Responsabilità civile della banche in materia di

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Responsabilità civile della banche in materia di
Agosto 2003
Responsabilità civile delle banche in materia di assegni non trasferibili - Brevi note sulla
sentenza Cass. Civ., sez. I, n. 9103, 18 febbraio, 6 giugno 2003, di Vincenzo Donnarumma,
avvocato in Cava de’Tirreni
La sentenza in esame si occupa di un caso molto frequente specialmente per gli operatori
commerciali che utilizzano titoli di credito per le loro transazioni: un debitore vuol pagare con
un assegno non trasferibile tratto all’ordine di lui ed il suo creditore, per ottenerne il pagamento
dalla propria banca, appone la clausola “per conoscenza e garanzia”; la banca richiesta del
pagamento dell’assegno non trasferibile, ottiene il benefondi dalla trattaria, accredita l’importo e
appone il timbro “pagato”, poi si accorge che l’assegno è stato contraffatto e riaddebita
l’importo al proprio cliente.
Quale tutela per il malcapitato presentatore dell’assegno che a sua volta ha eseguito la propria
prestazione verso il traente? come si ripartisce la responsabilità tra banca trattaria e banca
negoziatrice?
La Sezione I della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9103, pubblicata il 6 giugno 2003, ha
espresso per questa e simili ipotesi il seguente principio di diritto: "la girata per l'incasso di un
assegno non trasferibile ad un banchiere diverso dal trattario, identificata nella clausola per
conoscenza e garanzia, apposta dal proprio cliente dopo che il titolo è stato girato dal
prenditore apparente, è illegittima, perché viola l'articolo 43 primo comma legge sugli assegni
ed obbliga la banca negoziatrice, nella esecuzione del mandato conferito, alla osservanza dei
doveri di diligenza e cautela in ordine alla verifica della correttezza e regolarità della
emissione e circolazione del titolo pervenutole, la cui violazione determina responsabilità
risarcitoria, congiuntamente a quella della banca trattaria, la cui comparazione ha rilievo in
sede di graduazione delle incidenze causali di ciascuna nella produzione dell'evento".
La sentenza, di non facile lettura, soffermandosi su alcuni importanti aspetti che ora esporrò, ha
sancito che la banca negoziatrice risponde nei confronti del portatore mentre la trattaria deve
rimborsare alla prima le somme che questa abbia dovuto pagare al cliente.
La Suprema Corte di legittimità ha, infatti, stabilito che:
1.
è illegittima la condotta della banca negoziatrice che paga un assegno non trasferibile a
persona diversa dal legittimo prenditore;
2.
è irrilevante, quale fattore scriminante per la banca negoziatrice, che il presentatore del
titolo vi abbia apposto la clausola “per conoscenza e garanzia”;
3.
la banca negoziatrice, in violazione della diligenza esigibile al banchiere, non ha
verificato la regolarità ed autenticità del titolo e deve rispondere, pertanto, del danno patito dal
cliente che ha eseguito la controprestazione verso il traente, fidando sulla esistenza di provvista;
4.
l’affidamento circa l’esistenza della provvista è stato determinato dalla condotta della
banca trattaria che ha apposto il timbro “pagato”, fatto idoneo a radicare il convincimento che vi
sia stato trasferimento di provvista tra la trattaria e la negoziatrice;
5.
per tale ragione, se dopo l’apposizione del “pagato” la banca trattaria si accorge che il
titolo è stato contraffatto, deve rifondere alla negoziatrice l’importo accreditato da quest’ultima
al portatore;
6.
ai fini dell’affidamento circa l’esistenza della provvista non è determinante il benefondi,
in quanto non comporta assunzione di responsabilità della banca trattaria.
La Suprema Corte di legittimità ha così sancito che, a norma dell’art. 43 L. Ass., la circolazione
di un assegno non trasferibile è illegittima: l’illecito è commesso dalla banca negoziatrice che
risponde quale mandataria del prenditore giratario, mentre quest’ultimo va esente da
responsabilità.
La clausola “non trasferibile” impedendo la circolazione del titolo ed i conseguenti rischi di
smarrimento o sottrazione, rende il titolo pagabile solo al prenditore o, su sua richiesta, può
essere accreditato sul suo conto, o può essere girato solo ad un banchiere per l’incasso. Nella
prassi è consentito però il pagamento del titolo al portatore non legittimato che apponga la
clausola “per conoscenza e garanzia”: questa clausola ha la funzione analoga a quella “per
incasso” e stabilisce un rapporto fiduciario di garanzia tra girante non legittimato e la sua banca
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(senza però che sia configurabile un mandato extracartolare tra cliente e banca), la quale non è,
dunque, esonerata dall’obbligo di identificare il prenditore ed accertare la regolarità formale del
titolo e dalla conseguente responsabilità contrattuale a titolo di colpa per l’ipotesi di pagamento
a persona diversa dal prenditore, in violazione del disposto dell’art. 43 L.Ass.
Per accertare se una banca è responsabile del pagamento di un assegno non trasferibile ad un
possessore diverso dal legittimo prenditore occorre verificare se questa abbia adottato la dovuta
diligenza nella identificazionedel titolo e le modalità di tale identificazione in relazione agli
accorgimenti e cautele suggerite dal luogo e dal tempo dell’adempimento, dall’importo del
titolo, dalla natura dei documenti esibiti dal prenditore e da ogni altra circostanza del caso.
Come afferma la Suprema Corte, nel caso di specie, “(la banca negoziatrice) …nessuna cautela
e diligenza aveva adottato e pur trattandosi di assegno non trasferibile, pagato a persona
diversa dal prenditore, nessuna indagine prima del pagamento avesse espletato circa la di lui
identificazione e in ordine alla legittimità del titolo, sebbene l’assegno fosse di cospicuo
importo e fosse stato pagato in sede diversa da quella propria e dell’emittente
correntista….…la colpa della banca negoziatrice… va rinvenuta nel fatto di avere posto in
essere, nella esecuzione dell’incarico di incassare l’assegno, un’attività in violazione delle
norme sulla circolazione del titolo, pur nella consapevolezza che la mandante non fosse
abilitata alla riscossione, e nell’avere accreditato l’importo del titolo, omettendo tutti gli
accertamenti necessari alla verifica del buon esito…”.
La banca negoziatrice, dunque, secondo la giurisprudenza in esame, poiché non ha controllato la
regolarità del titolo esibito, risponde dei danni cagionati al cliente, il quale, facendo affidamento
sull’esistenza di provvista, abbia adempiuto la propria obbligazione verso il traente.
A nulla vale replicare, secondo il giudice di legittimità, che la banca negoziatrice del titolo, a
causa dell’apposizione della clausola “per conoscenza e garanzia”, sia stata esonerata dagli
obblighi di verifica della regolarità formale del titolo e che la responsabilità debba ricadere sul
presentatore del titolo che ha apposto quella clausola. Quest’ultimo, infatti, ha identificato
correttamente il traente e ne ha garantito l’identità e pertanto non ha commesso alcun illecito.
È la banca negoziatrice ad aver assunto una condotta imputabile per aver trasformato quella
operazione in una girata vietata dalla legge, consentendo così “al titolo non trasferibile una
anomala circolazione”.
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La banca negoziatrice ha però il diritto di essere garantita a sua volta dalla banca trattaria in
quanto quest’ultima, avendo apposto il timbro “pagato” sul retro dell’assegno, lungi dal porre in
essere un atto di materiale pagamento, ha comunque effettuato una dichiarazione idonea ad
ingenerare un legittimo affidamento sia in capo al prenditore, sia in capo alla banca
negoziatrice, circa il trasferimento di provvista dalla trattaria alla negoziatrice. La banca
trattaria, pertanto, essendosi avveduta della falsità del titolo solo dopo l’apposizione del
“pagato” deve rimborsare alla banca negoziatrice l’importo accreditato al portatore.
Irrilevante, infine, agli effetti dell’affidamento della banca negoziatrice e del prenditore è il
benefondi che, come da consolidata giurisprudenza, è un uso interbancario consistente nella
conferma con mezzo telematico circa l’esistenza di sufficiente provvista in relazione al
pagamento di assegno in conto corrente (Cass. Civ. 2742/00).
Tale tipo di benefondi, cd. semplice, si distingue dai benefondi complessi che bloccano la
somma di danaro portata nel titolo o conferiscono mandato di pagare al portatore e determinano
un vero rapporto contrattuale e relativa responsabilità della banca trattaria.
Il benefondi, dunque, salvo patti aggiuntivi, non è una autorizzazione a negoziare il titolo ma
una mera informazione, non definitiva, circa l’esistenza di fondi sul conto del correntista e,
pertanto, non comporta alcuna assunzione di responsabilità da parte della banca trattaria e, se
viene meno la provvista, la banca negoziatrice potrà procedere a riaddebitare la somma in conto
corrente avvalendosi della clausola “salvo incasso”.
Vale la pena sottolineare che quest’ultima conclusione della Suprema Corte è valida nella
misura in cui la conferma di provvista sufficiente da parte della banca trattaria sia esente da
errori. La colpevole erronea comunicazione circa l’esistenza di sufficiente provvista, infatti,
implicherà pur sempre una responsabilità della banca trattaria ex art. 2043 cc. (Cass. 9167/92,
1742/67, 2909/63, 8983/00).
L’orientamento espresso con la sentenza n. 9103/03, sicuramente molto rispettoso del dato
normativo dell’art. 43 L. Ass., si pone in contrasto con alcuni precedenti giurisprudenziali che
hanno, invece, posto in evidenza l’effetto liberatorio del pagamento effettuato in buona fede
dalla banca al portatore non prenditore dell’assegno non trasferibile, in virtù di un presunto
accordo extracartolare tra banca e cliente (Cass. 3804/97, Trib. Venezia 22/06/00), oppure in
virtù di autorizzazzione derogatoria della intrasferibilità dell’assegno rivolta dal prenditore alla
sua banca (Cass. 12055/00, 9/01).
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A tal proposito, data l’importanza dell’argomento, sarebbe dunque auspicabile un intervento
ancora più incisivo e chiarificatore da parte delle Sezioni Unite della Suprema Corte di
Cassazione.
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