IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO A migliaia per vedere una star

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IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO A migliaia per vedere una star
IL FANTASMA DEL PALCOSCENICO
A migliaia per vedere una star virtuale. È
l’ultima frontiera della società dello spettacolo.
Milioni di giovani giapponesi, maschi e
femmine, le urlano il loro amore, comprano i
suoi dischi, cantano le sue canzoni nei
karaokè, la ascoltano in cuffia facendo jogging
o pigiati nella metropolitana, creano fan club, noleggiano bus e treni per andarla a
sentire live in concerto, giocano i suoi game sulla Playstation, si perdono a
guardare i suoi video in 3D sdraiati sulle fibre del tatami casalingo, boccheggianti
nei 38 gradi di calore, con il 90 per cento di umidità, di questa estate feroce, senza
la salvifica aria condizionata,
spartanamente razionata a causa della catastrofe di Fukushima, Chi è l’oggetto
(termine appropriato) , di tanta travolgente passione? Si chiama Hatsune Miku,
che vuol dire «Il primo suono del futuro». Ha sedici anni. È alta 158 centimetri,
nella media in Giappone. Pesa, peserebbe, 42 chili. Canta e danza Jpop, dove J
sta per Japan, Ii suo «tempo» musicale si dipana tra i tranquilli 70 e i febbricitanti
150 beats al minuto. La sua estensione vocale spazia vertiginosamente dal
cavernoso La della terza ottava alla punta di diamante del Mi della quinta ottava.
È così che ce la presenta la sua casa produttrice, la Crypton Puture Media di
Hokkaido, Giappone settentrionale.
E dovete crederle sulla parola, perché non potrete mai incontrare Hatsune Miku in
carne e ossa. Lei non ha ne I’una. ne le altre: è un ologramma animato che canta
grazie a un sintetizzatore al lavoro su campionature della vera voce dell’attrice e
doppiatrice di video manga Saki Fujita. Il repertorio di Miku è sterminato: sono già
oltre trentamila i titoli di canzoni e video che la vedono protagonista. Innumerevoli
le sue apparizioni in tv e poster per pubblicizzare ogni genere di prodotto, dai
vestiti alle automobili, Ferrari inclusa. È anche apparsa in un castigato servizio
fotografico per Play- boy. È l’eroina di manga e anime (cartoni animati
giapponesi). Le sue canzoni più reclamate ed acclamate sono Last Night Good
Night; Persona Alice, Melt, World is Mine, Secret, Garden. Ma fa incursioni anche
nella lirica: su YouTube c’è una sua straordinaria esecuzione dell’acrobatica aria
della Regina della notte dal Flauto magico di Mozart. E non disdegna il musical
classico dei Fantasma dell’Opera. Non male davvero, per un ectoplasma
avvistato per la prima volta sul sempre ribollente pianeta del Jpop nel 2007. Fu
infatti il 31 agosto di quell’anno che la Crypton Future Media, utilizzando un
software della Yamaha chiamato Vocaloid (Vocal+Android) lanciò sul mercato il
primo cd di Hatsune Miku, la android diva del futuro.
La Crypton in realtà aveva creato Miku per lanciare il proprio pacchetto di
software (Vocaloid 2 e l’ultima versione è Vocaloid 3 sta per uscire), che permette
a chiunque di produrre il proprio singolo senza alcun bisogno di
un cantante umano.
Se possedete un Vocaloid – costa l’equivalente di circa 150 eur o – vi basterà
immettere attraverso una tastiera note e parole di una vostra canzone,
schiacciare un pulsante ed ecco davanti a voi l’instancabile e talentuosa Hatsune
Miku dimenare con grazia miekaeljucksoniana il suo corpicino quasi anoressico,
intonando alla perfezione la vostra canzone, accompagnata da un’eccellente
band.
Se trovate il suo timbro di voce troppo innocente, potete schiacciare un altro
pulsante e la dolce Miku interpreterà la vostra opera con una voce sexy o, se
preferite, potrà eseguirla con una voce drammatica, o brillante e allegra,
pescando nella lista dei sei possibili diversi timbri di voce disponibili nel software.
E sempre con un sound e un look adeguati al timbro prescelto.
Presto il geniale «applicativo>> de! Vocaloid ha però cominciato a volare con le
proprie ali e con tale autorevolezza che ancora oggi molti rifiutano di credere che
Miku sia solo un ologramma. Quando, nelle arene e nei teatri bui dove danzano
come fuochi. fatui i bastoncini luminosi agitati dagli spettatori, il rock scatenante di
una vera band si interrompe e, con il rituale ritardo della diva, fa il suo ingresso
l’immagine tridimensionale grande e luminosa di Htsune Miku, l’effetto è
assicurato e immancabilmente esplode l’ovazione, che non si placa sino al
termine del concerto. Non pensate a una stereotipata esibizione di una band con
un’immagine ingrandita in movimento sparata sul maxischermo dietro al palco per
creare un’atmosfera: la tecnica dell’ologramma mostra. in ogni dettaglio Miku in
primo piano, che si esibisce irresistibilmente viva e più autentica dei musicisti che
l’accompagnano.
Che in realtà sia un sintetizzatore a emettere la voce che esce dalle sue labbra di
Lolita e a coreografare le sue movenze di velina nipponica non gliene importa un
fico a nessuno. Sono tutti in trance sentimentale. «Esiste nel mio cuore» sorride
l’impiegata Kuriko Sato stringendo al seno il più recente album di Miku, appena
acquistato in un negozio di Shibuia, a Tokyo. «Manderà in pensione Lady Gaga»
azzarda lo studente universitario Yoshi Matsumoto, di ritorno da un concerto di
Hatsune Miku.
«E’ meglio che non esista. Così non mi tradirà mai» afferma Naoto Takagi, un
cassiere di banca di Kyoto che colleziona tutti i cd di Hatsune Miku da diversi anni.
Anche per la liceale Yuko Kanazawa «è meglio che non esista, così non
invecchierà mai». Commenti che sembrano confermare la teoria di Hiroko
Wakamura, scrittrice e italianista di Tokyo, «I giovani giapponesi di oggi hanno
paura della realtà» ragiona con il Venerdi. «Non sanno affrontare il dolore, non
accettano la possibilità della sconfitta insita in ogni iniziativa. Innamorarsi di una
persona vera implica una dichiarazione, un’esposizione dei propri sentimenti: se
la risposta è negativa, è un dramma. Come la bocciatura a un esame, come il
licenziamento dal posto di lavoro. Innamorarsi di Hatsune Miku per un giovane
maschio vuol dire avere la febbre della passione senza ritrovarsi poi l’ego sotto i
tacchi., Per una giovane donna identificarsi con Miku vuol dire essere bella e
impossibile, degna solo di sublimi amori oltre la mediocre realtà». Insomma,
niente calzini e mutande da lavare, riso da cucinare, mocciosi da accudire.
«È un fenomeno molto inquietante» osserva la psicoanalista freudiana Manuela
Fraire. «I giovani giapponesi si rifiutano di accettare la caducità della natura
umana e si rifugiano nel virtuale che assicura una pseudo eternità, al di la del
bene e del male». Una psicosi che sta debordando dal Paese del Sol Levante:
una tournee di Hatsune Miku è appena iniziata con un tutto esaurito a Los
Angeles e continuerà a San Francisco e a New York. Forse presto ci ritroveremo
al Colosseo ad agitare bastoncini fosforescenti in palpitante attesa
dell’apparizione di Miku.
Se ne è fatta di strada nella lotta contro la solitudine: qualche anno fa il mercato
sfornava bambole gonfiabili life-size per uomini irrimediabilmente soli e dildo
hi-tech per donne in cerca dell’araba fenice dell’orgasmo perfetto. Oggi ha alzato
il tiro di circa un metro: dall’appagamento dei genitali a quello del cuore. E
l’«applicativo» è unisex, perchè essere dichiaratamente di un sesso o dell’altro è
già troppo impegnativo nel muovo mondo giovanile che vuole maschi erbivori,
cioè delicati e abili cuochi più che focosi amanti, e fanciulle simili alle algide
creature del mondo dei manga, con immensi occhi tondi spalancati sul nulla.
E il futuro, bellezza.
Silvio Piersanti – il venerdì di Repubblica n.1217 - 15 luglio 2011