, Süddeutsche Zeitung, 29-03-2010. (6) Gerd Höhler, Türkischer Test auf Europa, Frankfurter Rundschau, 29-03-2010. (7) Stephan-Andreas Casdorff, Privilegierte Provokation, Der Tagesspiegel, 30-03-2010. (8) Klaus-Dieter Frankenberger, In Gefahr, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 01-03-2010. (9) Werner Mussler, Ende der Atempause, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 12-04-2010; Holger Steltzner, Der Albtraum, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 24-04-2010. (10) Nikolas Busse, Neue Spielregeln, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 24-03-2010. (11) Klaus-Dieter Frankenberger, Normales Deutschland, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 03-04-2010. (12) Günther Nonnenmacher, Vor einer Existenzkrise, Frankfurter Allgemeine Zeitung, 29-04-2010. (13) Markus Sievers, Europäer ohne Notfall-Plan, Frankfurter Rundschau, 03-03-2010. (14) Werner Balsen, Griechenland verleiht Flügel, Frankfurter Rundschau, 19-03-2010. (15) Robert von Heusinger, Dann geht doch raus!, Frankfurter Rundschau, 27-04-2010. (16) Werner Balsen, Europäisches Versagen, Frankfurter Rundschau, 19-04-2010. (17) Werner Balsen, Kakophonie auf Deutsch, Frankfurter Rundschau, 26-04-2010. (18) Gerd Held, Die Polis lebt!, Die Welt, 06-03-2010. (19) Michael Stürmer, Der Preis der Währung, Die Welt, 09-03-2010. (20) Albrecht Meier, Wenn der Mitbewohner pleite ist, Der Tagesspiegel, 10-03-2010. (21) Albrecht Meier, Visionen nach Athen, Der Tagesspiegel, 25-03-2010. (22) Letzter Ausweg Austritt, Der Tagesspiegel, 24-04-2010. (23) Henrik Enderlein, Griechenland muss sich selbst helfen, Süddeutsche Zeitung, 0903-2010; Verwirrend klar, Süddeutsche Zeitung, 17-03-2010. (24) Stefan Kornelius, Hegemon mit Disziplin, Süddeutsche Zeitung, 25-03-2010. (25) Cerstin Gammelin, Furor und Unwissen, Süddeutsche Zeitung, 15-04-2010. (26) Marc Beise, An der Pforte des Hades, Süddeutsche Zeitung, 24-04-2010; Nikolaus Piper, Euro im Feuer, Süddeutsche Zeitung, 26-04-2010. (27) Stefan Kornelius, Den Euro retten, Europa retten, Süddeutsche Zeitung, 30-042010.