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articolo completo in pdf - Giornale Italiano di Diabetologia e
G It Diabetol Metab 2010;30:188-191
Caso clinico
Diabete di tipo 2 con lipodistrofia
parziale: effetti metabolici favorevoli
dell’impiego di pioglitazone
Introduzione
Le lipodistrofie rappresentano quadri sindromici caratterizzati
dalla riduzione parziale o generalizzata di tessuto adiposo1. Si
caratterizzano inoltre per la presenza di una condizione di insulino-resistenza generalmente severa, associata a vari gradi di
intolleranza al glucosio fino al diabete mellito conclamato.
Accanto all’insulino-resistenza e all’iperglicemia, i pazienti presentano frequentemente altre anomalie metaboliche, quali la
steatosi epatica e l’ipertrigliceridemia con ridotti livelli di colesterolo HDL, e si caratterizzano per un aumento importante del
rischio cardiovascolare. Si riconoscono forme congenite (su
base genetica, legate a mutazioni di geni che svolgono un ruolo
importante nello sviluppo e nella funzione del tessuto adiposo)
e forme acquisite (es. lipodistrofia da farmaci antiretrovirali in
pazienti affetti da infezione con HIV), nonché forme generalizzate e forme parziali di lipodistrofia. La riduzione del tessuto
adiposo può infatti riguardare praticamente tutti i distretti, con
risparmio soltanto del tessuto adiposo a livello del midollo
osseo, ovvero distretti specifici, come avviene nella lipodistrofia
parziale familiare o sindrome di Dunnigan. Si tratta di una forma
su base genetica di alterazione dello sviluppo e della distribuzione del tessuto adiposo, caratterizzata da marcata riduzione
del tessuto adiposo sottocutaneo a livello delle estremità, dei
glutei e del tronco, con conservazione o più spesso accumulo
di tessuto adiposo a livello del collo, del volto e in sede periviscerale intraddominale. La lipodistrofia di Dunnigan riproduce
molte delle caratteristiche cliniche e di laboratorio della sindrome metabolica2, quali l’obesità viscerale, l’insulino-resistenza,
l’iperinsulinemia, l’intolleranza al glucosio fino al diabete, la dislipidemia aterogena e l’ipertensione arteriosa, e si caratterizza
per un’aterosclerosi accelerata con vari quadri di malattia cardiovascolare. La sindrome di Dunnigan è una patologia a trasmissione autosomica dominante, descritta solo nella condizione eterozigote, e dovuta a mutazioni del gene della lamina
A/C (1q21-22), una proteina strutturale dell’involucro nucleare
L. Laviola, R. Ficarella, P. Patruno,
M. Barbaro, S. Perrini,
A. Bellomo Damato, F. Giorgino
Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia,
Andrologia e Malattie Metaboliche, Dipartimento dell’Emergenza
e dei Trapianti di Organi
Università degli Studi di Bari Aldo Moro
Corrispondenza: prof. Francesco Giorgino, Sezione
di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie
Metaboliche, Dipartimento dell’Emergenza e dei
Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari Aldo Moro,
Piazza Giulio Cesare 11, 70124 Bari
[email protected]
G It Diabetol Metab 2010;30:188-191
Pervenuto in Redazione il 24-11-2010
Accettato per la pubblicazione il 24-11-2010
Parole chiave: tessuto adiposo, insulino-resistenza,
tiazolidinedioni, sindrome metabolica
Key words: adipose tissue, insulin resistance,
thiazolidinediones, metabolic syndrome
Diabete di tipo 2 con lipodistrofia parziale: effetti metabolici favorevoli dell’impiego di pioglitazone
che regola la funzione dei pori nucleari e la replicazione del
DNA. Va segnalato che mutazioni dello stesso gene, la lamina
A/C, in siti del gene differenti rispetto a quelli che causano la
lipodistrofia di Dunnigan, possono essere responsabili anche di
cardiomiopatie e di forme di distrofia muscolare, con alterazione dei processi di differenziazione delle cellule cardiache o
muscolari scheletriche, rispettivamente3,4. Nella sindrome di
Dunnigan, la riduzione del tessuto adiposo si apprezza soprattutto nei soggetti di sesso femminile e si produce caratteristicamente a partire dall’epoca della pubertà5.
Storia clinica
Un donna di 53 anni, affetta da diabete mellito di tipo 2 da
circa 15 anni, giunge alla nostra osservazione per la presenza di uno stato di scarso controllo glicometabolico (HbA1c
10,7%, glicemia a digiuno 178 mg/dl). La paziente è in trattamento con glibenclamide (7,5 mg/die) e metformina (1200
mg/die) in forma di associazione precostituita, e da circa 5
anni anche con insulina basale (detemir, 40 UI/die). La
paziente non riferisce familiarità per diabete mellito, ma per
cardiopatia e nefropatia. Dopo il menarca a 10 anni, i cicli
mestruali sono stati irregolari per frequenza e decorso. Ha
avuto due gravidanze, rispettivamente all’età di 20 e 23 anni,
entrambe esitate nella nascita di figli macrosomici (peso alla
nascita rispettivamente di 5,5 e 6,0 kg). Entrambi i figli
macrosomici hanno avuto una paralisi ostetrica dell’arto
superiore. Riferisce numerosi interventi per asportazione di
lipomi, soprattutto in sede nucale. Riferisce di aver sofferto di
irsutismo e di una diagnosi di sindrome dell’ovaio policistico.
Da 10 anni è in amenorrea post-chirurgica per intervento di
isterectomia e ovariectomia per la presenza di cisti ovariche.
Da circa 3 anni riferisce una progressiva difficoltà a mantenere un controllo soddisfacente della glicemia, nonostante l’intensificazione della terapia farmacologica e l’instaurazione
della terapia con insulina. La paziente è anche ipertesa (in
trattamento con sartani, diuretici tiazidici e beta-bloccanti) e
dislipidemica (in trattamento con omega-3 e simvastatina).
Alla nostra osservazione, la paziente presenta un peso di
72 kg, BMI di 30,4 kg/m2, circonferenza vita di 104 cm e
pressione arteriosa di 140/80 mmHg. All’esame obiettivo, si
evidenzia la presenza di ipertrofia del pannicolo adiposo al
volto e nelle regioni sovraclaveare e dorso-cervicale, con
lesioni nodulari soffici e mobili nei piani profondi di verosimile natura adiposa a livello dell’addome e della regione nucale. È presente anche acanthosis nigricans in regione nucale.
All’esame obiettivo cardiologico, si evidenzia un soffio sistolico 4/6 particolarmente evidente sui focolai aortico e mitralico. La paziente mostra un’evidente atrofia mammaria. Il pannicolo adiposo è marcatamente ridotto a livello degli arti, con
prominenza delle masse muscolari, soprattutto a livello dei
glutei e dei polpacci. La paziente riferisce di avere queste
caratteristiche fenotipiche, alle quali non ha mai prestato particolare attenzione, da molti anni, e che anche una sorella
presenta lo stesso fenotipo.
Durante il ricovero presso la nostra UO, gli esami ematochi-
189
mici generali mostrano valori nella norma; normale appare
anche il profilo lipidico (la paziente è in trattamento con farmaci ipolipemizzanti); si evidenzia la presenza di microalbuminuria (28 µg/min). Viene esclusa una condizione di ipercortisolismo per la presenza di valori normali di cortisolemia alle
ore 24.00 e della normale risposta al test di soppressione
con desametazone a basse dosi; normali appaiono anche i
valori della cortisoluria. Oltre alla valutazione metabolica, la
paziente esegue: un’ecografia addominale, che evidenzia la
presenza di steatosi epatica di II grado; un ecocardiogramma, che mostra la presenza di disfunzione diastolica di I
grado, di lieve dilatazione atriale sinistra, di una valvola aortica sclero-calcifica e di fibrosi posteriore incompleta dell’anulus mitralico; un ecocolordoppler dei vasi arteriosi epiaortici,
che documenta la presenza di ateromasia carotidea non
emodinamicamente significativa; e un ecocolordoppler delle
arterie degli arti inferiori, che mostra anche in questo caso un
diffuso ispessimento medio-intimale di tipo aterosclerotico in
tutti i livelli esplorati.
Accertamenti specifici
In base alle caratteristiche fenotipiche della paziente, che presenta evidenti segni di lipodistrofia distrettuale, viene sospettata la presenza di una lipodistrofia di Dunnigan. La paziente
esegue un esame bioimpedenziometrico, dal quale non si evidenzia una riduzione della massa grassa, che appare invece
moderatamente aumentata (24,5 kg, 34% del peso corporeo;
valori di riferimento per sesso ed età 12-30%). Tuttavia, un
esame TAC, condotto a livello dell’addome e della pelvi,
segnala la presenza di abbondante quota di tessuto adiposo
viscerale localizzato nel retroperitoneo e in cavità addominale,
mentre appare assai modesto (spessore 1 cm circa) l’accumulo di tessuto adiposo nel sottocutaneo nella regione dei
fianchi. Anche attraverso un esame ecografico delle cosce
viene documentata la pressoché totale assenza di tessuto adiposo nel compartimento sottocutaneo, che appare rappresentato da pochi lobuli adiposi di piccole dimensioni.
La paziente esegue anche un test di tolleranza all’insulina,
che mostra risultati indicativi di una condizione di insulinoresistenza severa per la quasi assente riduzione della glicemia a seguito della somministrazione di insulina, come si
evince dalla tabella 1.
Tabella 1 Test di tolleranza all’insulina (ITT) (0,1 U/kg
insulina umana regolare ev).
Tempi
Glicemia
Glicemia
sangue venoso sangue capillare
–10′
133
144
–3′
133
149
+3′
130
165
+6′
131
153
+9′
130
156
+12′
128
134
+15′
126
144
190
L. Laviola et al.
Viene quindi effettuato un prelievo ematico per l’estrazione
del DNA leucocitario e l’analisi molecolare del gene LMNA,
che codifica per la lamina A/C. L’analisi molecolare condotta
a livello dell’esone 8, che è la sede più frequente di mutazioni nella lipodistrofia di Dunnigan, evidenzia una mutazione
eterozigote missenso a livello del codone 486, che comporta la sostituzione di lisina con asparagina (K486N). Viene
quindi posta diagnosi di lipodistrofia di Dunnigan.
Terapia e risultati
In base alla diagnosi prima ipotizzata e poi confermata
mediante esame genetico, risulta che la paziente potrebbe
giovarsi di una terapia con farmaci insulino-sensibilizzanti.
Nelle lipodistrofie sono stati infatti utilizzati con un certo successo i tiazolidinedioni, farmaci che attivano PPARγ. In particolare nei pazienti affetti da sindrome di Dunnigan, è stato
riportato un miglioramento delle alterazioni metaboliche a
seguito del trattamento con pioglitazone6-8. Sulla base di
queste premesse, la paziente inizia il trattamento con pioglitazone, alla dose di 30 mg, che viene aumentata dopo un
mese a 45 mg; viene mantenuta la terapia con insulina basale e invece sospesa l’associazione metformina-glibenclamide. Dopo una settimana di terapia, il profilo glicemico risulta
significativamente migliorato, come si evince dalla tabella 2.
Dopo 4 mesi la paziente presenta un miglioramento stabile
del controllo glicemico, con livelli di HbA1c pari a 8,4%, associato tuttavia a un incremento ponderale di circa 6 kg.
ridi in organi metabolicamente attivi quali fegato, tessuto
muscolare scheletrico e beta-cellula pancreatica, con
sviluppo di insulino-resistenza e, a livello della beta-cellula, deficit secretorio insulinico9;
– la riduzione dei livelli circolanti di sostanze metabolicamente favorevoli che potrebbero essere prodotte specificamente dal tessuto adiposo sottocutaneo.
Quest’ultima ipotesi è sostenuta da dati recenti che dimostrano come nel roditore il trapianto di tessuto adiposo sottocutaneo nella cavità addominale induca risposte metaboliche favorevoli, quali minore aumento di peso e miglioramento della
insulino-sensibilità, come se fosse in grado di produrre sostanze che influenzano favorevolmente l’omeostasi metabolica10.
Il trattamento di pazienti affetti da lipodistrofia di Dunnigan con
pioglitazone potrebbe favorire, attraverso l’attivazione di
PPARγ, lo storage dei trigliceridi negli adipociti residui, evitando
l’accumulo di lipidi in tessuti quali il muscolo scheletrico e il
fegato; potrebbe inoltre favorire la secrezione di adiponectina e
ridurre la secrezione di adipochine con effetti negativi sull’insulino-sensibilità, quali per esempio IL-6 e resistina, così come
avviene nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 “comune”. Infine,
non si può escludere la possibilità che il trattamento con il
PPARγ agonista possa anche produrre un maggior differenzia-
Flow-chart diagnostico-terapeutica
Lipodistrofia su base genetica
Elementi
di sospetto
diagnostico
Discussione
Questo caso clinico illustra la necessità di effettuare un’attenta valutazione clinica e lo studio del fenotipo nei pazienti
con diabete mellito di tipo 2. Questa paziente era stata infatti trattata come un caso di diabete di tipo 2 “comune”, senza
avere posto attenzione alla presenza di lipodistrofia e alle
alterazioni metaboliche cui questa si associa e che in larga
misura produce. Infatti, la riduzione del tessuto adiposo nella
sede del pannicolo sottocutaneo potrebbe essere responsabile di due effetti negativi sulla omeostasi metabolica:
– una redistribuzione della massa adiposa, con aumento di
tessuto adiposo in sede viscerale e accumulo di triglice-
I livello
II livello
Tabella 2 Profilo glicemico (mg/dl).
Ora
Al momento
Dopo 7
del ricovero
giorni di terapia
8:00
280
101
13:00
131
91
15:00
200
154
20:00
200
110
22:00
247
124
Pasti principali assunti alle ore 8:00, 13:00 e 20:00.
Lipodistrofia generalizzata ovvero distrettuale (esclusione di cause di lipodistrofia
secondaria a farmaci o HIV)
Alterazioni metaboliche (IFG/IGT o diabete
mellito, dislipidemia, steatosi epatica)
Rischio cardiovascolare aumentato (ipertensione arteriosa, ateromasia vasi arteriosi)
Esame clinico: esame obiettivo, valutazione
dei parametri antropometrici (peso, altezza,
circonferenza vita) e misurazione della pressione arteriosa
Esami di laboratorio: routine ematochimica
(elettroliti, glicemia, profilo lipidico), OGTT
per glicemia, insulinemia e C-peptide,
esame urine
Esami strumentali: ecografia addominale,
BIA, TAC addome, ecocardiografia, ecocolordoppler arterioso
Esami di laboratorio: GH, IGF-I, GHRH test
potenziato da arginina, anticorpi anti-recettore insulinico, test di soppressione con
desametazone
Esami strumentali: ecografia addominale, TAC
addome, ecocardiografia, clamp euglicemico
iperinsulinemico, calorimetria indiretta
Diagnosi
molecolare
Ricerca delle mutazioni genetiche note (seipina, lamina A/C)
Terapia
Dieta ipolipidica a basso indice glicemico;
farmaci od ormoni insulino-sensibilizzanti
(pioglitazone, leptina)
Diabete di tipo 2 con lipodistrofia parziale: effetti metabolici favorevoli dell’impiego di pioglitazone
mento di adipociti a partire da precursori presenti nel tessuto
adiposo sottocutaneo, con parziale ripristino della quota di tessuto adiposo in questo distretto. In adipociti che presentano
una mutazione della lamina A/C, l’attivazione di PPARγ è
comunque in grado di attivare il programma adipogenetico poiché tale fattore nucleare è in larga misura indipendente dal trafficking attraverso i pori della membrana nucleare che potrebbero essere alterati dalla presenza di lamina mutata.
In presenza di elementi di sospetto diagnostico, quali la riduzione distrettuale del tessuto adiposo a livello del tessuto sottocutaneo degli arti e dell’addome, con conservazione o accentuazione del pannicolo adiposo a livello del collo e del volto, potrebbe
essere utile considerare questa possibilità, soprattutto se vi sono
elementi per ritenere che questo particolare fenotipo sia presente anche in altri componenti della stessa famiglia. Occorre ricordare che la lipodistrofia di Dunnigan esordisce dopo la pubertà e
si apprezza maggiormente nel sesso femminile.
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