Ricerca - Symbola

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Ricerca - Symbola
#AMERADI#OMMERCIO
,ATINA
GreenItaly
La nautica italiana
reti, territori e sostenibilità
Gaeta 15 aprile 2011
Palazzo De Vio - Piazza Duomo
Ricerca realizzata da: In collaborazione con: Gruppo di Lavoro Claudio Gagliardi Segretario generale Unioncamere, Fabio Renzi Segretario generale Fondazione Symbola, Amedeo Del Principe Area Politiche per la Qualità, i Territori e le Filiere del Made in Italy di Unioncamere, Domenico Sturabotti Direttore Fondazione Symbola, Domenico Mauriello Centro Studi Unioncamere, Alessandro Rinaldi Dirigente Area Studi e Ricerche Istituto Guglielmo Tagliacarne, Sergio Micheli Presidente Navigo ‐ Centro per l’innovazione e lo sviluppo della nautica toscana, Sara Consolato Ricercatore Fondazione Symbola, Romina Surace Ricercatore Fondazione Symbola, Giacomo Giusti Funzionario Area Studi e Ricerche Istituto G.Tagliacarne, Fabio Ulgiati Funzionario Camera di Commercio di Latina Progetto grafico Viviana Forcella Ufficio Eventi Symbola INDICE 1. LA PERIMETRAZIONE DELLA FILIERA DELLA CANTIERISTICA NAVALE 3 1.1. LE INDUSTRIE MANIFATTURIERE DELLA FILIERA DELLA CANTIERISTICA NAVALE ITALIANA 4 1.2. LA CANTIERISTICA NAVALE ITALIANA: UNO SGUARDO DI INSIEME AI DATI STRUTTURALI 6 1.3. IL VALORE AGGIUNTO DELLA FILIERA DELLA CANTIERISTICA NAVALE ITALIANA 17 2. GREENITALY 19 La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 2 1. LA PERIMETRAZIONE DELLA FILIERA DELLA CANTIERISTICA NAVALE Principale risorsa della terra, l’acqua rappresenta il più evidente e simbolico segno di vita; una risorsa che trova la sua massima espansione nei mari e negli oceani, dalla cui grandiosità proprio gli uomini hanno sempre tratto la consapevolezza di trovarsi di fronte ad una fonte inesauribile di ricchezza. Come la storia insegna è grazie anche al mare che il continente europeo è riuscito non solo a sviluppare la propria attività economica, potendo sfruttare le vie marittime grazie alla estensione delle sue coste, ma anche ad espandersi in termini di conquiste, conoscenza di nuove terre e culture. Così, il mare, presentandosi come un’importante leva sulla quale fondare parte dello sviluppo economico, stimola un attento studio su tutte quelle attività che sono il frutto, o possono trovare giovamento, dalla presenza di questa risorsa; motivo che conduce a definire questa economia come “Sistema Mare”. Al pari di altre specifiche realtà economiche, il Sistema Mare si dispiega, nel nostro Paese, trasversalmente in tutti e tre i principali settori dell’economia (primario, secondario e terziario), soprattutto in considerazione del fatto che l’Italia, con i suoi 7.500 km di coste ed una posizione baricentrica rispetto al Mediterraneo, ha da sempre manifestato un’innata vocazione marina. Lo sviluppo economico conosciuto negli ultimi decenni, infatti, si è riflesso positivamente sulle condizioni economiche e sociali delle persone, orientandone i consumi verso attività maggiormente legate al tempo libero: su tutte il turismo marittimo. Allo stesso tempo, però, la crescita economica ha richiesto anche un più intelligente e accorto sfruttamento delle risorse naturali, favorendo, così, la nascita e lo sviluppo di una serie di attività dedite alla salvaguardia dell’ambiente tra le quali, appunto, quelle dirette alla tutela del mare (ad es. le aree marine protette) che alle attività produttive che nel mare si manifestano (ad es. le produzioni Green Plus relative alle imbarcazioni eco‐compatibili). L’economia del mare si presenta, quindi, come un tema di non facile definizione alla luce del suo ampio raggio di espansione all’interno del sistema produttivo. Una possibile via per una sua identificazione può essere quella di enucleare le diverse attività produttive in funzione del loro rapporto con il mare arrivando così alle seguenti conclusioni:  le attività che richiedono per la loro realizzazione la presenza del mare;  le attività che teoricamente potrebbero localizzarsi ovunque, ma che trovano maggiore convenienza a localizzarsi sulla costa;  le attività la cui localizzazione sulla costa è del tutto indipendente dalla vicinanza al mare. Le attività in cui la specializzazione delle zone costiere è particolarmente elevata appartengono certamente al primo gruppo, quello cioè delle attività che hanno un rapporto diretto col mare, come i trasporti marittimi, la pesca, l’industria cantieristica ed il turismo nautico. Esistono chiaramente alcune specificità dell’economia delle aree costiere che, quindi, vanno ad incidere sulla struttura produttiva favorendo la localizzazione di alcune attività produttive piuttosto che altre. Le attività che allora definiscono le filiere del mare e la più complessa natura e struttura dei sotto‐settori legati alla risorsa mare possono essere così individuate:  cantieristica navale;  pesca;  trasporti marittimi e portualità commerciale;  turismo nautico e tutela ambientale; Se queste sono le filiere del mare, in questo lavoro ci soffermeremo in particolare nella analisi della filiera economica e produttiva della cantieristica navale nazionale che, a sua volta, può essere articolata in due grandi categorie, ossia sulla base della tipologie del progetto da una parte, e della destinazione d’uso La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 3 dall’altra. Con riferimento alla prima categoria, la distinzione prevalente è tra nuove costruzioni e progetti di riparazione e riconversione (refitting), con i mercati che differiscono per struttura del business, logiche competitive ed infrastrutture richieste; per quanto concerne la seconda categoria, invece, è possibile distinguere tra nautica da diporto, mercantile e militare, in considerazione della diversa esigenza espressa dalla clientela. La nostra attenzione, quindi, nel proseguo del lavoro si focalizzerà sulla nautica da diporto , con prevalente attenzione e riferimento alle nuove costruzioni. Partendo dall’assunto secondo cui l’acquisto di un’imbarcazione rappresenta uno degli elementi essenziali attraverso cui il cliente vive il suo rapporto con la nautica da diporto, preme rimarcare, per questa sede di approfondimento, come per creazione di valore nella nautica si sia fatto riferimento alle industrie fornitrici di prodotti manifatturieri collegate al prodotto finito imbarcazione, per poi verificarne la relativa distribuzione geografica e definire, così, i cluster territoriali ove sono presenti filiere complete della nautica ovvero aree industriali con una semplice vocazione produttiva che serve questo particolare filiera produttiva. L’identificazione del campo di osservazione della ricerca richiede il passaggio per le classificazioni di attività economica. Nel nostro Paese è in vigore l’Ateco 2007, adottata dall’Istat e da tutti i registri d’impresa a partire dal gennaio 2008 e compatibile con la classificazione europea Nace rev. 2. I codici Ateco 2007 utilizzati nel presente studio per l’individuazione e qualificazione della filiera della cantieristica navale sono: 13.96 Fabbricazione articoli tessili tecnici ed industriali (vele); 25.99.9 Fabbricazione di articoli metallici e minuteria metallica (eliche); 26.51 fabbricazione di strumenti e apparecchi di misurazione, prova e navigazione; 28.11 fabbricazione di motori e turbine (esclusi motori per aeromobili, veicoli e motocicli); 30.1 Costruzioni di navi e imbarcazioni; 31.01.2 Fabbricazione di altri mobili; 33.15 Riparazione di navi e imbarcazioni (esclusi i loro motori); 33.20.03 Installazione di macchine ed apparecchiature industriali. 1.1. LE INDUSTRIE MANIFATTURIERE DELLA FILIERA DELLA CANTIERISTICA NAVALE ITALIANA La filiera della cantieristica navale è il comparto che presenta il più elevato ed il più articolato grado di interrelazione con il resto del sistema produttivo nazionale, al quale si riconosce un valore strategico di rilievo, anche perché esso si configura come una delle poche branche industriali italiane in grado di competere con forza ed efficienza sui mercati internazionali. L’elevato valore degli acquisti di beni e servizi dalle altre branche economiche che risultano necessari per la produzione del settore fa sì che l’entità dei moltiplicatori e la conseguente capacità di creare reddito ed occupazione sia la più elevata del sistema marittimo, al punto da poter definire questo comparto come “propulsivo”. In una situazione di crisi congiunturale, quindi, il comparto della nautica da diporto si distingue per la capacità di mantenere buoni livelli di performance economica, fatturato ed una forte propensione all’export. Infatti, nonostante la difficile fase congiunturale e l’entrata sul mercato di forti competitors operanti in mercati emergenti, sembrerebbe che i cantieri navali italiani siano riusciti a consolidare la propria posizione La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 4 di leadership mondiale, almeno nella produzione dei superyachts. In questo specifico segmento di imbarcazioni superiori ai 24 metri di lunghezza, che costituisce la fascia più alta del mercato della nautica di lusso, l’80% è relativo alla produzione di motoryacht, il 10% alla produzione degli open, mentre la restante parte è divisa tra costruzione di grandi navi a vela e di yacht dedicati allo sportfisher. A livello mondiale, i cantieri che producono superyachts sono concentrati in un numero limitato di Paesi e, tra questi, l’Italia ricopre la parte del leone. Del resto, la rilevanza della nautica nazionale nel panorama mondiale è dimostrata dalla comparazione dei principali indicatori strutturali tra le principali regioni economiche con alta vocazione per “il mare”. L’Italia, infatti, presenta peculiarità e specificità che la pongono tra i Paesi con più alto potenziale di crescita, con alcuni marchi di assoluto rilievo nel panorama mondiale. Risultato, questo, ottenuto grazie alle strategie di mercato e alle capacità progettuali e tecnologiche delle imprese locali e, quindi, alla presenza di piccole imprese con elevate capacità professionali specialistiche che svolgono ruoli di primaria importanza nei processi di creazione del valore. Una importante considerazione deriva da una lettura macroeconomica del ruolo che la nautica da diporto svolge o potrebbe svolgere con maggiore incisività nell’economia italiana e di come questo comparto fondi il suo sviluppo su alcune connotazioni tipiche del Made in Italy. Si rileva, infatti, che il prestigio dei marchi delle aziende leader trova alimento anche dalle caratteristiche distintive che nell’immaginario collettivo contraddistinguono nel mondo i prodotti italiani1. Pur volendo soffermarsi sull’aspetto più tecnico del prodotto nautico, ovvero la produzione di imbarcazioni da diporto, non può certo sfuggire come la composizione manifatturiera della filiera della cantieristica navale e della nautica da diporto sia formata da: ‐ un nucleo centrale di imprese, che possono essere identificate come produttori veri e propri di unità da diporto; ‐ unità collegate distinte in:  produttori di accessori e componenti strutturali;  produttori di componenti e parti motoristiche;  produttori di mobilio nautico;  produttori di apparecchiature di navigazione;  servizi di rimessaggio;  servizi di alaggio;  servizi di manutenzione;  servizi nautici;  servizi portuali. In questo contesto la nautica nazionale presenta delle eccellenze significative sia nei brand, in grado di rappresentare e rinverdire all’estero la storia e il Made in Italy, che nella catena di produzione del “prodotto nautico”. Il comparto, inoltre, si caratterizza per una buona propensione all’innovazione, come dimostrano alcuni dati sui brevetti. Nel decennio 1999‐ 2009, le domande italiane di brevetto europeo riconducibili al settore nautico sono 274, corrispondenti al 0,7% del totale, con un tasso di crescita medio annuo del 6,0%2. Nel 2009 le richieste italiane di brevetti nella nautica sono state 34, con un incremento del 1 Ferrero G., Fortezza F., “Processi di creazione del valore e sistemi locali di imprese nel settore della nautica da diporto”, Piccola Impresa/ Small Business, n. 3, 2005, pp. 73‐107. 2
Dati Dintec, Consorzio per l’Innovazione Tecnologica La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 5 17% rispetto all’anno precedente3, mentre si osserva un comportamento opposto a livello complessivo, registrando un ‐5% delle domande di brevetto passando dal 2008 al 2009. Tab. 1 Tipologia di innovazione dei brevetti della nautica italiana Totale domande di brevetto periodo 1999‐
2009 Classificazione tecnologica IPC Descrizione B63B navi o altri natanti; dispositivi per la navigazione Quota domande di brevetto periodo 1999‐
2009 123
44,9% B63C varo; alaggio a secco; carenaggio o galleggiamento delle navi;salvataggio in mare; equipaggiamenti per sostare o lavorare sott'acqua; mezzi per recuperare o ricercare oggetti sommersi 75
27,4% B63G installazioni offensive o difensive su navi; posa‐mine; dragamine; sottomarini; porta‐aerei 10
3,6% B63H propulsione o guida di imbarcazioni 63
23,0% B63J mezzi ausiliari per le imbarcazioni TOTALE ITALIA SETTORE NAUTICO
3
1,1% 274
100,0% Tasso di crescita medio annuo (1999‐
2009) 6,0%
Fonte: elaborazioni Dintec L’area di sviluppo tecnologico più rappresentativa in Italia riguarda “navi o altri natanti; dispositivi per la navigazione” (B63B), con una quota del 44,9% nel periodo 1999‐2009. Dalla scomposizione dei dati per provincia emerge che Genova è in testa con 84 richieste brevettuali pubblicate dall’EPO nel periodo 1999‐
2009, con la sviluppo tecnologico che si orienta prevalentemente su attrezzature per l’immersione e dispostivi di salvataggio (codice IPC B63C). Nonostante queste caratteristiche, appare imprescindibile sottolineare come in alcuni casi manchino alle imprese costruttrici “adeguati accessi al mare” per la progettazione ed il varo delle imbarcazioni, con il risultato che, oltre ad aumentare i costi di costruzione, diminuiscono le possibilità di costruzione di superyacht. La mancanza di adeguate infrastrutture potrebbe rappresentare un limite alla crescita dimensionale di alcune imprese, le quali registrano una scarsità, se non la totale assenza, di bacini di costruzione, indispensabili per effettuare un salto di qualità nella dimensione degli scafi costruiti e nell’attrarre potenziali acquirenti con alta capacità di spesa. 1.2. LA CANTIERISTICA NAVALE ITALIANA: UNO SGUARDO DI INSIEME AI DATI STRUTTURALI Nel comparto della cantieristica da diporto alcune imprese italiane hanno raggiunto, negli ultimi anni, posizioni di leadership a livello mondiale, con una marcata specializzazione nella produzione di imbarcazioni di medie e grandi dimensioni. Lo sviluppo della filiera produttiva, inoltre, ha generato la nascita di nuove attività terziarie ad essa collegate, fungendo anche da volano, in diverse aree del Paese, per progetti integrati di crescita economica fondati sulla valorizzazione di risorse ambientali, turistiche, imprenditoriali e professionali. 3
Ibidem La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 6 Guardando alla dimensione internazionale l'Italia, secondo le ultime elaborazioni pubblicate sul rapporto “The Global Order Book 2011”, vanta una posizione di assoluto rilievo nel panorama mondiale, con i cantieri nazionali riconosciuti in tutto il mondo per gli alti livelli di design, styling e finiture degli interni, tali da rendere inimitabile il prodotto Made In Italy. Nonostante la crisi del 2008 e del 2009 e nonostante la classifica mondiale dei primi 20 produttori di yacht sopra i 24 metri di lunghezza si presenti, negli ordini del 2011, piuttosto diversa da quella dell’anno precedente, sono i nostri cantieri a risultare, ancora una volta, i primi al mondo sia per numero di commesse che per metri totali costruiti. Nel 2010 il portafoglio ordini risulta pari a 383 superyacht in costruzione su un totale di 762 complessivamente ordinati a livello mondiale, con l’Italia che detiene il 50,2% della quota di mercato, cui seguono, in questa particolare graduatoria, le produzioni afferenti i mercati del Regno Unito (con 68 commesse), quello degli Stati Uniti (63 commesse), dei Paesi Bassi (49 commesse), di Taiwan (con 44 commesse) e, quindi, nell’ordine Turchia, Germania, Cina, Brasile e Nuova Zelanda. L’Italia, come detto, risulta essere leader anche in termini di lunghezza complessiva in metri delle unità in corso di costruzione: con un totale di 13 mila 699 metri la quota italiana è pari al 49,6% del mercato mondiale (corrispondente a 27 mila 627 metri), distanziando notevolmente la produzione statunitense, seconda al mondo per metri totali di superyacht prodotti, che si attesta sui 2 mila 763 metri. Leggendo la classifica delle 20 imprese leader mondiali messa a punto nel 2011 dalla Showboats International, inoltre, si ha un'efficace percezione di come i lunghi mesi del default mondiale abbiano mutato alcuni equilibri nel settore rispetto all’anno precedente, mettendo in luce da un lato come gli effetti della crisi hanno cancellato alcuni produttori importanti ma dall'altro come la filiera nautica italiana abbia saputo reagire mantenendo la propria leadership. Nel 2011, Showboats International inserisce in questa lista delle “Top 20” ben 8 imprese italiane (Mondomarine, il gruppo Baglietto, Overmarine che si è aggiudicato la gara per l'acquisizione di Baglietto, Sanlorenzo, Ferretti Yachts, il primo produttore al mondo, con 76 progetti e un totale di 2.401 metri di yacht in costruzione, Azimut‐Benetti, secondo, con 67 progetti e 2.386 metri in costruzione e che negli anni precedenti, aveva sempre tenuto il primo posto in classifica, Leopards yachts e Fipa group), a conferma di come, nonostante i diversi avvicendamenti di marchi nel tempo, la capacità reattiva e la competitività della filiera italiana permanga su livelli di eccellenza, con complessivi 249 progetti, contro i 142 progetti di superyachts divisi tra i rimanenti 12 gruppi di nazionalità estera4. Il mercato dei superyachts, quindi, si conferma ancora una volta come complesso e dinamico; appare lecito a questo punto domandarsi quale sia il futuro del comparto, se la competitività all’interno dello stesso sarà sempre più pressante, se una capacità produttiva di livello garantirà la sopravvivenza delle imprese nel medio‐lungo periodo o, al contrario, occorrerà saper comporre e riposizionare l’offerta di mercato al fine di acquisire vantaggi competitivi nei confronti di competitors provenienti dai mercati della Cina, Giappone e Corea (oggi leader nei mercati della costruzione di imbarcazioni per i trasporti marittimi). L’attuale successo della cantieristica navale italiana sembra tuttavia ascrivibile, oltre che alla creatività del design e degli allestimenti, anche e soprattutto alle soluzioni ingegneristiche adottate, frutto di una costante attenzione ai temi della ricerca e dell’innovazione. In assenza di informazioni statistiche aggregate sui contenuti innovativi dei prodotti dell’industria navale, indicazioni sia pure indirette potrebbero derivare 4
De Forcade R., in “Grandi Yacht fuori dalla crisi”, Il Sole 24 ore, 21 gennaio 2001 La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 7 dalla entità delle commesse provenienti dall’estero, in particolare da paesi e aree ritenuti all’avanguardia negli investimenti in materiale tecnologico. Da questo punto di vista, la situazione della cantieristica italiana appare abbastanza favorevole, in particolar modo nei segmenti di alta qualità, rappresentati prevalentemente dalla costruzione di navi da crociera e yacht di grandi dimensioni. Venendo alla disamina dei dati strutturali si segnala come la distribuzione territoriale delle imprese che operano nella filiera della cantieristica navale viene qui descritta, in maniera puntuale, facendo ricorso alle statistiche contenute nella banca dati derivata dal Registro delle imprese delle Camere di commercio gestito da InfoCamere, integrando l’analisi con i risultati del registro Asia elaborato dall’Istat (informazioni su addetti e fatturato) e, quindi, ai dati della bilancia commerciale pubblicati sempre dall’Istat. Con specifico riferimento ai dati InfoCamere, necessari per l’individuazione della filiera produttiva della cantieristica navale, si è fatto ricorso, in questo lavoro, ai citati codici Ateco 2007 per lo studio della dinamica imprenditoriale riferita agli anni 2009 e 2010; per le variazioni relative al periodo 2002‐2008 si è fatto riferimento ai codici Ateco 20025 e, pertanto, le due elaborazioni non sono direttamente confrontabili. Sebbene la banca dati si riferisca al solo numero delle iniziative in attività, e non anche alle forze di lavoro impiegate, queste informazioni offrono la possibilità di valutare con un elevato grado di affidabilità e tempestività il ruolo esercitato dai singoli comparti della filiera di produzione navale sia nel contesto dell’economia nazionale che nel dettaglio territoriale. Per illustrare i dati quantitativi della filiera della cantieristica navale italiana è stata adottata una prospettiva d’indagine che va oltre il normale concetto di settore, considerando il prodotto imbarcazione come il risultato dell’assemblaggio di una serie di componenti e di competenze che, talvolta, appartengono a comparti produttivi distinti ed alche lontani tra loro. La filiera, che si caratterizza per la presenza prevalente di piccole e medie imprese impegnate nella realizzazione di prodotti con un alto contenuto di artigianalità, vede i fornitori dei cantieri distinti principalmente in produttori di accessori, come ancore cime e cavi, cruscotti e parabrezza, componenti strutturali, come alberi e vele, oblò, sale macchine, stampi e scocche, strumentazioni elettroniche e di navigazione, componenti motoristiche e di arredamenti interni. Guardando alla consistenza numerica della filiera, secondo le statistiche elaborate a partire dai registri camerali, le imprese registrate nella filiera della cantieristica navale e nautica da diporto italiana raggiungono, alla fine del 2010, le 15.963 unità (solamente 16 in più rispetto al dato di fine 2009), distribuite tra imprese di costruzione (dato più consistente a prescindere dall’anno di riferimento), riparazione e manutenzione di navi ed imbarcazioni (che nel confronto tra 2009 e 2010 ha visto un incremento significativo di imprese), di fabbricazione ed installazione di macchine ed apparecchiature per la navigazione, di arredamento nautico, di fabbricazione di vele, cordami e cime, di fabbricazione di motori marini e turbine (in termini relativi, il comparto che ha visto la riduzione più accentuata, sempre per i due anni considerati), e riflettendo una tendenza di stabilità nel, seppur breve, confronto temporale. 5
Come già specificato, la classificazione delle attività economiche ATECO 2007 è stata adottata a partire dal 1 gennaio 2008 in luogo della precedente classificazione, denominata ATECO 2002. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 8 Tab. 2 Imprese attive nel settore della Cantieristica navale per sottosettore – Anni 2009‐2010 Cod. Ateco Declaratoria 1396 Fabbricazione articoli tessili tecnici ed industriali (vele) 25999 Fabbricazione di articoli metallici e minuteria metallica (eliche) Fabbricazione di strumenti e apparecchi di misurazione, prova e 2651 navigazione Fabbricazione di motori e turbine (esclusi motori per aeromobili, veicoli 2811 e motocicli) 301 Costruzioni di navi e imbarcazioni 31012 Fabbricazione di altri mobili 3315 Riparazione di navi e imbarcazioni (esclusi i loro motori) 332003 Installazione di macchine ed apparecchiature industriali Totale Fonte: elaborazioni su dati Infocamere Valori assoluti Quote % Var. % 2009 2010 2009 2010 2009/2010 865
885 5,4 5,5 2,3
3.165
3.159 19,8 19,8 ‐0,2
1.557
914
5.348
1.489
1.359
1.250
15.947
1.530 9,8 9,6 ‐1,7
856 5,7 5,4 5.158 33,5 32,3 1.507 9,3 9,4 1.592 8,5 10,0 1.276 7,8 8,0 15.963 100,0 100,0 ‐6,3
‐3,6
1,2
17,1
2,1
0,1
La serie storica costruita sulla base dei dati Ateco 2002 mostra, invece, un tasso medio annuo di crescita della filiera del 7,1% per gli anni che vanno dal 2002 al 2008, con una espansione più sostenuta delle iniziative imprenditoriali nel corso del 2008 (+9,2% rispetto al 2007). Guardando ai dati di struttura, dalla disamina della distribuzione imprenditoriale per forma giuridica si rileva come, nel 2010, vi sia tra le imprese della filiera della cantieristica produttiva navale una netta prevalenza delle società di capitali, pari al 44,2% del totale, da una importante presenza di ditte individuali (queste pari al 34,4% del totale) e, quindi, dalle società di persone, pari al 19,8%. Quanto rilevato, allora, conferma come il settore si caratterizzi per una decisa presenza di imprese maggiormente strutturate rispetto alla media di molti altri settori industriali, verso cui converge una moltitudine di piccole e piccolissime imprese, facenti parte dell’indotto diretto di questa filiera, connotate, come già sottolineato, da un elevato grado di artigianalità. Dalla disamina dei dati scomposti con dettaglio territoriale, emerge una decisa polarizzazione a favore di realtà centro‐settentrionali del Paese. L’intera macroarea del Centro nord dispone infatti di oltre 12 mila 600 imprese, con una incidenza pari al 78,9% del totale nazionale, mentre il Sud e le Isole, che presentano, comunque, un numero di strutture portuali certamente non indifferente, ne riescono a raccogliere solamente il 21,1%. I dati disaggregati per regione pongono al vertice di questa graduatoria la Lombardia che, nel 2010, registra 3 mila 497 imprese in attività, equivalenti al 21,9% del totale nazionale (con un saldo attivo di nuove imprese rispetto all’anno precedente di 32 unità). Per la Toscana, che si posiziona come seconda regione in classifica (con una quota sul totale Italia pari al 12,2%), si registrano, invece 1.942 imprese attive, con una perdita di 66 unità rispetto al dato del 2009; il Veneto, collocato in terza posizione con uno stock di 1.624 unità, alimenta un’offerta che vale il 10,2% dell’attività produttiva nazionale, facendo rilevare, inoltre una lieve crescita di imprese nell’ultimo periodo (pari ad 8). La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 9 Graf. 1 Imprese attive nel settore della Cantieristica navale per forma giuridica (valori %) ‐ Anno 2010 Fonte: elaborazioni su dati Infocamere Passando alle altre zone del Paese, invece, la prima regione per numerosità di imprese attive risulta essere la Campania, quinta dopo la Liguria, con una incidenza pari al 6,7% del totale nazionale (1.075 imprese in termini assoluti), mentre solo ottavo risulta il Lazio (preceduto dall’Emilia Romagna e dal Piemonte), con un totale di 894 imprese, pari al 5,6% del dato nazionale. Si rileva poi l’ottimo posizionamento della Sicilia che, con le sue 813 imprese ed una incidenza del 5,1% sul totale Italia, si posiziona al nono posto nella graduatoria nazionale. Scendendo a livello provinciale, i primi 20 territori ordinati per presenza di imprese della filiera raccolgono quasi il 58% del totale delle quasi 16 mila imprese attive in Italia. La concentrazione più elevata si colloca a Milano (9,6%), seguita da Napoli, Genova e Roma. La provincia di Latina in tal senso si colloca appena fuori le “top twenty” occupando la ventiduesima piazza con una percentuale di assorbimento dell’1,4% Tab. 3 Imprese attive nella filiera della Cantieristica navale ‐ Anni 2009‐2010 Regioni Piemonte Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste Lombardia Trentino‐Alto Adige Veneto Friuli‐Venezia Giulia Valori assoluti 2009 Quote % 2010 2009 Var. % 2010 2009/2010 904
911
5,7
5,7 0,8
3
3
0,0
0,0 0,0
3.465
3.497
21,7
21,9 0,9
100
98
0,6
0,6 ‐2,0
1.616
1.624
10,1
10,2 0,5
497
501
3,1
3,1 0,8
Liguria 1.249
1.254
7,8
7,9 0,4
Emilia‐Romagna 1.039
1.046
6,5
6,6 0,7
Toscana 2.008
1.942
12,6
12,2 ‐3,3
Umbria 85
88
0,5
0,6 3,5
Marche 749
742
4,7
4,6 ‐0,9
Lazio 889
894
5,6
5,6 0,6
Abruzzo 178
179
1,1
1,1 0,6
Molise 27
31
0,2
0,2 14,8
1.100
1.075
6,9
6,7 ‐2,3
Campania La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 10 Puglia 527
539
3,3
3,4 2,3
Basilicata 50
51
0,3
0,3 2,0
Calabria 187
190
1,2
1,2 1,6
Sicilia 798
813
5,0
5,1 1,9
Sardegna 476
485
3,0
3,0 1,9
Centro‐Nord 12.604
12.600
79,0
78,9 0,0
Mezzogiorno 3.343
3.363
21,0
21,1 0,6
15.947
15.963
100,0
100,0 Italia Fonte: elaborazioni su dati Infocamere 0,1
Nella cartina successiva viene invece posto in evidenza il peso della filiera nautica sul totale delle attività manifatturiere in ciascuna provincia. Osservando il grafico emergono sette aree (La Spezia, Gorizia, Livorno, Lucca, Grosseto, Genova e Massa Carrara), tutte localizzate nel Centro nord, in cui il peso della filiera supera il 10% del totale manifatturiero. La prima provincia del Mezzogiorno è Sassari, in cui l’incidenza della filiera è pari al 7,5% del totale delle attività manifatturiere locali. Appena più dietro si colloca Latina che con una incidenza del 5,7% occupa il tredicesimo posto di questa classifica facendo meglio di tutte le province del Sud e delle Isole ad eccezione della menzionata Sassari. Come precedentemente descritto, nel comparto dei superyacht la filiera nautica italiana si colloca in una posizione di assoluta leadership, con una quota pari a circa la metà del mercato mondiale. Nell’ultimo decennio il tasso di crescita cumulato del numero di ordini in portafoglio sarebbe risultato superiore al 400%, un livello pressoché doppio rispetto al contestuale incremento su scala mondiale6. L’elemento propulsivo di tale sviluppo potrebbe essere individuato nell’aumentato numero di soggetti con potere di spesa alquanto elevato, provenienti da mercati emergenti quali Russia, Cina e India. Quanto all’attività produttiva, in forte crescita fino al 2007, nel corso del 2008 ha risentito degli effetti della crisi economica esplosa sul finire dell’estate a seguito del divampare delle turbolenze sui mercati finanziari internazionali. Tab. 4 Graduatoria decrescente delle prime venti province italiane in base al numero di imprese attive della filiera navale ‐ Anno 2010 Incidenza sul totale Incidenze Posizione Provincia Imprese attive imprese nazionale cumulate 1) Milano 1.527
9,6 9,6
2) Napoli 757
4,7 14,3
3) Genova 679
4,3 18,6
4) Roma 586
3,7 22,2
5) Lucca 556
3,5 25,7
6) Torino 556
3,5 29,2
7) Brescia 472
3,0 32,2
8) Venezia 395
2,5 34,6
9) Treviso 376
2,4 37,0
10) Bergamo 349
2,2 39,2
11) Firenze 338
2,1 41,3
12) Varese 330
2,1 43,4
13) Pesaro e Urbino 330
2,1 45,4
14) Vicenza 322
2,0 47,4
6
Showboats International, Global order book 2010. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 11 15) 16) 17) 18) 19) 20) La Spezia Padova Sassari Como Livorno Lecco 22) Latina Totale prime venti province Altre province Italia Fonte: elaborazioni su dati Infocamere 317
296
272
267
263
243
220
9.231
6.732
15.963
2,0 1,9 1,7 1,7 1,6 1,5 1,4 57,8 42,2 100,0 49,4
51,3
53,0
54,7
56,3
57,8
60,6
57,8
42,2
100,0
Graf. 2 – L’incidenza percentuale delle imprese attive nella filiera della cantieristica navale sul totale delle imprese manifatturiere nelle province italiane (valori %) ‐ Anno 2010 Fonte: elaborazioni su dati Infocamere Nel segmento della cantieristica il fatturato globale, dopo le performance positive degli anni precedenti (+32,0% il tasso cumulato di aumento nel biennio 2006/2007 secondo le ultime elaborazioni di UCINA), si è mantenuto grosso modo sui livelli dell’anno prima, registrando nel 2008 un aumento pari appena allo 0,4%. Il consuntivo è la risultante di un incremento del 3,5% della produzione destinata al mercato interno e di flessioni rispettivamente pari al ‐0,5% per le esportazioni e al ‐5,1% per le importazioni per il mercato estero. Nel segmento delle attività di rimessaggio, riparazione e manutenzione, attività che ricomprendono l’ordinaria cura delle imbarcazioni, i lavori di ristrutturazione e i servizi di movimentazione e ricovero, il fatturato ha segnato un calo del ‐4,8% per il secondo anno consecutivo, presumibilmente imputabile ad un La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 12 più basso utilizzo della piccola nautica e quindi ad un minor fabbisogno di servizi di custodia e riparazione. Nel segmento degli accessori, rappresentato principalmente da imprese di dimensioni medio‐piccole che offrono prodotti di alto livello qualitativo e tecnologico, il fatturato, sempre secondo i dati Ucina, è diminuito del ‐0,8%, dopo essere aumentato di circa il +18,0% nel biennio precedente in conseguenza di una riduzione del ‐6,5% dei prodotti venduti sul territorio nazionale. Il segmento dei motori, infine, ha registrato una flessione del ‐2,5%, dovuta ad un aumento del +6,0% della produzione venduta sul mercato nazionale cui hanno corrisposto cedimenti del ‐10,7% dell’export e del ‐2,3% dell’import. Su questo versante, i dati Istat dell’interscambio di unità da diporto evidenziano nel 2010 una flessione del ‐3,3% sul versante delle esportazioni (che raggiungono quota 4.106 milioni di euro) ed una crescita del +17,2% delle importazioni (pari a 3.098 milioni). La bilancia commerciale del 2010 si è, pertanto, chiusa con un avanzo di 1.008 milioni di euro. Guardando invece all’interscambio commerciale di tutta la filiera della nautica, emerge come nel 2010 il valore dell’export abbia raggiunto un valore pari a 14.171 milioni (con una crescita del +7,6% rispetto al dato del 2009) mentre sul versante dell’import il valore assoluto sia arrivato a quota 10.377 milioni di euro (qui la crescita è pari al +30,5%, mantenendo comunque la bilancia commerciale in avanzo e con un valore pari 3.793 milioni di euro. Tab. 5 Bilancia commerciale dell'Italia per il settore della Nautica da diporto (valori in euro) 2009 2010 MERCE import export import Export Articoli tessili tecnici e industriali 337.971.019
707.400.386
422.997.582 847.428.194
Altri articoli metallici e minuteria metallica 250.733.846
526.491.936
308.353.020 610.485.953
Strumenti e apparecchi di misurazione, prova e navigazione 3.046.795.337
2.827.475.958 3.504.956.524 3.250.339.219
Motori e turbine, esclusi i motori per aeromobili, veicoli e motocicli 2.548.943.874
4.576.041.369 2.986.969.274 4.923.974.215
Navi e imbarcazioni 1.712.110.178
4.127.378.139 3.098.174.121 4.106.779.319
Altri mobili per ufficio e negozi 53.218.846
405.850.736
56.473.244 432.458.863
Totale filiera nautica 7.949.773.100
13.170.638.524 10.377.923.765 14.171.465.763
Fonte: elaborazioni su dati Istat In base a dati Istat, nel 2008 il numero degli addetti della cantieristica navale si attesta, sempre facendo riferimento ai codici Ateco che compongono la filiera produttiva navale così come fin qui considerata a oltre 195 mila unità, prevalentemente impiegate presso imprese di medio ‐ piccola dimensione (10‐49 addetti). Il 96,6% delle aziende individuate dall’Istituto Nazionale di Statistica risulta concentrato nella classe fino a 50 addetti, mentre oltre la soglia dei 50 addetti si concentra il 3,4% delle imprese (cui corrisponde, però, il 46% degli addetti). La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 13 Graf. 3 – Distribuzione % delle imprese attive nella filiera della Cantieristica navale per classi di addetti – Anno 2008 Fonte: elaborazioni su dati Istat Per quanto riguarda il fatturato, i dati elaborati dall’Istat forniscono, sempre per il 2008, una distribuzione percentuale delle imprese per classe di intensità così articolata: quasi 15 imprese ogni 100 individuate hanno avuto un giro d’affari inferiore a 20 mila euro, per più di 20 unità l’anno si sarebbe invece chiuso all’insegna di valori oscillanti tra i 20 mila e 100 mila euro, per 28 imprese ogni 100 il fatturato ha raggiunto un intervallo fra 200.000 e un milione di euro mentre 9 unità ogni 100 hanno superato, nel corso del 2008, un ammontare di fatturato superiore ai 4 milioni di euro. Infine, appare interessante anche la lettura dei dati riferiti al parco nautico immatricolato in Italia: secondo i dati forniti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti riferiti al 2008, la numerosità totale ammonta a 98 mila 136 unità, iscritte negli Uffici Circondariali Marittimi, nelle Capitanerie di Porto e negli uffici ex MCTC delle regioni. Dai dati in questione si evince come la maggior parte delle unità rientri fra i natanti, unità sotto i dieci metri che coprono, mediamente, quasi il 60% dell’intero parco immatricolato, con una netta predominanza delle imbarcazioni a motore. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 14 Graf. 4 – Distribuzione % delle imprese attive nel settore della Cantieristica navale per classi di fatturato – Anno 2008 Fonte: elaborazioni su dati Istat Tenuto conto delle due tipologie evidenziate, ovvero la lunghezza dello scafo e la sua propulsione, si può notare che più della metà dei natanti sotto i 10 metri è a motore, così come circa un quarto dei natanti tra 10 e 18 metri. Quanto alla distribuzione regionale, il parco nautico vede al primo posto come unità di natanti iscritti la Liguria e la Campania che, insieme, arrivano a coprire il 36% del totale; quattro regioni, Toscana e Lazio oltre le due già citate, coprono più della metà (il 58%) del totale delle imbarcazioni immatricolate in Italia. Nella maggior parte delle regioni del Sud si ha una netta prevalenza di unità a motore, mentre nell’area settentrionale si riscontrano dati superiori alla media relativamente alla presenza di imbarcazioni a vela. Le prime quattro regioni per numero delle imbarcazioni a vela sono, nell’ordine, Liguria, Toscana, Lazio ed Emilia‐Romagna. Le unità a motore risultano prevalentemente concentrate nell’area tirrenica: considerando il parco nautico delle prime quattro regioni (Liguria, Toscana, Lazio e Campania) si contano più di 47 mila unità. Per le navi da diporto, di cui il 60% sono iscritte nelle sole regioni Liguria e Toscana, la maggior parte dei mezzi risulta accreditato nell’area tirrenica, che conta oltre 180 unità complessive, pari all’86% del totale nazionale. Il parco nautico immatricolato costituisce solo una parte del numero dei natanti destinati alla fruizione vacanziera; l’assenza di fonti ufficiali anche parziali e incomplete riguardanti le unità non registrate, rende problematica la stima della consistenza complessiva dei natanti. I pochi e frammentari dati disponibili forniscono informazioni molto limitate anche a causa di un quadro normativo mutevole. In base al decreto legislativo del 18 luglio 2005, numero 171, Codice della nautica da diporto, i natanti da diporto (a remi o con scafo di lunghezza pari o inferiore a 10 metri) sono esclusi dall’obbligo dell’iscrizione nei registri e dall’obbligo di possedere la licenza di navigazione e il certificato di sicurezza. A richiesta, possono essere comunque iscritti negli appositi registri delle imbarcazioni da diporto, assumendone pertanto il regime giuridico. Come è noto, i registri delle imbarcazioni sono tenuti dalle Capitanerie di Porto, dagli Uffici Circondariali Marittimi e dagli Uffici Provinciali della Motorizzazione Civile e Trasporti in Concessione (MCTC), mentre le navi da diporto, scafi di lunghezza superiore a 24 metri, sono La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 15 iscritte in registri tenuti solo dalle Capitanerie di Porto. Nel Rapporto sul turismo nautico 2009, pubblicato con il patrocinio del Ministero del Turismo, è stata effettuata una stima delle imbarcazioni non immatricolate distintamente per le unità prive di motore e per quelle a motore. Nel primo caso si è fatto ricorso ai risultati dell’indagine effettuata annualmente da Ucina presso le aziende del settore, mentre per il parco nautico con motore sono stati utilizzati altri indicatori, fra i quali i certificati dell’uso motore (aboliti con l’entrata in vigore del nuovo codice della nautica e sostituiti da una dichiarazione di potenza del motore rilasciata dal costruttore). Attraverso una metodologia complessa, che ha anche seguito il metodo della disponibilità per determinate tipologie di natanti, e tenuto conto della vita media delle specifiche categorie, è stata ottenuta una stima di larga massima di 520,4 mila imbarcazioni non immatricolate, di cui 166,5 mila riguardano unità minori senza motore e quasi sempre di ridotto valore commerciale (come ad esempio barche a vela, barche a remi, canoe, kayak, pattini, pedalò, mosconi, ecc.). Il parco nautico complessivo, comprendente sia le unità immatricolate sia quelle non registrate, ammonterebbe pertanto a 618 mila 500 unità. La stima coincide quasi totalmente con una analoga valutazione compiuta dall’Associazione Nazionale Cantieri Industrie Nautiche ed Affini per il 2009, segno evidente che le procedure seguite sono molto simili. Secondo Ucina, il parco nautico complessivo dell’Italia è il sesto al mondo in termini assoluti, potendo contare su 618 mila 17 unità che portano ad una diffusione di 10 imbarcazioni ogni 1.000 abitanti, contro le 13 circa della media europea e le 22 a livello mondiale. In Europa si distinguono i Paesi scandinavi per la notevole vocazione verso il mare, ascrivibile a una cultura radicata all’utilizzo dei diversi tipi di imbarcazioni, nonostante il clima non favorevole alle attività nautiche nell’intero arco dell’anno. La Norvegia e la Finlandia presentano indicatori con i valori in assoluto più elevati nel contesto internazionale: 167 unità per 1.000 abitanti la prima, 143 l’altra. Al contrario, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito presentano indici inferiori a quello dell’Italia. Un altro indicatore che può aiutare a valutare il grado di sviluppo del diportismo è dato dal rapporto tra il parco nautico e la lunghezza delle coste. In Italia la densità di imbarcazioni lungo le coste raggiunge quota 8.100 unità ogni 100 chilometri, un valore più basso rispetto a Francia e Germania, ma più alto di quelli del Regno Unito e della Spagna. Tab. 6 Il parco nautico nel mondo – Anno 2007 Paese Norvegia Svezia Finlandia Italia Regno Unito Paesi Bassi Francia Germania Spagna Grecia Svizzera Polonia Portogallo Unità da diporto per 1.000 abitanti 167 83 143 10 9 32 8 5 4 13 13 2 6 Totale parco nautico 850.000
778.100
734.100
615.585
541.560
518.000
491.651
441.530
185.300
136.450
99.322
68.000
62.154
Unità a vela 58.000
97.100
19.000
n.d.
212.305
169.000
141.847
120.475
16.315
8.200
32.375
64.000
3.096
Unità a motore eb o efb 270.000 90.800 93.000 n.d. 94.805 198.000 97.763 88.932 133.595 12.500 60.119 n.d. 13.809 Unità con motore fb e unità rigide 412.000
552.200
620.000
n.d.
155.850
151.000
146.636
232.123
n.d.
103.020
6.828
n.d.
24.181
La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 16 Irlanda EUROPA Australia Nuova Zelanda Giappone Argentina Turchia Sud Africa ALTRI PAESI Stati Uniti TOTALE Fonte: elaborazioni su dati ICOMIA 6 13 37 111 2 3 0,4 0,5 5 52 22 26.900
5.548.652
780.000
462.000
258.000
139.950
32.250
25.000
1.697.200
15.699.100
22.944.452
n.d.
941.713
n.d.
42.160
12.000
2.950
7.500
n.d.
64.610
1.550.200
2.556.523
n.d. 1.153.323 n.d. 20.260 232.000 14.500 21.000 n.d. 287.760 2.790.100 4.231.183 n.d.
2.403.838
n.d.
374.980
n.d.
99.500
1.500
n.d.
475.980
11.358.800
14.238.618
1.3. IL VALORE AGGIUNTO DELLA FILIERA DELLA CANTIERISTICA NAVALE ITALIANA L’Istituto Tagliacarne, per venire incontro ad una esigenza informativa per imprese, Istituzioni e sistema delle Camere di Commercio è, da tempo, impegnato nel colmare alcune delle lacune conoscitive sulle principali performance delle imprese. A questi lavori si aggiunge, in questa specifica sede, l’impegno profuso nell’identificazione e qualificazione del valore aggiunto delle imprese appartenenti alla filiera della cantieristica navale nazionale, quale occasione per un ulteriore approfondimento dell’indagine condotta. Procedendo in coerenza con le valutazioni dei conti economici nazionali e territoriali predisposte dall’Istat, in questo paragrafo viene fornita una stima del valore aggiunto ai prezzi base della filiera della cantieristica navale. Facendo riferimento, ancora una volta, ai codici Ateco 2007 già precedentemente utilizzati per identificare la filiera produttiva, emerge come il contributo alla formazione del reddito nazionale si possa stimare, con riferimento all’anno 2008, in un valore aggiunto ai prezzi base pari a circa 5 miliardi di euro. In valore assoluto, dalla lettura dei dati a livello regionale emerge come il primato spetti alla regione lombarda che, singolarmente considerata, assorbe il 25,2% del prodotto manifatturiero navale dell’intero Paese; secondo, sempre in termini di importanza assoluta, il Veneto con una incidenza pari al 20,6% del totale. Seguono, quindi, in questa graduatoria le regioni Emilia Romagna e Toscana che, con incidenze pari, rispettivamente, all’8,2% ed 8,0%, si aggiudicano il terzo e quarto posto. Tab. 7 Il Valore Aggiunto della Filiera nautica in Italia (mil.ni di euro) – Anno 2008 Valori assoluti Regioni Piemonte Valle d'Aosta Lombardia Trentino Alto Adige Veneto Friuli Venezia Giulia Liguria Emilia Romagna Toscana Umbria Marche Lazio Valore aggiunto filiera nautica 267,0
1,0
1.244,0
67,0
1.017,0
313,0
71,0
405,0
397,0
102,0
252,0
356,0
VA Industria in senso stretto 27.220,0
463,0
81.214,0
4.707,0
38.372,0
6.982,0
5.071,0
33.135,0
20.353,0
4.214,0
10.103,0
15.751,0
Distribuzione % del valore aggiunto della filiera 5,4 0,0 25,2 1,4 20,6 6,3 1,4 8,2 8,0 2,1 5,1 7,2 Incidenza % filiera su valore aggiunto ind. s.s. 1,0
0,2
1,5
1,4
2,7
4,5
1,4
1,2
2,0
2,4
2,5
2,3
La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 17 Abruzzo Molise Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Sardegna Italia Fonte: Istituto Tagliacarne 110,0
10,0
154,0
71,0
14,0
14,0
42,0
27,0
6.239,0
995,0
11.055,0
9.377,0
1.581,0
2.658,0
8.328,0
3.783,0
4.936,0
291.601,0
2,2 0,2 3,1 1,4 0,3 0,3 0,9 0,5 100,0 1,8
1,0
1,4
0,8
0,9
0,5
0,5
0,7
1,7
Disaggregando questo dato a livello provinciale, sulla base di prime elaborazioni effettuate con maggior dettaglio, si può rilevare che la provincia che fornisce il maggior contributo alla formazione del valore aggiunto di questa filiera manifatturiera è Vicenza, che assorbe il 6,7% del totale nazionale. Seguono in questa classifica Brescia (6,1%), Treviso (5,3%), Roma (5,0%) e Padova (4,3%) che testimoniano la consolidata presenza al Centro Nord di una filiera che partecipa in modo marcato alla formazione del Made in Italy. La provincia di Latina offre un contributo che comunque si può definire significativo visto che si colloca al venticinquesimo posto (quindi all’interno di quello che può essere definito il primo quartile delle province italiane) della classifica con un contributo dell’1,2%. Tale presenza peraltro si può definire anche particolarmente concentrata da un punto di vista territoriale: sono infatti sufficienti appena 13 province per superare la soglia del 50% di valore aggiunto nautico manifatturiero, e 20 per arrivare a superare i due terzi. Tab. 8 Graduatoria decrescente delle prime venti province italiane in base all’ammontare di valore aggiunto della filiera produttiva navale (valori in mil.ni di euro) ‐ Anno 2008 Incidenza del valore Incidenze Posizione Provincia Valore aggiunto
aggiunto sul totale cumulate nazionale 1) Vicenza 329
6,7 6,7
2) Brescia 299
6,1 12,7
3) Treviso 260
5,3 18,0
4) Roma 246
5,0 23,0
5) Padova 212
4,3 27,3
6) Milano 208
4,2 31,5
7) Pesaro e Urbino 188
3,8 35,3
8) Lecco 177
3,6 38,9
9) Bergamo 147
3,0 41,9
10) Gorizia 138
2,8 44,7
11) Bologna 133
2,7 47,4
12) Varese 129
2,6 50,0
13) Torino 127
2,6 52,5
14) Firenze 122
2,5 55,0
15) Como 121
2,4 57,5
16) Verona 115
2,3 59,8
17) Perugia 99
2,0 61,8
18) Prato 90
1,8 63,6
19) Napoli 82
1,7 65,3
20) Reggio nell'Emilia 80
1,6 66,9
25) Latina 57
1,2 73,6
La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 18 Totale prime venti province Altre province Italia Fonte: Istituto G. Tagliacarne 66,9 33,1 3.302
1.635
4.936
66,9
33,1
100,0 100,0
2. GREENITALY La nautica italiana come tutti settori del made in Italy sembra aver capito che la sostenibilità, insieme alla tecnologia, all’estetica e alla funzionalità dei prodotti, rappresenta oggi un fattore di differenziazione in grado di costruire un nuovo vantaggio competitivo sui mercati internazionali. Un percorso non semplice, perché richiede investimenti importanti in tecnologie di processo e di prodotto, nuove figure professionali e nuovi rapporti di filiera. Un percorso avviato in particolare dalle grandi imprese rivolte al mercato internazionale e di fascia alta in cui cresce la domanda di imbarcazioni eco‐sostenibili. Solo di recente questo fenomeno sta interessando aziende che producono unità di taglio inferiore, rivolte ad una clientela più numerosa ma meno facoltosa, che ancora non riconosce nella sostenibilità un valore aggiunto. Il presente documento vuole restituire un quadro delle sperimentazioni in corso nella filiera nautica italiana. Sul fronte dei processi il settore si sta concentrando sul tema del fine vita dei prodotti, in particolare quelli realizzati in vetroresina (FRP)7, un materiale termoindurente utilizzato per la realizzazioni degli scafi. Per avere un dato, circa il 90%8 delle 90.000 unità da diporto immatricolate fino al 2008 nel nostro paese ha uno scafo in FRP9. Tra i progetti più avanzati ELB (End of Life Boat), promosso da UCINA‐Confindustria nautica10, finalizzato alla creazione di piattaforme per la gestione del fine vita delle unità nautiche e degli stampi e la promozione di una nuova progettualità basata sui principi del design for disassembling e del design for re‐cycling. Il progetto prevede di sviluppare su scala nazionale due tipi di piattaforme industriali basate sull’utilizzo della tecnologia italiana11 denominata WSMC (Waste Sheet Moulding Compound): una per il disassemblaggio delle unità nautiche e degli stampi, l’altra per la trasformazione e valorizzazione dei materiali in FRP da esso risultanti. Tali piattaforme permetteranno di trattare l’FRP (finora non riciclabile) e il polistirolo (EPS), provenienti anche da altri settori industriali, permettendo così il loro riutilizzo come materia prima‐seconda12 sia nella filiera nautica che in altri comparti produttivi. La vera sfida del progetto risiede inoltre nel rendere economicamente vantaggioso il recupero di questi materiali (nella fattispecie l’FRP) che attualmente non hanno valore di mercato. Attraverso la valorizzazione di questa materia prima seconda e la stipula di una assicurazione emessa al momento dell’acquisto e attualizzata da premi annuali a carico dei proprietari, sufficiente a finanziare il processo di trattamento a fine vita, senza gravare sul proprietario finale o sulla società. Sempre sul fronte del recupero dei materiali provenienti dalle imbarcazioni dismesse va segnalata la ricerca 7
Acronimo di Fiber Reinforced Polymers, materiale composito di resina poliestere e fibra di rinforzo di varia natura; a questa categoria appartengono la vetroresina e la carboresina L’FRP è, di fatto, il materiale maggiormente presente all'interno di unità e stampi, da 50 anni a questa parte. 8
Dati Rapporto 2010 dell’Osservatorio Nautico Nazionale‐ Ucina 9
Idati non comprendono tutte quelle imbarcazioni in vetroresina non immatricolate, che ammontano circa a 518.000 unità. 10
Associazione che raccoglie circa 500 aziende operanti nel settore del diporto. 11
In parte appartenenti all’ICTP/CNR di Pozzuoli 12
L’FRP e il polistirolo (EPS) vengono miscelati con legante o solventi e semplice acqua. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 19 avviata dal Gruppo Teseco in collaborazione con Cala de Medici Servizi13per lo sviluppo di tecnologie14 per il riciclo di materie complesse quali il carbonio o il kevlar, che hanno il vantaggio di avere un prezzo di mercato maggiore, rendendo quindi interessante dal punto di vista economico il recupero. Risulta evidente che alla luce dello sviluppo di tecniche e tecnologie dovrà corrispondere un adeguata azione di contesto, come per esempio politiche che incentivino il mercato delle materie prime seconde, senza le quali queste pratiche rischiano di rimanere tali. Proprio per questo oggi è necessario incidere a monte il processo a partire da una nuova progettualità che interiorizzi il tema della sostenibilità. Uno dei temi su cui ci si dovrà concentrare, è quello legato alla dematerializzazione, ovvero realizzare barche che a parità di prestazioni impieghino meno materiali nella loro realizzazione, risultando più leggere, e quindi più efficienti dal punto di vista dei consumi. Scegliere questa opzione progettuale comporta lo sviluppo di carene più efficienti, la graduale riduzione dei cablaggi, la riduzione degli arredi e l’utilizzo di materiali sempre più innovativi e leggeri. L’interesse verso questo aspetto potrebbe incontrare il favore del mercato sempre più attento alla riduzione degli sprechi e dei costi rispetto a fattori come la velocità che gradualmente stanno perdendo peso tra i criteri di scelta che guidano l’acquisto di prodotti nautici. Analogamente a quanto avviene per altri settori industriali in cui progettisti e designer sono sempre più chiamati a realizzare gamme di prodotti innovativi e trasformabili, anche nel settore nautico si potrebbero, adottare criteri modulari nella progettazione. Un approccio di questo tipo potrebbe incentivare il mercato della compravendita dell’usato e delle componenti modulari per l’ammodernamento delle stesse. Evidentemente la sfida per il settore è quella di ragionare su un’industrializzazione “intelligente”, capace di semplificare e velocizzare il processo di produzione, pur mantenendo forti margini di adattamento del prodotto su misura, che rappresenta un asset centrale nella nautica made in Italy. Produrre secondo un approccio modulare infine renderebbe possibile il monitoraggio e la conoscenza minuziosa delle componenti impiegate, del loro peso, della quantità e tipologia di materia utilizzata. Avere a disposizione questo tipo di informazioni è fondamentale per ragionare in maniera seria attorno al tema dei cicli di vita dei prodotti. Sul tema modularità in Toscana è in via di sperimentazione il progetto So Main promosso da imprese operanti nella filiera nautica, cofinanziato dalla Regione con il coordinamento di Navigo, Centro di Innovazione e Sviluppo della Nautica Toscana. L’obiettivo del progetto è rafforzare la competitività della filiera puntando su un approccio modulare e su principi di eco design. L’ambito di operatività del progetto, per il quale si prevede un investimento di 1,8 mln di euro in due anni, è regionale e i luoghi di svolgimento sono le cinque province costiere toscane. L’obiettivo di So Main è di arrivare ad una gestione industriale dell’intero ciclo di vita di ciascun materiale, componente e modulo che compone un’ unità da diporto (cd. “Design for Disassembling”). Per raggiungere questo risultato il punto di partenza è rappresentato da una disamina della filiera e delle relazioni che intercorrono tra i vari attori e da una mappatura delle prestazioni, dell’impatto ambientale e della sicurezza per ciascuna attività elementare, componente, parte, impianto, materiali e sottosistema, per arrivare alla ri‐definizione delle procedure idonee ad elevare gli attuali standard. Il progetto inoltre prevede una attività di ricerca a livello mondiale di nuovi materiali e di soluzioni tecnico‐organizzative e logistiche relative al disassemblaggio, smaltimento e riuso dei materiali 13
Società del gruppo Teseco specializzata nella nautica da diporto 14
Il recupero di queste fibre più complesse, è ottenuto attraverso un processo di pirolisi, che permette la demolizione termica delle sostanze organiche. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 20 utilizzati. Temi analoghi verranno affrontati nell’ambito di un progetto Life+15 di imminente partenza, coordinato dalla Provincia di Pesaro e Urbino con il coinvolgimento del Consorzio Navale Marchigiano (rappresentante l’intero settore nautico regionale), della Camera di Commercio di Ancona, del Laboratorio Linset e dell’Università di Pesaro e Urbino. Nello specifico il progetto prevede la realizzazione di un’imbarcazione prototipale, pensata tenendo conto dell’intero ciclo di vita. Tra i progetti già divenuti realtà industriali, un posto di primo piano è riservato allo sviluppo di tecnologie di aspirazione e filtraggio in grado di ridurre complessivamente i rischi per il lavoro e le emissioni nocive in atmosfera. In particolare, nei processi di realizzazione della FRP, si sta operando la graduale sostituzione dei processi di stratificazione a mano con quelli d’infusione sotto vuoto a sacco chiuso. Questo procedimento è in grado di abbattere notevolmente l’emissione di stirene nelle aree di lavoro e di migliorare sensibilmente la qualità dei manufatti. Sono numerose le aziende che hanno introdotto nei propri processi industriali questa innovazione, citiamo tra le altre la Fiart mare SpA (azienda che più di 50 anni fa produsse la conchita, la prima unità realizzata interamente in FRP), unica ad aver sviluppato un processo industriale multiplo, grazie alla disponibilità di uno dei più grandi impianti di aspirazione d’Europa, in grado di trattare contemporaneamente 8 imbarcazioni da 15 metri. Sull’innovazione di processo si concentrano anche le energie del distretto nautico della Lombardia, in cui una decina di aziende supportate dal Politecnico di Milano, hanno deciso di mettere insieme le proprie competenze per la realizzazione di un catamarano ecocompatibile. “Eco‐scafo” è il nome del progetto coordinato da Micromega Network, che si propone di sviluppare un innovativo catamarano, in cui ogni cosa è stata pensata in chiave eco‐sostenibile: dal processo produttivo, alla scelta dei materiali, al contenimento dei consumi e delle emissioni durante la navigazione. Per ottimizzare il processo produttivo, si è ricorso, ad esempio, all’utilizzo di tecniche ad infusione, a vantaggio sia dell'ambiente che della salute degli operai. Questa tecnica consente inoltre di diminuire fortemente l'uso di vetroresina, facilitando così lo smaltimento dello scafo. Uno degli obiettivi perseguiti da “Eco‐scafo” è alleggerire il peso dell'imbarcazione di circa il 20%, grazie a processi produttivi e materiali innovativi da applicare a tutte le componenti dell'imbarcazione (scafo, impianti elettrici, bagni, parti in legno, componenti in acciaio, vetreria, rivestimenti etc.), per ottenere una riduzione della materia utilizzata. Altro elemento da ridurre è il carburante, almeno del 10%: per questo si è pensato non solo di dotare il catamarano di pannelli solari ed impianti eolici volti ad alimentare i consumi di energia elettrica a bordo, ma si è anche investito molto nella sperimentazione di motori ibridi, oltre che nel miglioramento delle linee di navigazione a vantaggio di una maggiore stabilità. Quest’ultimo aspetto è molto importante, perché la maggiore stabilità nella navigazione permette di navigare il più possibile a vela e il meno a motore. Infine, si sta studiando l’applicazione delle vele rigide, già sperimentate su imbarcazioni da competizione, oggettivamente più efficienti ma difficoltose da ammainare e conservare. Complessivamente, lo studio e la ricerca dei materiali e dei processi di rivestimento interno dell'imbarcazione, fino ad oggi svolto in modo artigianale e non industrializzato, risponde, anche nel caso delle aziende lombarde, alla necessità di applicare alla nautica il principio di modularità, prendendo a modello il settore dell’automotive. Per la riduzione dell’inquinamento delle acque, si è proceduto invece ad adeguare i bagni, gli scarichi e la raccolta rifiuti nell'imbarcazione, in conformità alle nuove normative europee recepite in Italia dal 2010 sugli scarichi in navigazione. A proposito di eco‐scafi, un’esperienza importante, sebbene circoscritta, è quella del Cantiere Alto Adriatico, nato nel 1990 dall’unione di due precedenti cantieri di vecchia data specializzati in scafi in legno, che ha deciso di puntare sull'uso strutturale del composito in legno, più leggero, economico e sostenibile 15
LIFE+ finanzia delle azioni che contribuiscono allo sviluppo, all'attuazione e all'aggiornamento della politica e della legislazione comunitarie nel settore dell'ambiente. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 21 della FRP. Il lavoro e la ricerca condotta dal 2006 dimostrano come il legno possa diventare un materiale tecnologico e che lo sviluppo di simili esperienze innovative sia la strada da seguire per salvare il grande patrimonio culturale connesso ai piccolissimi cantieri nautici dei cosiddetti 'mastri d'ascia'. Il legno è, di fatto, un composito naturale in cui fibre di cellulosa sono immerse in una matrice polimerica amorfa. Tutti i materiali in uso oggi negli scafi, dalla fibra di vetro, al kevlar e al carbonio si basano proprio su questo: l’utilizzo di fibre ad alta tenuta strutturale immerse in un legante che le supporta e le fissa. Il legno è fatto così per natura, con il vantaggio di essere a basso impatto ambientale. L’idea di base da cui è partito il Cantiere Alto Adriatico è far leva sulla tradizione artigiana friulana nella lavorazione del legno (applicata a livello industriale solo in edilizia e nella confezione di mobilio) per creare una tecnologia costruttiva diversa in grado di sfruttare appieno le caratteristiche meccaniche del legno. L’AA 38’ è il primo prodotto di questo cammino di ricerca: ogni elemento che compone lo scafo ha una forma diversa a seconda della posizione, è tagliato con una fresa a controllo numerico e non prevede ritocchi ai profili, generando tempi di realizzazione più brevi di uno scafo tradizionale in legno, oltre ad una leggerezza al pari degli scafi in fibra sintetica. Oltre alla fase di produzione delle imbarcazioni, le innovazioni di processo possono riguardare anche la manutenzione delle stesse. L’innovativo sistema di trattamento delle acque di lavaggio delle carene, messo a punto dal già citato Gruppo Teseco, ne è un esempio. Tale processo consente non solo una migliore gestione delle risorse idriche, ma evita anche che le vernici anti‐vegetative applicate annualmente alle carene delle imbarcazioni per limitare la formazione di vegetazione, finiscano in mare. A fine stagione, quando le navi vengono messe nelle piazzole di rimessaggio, le carene vengono trattate con delle idropulitrici ad alta pressione che, oltre a pulirle, provocano il rilascio di una parte di vernici anti‐vegetative nelle acque di lavaggio. Questo trattamento fa sì che le acque vengano ripulite e riutilizzate nuovamente negli stessi cicli di lavaggio. Altro ambito in cui la nautica si sta mettendo in gioco per avanzare nella riconversione green del settore è quello inerente il miglioramento dei prodotti e delle sue componenti. Sul fronte della produzione energetica si passa dall’impiego di generatori eolici e moduli fotovoltaici ad esperimenti di integrazione come quello allo studio della Calamai, azienda tessile di Prato, che in collaborazione con la facoltà di Ingegneria dell’Università di Perugia, sta sperimentando l’applicazione di un film fotovoltaico prodotto con polimeri organici sulle vele di navigazione. In questo campo, gli investimenti maggiori riguardano lo sviluppo dei sistemi propulsivi, in grado di ridurre, se non azzerare, le emissioni, la rumorosità e le vibrazioni della navigazione a motore. Si passa dai sistemi a propulsione ibrida, come quello realizzato dal gruppo Ferretti che ha consentito per la prima volta ad un’imbarcazione sopra i 20 metri di navigare in Zero Emission Mode, all’evoluzione di innovativi sistemi di trasmissione applicati ai motori, in grado di ridurre ulteriormente i consumi e gli impatti ambientali, ai sistemi basati sulle fuel cell, una tecnologia in grado di fornire gli yacht di generatori di energia elettrica alimentati ad idrogeno, attualmente in sperimentazione negli stabilimenti del gruppo Azimut‐ Benetti. Il nuovo yacht nato dalla Mochi Craft ‐ Gruppo Ferretti , il Long Range 23, concepito per gli amanti delle crociere a lungo raggio, quando naviga con i suoi due motori elettrici da 70 kW non emette rumori, non inquina e, raggiunti gli 8 nodi, non lascia nemmeno la scia. Per quanto riguarda i cantieri Azimut, il modello ecosostenibile di punta già in commercio è invece il Magellano 50: prima imbarcazione inferiore ai 60 piedi a conseguire la certificazione Green Plus Rina16, realizzata con legni interni provenienti da foreste gestite in maniera corretta e responsabile, secondo rigorosi standard 16
Per maggiori dettagli su questo strumento normativo volontario, basato su un indice di prestazioni ambientali che coprono tutti gli aspetti dell’impatto della nave sull’ambiente, vedi pag. 6 del presente documento. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 22 ambientali, sociali ed economici definiti dal marchio FSC17. L’imbarcazione è inoltre dotata di una innovativa carena DUAL MODE semi‐dislocante, che consente una riduzione dei consumi dal 10 al 15% rispetto ad una carena tradizionale, grazie ad una riduzione della resistenza all’avanzamento, mantenendo intatte le prestazioni di velocità (fino a 22 nodi). Altro progetto basato sull’utilizzo dell’idrogeno come combustibile marino vede coinvolte due aziende toscane: Acta Energy e Marine Supply. Oltre ad una gamma di motori, fuoribordo ed entrobordo, ibridi ed elettrici fino a 40hp, il progetto Hidro System ha pensato alla realizzazione di un kit da applicare a motori tradizionali, volto ad utilizzare l’idrogeno prodotto a bordo come additivo del carburante, che ha come effetto una netta riduzione dei consumi e delle emissioni. Inoltre, si è pensato anche a motori per gommoni medio‐piccoli all’idrogeno e ad una stazione di servizio fotovoltaica di rifornimento di idrogeno con eliminazione del compressore. Tornando ai sistemi propulsivi, il premio “Percorsi Innovazione Smau” di quest’anno è stato conseguito da una startup di Rovereto che ha saputo affrontare con successo l’integrazione di sistemi di alimentazione alternativi: la Gardasolar, che ha presentato EXCLUSIVE, un modello di barca alimentata interamente da energia solare, ricavata dai pannelli disposti sul tettuccio e collegati ad un particolare motore elettrico che funziona con batterie al litio. Inoltre, si tratta del primo prototipo di barca realizzato con materiali interamente riciclati, grazie all’utilizzo di componenti di barche usate ed elementi come la vetroresina. La commercializzazione di questa barca eco‐sostenibile al 100% è prevista a partire dal 2011. Altre soluzioni sui sistemi propulsivi ibridi provengono dalla proficua cooperazione tra diversi soggetti che nel Lazio ha portato alla realizzazione del progetto SEALAB, in cui la Regione supporta il progetto (cofinanziamento del 65%), l’Università La Sapienza inventa nuove tecnologie sulla base dei finanziamenti ottenuti (cofinanziamento del 35%) e l’industria investe per pagare giovani ricercatori affinché potenzino le tecnologie proposte. Il progetto, in fase d’implementazione realizzativa, prevede il concepimento di un innovativo veicolo dotato di un doppio sistema di propulsione: un waterjet ad azionamento elettrico e scarico in aria per le manovre fino alla planata, al quale viene progressivamente sovrapposto, nelle manovre ad alta velocità, un impianto a reazione micro‐turbogas che resta attivo nella fase di jumping controllato. Il sistema propulsivo è anche ibrido, nel senso che a bassa velocità l’impianto micro‐turbogas ricarica il gruppo batterie che alimenta il water jet elettrico. In SEALAB si stanno inoltre sviluppando innovative micro‐turbine a ciclo rigenerato, denominate UMGTG UDR, che permettono migliori prestazioni in termini di autonomie e consumi. Infine, per il controllo delle vibrazioni e dell’emissione acustica di pannelli vibranti, alla Sapienza sono in fase di avanzata sperimentazione dispositivi di tipo piezoelettrico. Più che affinare tecnologie esistenti, il progetto vuole proporne di nuove. La presenza di fondi pubblici diminuisce di fatto il rischio imprenditoriale e ciò ha consentito di investire in tecnologie più temerarie, per le quali la probabilità di successo è più bassa, ma nel caso in cui la tecnologia si rivelasse trasferibile al mercato, l’intera filiera università‐impresa‐realtà locali gioverebbe di un ritorno straordinariamente più elevato. Infine, in SEALAB si è cercato di far di necessità virtù: partendo dai vincoli di utilizzo dei finanziamenti pubblici riservati all’ “ammodernamento dei laboratori” si è arrivati a dare vita a nuove vie per favorire la formazione di una nuova generazione di ingegneri. Non potendo impiegare i fondi pubblici per pagare ingegneri già formati, si è optato per coinvolgere molti studenti, che in occasione della loro tesi di laura specialistica, si sono impegnati con entusiasmo sui temi illustrati, proprio per la loro carica innovativa. Successivamente si sono quindi trovate imprese disposte a finanziare il loro lavoro nel progetto. Sempre allo scopo di ridurre le emissioni, c’è chi invece interviene su altre componenti nautiche di rilievo 17
Marchio che identifica prodotti contenenti legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 23 per la movimentazione delle imbarcazioni quali gli scafi: ambito in cui si stanno portando avanti studi per ridurre i pesi delle unità senza modificarne le caratteristiche di resistenza, come quelli realizzati della Mariner Srl, affiancata dall'Università di Bologna, e dai Cantieri Magazzù yachting Srl. Fino ad arrivare alla sperimentazione di rivestimenti nanotecnologici in grado di diminuire l’attrito con l’acqua, limitare i consumi di carburante e, conseguentemente, le emissioni. Di fatto, nel prossimo futuro, il traffico marittimo, commerciale e nautico, dovrà soddisfare sempre più stringenti normative internazionali riguardanti l’efficienza energetica e le emissioni in atmosfera che, con le tecnologie attualmente disponibili sul mercato, possono essere rispettate solo con costosi e complessi sistemi di postrattamento dei gas di scarico. È per questo che l’argomento non attira l’attenzione solo delle singole imprese ma anche di alcuni distretti tecnologici e nautici, impegnati nel coordinamento di progetti di ricerca dedicati. In Liguria, il Distretto Ligure Tecnologie Marine – DLTM, che oggi coinvolge oltre 120 imprese liguri ‐ di cui circa 80 pmi innovative ‐, l’Università di Genova, CNR, Enea, L’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia sta sviluppando diversi progetti in questo senso, del valore di oltre 60 milioni di euro. Più nello specifico, le imprese liguri stanno puntando sullo sviluppo di carene innovative e piani propulsori ottimizzati, oltre che sull’integrazione di fonti di energia rinnovabile, per conseguire minori consumi e quindi assicurare minori emissioni. Prima dell’intervento del distretto, solo un numero esiguo di aziende locali poteva permettersi di investire nella tecnologia per il calcolo ad alte prestazioni, oggi indispensabile supporto alla progettazione industriale per lo studio e realizzazione di modelli complessi, sia a causa dei costi elevati, sia per la rapida obsolescenza degli stessi, senza contare che occorre avere a disposizione un capitale umano altamente qualificato. Il DLTM ha quindi puntato sullo sviluppo di un’infrastruttura ICT a disposizione delle aziende della filiera nautica appartenenti al bacino dell'alto mediterraneo, offrendo una serie di servizi fruibili tramite il web, per la condivisione di tecniche avanzate di progettazione e gestione di processi aziendali, tramite interfacce web ed accesso remoto. Il progetto si chiama INNAUTIC, sostenuto dalla Regione Liguria, fa parte di un programma più ampio di cooperazione transfrontaliera Italia‐Francia Marittimo, che sta sviluppando un set importante di progetti sull’industria nautica e sul diportismo, la cui focalizzazione è sui temi ambientali e sulla messa in comune delle competenze ed esperienze fra le quattro regioni coinvolte (Liguria, Toscana, Sardegna e Corsica). Sempre allo scopo di ridurre le emissioni, il Distretto Tecnologico Navale e Nautico del Friuli Venezia Giulia (DTNN FVG) sta invece lavorando ad un progetto incentrato sull’utilizzo di carene ottimizzate, con cui è possibile ridurre la resistenza all’avanzamento della potenza installata e, di conseguenza, assicurare l’alimentazione dell’imbarcazione con minori consumi. In Friuli Venezia Giulia l’iniziativa è partita, al contrario che in Liguria, da un soggetto privato: CETENA, centro di ricerca navale del Gruppo Fincantieri che, da subito, ha incontrato il favore e il sostegno del DTNN FVG nella realizzazione di OpenSHIP. Il progetto sviluppa una metodologia di previsione delle prestazioni idrodinamiche del sistema carena‐elica, attraverso la simulazione di fluidodinamica computazionale (CFD) di alta qualità in ambiente Open‐SOURCE, permettendo un miglioramento delle prestazioni nave – tra cui, il perfezionamento della qualità della scia nel disco elica, riducendo così la rumorosità del propulsore ‐ e la riduzione dei costi di gestione. Sempre in questo contesto, si colloca un altro progetto seguito dal DTNN FVG: NG ShiP (Natural Gas for Ship Propulsion), guidato da Wärtsilä Italia S.p.A., che intende studiare l’utilizzo del gas naturale stoccato in forma liquida (GNL) come combustibile marino, per applicazioni in primo luogo navali ed in prospettiva nautiche. Con il GNL è infatti possibile ottenere significative riduzioni nelle emissioni di NOx e SOx, sostanze su cui graveranno dal 2016 i limiti imposti dalle direttive dell’International Maritime Organization (IMO). Inoltre, la percentuale elevata di idrogeno nel metano, rispetto agli oli combustibili, consente anche, a La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 24 parità di energia trasformata, di ridurre le emissioni di anidride carbonica. L’obiettivo del progetto è quello di sviluppare in Friuli Venezia Giulia un polo di competenze avanzate nell’ambito della propulsione navale a GNL. Sulla base di queste attività sarà inoltre possibile elaborare e diffondere una documentazione tecnica relativa all’impiantistica navale, che potrà essere utilizzata da armatori e cantieri. Il coinvolgimento di RINA Service Spa18 consentirà di sviluppare delle competenze specifiche nel settore dell’utilizzo del gas al fine di poter influire sulla normativa internazionale. Il terzo progetto promosso dal DTNN FVG si chiama invece Green Boat Design, guidato dal cantiere Seaway Technologies, volto a definire criteri progettuali e tecnologie per la costruzione di imbarcazioni da diporto con il minimo impatto ambientale in ciascuna fase del ciclo di vita (costruzione, esercizio e disarmo), attraverso l’adozione di materiali ottimali, concetti di modularità e riuso, integrazione a bordo di sistemi di produzione di energie rinnovabili e di componenti/impianti a minimi consumi energetici. Infine, c’è il progetto S.A.S.C.A.R., che lavorando per l’elaborazione di sistemi di controllo attivo del rumore su imbarcazioni da diporto e navi, ha direttamente anch’esso una valenza “ambientale”. Tornando alle carene innovative, è d’obbligo citare altri due casi aziendali. In primis, l’imbarcazione realizzata da Motonautica Vesuviana, azienda che ha impostato la progettazione del MITO 31 all’insegna di una riduzione del peso dell’imbarcazione, ottenendo un’unità più leggera di circa il 27% rispetto a imbarcazioni tradizionali e con consumi ridotti, grazie al minore assorbimento di potenza da parte della carena. Per raggiungere tali obiettivi di leggerezza, si è fatto uso del processo ad infusione, della strutturazione dei pannelli di carena in full‐sandwich con anima in PET (in modo da aumentare la resistenza ed eliminare di conseguenza il telaio interno di rinforzo) e della collaborazione strutturale della coperta (grazie a molle di collegamento con la carena, realizzate con sigillanti elastici). Infine, c’è la carena a geometria variabile della DIAMOND 32, barca ecologica “GREEN B” del cantiere BIMAX, che ha scelto questa sigla per indicare il che suo modus operandi avviene nel totale rispetto dell’ambiente. Grazie all’ideazione di una simile carena ad alta efficienza, che assicura prestazioni notevolmente performanti anche con motori non eccessivamente potenti e quindi a basso impatto ambientale, il DIAMOND raggiunge i 40 nodi con una coppia di 200 CV. La carena a geometria variabile non ha una semplice forma a V, ma si avvale di pattini di sostentamento che ad alte velocità permettono di diminuire la superficie della carena a contatto con l’acqua. Questo fa sì che a parità di velocità l’imbarcazione subisce meno pressione dell’acqua e pertanto può proseguire in planata consumando meno carburante. L’ecosostenibilità del cantiere è determinata inoltre dal ricorso alla tecnica di costruzione sottovuoto per la realizzazione dei prodotti in FRP, che, come già visto, impedisce il rilascio dei solventi nell’atmosfera. Altro ambito relativo all’innovazione di prodotto è quello dei sistemi di cablaggio delle navi, realizzati secondo un approccio modulare che prevede la costruzione di strutture premontate, successivamente predisposte a bordo delle imbarcazioni. Anche in questo caso l’obiettivo finale rimane l’alleggerimento dell’imbarcazione che, a sua volta, garantisce un minor impiego di combustibile. In questo ambito si colloca la CCGL spa, azienda specializzata nel campo dell’elettricità che sta investendo, inoltre, nell’utilizzo di nuove batterie a litio di ultima generazione. Dopo il loro impiego industriale nel mondo dell’informatica e dell’elettronica, le batterie al litio si stanno diffondendo anche nell’automotive e nel comparto nautico, grazie alla loro evidente superiorità tecnologica rispetto a quelle tradizionali, poiché a parità di potenza, consentono una riduzione del peso del 50%. Ad oggi, a ridurre l’impiego industriale delle batterie tradizionali è il maggior costo (20%‐30% in più). 18
Tra le più antiche società di classifica di navi mercantili al mondo, il RINA viene fondato a Genova nel 1861 da un gruppo di armatori e di assicuratori marittimi. La classificazione e la certificazione di navi costituiscono le sue attività istituzionali fin dalla fondazione. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 25 Interessanti novità si registrano anche nel settore dei materiali dove si stanno diffondendo prodotti innovativi come i gelcoat ecologici, le resine poliestere o i detergenti, in sostituzione dei solventi (per la pulizia delle attrezzature per la formatura del FRP). La tendenza è quella di arrivare alla totale sostituzione delle resine a base di solvente con altre a base di acqua. Stesso obiettivo da raggiungere nei cicli di finitura, dove gli attuali prodotti a base di solvente vengono sostituiti con composti organici volatili (VOC) grazie all’applicazione della tecnologia dei polimeri ad alto sodio. Sullo sviluppo di questi materiali e prodotti per cicli di finitura eco friendly si concentra, ad esempio, l’attività di Boero. Fino ad arrivare all’impiego di compensati marini in grado di sfruttare incollaggi che non rilasciano alcuna emissione di formaldeide o all’utilizzo di pannelli compositi completamente riciclabili come quelli della Bellotti SpA. E in tema di compensati marini ecologici, ragguardevole è l’operato della milanese Nord Compensati, azienda leader nella produzione di legno compensato che ha fortemente investito nella ricerca di soluzioni all’insegna del rispetto e della responsabilità ambientale, ottenendo nel 2008 la certificazione PEFC (Programma per il riconoscimento degli schemi di certificazione forestale) e nel settembre 2010 il certificato FSC (Forest Stewardship Council)19. Rimanendo nel territorio lombardo, Micromega Network e le aziende del distretto nautico che focalizzano la loro attività sulla realizzazione di accessori e materiali per la nautica, collaborano anche nella realizzazione del progetto POSEIDON, incentrato sull’innovazione dei materiali e dei processi produttivi per la realizzazione di accessori nautici di alta qualità, in grado di assicurare una maggiore resistenza agli agenti atmosferici marini, un minore ricorso ad interventi di manutenzione e sostituzione di parti e, quindi, una maggiore durata nel tempo. Allo stesso tempo, si vuole ridurre al minino i trattamenti inquinanti: per esempio, è stato progettato un nuovo tergicristallo in lamiera, che deve essere solo "piegato" e non necessita di ulteriori trattamenti superficiali, come smerigliature e zincature. Per altri accessori si è lavorato per ottenere una diminuzione della rumorosità dei dispositivi, a riduzione dell'inquinamento acustico. Infine, anche in questo caso, fin dalla progettazione tutto è volto a ridurre la quantità di materia impiegata, per un minor peso dell'imbarcazione e, conseguentemente, un minor consumo di carburante. E ancora, il progetto di ricerca SuRF, volto a sviluppare dei pretrattamenti chimici per superfici metalliche e plastiche, nato dalla sinergia tra otto aziende lombarde attive nel settore nautico, la Fondazione Politecnico di Milano e il contributo scientifico del Consorzio Interuniversitario Nazionale di Scienza e Tecnologia dei Materiali (INSTM). Il progetto è basato sulla valutazione pre‐industriale di due tecnologie emergenti nel settore dei pretrattamenti superficiali: il sol‐gel e i trattamenti plasmochimici atmosferici. La tecnologia sol gel consente di depositare coating ibridi organico‐inorganici nano‐strutturati con migliorate caratteristiche di resistenza meccanica e di protezione dei processi di invecchiamento e corrosione, a cui i materiali per la nautica sono generalmente soggetti. I vantaggi apportati riguardano sia il prodotto, in termini di allungamento della vita dell’accessorio, sia il processo, grazie all’eliminazione di alcune fasi di preparazione delle superficie. Senza contare che questi risultati saranno facilmente implementabili, poiché la tecnologia sol gel può essere applicata utilizzando gli impianti di trattamento di superficie attualmente presenti nelle aziende coinvolte. Ma saranno i trattamenti plasmochimici a rappresentare il vero salto tecnologico. Del tutto prive di solventi, le tecniche plasmo chimiche consentono la preparazione di superficie evitando la quasi totalità delle fasi di lavorazione legate alla preparazione delle stesse, mediante trattamento fisico‐
meccanico (sabbiatura, carteggio, etc.), consentendo un risparmio nei tempi di processo e migliorando l’adesione dei coating. Da più parti si sta cercando inoltre di promuovere la diffusione, anche nella nautica, delle fibre naturali, 19
Si tratta del più rilevante certificato di qualità e idoneità agli standard eco‐sanitari internazionali, che estende il concetto di eco‐
sostenibilità a tutta la filiera produttiva, dall’origine del materiale fino alla realizzazione del semilavorato finale La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 26 caratterizzate da un contenuto energetico decisamente inferiore per la loro produzione, da un minor peso specifico e da una maggiore capacità di assorbimento di energia, che le rende particolarmente adatte all’assorbimento di impatti e vibrazioni. A tal proposito, alcuni cantieri hanno già avviato, a livello sperimentale, un processo di sostituzione di materiali fibrorinforzati originariamente ottenuti con fibre di vetro o polimeri caricati, con fibre naturali, per la realizzazione di elementi complementari dell’allestimento interno (come plance, cruscotti e rivestimenti). Sul versante imprese, è sufficiente citare le fibre naturali utilizzate nel Magellano 50 dei cantieri Azimut‐Benetti o i pannelli di rivestimento utilizzati nell’imbarcazione Zeydon ’60, realizzata dal cantiere Zeydon in collaborazione con BMW. Per quanto riguarda il mondo accademico, gli studenti del Master in Yacht Design del Politecnico di Milano sono stati coinvolti in un programma pluriennale, che ha portato alla realizzazione di tre imbarcazioni in cui, nei processi di costruzione degli scafi, sono stati utilizzati in via sperimentale dei biocomposti. Tra i risultati ottenuti, c’è la prima imbarcazione interamente costruita con biocomposti di lino, sughero e bioresina. Altro tema importante è quello inerente le acque nere, su cui si è largamente spesa l’azienda siciliana Tecnicomar, specializzata nella costruzione di dissalatori e impianti di trattamento delle acque, che ha da poco presentato gli impianti della serie ECOmar, in grado di rendere le acque nere di bordo conformi agli standard internazionali, con la conseguente possibilità di poterle scaricare direttamente in mare. Poiché il processo di trattamento purifica la totalità dei liquami senza lasciare residui a bordo, il vantaggio è di non dover installare un’apposita cassa per i fanghi. Altro aspetto da citare è quello delle certificazioni. Le imbarcazioni dotate delle soluzioni più innovative sono quelle riuscite ad ottenere i certificati di prodotto Green Star e Green Plus. Si tratta delle più severe classificazioni ambientali, emesse nello specifico dal RINA SpA, in grado di assicurare che ogni parte della nave, dallo smaltimento dei rifiuti ai filtri dei motori, siano eco‐compatibili. In generale, si registra un crescente interesse per i certificati emessi in base alle norme ISO 9000 e/o 14001, riguardanti non solo l’innovazione di prodotto ma anche quella di processo, come i sistemi di gestione della qualità e la gestione ambientale per le aziende. Tra i primi yacht al mondo riusciti ad ottenere la certificazione Greenstar troviamo l’eco‐yacht costruito dai cantieri Viareggio Super Yacht Spa. La costruzione della prima nave da diporto al mondo progettata con criteri di sostenibilità ambientale è iniziata nel 2005: si tratta dello splendido megayacht "Stella Maris", arrivato a questo riconoscimento grazie sopratutto ai sistemi di ingegneria ambientale messi a punto dalla spezzina TAN, leader internazionale nel trattamento di rifiuti liquidi per megayacht, navi civili e militari. L’azienda si è impegnata con successo nell'affrontare in termini integrati ed innovativi i temi relativi alle nuove tecnologie da applicare a bordo delle navi, grazie ad un know‐how originale nella progettazione e realizzazione di impianti adatti a tutti i tipi di navi, anche ad imbarcazioni da diporto di piccole dimensioni. Questa maggiore sensibilità nel mondo della nautica verso questo tipo di certificazioni è determinata da regole di navigazione sempre stringenti, la cui inosservanza impedisce l’accesso ad aree di mare di alto pregio. In risposta alla crescita smisurata delle taglie e dei numeri di barche in circolazione, lo Stato Italiano ha istituito le Aree Marine Protette per tentare di arginare il fenomeno devastante dello sfruttamento delle coste, senza un’adeguata preparazione sul piano del rispetto ambientale. Questa regolamentazione definisce alcune aree ad alto rischio in cui si vieta non solo la navigazione ma anche la balneazione, ed altre aree meno esposte a deperimento, in cui la navigazione è consentita ma fortemente regolamentata. Tuttavia, la mancanza a livello nazionale di un coordinamento tra i vari istituti disorienta il diportista.20 Di particolare interesse Eco Line Marlindo della Veleria San Giorgio un sistema brevettato di boa 20
Per rimediare a tale complessità normativa, UCINA, con il supporto del Ministero dell’Ambiente e la consulenza di Legambiente ha pubblicato di recente Il manuale del buon diportista, testo che cerca di fare chiarezza sui vari provvedimenti. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 27 galleggiante in polietilene per la raccolta dei rifiuti solidi prodotti dalle unità da diporto. Le trasformazioni che accompagnano la nautica nel delicato passaggio da un’economia ad alta vocazione artigianale ad un’economia con caratteri propriamente industriali rappresentano la risposta delle forze più vitali del settore, impegnate a trovare nuove soluzioni alla crisi economica in atto, passando per la strada dell’aumento di competitività attraverso lo sviluppo della green economy. Perché questi cambiamenti si portino a compimento c’è ancora molto da fare. In particolare, è opportuno agire su più fronti: oltre ad una guida dall’alto degli investimenti in innovazione di processo e di prodotto, è necessario agire in ambito finanziario, nello sviluppo di progetti di rete, nell’investimento in formazione. I cambiamenti richiesti alle aziende della filiera sono di ampia portata, poiché riguardano non solo i cicli produttivi, ma anche i modelli organizzativi, fino ad arrivare allo sviluppo di nuove competenze professionali. Cambiamenti sistemici come quelli in atto richiedono, inoltre, lo sviluppo di azioni di sistema volte a sviluppare la competitività dell’intera filiera, come le esperienze avviate in Toscana per la realizzazione di So Main o dal Distretto Ligure per le Tecnologie Marine nella creazione di una piattaforma ICT. Per reagire alla crisi altrettanto decisiva è l’acquisizione di nuove competitività e la crescita professionale degli addetti. A tal proposito, è utile sviluppare competenze per la gestione delle imbarcazioni nella logica del refitting modulare. E non solo. È necessario che università, enti di ricerca ed istituti che si occupano di formazione in campo nautico tengano conto del passaggio dal mondo analogico a quello digitale. Prima di questo cambiamento, il disegno del progettista rappresentava un’indicazione che il costruttore interpretava adattandola alle sue esigenze: la barca che ne risultava era il prodotto congiunto dell’operato di queste due soggetti. Con l’avvento del digitale nel mondo della nautica, non solo la prototipazione ma anche buona parte della costruzione vera e propria avviene con procedimenti disposti da macchinari a controllo numerico: questo permette di risparmiare tempo, assicura un alto livello di precisione, di conoscenza e controllo delle prestazioni energetiche delle navi, ma accresce fortemente la responsabilità del progettista sul risultato finale, perché solo lui è in grado di controllare e interagire con le matematiche delle forme e delle soluzioni progettuali. Per favorire quindi lo sviluppo dell’ecosostenibilità nella nautica è necessario che il progettista in primis acquisisca una nuova coscienza etica che vada in questa direzione. La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 28 Le misure di sostenibilità ambientale adottate dal settore nautico INPUT PRODUZIONE
OUTPUT
Nuove fonti energetiche (rinnovabili; idrogeno; gas naturale stoccato in forma liquida ‐GNL) Nuovi materiali Valorizzazione prestazioni tecnologiche di vecchi materiali a basso impatto (es. legno) Risparmio energetico: impiego di generatori eolici, moduli fotovoltaici ed esperimenti di integrazione Riduzione Prodotti chimici: gelcoat ecologici; resine poliestere; detergenti, in sostituzione dei solventi; utilizzo composti organici volatili (VOC) nei cicli di finitura; incollaggi che non rilasciano alcuna emissione di formaldeide; pannelli compositi completamente riciclabili Riduzione emissioni: nei processi di realizzazione della Fiber Reinforced Plastic riduzione di stirene grazie a processi ad infusione; riduzione al minino di trattamenti inquinanti (es. no smerigliature e zincature) Lunga durata prodotto/ Sviluppo del “refit and repair”; Dematerializzazione; Modularità/ Refitting modulare; Riciclabilità/Design for Re‐cycling; Riduzione emissioni (ottimizzazione carene ed eliche; propulsioni ibride con motori diesel; pitture a basso attrito idrodinamico); Gestione fine ciclo vita; Trattamento rifiuti liquidi, solidi e gassosi Innovazione di prodotto; Certificazioni ( ISO 9000 e/o 14001) La nautica italiana: reti, territori e sostenibilità 29